N. 92 ORDINANZA 25 marzo - 8 aprile 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  regione Emilia Romagna - Personale ex docente -
 Dipendenti con anzianita' contributiva inferiore ai trentacinque anni
 - Dimissioni  accolte  dopo  il  15  ottobre  1993  -  Riduzione  del
 trattamento  pensionistico  in  proporzione  degli  anni  mancanti al
 raggiungimento   del   requisito   contributivo  secondo  determinate
 percentuali fissate dalla legge - Identica questione gia'  dichiarata
 non  fondata  dalla  Corte  con  sentenza  n.  417/1996  - Plausibile
 motivazione,  sul  piano  giuridico,  nella  natura  costitutiva  del
 provvedimento  amministrativo  relativo,  tendente  a privilegiare il
 momento temporale nell'ottica di una  stabilizzazione  dell'andamento
 tendenziale della spesa previdenziale - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, commi 16 e 18).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 38 e 97).
 
(GU n.16 del 16-4-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare MIRABELLI,   prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.  Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,   prof. Gustavo ZAGREBELSKY,  prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,   prof.  Guido
 NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 16 e
 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537  (Interventi  correttivi  di
 finanza  pubblica),  promossi  con  ordinanze emesse il 9 maggio 1996
 dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  regione
 Emilia-Romagna,  il  12  ottobre  1995 dalla Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale per la regione Puglia e il 12 ottobre 1995-17  luglio
 1996  dalla  Corte  dei conti, sezione giurisdizionale per la regione
 Liguria, rispettivamente  iscritte  ai  nn.  977,  1019  e  1260  del
 registro  ordinanze  1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica nn. 41 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto l'atto di costituzione di Andriani Giovanni ed altri  nonche'
 gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25  marzo 1997 il giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Ritenuto che la Corte dei conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
 regione  Emilia-Romagna,  con  ordinanza  emessa il 9 maggio 1996, ha
 sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,
 commi  16  e  18,  della  legge  24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi
 correttivi di finanza pubblica), ove si prevede per i dipendenti  con
 un'anzianita'  contributiva  inferiore  ai 35 anni, le cui dimissioni
 siano state accolte  dopo  il  15  ottobre  1993,  la  riduzione  del
 trattamento  pensionistico  in  proporzione  degli  anni  mancanti al
 raggiungimento di detto requisito  contributivo  secondo  determinate
 percentuali fissate dalla stessa legge;
     che,  a  giudizio  della  Corte rimettente, le norme censurate si
 porrebbero in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.:  a)  per  avere,  in
 generale,  disciplinato  in  maniera  identica  situazioni  fra  loro
 differenziate,  in  quanto  regolate   da   specifiche   disposizioni
 settoriali;  b)  per avere discriminato - con riguardo alla posizione
 del ricorrente nel giudizio a quo, ex docente -  situazioni  analoghe
 all'interno  del comparto scolastico, per effetto della previsione di
 un concreto agire rimesso alla mera discrezionalita'  della  pubblica
 amministrazione,  mediante  la  prefigurazione in capo a questa di un
 adempimento  (accettazione  delle  dimissioni)  legato  ad  una  data
 (quella  del 15 ottobre 1993), che, al momento dell'entrata in vigore
 della legge, o  era  gia'  stato  casualmente  compiuto,  ovvero  non
 avrebbe  piu'  potuto esserlo in tempo utile; c) per non avere tenuto
 conto della peculiare posizione giuridica del personale della scuola,
 il quale, a norma dell'art. 10 del d.-l.   6 novembre 1989,  n.  357,
 convertito,  con  modificazioni,  nella  legge n. 417 del 1989, viene
 necessariamente  collocato  a  riposo   solo   all'inizio   dell'anno
 successivo  a  quello  nel  quale  e'  stata  presentata  la relativa
 istanza, qualora la stessa sia stata proposta entro il mese di marzo;
