N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 marzo 1997

                                N. 229
  Ordinanza  emessa  il  4 marzo 1997 dal giudice istruttore presso il
 tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra Angeli Franca
 ed altro e l'Italcem s.r.l. ed altri
 Procedimento civile - Astensione del  giudice  -  Giudice  che  abbia
    adottato un provvedimento d'urgenza nella fase cautelare - Mancata
    previsione  di  obbligo  di  astensione  nel  giudizio di merito -
    Lesione del diritto di difesa - Riferimento ai principi  affermati
    nella  sentenza n. 432/1995 della Corte costituzionale, in tema di
    incompatibilita' nel processo penale.
 (C.P.C., art. 51).
 (Cost., art. 24, secondo comma).
(GU n.19 del 7-5-1997 )
                         IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Letto l'atto di citazione ritualmente notificato da Angeli Franca e
 Ceccarelli  Daniele  alla  Italcem  s.r.l.,  in  persona  del  legale
 rappresentante  pro-tempore,  a Ribelli Enzo ed a Tocchi Rolando, con
 cui e' stata promossa, ai sensi dell'art. 669-octies c.p.c., la causa
 di merito intesa a far accertare l'illegittimita'  dei  comportamenti
 denunciati  con  il  ricorso  ex  art.  700  c.p.c.  e ad ottenere il
 risarcimento dei danni derivanti da tale condotta illegittima;
   Visto il decreto con cui il presidente del  tribunale  ha  nominato
 questo  stesso  giudice, gia' designato nella fase cautelare ai sensi
 dell'art. 669-ter c.p.c.,  come  istruttore  della  causa  di  merito
 promossa ai sensi dell'art. 669-octies c.p.c.;
   Rilevato  che  questo stesso giudice ha accolto il ricorso promosso
 ai sensi dell'art. 700 c.p.c. da Angeli Franca e Ceccarelli  Daniele,
 ordinando  in  via d'urgenza alla Italcem s.r.l., a Ribelli Enzo ed a
 Tocchi Rolando di  consentire  ai  predetti  ricorrenti  di  prendere
 visione   delle   scritture  contabili  della  societa'  al  fine  di
 esercitare il potere di controllo;
                             O s s e r v a
   Il  fine  a  cui  tendono  gli  istituti  dell'astensione  e  della
 ricusazione  del  giudice e' quello di evitare che a giudicare sia un
 magistrato il quale, per l'esistenza  di  particolari  situazioni  di
 fatto,  espressamente  previste  dal  legislatore,  che  lo legano ai
 soggetti o all'oggetto della lite, si ritiene privo della  necessaria
 serenita'  di  giudizio  e  tale  da  poter  emettere  una  decisione
 favorevole o sfavorevole per una delle parti per ragioni  diverse  da
 quelle proprie della giustizia.
   Per   questo,   la   ratio  delle  norme  sull'astensione  e  sulla
 ricusazione  e'   comunemente   vista   nell'esigenza   di   tutelare
 l'imparzialita'  del  giudice,  intesa  come  terzieta' rispetto agli
 interessi concretamente fatti valere nel processo.
   L'art. 51 n. 4 c.p.c.  prevede  che  il  giudice  ha  l'obbligo  di
 astenersi  quando  ha conosciuto della causa come magistrato in altro
 grado del processo.
   La giurisprudenza tradizionale ritiene che  deve  trattarsi  di  un
 diverso  grado  e non di una diversa fase, relativa allo stesso grado
 del procedimento e, conseguentemente,  si  e'  escluso  l'obbligo  di
 astensione,   tra   l'altro,   per  il  giudice  che  ha  emanato  un
 provvedimento provvisorio, ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (cfr.  trib.
 Milano ord.  9 novembre 1981, Foro It. 1981, I, 2997).
   Tale  interpretazione  appare  indubbiamente  corretta in quanto le
 ipotesi di cui all'art. 51 c.p.c. comportano una deroga  alle  regole
 generali  sulla  competenza  ed  ai  criteri  di  precostituzione dei
 giudici  stabiliti  dalle  tabelle  di  composizione   degli   uffici
 giudiziari.
