N. 71 ORDINANZA 24 - 28 marzo 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Pena - Delitto di  oltraggio  aggravato  -  Sostituzione  della  pena
 detentiva  erogabile,  con  la  liberta' controllata - Preclusione ad
 opera  dei  precedenti  penali  -  Presunto  anacronismo  dei  limiti
 soggettivi  altresi'  contrastanti  con  il  principio della funzione
 rieducativa della pena - Non corrispondenza tra la  ratio  alla  base
 delle  sanzioni  sostitutive  e  quella  alla  base degli istituti di
 ordinamento penitenziario - Preclusione fondata su  una  prognosi  di
 meritevolezza   del   condannato  -  Discrezionalita'  legislativa  -
 Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 59, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 27, terzo comma).
 
(GU n.15 del 9-4-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.
 Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  avv.  Fernanda CONTRI,
 prof. Guido NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  59  legge  24
 novembre  1981,  n.  689  (Modifiche al sistema penale), promosso con
 ordinanza emessa il 9 febbraio 1996,  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di  Pisa, nel procedimento penale a
 carico di Pasquini Annalia, iscritta al n. 395 del registro ordinanze
 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  19,
 prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 12  febbraio  1997  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto  che,  all'esito  del  giudizio  con  rito  abbreviato nei
 confronti di persona imputata del delitto di oltraggio aggravato,  il
 giudice  per  le indagini preliminari della pretura di Pisa, rilevato
 che la "modestia dell'episodio"  e  la  "personalita'  dell'imputata"
 avrebbero reso piu' conforme alla finalita' rieducativa della pena la
 sostituzione   della   pena  detentiva  irrogabile  con  la  liberta'
 controllata, ma che la  detta  sostituzione  risultava  preclusa  dai
 precedenti penali della giudicabile, ha, con ordinanza del 9 febbraio
 1996, sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della
 Costituzione,  questione  di legittimita' dell'art. 59 della legge 24
 novembre 1981, n. 689, il quale pone limiti, derivanti dai precedenti
 penali dell'imputato, alla "facolta'  di  sostituire  pene  detentive
 brevi con sanzioni sostitutive";
     che,  sia  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza sia sotto il
 profilo del perseguimento della funzione rieducativa della  pena,  il
 giudice  a  quo  rileva  come  il  regime delle esclusioni soggettive
 previsto dall'art. 59 della legge n.  689  del  1981  aveva  una  sua
 indiscutibile   giustificazione   e   si   inseriva   in  un  sistema
 rigorosamente coordinato alla disciplina delle norme dell'ordinamento
 penitenziario che stabilivano precise limitazioni  alla  possibilita'
 di  concedere  l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  e  la
 semiliberta' comunque subordinati ad un periodo  di  osservazione  in
 carcere:   un   limite   ormai   scomparso  dall'ordinamento  potendo
 l'affidamento in prova essere concesso senza la preclusione derivante
 da limiti oggettivi e soggettivi e, quel che  piu'  importa,  potendo
 tutte   le   misure  alternative  alla  detenzione  essere  applicate
 direttamente  dalla  liberta'  attraverso   la   procedura   prevista
 dall'art. 47, quarto comma, dell'ordinamento penitenziario;
     che,  dunque,  di  fronte al sistema attualmente vigente riguardo
 alla fase di esecuzione della  pena  i  limiti  soggettivi  stabiliti
 dalla  norma  denunciata  risultano  davvero  anacronistici oltre che
 irragionevoli  e  contrastanti  con  il  principio   della   funzione
 rieducativa  della  pena,  potendo  -  oltre  tutto - il tribunale di
 sorveglianza, nei casi previsti dall'art. 59 della legge n.  689  del
 1981,  concedere  al  condannato  l'affidamento  in prova al servizio
 sociale o altra misura alternativa;
     che la possibilita' per il giudice della cognizione di  applicare
 le  sanzioni  sostitutive  a prescindere dalle preclusioni scaturenti
 dalla norma ora sottoposta al vaglio della Corte consentirebbe, da un
 lato, di adeguare la valenza antisociale  del  fatto  alle  effettive
 esigenze  punitive ed alle concrete possibilita' di reinserimento del
 reo e, dall'altro lato, di conformarsi alle  prospettive  di  riforma
 che consentono al giudice della cognizione di disporre egli stesso le
 misure alternative alla detenzione sin dal momento della condanna;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la questione venga dichiarata non fondata, in
 quanto  le  esclusioni  soggettive  all'applicazione  delle  sanzioni
 sostitutive   corrispondono   a   criteri  di  evidente  razionalita'
 basandosi il regime previsto dall'art. 53 e seguenti della  legge  n.
