N. 176 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 1996
N. 176 Ordinanza emessa il 5 novembre 1996 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalla GE.COL. S.r.l. contro Romaldi Michele Prescrizione e decadenza - Sospensione della prescrizione - Applicabilita' tra le societa' di persone ed i loro amministratori per le azioni di responsabilita' contro questi ultimi, finche' sono in carica - Mancata previsione - Lesione del principio di eguaglianza, in riferimento alle societa' di capitali - Violazione del diritto di azione e di difesa di tali societa', a fronte delle irregolarita' dei loro amministratori. (C.C., art. 2941, n. 7). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.16 del 16-4-1997 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dalla GE.COL. S.r.l. in persona del presidente del Consiglio di amministrazione pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, largo di Torre Argentina, 11, presso l'avvocato F. Iovino, rappresentata e difesa dall'avvocato Giampiero Paoli, giusta delega in calce al ricorso; ricorrente contro Romaldi Michele, elettivamente domiciliato in Roma, via Cassiodoro, 19, presso l'avvocato Arturo Alfieri che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Amos Benni, giusta procura speciale per notaio Federico Biondi di Falconara Marittima rep. 36643 del 31 marzo 1995; resistente avverso la sentenza n. 101/94 della corte di appello di Ancona depositata il 22 marzo 1994; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 novembre 1996 dal relatore consigliere dott. Ugo Riccardo Panebianco; Udito per il ricorrente, l'avvocato Paoli, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; Uditi per il resistente, gli avvocati Benni e Alfieri, che hanno chiesto il rigetto del ricorso; Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Domenico Nardi che ha concluso per l'accoglimento dell'11 e 12 motivo, rigetto degli altri motivi di ricorso. Premesso in fatto La corte di appello di Ancona, dopo aver accertato, confermando sul punto la decisione del tribunale di Ancona, che la richiesta di risarcimento del danno nel giudizio promosso dalla GE.COL. S.r.l. nei confronti del suo amministratore Romaldi Michele e' basata su un'azione di responsabilita' di natura contrattuale, riteneva applicabile l'eccepita prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2949 n. 1 c.c., dichiarando l'estinzione dei crediti relativi agli anni precedenti al 1980 e rigettava, per manifesta infondatezza, l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2941 n. 7 c.c. sollevata dalla GE.COL. S.r.l. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione fra le societa' di persone ed i loro amministratori per le azioni di responsabilita' contro costoro finche' sono in carica. Con l'ottavo dei tredici motivi di ricorso detta societa' ripropone a questa Corte la stessa eccezione di illegittimita' costituzionale. Osserva in diritto La questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio e' certamente rilevante ai fini della decisione in quanto, essendo maturati i crediti dichiarati prescritti nel periodo in cui la GE.COL. S.r.l. era ancora una societa' in accomandita semplice, la cui trasformazione e' avvenuta nell'anno 1983, solo l'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2941 n. 7 c.c. potrebbe consentire il riconoscimento del maggior credito in relazione al periodo precedente al 1980 in considerazione della natura tassativa, generalmente riconosciuta, delle cause di sospensione ivi previste. La questione stessa pare al Collegio poi dotata adeguatamente di fumus boni iuris, tale da superare la soglia per l'accesso al giudice delle leggi, non richiedendosi la delibazione di una "probabile" incostituzionalita', ma il semplice riconoscimento di un minimum di plausibilita' della questione prospettata, senza che a questa Corte sia consentito approfondire i profili dedotti se non nella misura in cui si renda possibile una interpretazione adeguatrice, in virtu' del potere di nomofilachia. Non sembra ragionevole invero sotto il profilo in esame della sospensione della prescrizione, la denunciata disparita' di trattamento in quanto non ancorabile ad una sostanziale diversita' di tutela apprestata dalla legge nei confronti delle societa' a seconda che trattasi di societa' di persone o di