   Esse, quindi, sono tassative, non estensibili analogicamente, al di
 la'   dei  casi  presi  in  considerazione,  e  non  suscettibili  di
 interpretazione estensiva.
   Cio' posto, questo giudice dubita della legittimita' costituzionale
 della norma di cui all'art. 51 c.p.c., laddove limita  il  dovere  di
 astensione  del giudice alle ipotesi di previa conoscenza della causa
 in altro grado del processo e non anche nel caso in cui egli ne abbia
 conosciuto per aver adottato un provvedimento  d'urgenza  nella  fase
 cautelare.
   Ed  infatti,  la  Corte costituzionale, con riferimento al processo
 penale, ha ritenuto che il principio della terzieta' del giudice puo'
 essere  minato  anche  dalla  c.d.  "forza  della  prevenzione",  che
 consiste  in  quella  naturale  tendenza a mantenere un giudizio gia'
 espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali
 dello stesso procedimento (vedi sent. Corte cost. 15 settembre  1995,
 n.  432),  qualora  un  magistrato, prima della sua investitura quale
 giudice del giudizio,  abbia  provveduto  in  ordine  ad  una  misura
 cautelare  esprimendo una valutazione contenutistica relativamente ai
 fatti che hanno rilevanza con il merito della questione.
   In questa sede si  prospetta  l'opinione  che  tale  principio  sia
 valido  anche nel campo del processo civile e cio' in quanto anche in
 tale settore il  principio  di  imparzialita'  del  giudice  potrebbe
 essere   condizionato  dalla  forza  della  prevenzione,  qualora  il
 giudice, prima della causa, sia stato chiamato a pronunciarsi su  una
 istanza per la concessione di un provvedimento cautelare.
   Infatti, nel processo civile, come in quello penale, la concessione
 del  provvedimento cautelare, pur non necessitando della prova piena,
 non puo' prescindere  dall'esistenza  di  una  prova  indiziaria;  ed
 egualmente   l'accertamento   del   fumus   boni  iuris  attenendo  a
 circostanze afferenti al merito  della  futura  controversia,  impone
 all'interprete  di  ritenere  ugualmente  contenutistica,  secondo la
 nozione fornita dalla stessa Corte costituzionale, la valutazione che
 il giudice civile e' tenuto a compiere prima di provvedere in  ordine
 alla concessione o meno del provvedimento cautelare.
   Stando   cosi'  le  cose,  la  mancata  previsione  del  dovere  di
 astensione del giudice che abbia gia' conosciuto dei fatti  di  causa
 in una fase precedente a quella di merito, emanando un provvedimento,
 come  quello cautelare, che presuppone una valutazione contenutistica
 del merito del giudizio, rischia  di  compromettere  i  principi  del
 giusto processo e di imparzialita' del giudice.
   Tale  imparzialita',  connaturata  all'essenza della giurisdizione,
 richiede che la funzione del giudicare sia assegnata ad  un  soggetto
 terzo,  non solo scevro di interessi propri che possano far velo alla
 rigorosa applicazione del diritto, ma anche  sgombro  di  convinzioni
 precostituite  in  ordine  alla  materia  del  decidere, formatesi in
 diverse fasi del giudizio, in occasione  di  funzioni  decisorie  che
 egli sia stato chiamato a svolgere in precedenza.
   Conseguentemente,     mancando    tale    imparzialita',    rischia
 immancabilmente di essere leso il  diritto  di  difesa  salvaguardato
 dall'art. 24, comma secondo della Costituzione.
   Poiche'    la    presente    causa   non   puo'   essere   definita
 indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale  qui
 cennata.
                                 P.Q.M.
   Solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   51 c.p.c. per contrasto con  l'art.  24,  comma  secondo,
 della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il presente giudizio;
   Ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza  di  trasmissione
 degli  atti  alla  Corte  costituzionale sia notificata alle parti in
 causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Provvedera' il cancelliere alle comunicazioni di sua competenza  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Terni, addi' 4 marzo 1997
                   Il giudice istruttore: Panariello
 97C0403