 689  del 1981 sulla "lievita'" del fatto globalmente considerato alla
 luce dei criteri di cui all'art. 133 del codice penale;
     che, inoltre, l'ordinanza di rimessione perverrebbe ad una  sorta
 di arbitraria assimilazione dei presupposti e delle condizioni per la
 sostituzione  delle  pene  detentive brevi a quelli che l'ordinamento
 penitenziario prevede per l'applicazione  delle  misure  alternative,
 cosi'  da  "sovrapporre  e  confondere"  i  ruoli  del  giudice della
 cognizione e del giudice dell'esecuzione;
     che, in conclusione, l'imposizione di condizioni soggettive  alla
 sostituzione   della   pena  detentiva  corrisponde  (al  pari  della
 previsione delle esclusioni  oggettive)  a  criteri  di  logicita'  e
 rientra   comunque   nell'esercizio   del  potere  discrezionale  del
 legislatore senza trasmodare nell'irragionevolezza;
   Considerato  che,  come  risulta  dal  certificato  del  casellario
 giudiziale,  richiamato  dall'ordinanza  di rimessione, l'impedimento
 alla concessione delle sanzioni sostitutive, non  essendo  l'imputata
 stata  condannata  piu' di due volte per delitti della stessa indole,
 non deriva dall'art.  59, secondo comma, numero  1,  della  legge  24
 novembre  1981,  n. 689, ma dal primo comma dello stesso articolo che
 preclude la sostituzione  della  pena  detentiva  nei  confronti  "di
 coloro  che, essendo stati condannati con una o piu' sentenze, a pena
 detentiva complessivamente superiore a due anni di reclusione,  hanno
 commesso  il  reato nei cinque anni" dalla condanna precedente, cosi'
 venendo in considerazione, ai fini della rilevanza, solo  tale  norma
 della legge n. 689 del 1981;
     che  la questione e', peraltro, manifestamente infondata perche',
 a parte la non corrispondenza tra la ratio alla base  delle  sanzioni
 sostitutive   e  quella  alla  base  degli  istituti  di  ordinamento
 penitenziario, la finalita' perseguita con il regime delle esclusioni
 soggettive  all'accesso  alle  sanzioni   sostitutive   risponde   ad
 un'esigenza  di  prevenzione  speciale  che non puo' considerarsi ne'
 irrazionale ne' in contrasto con la finalita' rieducativa della pena,
 basandosi la detta preclusione su una prognosi di  meritevolezza  del
 condannato   e  di  specifica  e  concreta  attitudine  di  costui  a
 commettere reati, cosi' da contemperare il reinserimento sociale alle
 esigenze di difesa sociale, nel quadro di un bilanciato apprezzamento
 comunque  rientrante  nell'ambito  esclusivo  della  discrezionalita'
 legislativa.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  59,  primo  comma, della legge 24 novembre
 1981, n. 689, sollevata, in riferimento agli  artt.  3  e  27,  terzo
 comma,  della  Costituzione,  dal giudice per le indagini preliminari
 della pretura di Pisa con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1997.
                  Il Presidente e redattore: Vassalli
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 marzo 1997.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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