capitali. In entrambi i casi sono previste infatti sia la possibilita' di revoca dell'amministratore (artt. 2259 e 2383, comma 3, c.c.) che l'azione di responsabilita' (artt. 2260, 2409 e 2393 c.c.) senza che l'esercizio di tali strumenti di tutela possa considerarsi meno agevole nell'ambito delle societa' di capitali. Per l'esercizio dell'azione di responsabilita' nelle societa' di capitali e' sufficiente infatti una deliberazione presa a maggioranza di soci (art. 2393 c.c.), mentre nulla e' previsto in ordine alla maggioranza necessaria nell'ambito delle societa' di persona (art. 2260 c.c.) anche se non si dubita, in base a tale norma, della facolta' di tali societa', in quanto munite di autonoma soggettivita' e di un proprio patrimonio, di agire contro gli amministratori per rivalersi del danno subito in conseguenza del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge e dall'atto costitutivo (da ultimo Cass. 13 dicembre 1995 n. 12772). Quanto alla possibilita' di revoca e' prevista: 1) per le societa' di persone la giusta causa solo se l'amministratore sia stato nominato per contratto sociale, mentre altrimenti (cioe' in caso di nomina con atto separato) e' richiesto il consenso di tutti e, relativamente alle societa' in accomandita semplice, il consenso dei soci accomandanti che rappresentano la maggioranza di capitale da essi sottoscritto (artt. 2259 e 2319 c.c.); in ogni caso per giusta causa la revoca puo' essere chiesta giudizialmente da ciascun socio (art. 2259, terzo comma, c.c.). 2) per le societa' di capitali una delibera dell'assemblea anche se l'amministratore sia stato nominato con l'atto costitutivo, salvo il risarcimento del danno se non ricorra la giusta causa (art. 2383, terzo comma, c.c.) nonche', in caso di responsabilita', che la delibera sia stata adottata da almeno un quinto del capitale sociale (art. 2393 c.c.). Le evidenziate differenze tuttavia non sembrano giustificare una diversa disciplina in tema di sospensione della prescrizione, basata in linea di principio sulla pratica impossibilita' o difficolta' di esercitare il diritto per una condizione particolare del titolare (art. 2942 c.c.) ovvero per una speciale relazione esistente fra costui ed il soggetto passivo (art. 2941 c.c.). Se una tale relazione e' stata ritenuta sussistente fra le societa' di capitale e gli amministratori con la previsione dell'art. 2941 n. 7 c.c., analoga condizione di difficolta' nei confronti dei loro amministratori dovrebbe riconoscersi per la societa' di persone nell'esercizio dell'azione di responsabilita' promuovibile in virtu' dell'autonoma soggettivita' di cui essa e' munita. Anzi non e' da escludere che proprio nelle societa' di persone, ove il vincolo personale e' piu' stretto ed i condizionamenti piu' agevoli e frequenti, le ragioni che sono alla base della sospensione prevista dal n. 7 dell'art. 2941 c.c. siano ben piu' incisive, specie se si tenga conto della mancanza di organi di controllo, determinando in tal modo delle remore che influiscono sulla libera manifestazione della volonta'. Sembra mancare quindi quell'aspetto peculiare e decisivo in grado di distinguere sotto il profilo in esame le due ipotesi e di giustificare una diversita' di trattamento in materia di prescrizione con la conseguente violazione del principio di uguaglianza che richiede uniformita' di trattamento in presenza di situazioni analoghe (art. 3 della Costituzione) nonche' dell'esigenza di un'adeguata tutela delle societa' di persone a fronte delle irregolarita' dei loro amministratori (art. 24 della Costituzione), risolvendosi, appunto, la sottolineata diversita' di' trattamento, priva di adeguata giustificazione, in una minorazione del diritto di difesa. Non rimane quindi che rimettere la questione alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2941 n. 7 del codice civile in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le societa' di persone ed i loro amministratori per le azioni di responsabilita' contro costoro finche' sono in carica; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al p.g. presso la Corte di cassazione, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti, unitamente alle prove della notificazione e delle comunicazioni, alla Corte costituzionale. Roma, addi' 5 novembre 1996 Il presidente: (firma illeggibile) 97C0332