N. 34 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 19 aprile 1997
N. 34 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 19 aprile 1997 (del presidente della regione siciliana) Regioni in genere - Delega al Governo per il conferimento di funzioni alle regioni ed enti locali e per la riforma della p.a. - Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome - Ampliamento delle attribuzioni e unificazione con la Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali, per quanto concerne le materie e i compiti di interesse comune delle regioni, province e comuni - Lesione delle competenze e dell'autonomia della regione siciliana. Regioni in genere - Delega al Governo per il conferimento di funzioni alle regioni ed enti locali e per la riforma della p.a. - Funzione statale di indirizzo e coordinamento - Adozione degli atti di indirizzo e coordinamento anche prescindendo dal rispetto delle previsioni degli statuti speciali - Necessita' di sola, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome o con la singola regione - Potere del Consiglio dei Ministri di adottare tali atti, in caso di mancato raggiungimento di intesa e in caso di urgenza - Violazione del principio di legalita' sostanziale nell'esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento - Lesione delle competenze e dell'autonomia della regione siciliana. (Legge 15 marzo 1997, n. 50, artt. 8 e 9). (Cost., artt. 5, 114, 115, 118 e 119; statuto regione Sicilia artt. 14, 15, 17 e 20).(GU n.24 del 11-6-1997 )
Ricorso del presidente della regione siciliana pro-tempore on.le prof. Giuseppe Provenzano, autorizzato a ricorrere con deliberazione della giunta regionale n. 104 del 27 marzo 1997, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, dal prof. avv. Giovanni Pitruzzella, dall'avv. Laura Aurelia Ingargiola e dall'avv. Francesco Torre, ed elettivamente domiciliato nell'ufficio della Regione in Roma, via Marghera n. 36, giusta procura a margine del presente atto contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica a Roma, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato per la dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 8 e 9 della legge 15 marzo 1997 n 50, recante "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali", pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997. 1.1. - La legge n. 63 del 17 marzo 1997, si ispira ad un modello di organizzazione dei diversi livelli territoriali di governo che comporta l'equiparazione di regioni, province e comuni. In tal modo la tensione tra "neoregionalismo" e "neomunicipalismo" che, com'e' noto, ha caratterizzato il recente dibattito istituzionale sulla "forma di stato" e che certamente e' uno dei nodi che la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali ed il Parlamento dovranno sciogliere seguendo le forme del procedimento di revisione costituzionale, viene risolta a favore del secondo modello. Com'e' noto, mentre la soluzione neoregionalista comporta l'integrazione del sistema delle autonomie (regione-enti locali), la soluzione neomunicipalista comporta una sistematica delle relazioni centro-periferia di tipo sostanzialmente triangolare, con relazioni dirette Stato-regioni da un lato e Stato-enti locali, dall'altro. Mentre nel primo modello la regione e' competente a definire gli equilibri del sistema istituzionale integrato regione-enti locali, con il principio di sussidiarieta' a garanzia di un'adeguata autonomia di questi ultimi, il secondo modello affida allo Stato la ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli territoriali di governo e fa dell'amministrazione centrale l'interlocutore tanto delle regioni che degli enti locali. Le analisi scientifiche degli Stati a forte decentramento territoriale hanno da tempo permesso di evidenziare come "neoregionalismo" e "neomunicipalismo" non sono movimenti compatibili. I sistemi federali o di "regionalismo forte" sono tanti, con diverse soluzioni per quanto riguarda la forma di governo, il sistema elettorale, l'organizzazione politica. Ma in nessuno di essi si e' affermato un "assetto a tre punte", basato sulla pariordinazione tra Stato centrale, Stati federali/regioni e enti locali. O il sistema segue una strada oppure l'altra: o si costruisce uno Stato centrale molto forte che dialoga direttamente con il sistema locale senza una reale intermediazione politica delle regioni, oppure il sistema si basa sulla dialettica tra governo centrale e Enti federati/regioni, senza che vi sia spazio per l'interposizione dei governi locali. 