N. 206 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 1996

                                N. 206
  Ordinanza  emessa  il  6  dicembre  1996  dal Consiglio di Stato sul
 ricorso proposto da Berteramo Angela contro l'U.S.L. FG/10 ed altro
  Impiego pubblico -  Concorsi  pubblici  per  il  reclutamento  degli
    impiegati  civili  dello Stato - Riserva di posto per le categorie
    protette  (invalidi  per  servizio,  del  lavoro   e   civili)   -
    Ingiustificato  privilegio  del  riservatario  rispetto agli altri
    concorrenti - Incidenza  sui  principi  dell'accesso  agli  uffici
    pubblici in condizioni di uguaglianza e mediante concorso.
 (Legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 12, ultimo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97 ultimo comma).
(GU n.18 del 30-4-1997 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sull'appello proposto dalla
 dott.ssa Angela Berteramo, residente in Cerignola,  difesa  dall'avv.
 Raffaele  Versace  e domiciliata presso di lui in Roma, corso Trieste
 185, appellante, contro l'unita' sanitaria locale FG/10, con sede  in
 Cerignola,  non  costituita  in  giudizio; e nei confronti del  dott.
 Francesco Monopoli, residente in Cerignola, difeso dall'avv.  Giorgio
 Recchia  e  domiciliato  presso  di  lui  in  Roma, corso Trieste 88,
 resistente, per l'annullameto della sentenza 25 giugno 1993, n.  231,
 con  la  quale  il  tribunale amministrativo regionale per la Puglia,
 seconda sezione, ha respinto il ricorso contro  il  provvedimento  12
 marzo  1992,  n.    103 dell'amministratore straordinario dell'unita'
 sanitaria locale,  di  nomina  del  dott.  Monopoli  a  collaboratore
 amministrativo;
   Visto  il  ricorso  in  appello,  notificato  il 10 novembre 1993 e
 depositato il 19 successivo;
   Visto il controricorso del dott. Monopoli, depositato il 29 gennaio
 1994;
   Vista la memoria presentata dal resistente il 25 novembre 1996;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita alla pubblica udienza del 6 dicembre 1996  la  relazione  del
 consigliere  Raffaele Carboni e uditi, altresi', l'avv. Santo Manes -
 su delega dell'avv. Raffaele Versace  -  per  l'appellante  e  l'avv.
 Giorgio Recchia per l'appellato Monopoli;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   L'unita'  sanitaria  locale  di  Cerignola,  con  deliberazione del
 comitato di gestione 30 novembre 1988, n. 834,  indisse  un  concorso
 pubblico  per  due  posti di collaboratore amministrativo (di settima
 qualifica funzionale,  richiedente  il  diploma  di  laurea),  e  con
 deliberazione  del comitato di gestione 14 marzo 1990, n. 145 nomino'
 i primi due classificati, senza provvedere sulla posizione del  dott.
 Francesco  Paolo  Monopoli, quinto classificato, che nella domanda di
 partecipazione  al  concorso  aveva  dichiarato  di  essere  iscritto
 nell'elenco provinciale degli invalidi civili.
   Successivamente,   resisi  vacanti  altri  posti  di  collaboratore
 amministrativo, l'unita' sanitaria  locale  assunse  in  servizio  il
 terzo   classificato,   e   poi   ancora,   con   provvedimento  dell
 'amministratore  straordinario  12  marzo  1992,  n.  103,  il  dott.
 Monopoli  in  forza  della  riserva a suo favore. Il provvedimento fu
 impugnato dalla dott.ssa Berteramo, quarta classificata, al tribunale
 amministrativo regionale per la Puglia, che lo  ha  respinto  con  la
 sentenza indicata in epigrafe.