     che, secondo la prospettazione, le norme de quibus  violerebbero,
 altresi':  d)  l'art.  24 Cost., per la sostanziale vanificazione, in
 ragione della natura retroattiva della norma, che  ha  introdotto  un
 termine  gia'  spirato  al momento della sua entrata in vigore, della
 possibilita' di tutela degli interessi legittimi e  dei  diritti  del
 personale  interessato;  e)  gli  artt.  36  e  38  Cost.,  per  aver
 sostanzialmente  rimesso  alla  discrezionalita'  amministrativa   la
 determinazione  stessa  della misura dell'obbligazione pensionistica,
 condizionandola a  seconda  del  tempestivo  provvedere  dell'ufficio
 competente;  f)  l'art.  97  Cost., in ragione della fissazione di un
 termine gia' trascorso, con conseguente  attribuzione  alla  pubblica
 amministrazione,  senza  motivo ne' garanzia di controllo e di tutela
 da parte dell'interessato, del potere di applicare immotivatamente un
 regime previdenziale non richiesto dal lavoratore ed  a  questi  piu'
 sfavorevole;
     che  in altro analogo giudizio, ugualmente promosso da ex docenti
 della scuola, la Corte dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
 regione  Puglia,  con  ordinanza emessa il 12 ottobre 1995 (pervenuta
 alla Corte costituzionale il 29 agosto 1996), ha sollevato  questione
 di  legittimita'  costituzionale dell'art. 11, comma 18, della citata
 legge n. 537 del  1993,  per  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  data
 l'irrazionale  estensione  anche  nei  confronti  del personale della
 scuola - al quale si applica il menzionato peculiare procedimento  di
 presentazione,  accoglimento  e  decorrenza  delle dimissioni - della
 rilevanza della data di accettazione delle dimissioni, quale  momento
 di  discrimine per l'applicazione della disciplina pensionistica piu'
 sfavorevole;
     che, in altro giudizio,  promosso  da  una  ex  dipendente  delle
 Poste,  la  Corte  dei  conti, sezione giurisdizionale per la regione
 Liguria, con ordinanza emessa  il  17  luglio  1996,  ha,  anch'essa,
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 11,
 comma 18, della citata legge n. 537 del 1993, per contrasto:  a)  con
 l'art.    3  Cost.,  essendo  irragionevole  e fonte di disparita' di
 trattamento, per dipendenti in possesso di identici requisiti ai fini
 pensionistici, affidare alla pubblica amministrazione la liberta'  di
 influire  sul  loro  regime  pensionistico  a seconda che essa stessa
 abbia accolto o meno la domanda di  collocamento  a  riposo;  b)  con
 l'art.   97   Cost.,   potendo   l'amministrazione   procurare,   con
 comportamenti non censurabili, ingenti danni o indebiti vantaggi, sol
 procrastinando  ovvero  tempestivamente  accogliendo  le  domande  di
 pensionamento anticipato;
     che   nel  giudizio  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
 giurisdizionale  per  la  regione  Puglia,  si  sono   costituiti   i
 ricorrenti  nel  giudizio  a  quo, insistendo per la dichiarazione di
 incostituzionalita' della norma censurata, per le  ragioni  formulate
 nell'ordinanza di rimessione;
     che,  in  tutti  i  giudizi,  e'  intervenuto  il  Presidente del
 Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale  dello
 Stato,  concludendo per l'inammissibilita' o per l'infondatezza delle
 questioni, sostenendo la  ragionevolezza  del  riferimento  normativo
 alla  data di accoglimento delle dimissioni (con cio' escludendo ogni
 differenza tra il personale della scuola  ed  il  restante  personale
 dello   Stato),  in  base  ad  una  scelta  operata  dal  legislatore
 nell'ottica di dissuasione dei pensionamenti anticipati;
   Considerato  che  le  diverse  questioni,  coinvolgenti  la  stessa
 disciplina, debbono essere riunite e congiuntamente decise;
     che,   successivamente   all'emissione  delle  tre  ordinanze  di
 rimessione de quibus, questa Corte, con sentenza n. 417 del 1996,  ha
 gia'   dichiarato   non   fondate   questioni   di  costituzionalita'
 sostanzialmente identiche a quelle prospettate in questa sede;
     che, in particolare, la Corte ha sottolineato come - nell'a'mbito
 del graduale processo di radicale riconsiderazione del trattamento di
 anzianita',  realizzato  dal  legislatore  al  fine  ineludibile   di