1.2. - Certamente il problema accennato in sede di riforma costituzionale potra' essere risolto in una direzione oppure in un altra, sulla base dei diversi argomenti che militano a favore delle due soluzioni e della reale forza degli attori e degli interessi in gioco. Purche' la scelta tra le due alternative sia chiara evitando gli ibridi istituzionali che sono sempre fonte di ambiguita'. Ma a "Costituzione invariata" ed in costanza di vigenza degli statuti delle regioni speciali, la soluzione non puo' essere affidata semplicemente al confronto dei partiti politici, ai loro rapporti di forza e, in definitiva, alle scelte della maggioranza di governo. Piuttosto qui sono in gioco principi che rivestono una cruciale importanza nel definire l'assetto del pluralismo tipico del nostro Stato costituzionale e di cui la Corte costituzionale non puo' che essere garante, indipendentemente e autonomamente da quelli che sono i contingenti rapporti tra gli attori politici. Del resto, in questa materia il giudice costituzionale si e' espresso con grande chiarezza. Com'e' noto, l'occasione e' stata offerta soprattutto dall'art. 3 della legge 142 del 1990. Con la sentenza n. 343 del 1991 e poi con la sentenza n. 87 del 1996, la Corte ha affermato che "tratto caratterizzante della riforma appare il ruolo conferito alla regione dall'art. 3 della legge 142 del 1990" e che tale ruolo consiste nel fatto che la legge n. 142 "ha individuato per l'appunto nella regione il centro propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle autonomie locali". Questo ruolo delineato dalla legge n. 142 del 1990 affonda le sue radici direttamente in Costituzione per le regioni ordinarie e negli statuti speciali per le regioni ad autonomia differenziata. Come ha precisato il giudice costituzionale nella sentenza citata per ultimo, la soluzione di configurare la regione quale centro propulsivo e di coordinamento delle autonomie locali si inserisce in una prospettiva di maggiore aderenza all'art. 5 della Costituzione". "In tale disegno - continua il giudice costituzionale - la programmazione concertata tra regione ed enti locali come metodo di raccordo dei vari livelli di governo, nonche' degli interessi e delle competenze che in essi si esprimono, contribuisce alla piena realizzazione del sistema delle autonomie in attuazione di quei principi costituzionali...", tra cui in particolare "quello che mette in luce la natura costituzionale dell'autonomia regionale (art. 115) e quello che indica le materie attribuite alla competenza delle regioni stesse (art. 117)". Gli artt. 5 e 114 della Costituzione infatti vanno interpretati sistematicamente in rapporto agli articoli 115, 117 e 128, che sanciscono la differente garanzia costituzionale delle Regioni rispetto a quelle degli enti locali. Garanzia di "propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione", per le regioni, mentre le province e i comuni sono autonomi "nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica". 1.3. - Ancora piu' netta e' la differente posizione costituzionale degli enti locali rispetto alle regioni speciali, ed in particolare alla regione siciliana. Infatti, la Sicilia, secondo il suo statuto, ha competenza legislativa esclusiva in materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative (art. 14, lett. o). Il successivo art. 15 dello Statuto siciliano prevede che, nell'ambito dei principi stabiliti dalla medesima disposizione, "spetta alla regione la legislazione esclusiva e l'esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali". Con la legge costituzionale n. 2 del 1993, la materia dell'ordinamento dei comuni e' stata attribuita alla competenza legislativa primaria delle altre regioni speciali. Pertanto, come ha prontamente rilevato la dottrina, puo' sostenersi come "la recente legge costituzionale sia per le regioni speciali un ulteriore passo nella direzione della costruzione di un tipo di regionalismo in cui le autonomie locali sono una parte del sistema regionale e non una parte del sistema statale. Si tratta di una soluzione che certamente avvicina di piu' il regionalismo alla strutturazione dei rapporti tra le diverse comunita' territoriali caratteristica di un sistema federale. In effetti, il riferimento al federalismo puo' comprendere molti aspetti, uno dei quali verosimilmente e' anche questo: un'organizzazione federale che poggi su enti di natura in qualche modo 'statale' e' anche una struttura in cui il livello regionale (ovvero il livello dello Stato membro) ha una padronanza del sistema amministrativo interno che non ammette, tra le altre, neppure l'eccezione degli enti territoriali" (cosi' G. Falcon, Problemi e modelli per la ricomposizione delle funzioni degli enti locali, in Le Regioni, 1994, 672). In questo sistema e' esclusa la possibilita' di un sistema istituzionale a "tre punte" con regioni e autonomie locali come interlocutori pariordinati degli organi costituzionali dello Stato. Espressione evidente di tale conclusione sono le norme dello statuto siciliano che riservano alla regione la cooperazione con gli organi dello Stato centrale. Infatti, solamente "l'Assemblea regionale puo' emettere voti, formulare progetti sulle materie di competenza degli organi dello Stato che possano interessare la regione, e presentarli alle Assemblee legislative dello Stato" (art. 18). Inoltre, e' il presidente della regione che "partecipa al Consiglio dei ministri con voto deliberativo nelle materie che interessano la regione" (art. 21). 