    Ha appellato la dott.ssa Berteramo, per i seguenti motivi:
     1)   nell'unita'   sanitaria   locale   la  pianta  organica  era
 considerata completa, anche  riguardo  alle  categorie  riservatarie,
 sino  al  momento in cui si e' presentata la necessita' di effettuare
 l'assunzione contestata; soltanto in sede di  ricognizione  e'  stato
 elevato  il  numero  dei posti da assegnare agli invalidi civili, con
 atto che, pero', non puo' retroagire in danno del diritto  acquistato
 dalla ricorrente con la collocazione in graduatoria;
     2) eccesso di potere per sviamento, in quanto l'atto ricognitivo,
 effettuato  dopo il concorso e dopo che per anni, a causa dei divieti
 di   assunzione,   la   situazione   del   personale   era    rimasta
 cristallizzata,  non  era conforme alle regole d'imparzialita' e buon
 andamento,   imposte   all'amministrazione   dall'art.    97    della
 Costituzione.
   La  sezione,  con decisione non definitiva resa in data odierna, ha
 dichiarato inammissibile, perche' nuovo, il primo motivo d'appello.
                             D i r i t t o
   Il collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art.  12,
 ultimo comma, della legge  2  aprile  1968,  n.  482,  contenente  la
 disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche
 amministrazioni  e  le  aziende  private,  in  base al quale e' stato
 emanato il provvedimento impugnato dalla dott.ssa Berteramo.
   Il motivo di doglianza rimasto da  esaminare  in  appello,  con  il
 quale in definitiva la ricorrente non fa che dolersi che le sia stato
 preferito  il  concorrente  che la seguiva in graduatoria, non appare
 fondato alla stregua della vigente legislazione, che appunto prevede,
 nei concorsi pubblici, una riserva di posti a favore  degli  invalidi
 civili  e delle altre categorie protette dalla legge n. 482 del 1968;
 donde la rilevanza della  questione  di  legittimita'  costituzionale
 della  disposizione  di  legge,  che,  se  ritenuta fondata, potrebbe
 invece comportare l'accoglimento dell'appello.
   La legge citata, dopo aver previsto, nel primo comma dell'art.  12,
 l'assunzione  senza  concorso,  degli  invalidi   e   delle   persone
 appartenenti  alle  altre  categorie  protette, in posti di operaio e
 delle  carriere  esecutive  ed   ausiliarie   presso   le   pubbliche
 amministrazioni   (secondo   l'ordinamento  di  allora  del  pubblico
 impiego), all'ultimo comma prevede che "Nei concorsi  a  posti  delle
 carriere   direttive"   (alle  quali  corrisponde  l'odierna  settima
 qualifica funzionale  presso  gli  enti  locali)  "e  di  concetto  o
 parificati,  gli  appartenenti alle categorie indicate nel precedente
 titolo,   che   abbiano   conseguito  l'idoneita',  verranno  inclusi
 nell'ordine di graduatoria tra i vincitori fino a che non  sia  stata
 raggiunta la percentuale del 15% dei posti di organico".
   L'istituto  della  riserva di posti nei concorsi risulta introdotto
 nella legislazione con la legge 21 agosto 1921 n.  1312,  concernente
 l'assunzione  obbligatoria  degli  invalidi di guerra nelle pubbliche
 amministrazioni e nelle  aziende  private.  Detta  legge  all'art.  8
 prevedeva  la precedenza degli invalidi di guerra (salve alcune altre
 preferenze) fino a una certa  aliquota  dei  posti  esistenti,  nelle
 assunzioni  da compiere dalle pubbliche amministrazioni, richiedendo,
 "qualora  si  tratti  di  posti  da  assegnare  per  concorso",   che
 l'assunzione   fosse  subordinata  al  conseguimento  dell'idoneita'.