 stabilizzare   l'andamento  tendenziale  della  spesa  previdenziale,
 attraverso  la  previsione  di  disincentivi   alla   pratica   delle
 dimissioni   volontarie   prima  del  raggiungimento  dell'anzianita'
 contributiva minima trentacinquennale  -  l'adozione  della  data  di
 accoglimento  delle  dimissioni,  quale  discrimine  oggettivo tra il
 vecchio e nuovo  regime,  trovi  plausibile  spiegazione,  sul  piano
 giuridico,   nella  natura  costitutiva  del  relativo  provvedimento
 amministrativo  (rispetto  al  quale  la  volonta'   del   dipendente
 rappresenta  soltanto  il  presupposto)  e  nel  conseguente  effetto
 estintivo del rapporto di pubblico impiego;
      che deve essere qui ribadito come l'univocita' della  scelta  di
 privilegiare  tale  momento  temporale,  cui  e'  estraneo  qualsiasi
 riferimento alla decorrenza delle dimissioni, sia  dunque  idonea  ad
 escludere   tanto   la  prospettata  disparita'  di  trattamento  tra
 personale appartenente  a  comparti  diversi  del  pubblico  impiego,
 quanto, in ultima analisi, la sussistenza di quelle manifeste ragioni
 di   irrazionalita'   ovvero   di  quelle  discriminazioni  prive  di
 fondamento giuridico, che sole  potrebbero  consentire  di  sindacare
 l'ampio  potere discrezionale riservato al legislatore in materia (v.
 sentenza n. 185 del 1995);
     che, d'altra parte, nella menzionata sentenza n. 417 del 1996, e'
 stato  riaffermato   -   con   cio'   escludendo   ulteriormente   la
 configurabilita' delle prospettate violazioni agli artt. 3 e 97 Cost.
 -  il  principio  dell'irrilevanza,  in  termini  di  verifica  della
 costituzionalita' della norma, delle  eventuali  disparita'  di  mero
 fatto,   derivanti   da   circostanze   contingenti  ed  accidentali,
 riferibili   non  gia'  alla  norma  considerata  nel  suo  contenuto
 precettivo, ma semplicemente alla sua applicazione concreta;
     che, inoltre, e' stato  dalla  Corte  ritenuto  insussistente  il
 vulnus  agli artt. 36 e 38 Cost., in quanto la posizione del soggetto
 viene  adeguatamente  garantita dalla specifica norma di salvaguardia
 di cui al comma 19 del censurato art. 11:  per  cui  la  decurtazione
 prevista  dal  comma  16 deriva da un pensionamento cui l'interessato
 perviene per sua libera e consapevole scelta, prima nel presentare le
 dimissioni e poi nel non  revocarle  ovvero  nel  non  richiedere  la
 riammissione  in  servizio,  con la qualifica e l'anzianita' maturata
 all'atto di  collocamento  a  riposo,  nonche'  con  la  facolta'  di
 riscattare  il  periodo  scoperto  ai  fini  della previdenza e della
 quiescenza secondo aggiornati criteri attuariali;
     che, infine, a fronte delle considerazioni  sin  qui  svolte,  si
 palesa  come  inappropriato  il  riferimento all'art. 24 Cost. (unico
 parametro nuovo evocato dalla sezione giurisdizionale per la  regione
 Emilia-Romagna  della  Corte  dei  conti):  infatti la retroattivita'
 della norma - in quanto conforme e funzionale al generale ed adeguato
 disegno  perseguito  dal  legislatore,  nella  rappresentata   ottica
 dissuasiva  dei  pensionamenti  anticipati  -  non  contrasta  con il
 diritto di azione e di difesa,  poiche',  operando  sul  piano  delle
 fonti,  non  esclude  ne'  comprime  la  tutela giurisdizionale delle
 posizioni giuridiche di cui il soggetto e' titolare (cfr. sentenze n.
 455 del 1992 e n.  155 del 1990);
     che, pertanto, in mancanza di nuovi argomenti che possano indurre
 a discostarsi dalla  decisione  presa,  le  questioni  devono  essere
 dichiarate manifestamente infondate;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18,
 della legge 24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi  correttivi  di
 finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38
 e   97   della   Costituzione,   dalla   Corte   dei  conti,  sezioni
 giurisdizionali per le regioni Emilia-Romagna, Puglia e Liguria,  con
 le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1997.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Ruperto
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'8 aprile 1997.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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