1.4. - Di contro la legge n. 59 del 1997 - che per altri profili costituisce una svolta storica da tempo auspicata nell'organizzazione dei pubblici poteri in Italia, per la chiara opzione verso la valorizzazione delle autonomie territoriali - persegue un disegno istituzionale di equiparazione di regioni, comuni e province. Questa scelta di politica istituzionale si rinviene fin dai primi quattro articoli della legge riguardanti la delega al Governo per l'emanazione dei decreti legislativi di trasferimento di funzioni amministrative a regioni ed enti locali, i quali attribuiscono sostanzialmente al Governo la ripartizione delle funzioni tra il livello regionale e quello locale. La regione siciliana, pero', non ha impugnato le sopra citate disposizioni nel presupposto che esse non si applicano al suo ordinamento, visto che sulla base dello Statuto speciale e della prassi concretamente seguita i trasferimenti di funzioni si realizzano mediante le norme di attuazione statutaria approvate dal Governo, previa determinazione della Commissione paritetica. Pertanto, ritenendo che i decreti legislativi di trasferimento di funzioni previsti dalla legge non riguardano la Regione siciliana, quest'ultima non ha proposto ricorso avverso le sopra citate disposizioni. 1.5. - Diversa e' l'efficacia dell'art. 9 che, prevedendo l'unificazione della Conferenza Stato-Regioni-Provincie autonome con quella Stato-Citta', incide direttamente sulla posizione della regione siciliana nel sistema costituzionale, per l'ovvio effetto di svuotamento del ruolo differenziato rispetto agli enti locali che, sulla base del suo Statuto approvato con legge costituzionale, ad essa deve essere riconosciuto. Piu' precisamente, l'art. 9, primo comma prevede che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome sia unificata, per i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni con la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Questa unificazione potrebbe avvenire - la disposizione e' poco perspicua al riguardo lasciando in piedi entrambe le possibilita' - o nella forma di una vera e propria fusione dei due organismi, ovvero mantenendo distinte le due figure organizzative che pero' verrebbero riunite insieme nel caso delle materie comuni, le quali pero' sarebbero, in un sistema ispirato al decentramento ed alla sussidiarieta', certamente la stragrande maggioranza. Peraltro, ai sensi del 2 comma della disposizione impugnata, la Conferenza unificata dovrebbe esprimere tutti i pareri richiesti dall'attuale legislazione alla Conferenza StatoRegioni-Province autonome. Com'e' noto, la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali e' stata recentemente istituita con d.P.C.M. del 2 luglio 1996, con compiti di coordinamento nei rapporti con le autonomie locali, di studio, di informazione e confronto sulle problematiche connesse con gli indirizzi di politica generale che possono incidere sulle funzioni proprie di comuni e province e su quelle delegate agli stessi da leggi dello Stato. L'organismo neoistituito ha incontrato le critiche di chi lo ha ritenuto espressione di un assetto triangolare con relazioni dirette tra lo Stato, da una parte, e le regioni e le autonomie locali dall'altra. In particolare, e' stato osservato come "la soluzione adottata dal decreto e' tanto piu' criticabile in quanto contrasta direttamente con scelte istituzionali gia' operate da leggi di settore (una per tutte: la sanita' e l'assetto attuale del SSN) o da leggi ordinamentali generali (art. 3 della legge 142/1990) che invece hanno optato per un sistema di necessaria intermediazione regionale, al punto che potrebbe sostenersi che disposizioni quali quelle della presenza (stabile|) del Ministro della Sanita' nello Stato-citta' (art. 2.1) o quella relativa ai provvedimenti da adottarsi in ordine alle attivita' di gestione ed erogazione dei servizi pubblici (art. 1.2 lettera b) sono illegittime per contrasto con le ricordate, e vigenti, disposizioni legislative" (cosi' M. Cammelli, La conferenza Stato-citta': partenze false e problemi veri, in Le