 Successivamente, con numerosi provvedimenti legislativi a partire dal
 1945 e per tutto il decennio degli anni  cinquanta,  le  disposizioni
 furono  estese  agli  orfani  dei  caduti  e dispersi dei vari eventi
 bellici o connessi con i sovvertimenti  politici.  Nel  frattempo  la
 legge  3  giugno 1950, n.  375 aveva meglio disciplinato le procedure
 per l'assunzione obbligatoria degli invalidi  di  guerra,  prevedendo
 all'art.  9  che,  per  i  posti pubblici di gruppo A e di gruppo B o
 parificati,  gli  invalidi  di   guerra   che   avessero   conseguito
 l'idoneita'  fossero inclusi in graduatoria sino al raggiungimento di
 un certo rapporto con i posti d'organico, e che per i posti  iniziali
 di  gruppo  C  o  di  ordine  o  di  subalterno  si procedesse invece
 all'ammissione diretta. Il testo unico delle  leggi  sugli  impiegati
 civili dello Stato, emanato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 in forza
 della  delega  contenuta  nella  legge  20  dicembre  1954,  n. 1181,
 all'art. 5 ha configurato la riserva di posti come un istituto, in un
 certo senso, di carattere ordinario e generale,  richiamando,  per  i
 concorsi  per l'ammissione alle carriere direttive e di concetto, "le
 riserve di posti previste da leggi speciali in favore di  particolari
 categorie  di  cittadini";  e  d'altra  parte ha posto, come argine a
 difesa dell'utilita' della procedura concorsuale, la  regola  che  le
 riserve  "non  possono complessivamente superare la meta' dei posti".
 La legge  2  aprile  1968,  n.  482,  a  sua  volta,  riprendendo  le
 disposizioni della legge del 1950 sugli invalidi di guerra nel quadro
 di  una disciplina organica sull'avviamento al lavoro delle categorie
 svantaggiate, fra cui gli invalidi per servizio, del lavoro e civili,
 ha previsto la riserva come  specifico  mezzo  di  tutela  di  quelle
 categorie.  Nel  frattempo  e  successivamente, altre leggi e accordi
 collettivi hanno utilizzato l'istituto non piu' a favore di categorie
 svantaggiate, bensi' di qualsivoglia categoria d'impiegati o di altre
 persone, di cui favorire, in generale o in via transitoria, il cambio
 di amministrazione, l'accesso all'impiego pubblico  o  a  determinati
 ruoli  o  a  posti di qualifica superiore. Infine, il regolamento sui
 concorsi emanato con d.P.R. 9 maggio 1994,  n.  487,  all'art.  5  ha
 disciplinato   il   concorso   tra  loro  delle  varie  categorie  di
 riservatari, per il caso in cui gli aventi diritto a riserva superino
 la meta' dei posti da coprire.
   Fatta questa premessa e  tornando  alle  categorie  protette  dalla
 legge  n.  482  del  1968, va osservato che il legislatore, limitando
 alle qualifiche, che per brevita' si possono indicare come inferiori,
 l'assunzione diretta degli appartenenti alle categorie  protette,  ha
 evidentemente  ritenuto che, per le qualifiche superiori, l'interesse
 pubblico alla scelta dei candidati migliori sia  preminente  rispetto
 al   collocamento   lavorativo   degli  appartenenti  alle  categorie
 protette.
   Il concorso, secondo la nostra univoca tradizione  legislativa,  e'
 una  procedura  che  assolve  alla  duplice  funzione,  di  accertare
 l'idoneita' degli  aspiranti  (intesa  come  specifica  capacita'  di
 svolgimento  delle mansioni inerenti ai posti messi a concorso), e di
 assumerli secondo il  grado  d'idoneita'  dimostrato.  L'essenza  del
 concorso,  peraltro,  non  risiede  nell'accertamento  dell'idoneita'
 (specifica), di per se' compatibile anche con sistemi  di  assunzione
 per   libera   scelta,  ma  nell'assunzione  secondo  l'ordine  della
 graduatoria di merito, in attuazione del principio sancito  dall'art.
 51 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini possono accedere
 agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza.
   Ora, per quanto riguarda la categoria degli invalidi, quel che puo'
 accadere e che accade e' che una determinata invalidita', compatibile
 con  lo  svolgimento  delle mansioni proprie di un determinato posto,
 impedisca pero' alla persona, che  ne  e'  affetta,  di  svolgere  le
 ordinarie  prove concorsuali, oppure la ponga, nella competizione, in
 una condizione sfavorevole, non corrispondente a un inferiorita'  del
 merito.  In  considerazione  di  cio',  e in ottemperanza al disposto
 dell'art. 3, secondo comma, della  Costituzione,  verosimilmente  ben
 potrebbe  la  legge,  che  in  principio  ha  considerato  preminente
 l'interesse pubblico  all'accertamento  comparativo  della  idoneita'
 allo  svolgimento  delle  funzioni,  adattare  la regola del concorso
 pubblico  con  la  previsione  di  apposite  procedure,  secondo   la
 particolarita'  dei  singoli  casi,  di accertamento d'idoneita' e di
 comparazione per coloro che, per ragione d'invalidita',  non  possono
 competere secondo le ordinarie regole concorsuali.
