N. 227 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio 1997
N. 227 Ordinanza emessa il 5 febbraio 1997 dal pretore di Lecco sui ricorsi riuniti proposti da Soraci Natala ed altri contro l'Ente poste italiane Poste e telecomunicazioni - Ente Poste italiane - Dipendenti assunti con contratto a tempo determinato - Trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, cosi' come previsto dalla precedente disciplina - Esclusione - Violazione del principio di uguaglianza sotto i profili della disparita' di trattamento dei lavoratori e dell'ingiustificato trattamento di privilegio dell'Ente Poste italiane rispetto alle altre imprese - Incidenza sui principi di diritto e della tutela del lavoro e della liberta' di iniziativa economica privata. (Legge 28 novembre 1996, n. 608, art. 9, comma 21). (Cost., artt. 3, 4, 35 e 41).(GU n.19 del 7-5-1997 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di lavoro n. 873/1996, cui sono state riunite la n. 1550/1996 e la n. 1690/1996, promossa da Soraci Natala contro l'Ente poste italiane. Rilevato che i ricorrenti, assunti dall'ente convenuto con contratto a tempo determinato, hanno lamentato l'assenza di qualunque presupposto tra quelli normativamente previsti per poter dar luogo ad una assunzione a tempo determinato; Rilevato che gli stessi chiedono al giudice adito di accertare e dichiarare l'illegittimita' dell'apposizione del termine apposto ai rispettivi contratti di lavoro a tempo determinato, con conseguente dichiarazione secondo la quale tra le parti e' intercorso un contratto a tempo indeterminato; che i ricorrenti chiedono altresi' dichiararsi l'inefficacia o annullabilita' o nullita' del licenziamento intimato dall'Ente poste; Rilevato che l'Ente poste, resistendo in giudizio, ha chiesto il rigetto delle predette domande sulla base dell'art. 9 della legge n. 608/1996; Rilevato che questo pretore sollevava d'ufficio l'eccezione relativa alla questione di incostituzionalita' della norma suddetta, invitando le parti a formulare le loro osservazioni e che a seguito di cio' anche la difesa dei ricorrenti aderiva all'eccezione di possibile incostituzionalita'; Rilevato che la questione ha rilevanza per il presente processo, risultando pregiudiziale per la decisione; Rilevato che il pretore di Genova e il pretore di Fermo hanno gia' sollevato la questione di costituzionalita' con riferimento all'art. 9 del d.-l. n. 510 del 1 ottobre 1996 e che medio tempore il decreto-legge e' stato convertito nella legge n. 608 del 28 novembre 1996. Tutto cio' rilevato osserva: L'art. 9 della legge n. 608/1996 prevede che "... le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'Ente poste italiane a decorrere dalla sua data di costituzione e comunque non oltre il 30 gennaio 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". La normativa fondamentale in tema di contratto di lavoro a tempo determinato e' costituita dalle legge n. 230 del 18 aprile 1962 e dalla legge n. 56 del 28 febbraio 1987. Tali leggi vengono qui espressamente richiamate in quanto costitutive di situazioni giuridiche soggettive che si indicano quale tertium comparationis per poter valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge n. 608/1996. Orbene la normativa in materia di contratto di lavoro a tempo determinato prospetta tale tipo di contratto come eccezione rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato; l'art. 1 della legge n. 230/1962 recita testualmente: "il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, salvo le ecczioni appresso indicate". La successiva legge n. 56/1987, proprio perche' introduce come possibilita' straordinaria quella di consentire che siano i contratti collettivi ad aggiungere nuove ipotesi di contratto a tempo determinato (art. 23 comma 1), conferma, a distanza di 25 anni dalla prima legge, il carattere eccezionale di tale tipo di contratto. Vale a tale proposito sottolineare che la nuova ipotesi introdotta assicura anche quella rinnovata e invocata elasticita' maggiore del mercato del lavoro (utile, secondo la mente della legge, per entrambe le parti contrattuali) attraverso l'esplicita previsione relativa ai contratti collettivi nazionali: cio' significa che la legge n. 230/1962 non e' inderogabile in senso assoluto; lo stesso legislatore pero' ha voluto che le deroghe avvenissero attraverso la contrattazione collettiva. Cio' premesso, appare non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 9 comma 21, della