Regioni, 1996, 422). Esistono quindi profili di contraddittorieta' dell'art. 9 impugnato, che consolida la Conferenza Stato-Citta', con la trama normativa complessiva dell'ordinamento, in cui si e' consolidata, anche a livello subcostituzionale, la posizione differenziata delle regioni rispetto agli enti locali, che tra l'altro implica la necessaria intermediazione regionale. Con la conseguenza che potrebbe prospettarsi la irragionevolezza della disposizione citata. Ma al di la' di quest'ultimo aspetto, cio' che maggiormente rileva e' che l'art. 9 si pone in stridente contrasto con il sistema costituzionale, cosi' come e' stato ricostruito nei precedenti paragrafi, il quale comporta la netta differenziazione della posizione delle regioni, in particolare delle speciali come la Sicilia, rispetto a quella degli enti locali. Differenziazione che presenta due momenti strettamente complementari: a) la regione ha la padronanza del sistema amministrativo interno che si caratterizza per una forte integrazione del sistema delle autonomie locali (regioni-enti locali); b) le relazioni centro-periferia sono relazioni tra lo Stato e le regioni, con la conseguenza che e' necessaria l'intermediazione regionale. Questa e' la ricostruzione preferibile del sistema costituzionale delle regioni ordinarie e questa e' l'unica ricostruzione possibile dell'assetto delle relazioni centro-periferia secondo le inequivocabili previsioni degli statuti delle regioni speciali. 1.6. - Se poi dal piano del diritto costituzionale, su cui si sono sviluppate le considerazioni che precedono, ci si sposta su quello della politica istituzionale, si puo' convenire che alla base della soluzione organizzatoria criticata vi sono le preoccupazioni, corroborate dall'esperienza, di un centralismo regionale soffocante le autonomie locali. Ma a questa giusta preoccupazione puo' rispondersi in maniera diversa rispetto a quanto viene fatto con la Conferenza Stato-citta'. Da una parte il sistema amministrativo a scala regionale puo' essere costruito con attenzione ed efficaci garanzie nei confronti del principio di sussidiarieta', in modo da garantire la piu' ampia autonomia agli enti locali. Il che puo' avvenire gia' nel vigente sistema costituzionale. Si pensi, in particolare, all'art. 15 dello Statuto siciliano, ai sensi del quale i comuni ed i liberi consorzi dei comuni devono essere "dotati della piu' ampia autonomia amministrativa e finanziaria". Dall'altra parte, vi sono le figure organizzatorie che consentono la realizzazione di forme di cooperazione tra la regione e le autonomie locali, inserendo queste ultime nei processi decisionali regionali. In tale prospettiva si pone l'art. 43 della legge regionale siciliana 7 marzo 1997, n. 6 che ha istituito la Conferenza permanente regione-autonomie locali per il coordinamento delle politiche locali nel territorio della regione con compiti di informazione, consultazione e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale del Governo regionale che incidono sulle funzioni proprie o delegate dei comuni e delle province. Attraverso le vie sinteticamente indicate pare possibile una riorganizzazione della nostra "forma di stato", anche a "Costituzione invariata", che consenta di valorizzare sul serio regioni e autonomie locali. Invece, come ha osservato un lucido studioso dello Stato regionale, "sicuramente perdente e' l'idea di una pari rappresentanza dei due livelli di governo al centro...",. perche' la loro rappresentanza in seno ad uno stesso organo darebbe luogo ad un collegio "votato a sicura paralisi", come e' dimostrato, tra l'altro, dalle esperienze "del Senato, Camera di rappresentanza territoriale in Spagna (che infatti si vorrebbe convertire al modello Bundesrat) e (piu' recenti, ma gia' significative) del Comitato delle regioni in Europa" (R.Bin, Quando i Sindaci marciano su Roma, in Le Regioni, 1995, p. 836). 1.7. - Portando alle conseguenze estreme le precedenti considerazioni si potrebbe addivenire ad una censura, sul piano della legittimita' costituzionale, della stessa previsione di una Conferenza Stato-citta'. Ma anche a non volere accedere ad una soluzione radicale, e' incontrovertibile come la disciplina di cui all'art. 9, 1 comma della legge impugnata sia in contrasto con la disciplina costituzionale e con quella dello Statuto siciliano relativa ai rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali. Infatti, la Conferenza Stato-citta', nella versione attuale, svolge una mera funzione di informazione e di confronto tra il Governo ed i rappresentanti delle autonomie locali. Invece, a seguito dell'unificazione della Conferenza Stato-regioni-province autonome con la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, i