   La  legge,  all'ultimo  comma  del citato art. 12, muove invece dal
 presupposto che l'invalido, come l'appartenente alle altre  categorie
 protette, partecipi alle ordinarie procedure concorsuali in posizione
 di  parita'  e  senza  che  nulla gli precluda di classificarsi fra i
 vincitori in base ai criteri di  selezione  concorsuali.  Ad  esempio
 l'odierno resistente si e' classificato quinto, ma non risulta che la
 sua  invalidita' gli abbia impedito di classificarsi quarto, e quindi
 di vincere per merito. A questo punto non si  riesce  a  scorgere  la
 giustificazione  dell'indiscriminata riserva, che, mentre non risolve
 per  nulla  i  casi  di  invalidita'  ostativa  alla   partecipazione
 paritaria  alla procedura concorsuale, torna, invece, a far prevalere
 l'interesse dell'appartenente alla categoria protetta su quello della
 scelta del migliore, senza nessun nesso tra il tipo  d'invalidita'  e
 il   beneficio.      Obiettivamente   considerata,  la  logica  della
 disposizione, avulsa da situazioni d'emergenza come  potevano  essere
 quelle   postbelliche,   e'  quella  di  "compensare"  la  situazione
 d'inferiorita' fisica o sociale; intendendo  per  compensazione,  non
 gia'  la  rimozione  di  uno  svantaggio, bensi' l'attribuzione di un
 vantaggio  per  consolazione  di  una  sventura;  atteggiamento  che,
 apprezzabile sul piano dell'eticita' personale, non sembra pero' aver
 niente  a  vedere con un razionale sistema, ne' di assistenza sociale
 ne' di gestione della cosa pubblica.
   Il dubbio di legittimita' della  disposizione  di  legge  si  pone,
 quindi,  in  riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione,
 per il privilegio istituito a  favore  del  concorrente  appartenente
 alle  categorie  protette  rispetto  agli  altri  concorrenti;  e  di
 conseguenza,  anche in riferimento agli artt. 97, ultimo comma, e 51,
 primo comma, della Costituzione, dal momento che  la  scelta  secondo
 l'ordine  della  graduatoria  di  merito,  nella  quale la regola del
 concorso consiste, viene alterata senza razionale giustificazione. Il
 privilegio, infatti,  non  sembra  giustificato  alla  stregua  delle
 valutazioni  effettuate  dallo stesso legislatore, il quale per certi
 posti ha scelto la via del concorso, ma poi ha derogato all'ordine di
 graduatoria in ragione di qualita' personali  di  certi  concorrenti,
 non conferenti con la collocazione in graduatoria da loro ottenuta.