legge n. 608/1996, per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, essendosi venuta a creare una evidente situazione di disparita' di trattamento tra un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato da un qualsiasi datore di lavoro e un lavoratore assunto con lo stesso tipo di contratto dall'Ente poste italiane. La norma sembrerebbe stridere con i principi costituzionali per le seguenti ragioni: Se e' vero che il legislatore, anche in materia di lavoro, ha il potere di contemperare il diritto al lavoro di cui agli artt. 3 e 4 della Costituzione, con altri valori costituzionalmente garantiti, e' altresi' vero che la giurisprudenza costituzionale ha sempre puntualizzato che tale contemperamento deve avvenire in modo ragionevole, dovendosi cioe' evitare una compressione del diritto al lavoro a favore di altri diritti in modo arbitrario. Tale "ragionevolezza" e mancanza di arbitrio non sembra ravvisabile nella norma esaminata, posto che e' illegittimo il trattamento diseguale (in questo caso meno favorevole) di soggetti che versano in situazioni analoghe. Va poi osservato che la Corte costituzionale ha piu' volte interpretato gli artt. 3 e 35 della Costituzione come norme precettive e non meramente programmatiche al fine di permettere che l'uguglianza formale si identificasse con l'uguaglianza sostanziale. Tale principio e' stato riaffermato soprattutto quando la Corte ha respinto i dubbi di costituzionalita' riferiti a norme contenenti i precetti cosi' detti "correttivi" utili a rendere effettivo il principio di uguaglianza: tra tali correttivi deve probabilmente essere inserito anche quello relativo alle limitazioni ordinariamente imposte in materia di contratto a tempo determinato; una deroga a tali limitazioni costituirebbe dunque deroga al principio di uguaglianza e all'impegno della Repubblica a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni; la stessa Corte ha definito l'uguaglianza nel lavoro come "canone di coerenza" dell'intero ordinamento (cfr. C. cost. n. 82/204; quanto alla valenza concreta del principio cfr. C. cost. n. 93/163). Deve essere infine osservato che la norma esaminata sembra porsi in contrasto anche con l'art. 4 della Costituzione, inteso come norma che esprime una generale liberta' di accesso al lavoro e, piu' specificamente, come liberta' da irragionevoli limitazioni o barriere all'ingresso nel settore del lavoro prescelto: la norma esaminata, prescindendo non solo dai canoni ordinariamente previsti per il lavoro a tempo determinato ma anche da un minimo criterio di ragionevolezza ("... le assunzioni di lavoro a tempo determinato ... non possono dar luogo a contratti di lavoro a tempo indeterminato"), vanifica tale principio. L'art. 4 della Costituzione sembrerebbe comportare inoltre un impegno dello Stato a favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro: nel caso di specie l'Ente poste non ha disconosciuto una carenza di organico nelle specifiche amministrazioni in cui si e' proceduto ad un rilevante reclutamento di personale a tempo determinato; cio' nonostante il Governo prima, tramite i decreti-legge nn. 404/1996 e 510/1996 e il Parlamento poi, tramite la norma esaminata, in virtu' di una generica necessita' di risanamento dell'Ente poste, ha frustrato il predetto precetto costituzionale; in questa prospettiva la norma sembra porsi in contrasto anche con il secondo comma dell'art. 41 della Costituzione, secondo il quale l'iniziativa economica (e le norme a tutela della stessa, tra cui puo' essere annoverata un'esigenza di risanamento) trova un limite nella dignita' umana, ed e' noto come il lavoro venga contemplato nella Costituzione quale aspetto rilevantissimo della dignita' dell'uomo.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, della legge n. 608 del 28 novembre 1996, per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, laddove esclude l'applicabilita', ai rapporti di lavoro a tempo determinato dei dipendenti dell'Ente poste italiane, della normativa vigente per tutti gli altri rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato; Ai sensi dell'art. 295 codice procedura civile, dispone la sospensione del presente processo; Dispone altresi' la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che l'ordinanza sia notificata al signor Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai signori Presidenti delle Camere del Parlamento. Lecco, addi' 5 febbraio 1997 Il pretore: Cecchetti 97C0401