rappresentanti delle autonomie locali parteciperebbero a quei procedimenti attraverso cui oggi si svolge la collaborazione tra lo Stato e le regioni e che possono assumere diverse configurazioni: funzione consultiva obbligatoria; funzione di cogestione "concertata", frutto cioe' di intese con l'amministrazione centrale; funzioni di cogestione "diretta", consistenti nella determinazione da parte della Conferenza, in via diretta ed esclusiva, del contenuto di atti di indirizzo e programmazione. In tal modo la Conferenza e' diventata un organismo legittimato non soltanto a perfezionare intese, ma anche a gestire direttamente le fasi programmatiche di attuazione di talune normative, mediante deliberazioni con cui la Conferenza fissa direttive generali e programmi di attivita'. Attraverso l'unificazione prevista dall'impugnato art. 9 si avrebbe un salto di qualita' della Conferenza Stato-citta' autonomie locali, perche' da semplice organo che puo' realizzare un confronto non obbligatorio tra il Governo ed i rappresentanti delle autonomie locali, potrebbe intervenire in processi decisionali che culminano in decisioni di alta amministrazione immediatamente incidenti nell'ordinamento regionale. Ma in questa trasformazione sarebbe implicita l'equiparazione nel sistema delle relazioni tra centro e periferia delle Regioni e delle autonomie locali, in contrasto con i risultati interpretativi ottenuti nei precedenti paragrafi. 1.8. - Ma anche se - per assurdo - non volessero condividersi le precedenti conclusioni, difficilmente potrebbe negarsi che sia almeno necessario che nella Conferenza unificata la posizione delle regioni e quella delle autonomie locali resti comunque differenziata, almeno sotto il profilo delle differenti quote di rappresentanti che dovrebbe comunque essere favorevole alle regioni. A questo proposito non sembra inutile osservare che nel comitato delle regioni dell'Unione europea la maggior parte dei seggi e' stata attribuita ai rappresentanti dei livelli di governo regionale, mentre significativamente piu' limitata e' la rappresentanza delle citta' (93 seggi su un totale di 222). Tuttavia, la disposizione impugnata nulla stabilisce al riguardo, prestandosi cosi' ad ulteriori rilievi sotto il profilo dell'incostituzionalita'. 1.9. - Si aggiunga, per concludere, come e' palesemente incostituzionale la lett. a) del primo comma secondo cui la Conferenza Stato-regioni-province autonome partecipa, oltre che "a tutti i processi decisionali di interesse regionale" (che riguardano, cioe', tutte le regioni), anche a quelle di interesse "interregionale e infraregionale". In questo modo si incide macroscopicamente sull'autonomia amministrativa e organizzativa della regione nei suoi rapporti con gli enti locali collocati in una dimensione infraregionale oppure con i rapporti autonomamente determinati con altre regioni. E' inspiegabile a quale titolo lo Stato e le altre regioni possano intervenire ed ingerirsi in un processo infraregionale o interregionale della regione siciliana. 1.10. - In conclusione l'art. 9 va dichiarato incostituzionale perche' contrasta con gli articoli 14, 15, 17, 20 dello, statuto siciliano, nonche' per il contrasto con gli articoli 3, 5, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. 2.1. - Parimenti incostituzionale e' l'art. 8 della legge 15 marzo 1997 n. 50, che ha predisposto una nuova disciplina della funzione statale di indirizzo e coordinamento. In primo luogo, va censurato il quinto comma lett. c), ai sensi del quale viene abrogato l'art. 2, terzo comma, lettera d) della legge 23 agosto 1988 n. 400 limitatamente alle parole "gli atti di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni e nel rispetto delle disposizioni statutarie delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano". In questo modo sparisce l'obbligo di conformare l'esercizio della funzione alle previsioni degli statuti speciali che garantiscono la loro autonomia amministrativa. In particolare, per quanto riguarda la regione siciliana va richiamato l'art. 20 del suo statuto, in base al quale il presidente e gli assessori svolgono nella regione le funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie di cui agli artt. 14, 15, 17 dello statuto medesimo. Cio' potra' implicare il rischio di una particolare pervasivita' della funzione di indirizzo e di coordinamento. Si aggiunga che per effetto della disposizione citata viene meno la riserva in via tendenziale al Consiglio dei ministri della funzione statale di indirizzo e di coordinamento. Il che potra' incentivare il ricorso a questo strumento da parte del Governo, ma anche dare luogo a pericolosi deficit di coordinamento intragovernativo. Peraltro, l'eliminazione della riserva in via tendenziale della funzione statale di indirizzo e coordinamento al Consiglio dei ministri, si pone in contrasto con gli artt. 92 e 95 della Costituzione, i quali, secondo l'interpretazione prevalente, concentrano nell'organo collegiale Consiglio dei ministri i poteri di indirizzo politico e amministrativo, collocando gli altri organi del governo nelle fasi successive del processo di produzione dell'indirizzo politico (la "fase strumentale" e quella "effettuale" secondo la terminologia di una nota dottrina costituzionale). 