   Il  dubbio  di  violazione degli art. 51 e 97 della Costituzione si
 pone anche sotto altro profilo. L'art.  97  della  Costituzione,  con
 l'inciso  "salvo  i casi stabiliti dalla legge", consente di derogare
 alla  regola  del  concorso,  naturalmente  quando  la  deroga  trovi
 ragionevole    giustificazione   alla   luce   di   altri   princi'pi
 dell'ordinamento. Si ha  una  deroga  al  concorso  quando  la  legge
 prevede  la nomina per scelta, o in ogni caso per assunzione diretta,
 ovvero  per  elezione.  Cioe'  la  Costituzione  consente  che,   per
 soddisfare  certi  interessi,  si  nomini  un  pubblico impiegato con
 procedura diversa dal concorso.   Ma non  sembra  che  la  deroga  al
 concorso  possa  stare all'interno della procedura concorsuale, e che
 il legislatore possa sottrarsi in questo modo, con una  procedura  di
 riserva  di  posti  che mischia il concorso con l'assunzione diretta,
 alla responsabilita' di decidere se in certi posti d'impiego si possa
 assumere direttamente, per favorire certe persone a causa delle  loro
 condizioni  personali,  o  se  invece si debba assumere per concorso,
 secondo  un  accertamento  comparativo  di  merito.   Vero   e'   che
 l'attribuzione  di  posti  per  riserva  puo'  essere configurata, in
 sostanza, con un'assunzione  diretta  previo  esame  d'idoneita',  ma
 allora  appunto  si  torna  alla  logica dell'assunzione diretta, per
 posti per i  quali,  invece,  il  legislatore  ha  ritenuto  di  dare
 preferenza  al  concorso.  Insomma,  la riserva di posti nei concorsi
 pubblici si risolve in una commistione  tra  le  due  procedure,  che
 viceversa   si   escludono   a  vicenda,  dell'assunzione  diretta  e
 dell'assunzione per concorso. Tale commistione non e' senza  rilievo,
 ne'  l'assunzione  per  riserva  di  posti  e'  la  stessa  cosa  che
 un'assunzione diretta previo  esame  d'idoneita';  perche'  nel  caso
 dell'assunzione   diretta,  come  quello  previsto  dal  primo  comma
 dell'art. 12 in esame, si sottraggono pur sempre dei posti  d'impiego
 al  concorso  dei  cittadini  che  vi aspirino, ma genericamente, per
 assolvere ad obblighi di  solidarieta'  sociale  senza  che  nessuno,
 concretamente  e specificamente, possa chiamarsi danneggiato: e va da
 se' che la solidarieta' sociale, in quanto valore sottostante a norme
 come  quelle  dell'art.  38  o  dell'art.  3,  secondo  comma,  della
 Costituzione, e' una solidarieta' collettiva.
   La  disposizione che si esamina, invece, dispone l'assunzione di un
 invalido  civile,  o  di  altro  riservatario,   a   preferenza   del
 concorrente  utilmente incluso in graduatoria, che secondo le normali
 regole amministrative dovrebbe  essere  nominato  in  uno  dei  posti
 d'impiego  messi  a  concorso; e in tal modo fa gravare il vantaggio,
 accordato  dalla   legge   alla   persona   invalida   o   altrimenti
 svantaggiata,  tutto  quanto sulla persona che viene pretermessa dopo
 aver sostenuto le prove concorsuali ed essersi classificata in  posto
 utile.
   La  norma  fa  cosi'  gravare l'onere, della solidarieta' sociale o
 dell'altro  principio  che  consenta  di  derogare  alla  regola  del
 concorso,  tutto  su una sola, determinata persona, che quel posto ha
 meritato  secondo  la  procedura  indetta   dall'amministrazione   in
 ottemperanza  alla legge e valendosi del suo diritto a concorrere per
 i  pubblici  uffici  in  condizione  di  uguaglianza  con  gli  altri
 cittadini;  come  e'  manifesto  nel caso in esame, in cui la pretesa
 solidarieta'  sociale  verrebbe  tutta  sostenuta,  con  la   propria
 disoccupazione,  dalla ricorrente; pur dopo che lo stesso legislatore
 ha  rifiutato  l'assunzione  diretta   e   ha   ritenuto   prevalente
 l'interesse pubblico a ricoprire i posti per concorso.
                               P. Q. M.
   Il  Consiglio  di  Stato,  sezione  quinta  giurisdizionale,  cosi'
 provvede:
     sospende il giudizio in corso;
     solleva la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
 12,  ultimo  comma, della legge 2 aprile 1968 n. 482, con riferimento
 agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma,  della
 Costituzione;
     manda  al  segretario  della  sezione  di  notificare la presente
 ordinanza alle parti in causa, nonche' al  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  e  di  comunicarla  ai Presidenti delle due camere del
 Parlamento,  e   di   trasmettere,   poi,   gli   atti   alla   Corte
 costituzionale.
      Cosi' deciso in Roma il 6 dicembre 1996.
                       Il presidente: Catallozzi
                                     Il consigliere estensore: Carboni
 97C0369