2.2. - Egualmente censurabile, sul terreno della legittimita' costituzionale, e' la previsione contenuta nel terzo comma, secondo cui "in caso di urgenza" il Governo possa adottare atti di indirizzo e coordinamento prescindendo dalle procedure di intesa preventiva con la Conferenza Stato-regioni-province autonome o comunque prescindendo dalle altre intese con la regione interessata previste dalla normativa vigente. Infatti, in casi di effettiva urgenza l'ordinamento conosce strumenti di intervento straordinario (come i decreti legge ed i vari poteri di ordinanza), mentre la previsione censurata - anche a causa del carattere indeterminato del concetto di urgenza - si presta a possibili e frequenti abusi. Al riguardo le difficolta' che hanno caratterizzato il controllo sui presupposti di urgenza della decretazione d'urgenza, dovrebbero servire a rafforzare le suddette preoccupazioni. 2.3. - Parimenti incostituzionale sembra il secondo comma nella parte in cui prevede la possibilita' che ove l'intesa non sia raggiunta nel termine di quarantacinque giorni, gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali possono essere adottati con deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. Non si censura la previsione di un meccanismo diretto a superare momenti di blocco, bensi' la circostanza che non sia in qualche modo indicato che, per ricorrere legittimamente al meccanismo alternativo rispetto all'intesa, il Governo deve avere tenuto un comportamento leale, effettivamente e responsabilmente diretto al raggiungimento dell'intesa con la regione. 2.4. - Infine l'intero art. 8 si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza costituzionale che, a partire dalla "celebre" sentenza n. 150 del 1982, nel caso di esercizio della funzione statale di indirizzo e di coordinamento in via amministrativa, ritiene necessario il rispetto del principio di legalita' in senso sostanziale. Da questo principio derivano due importanti corollari: a) ogni esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento deve essere appositamente previsto da norme di legge statali dirette a istituire la relativa funzione con riguardo ad un determinato ambito di attivita' attribuito alla competenza delle regioni o delle province autonome, b) gli atti di indirizzo e di coordinamento possono validamente incidere sull'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni ed alle province autonome soltanto sulla base delle disposizioni di legge volte a delimitare il possibile contenuto sostanziale degli atti di questo tipo (v. oltre alla sentenza n. 150 del 1982, le sentt. nn. 338 del 1989, 37, 49 e 359 del 1991). Piu' recentemente con la sentenza n. 359 del 1991, la Corte costituzionale ha precisato che in relazione alle specifiche materie sulle quali sono adottati atti governativi di indirizzo e coordinamento, allorche' questi ultimi comportano condizionamenti e limiti alla legge regionale, la legge dello Stato deve previamente determinare la disciplina, o almeno i principi di tale disciplina, che dovranno fungere da base normativa sufficientemente precisa e chiara da potere orientare e delimitare la discrezionalita' del Governo nella determinazione degli indirizzi e delle misure di coordinamento. Tuttavia la disposizione impugnata non menziona affatto tali principi, ponendosi in contrasto con il sistema costituzionale. 2.4. - Ne deriva pertanto l'incostituzionalita' dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997 n. 50, per contrasto con gli artt. 20, 14, 15 e 17 dello statuto siciliano, nonche' con gli artt. 3, 5, 114 e 118 della Costituzione.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli artt. 8 e 9 della legge 15 marzo 1997 n. 50, per contrasto con gli artt. 14, 15, 17, 20 dello statuto siciliano, nonche' con gli artt. 5, 114, 115, 117, 118, 119 della Costituzione. Si depositano con il presente atto: 1) autorizzazione a ricorrere (delibera Giunta regionale n. 104 del 27 marzo 1997); 2) copia della legge 15 marzo 1997 n. 50. Palermo-Roma, addi' 14 aprile 1997 Prof. avv. Giovanni Pitruzzella - avv. Francesco Torre - avv. Laura Aurelia Ingargiola 97C0420