N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 aprile 1997
N. 35 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 aprile 1997 (della regione Puglia) Regioni in genere - Delega al Governo per il conferimento di funzioni alle regioni ed enti locali e per la riforma della p.a. - Potere delle regioni di conferire funzioni alle province, ai comuni e agli enti locali, in osservanza del principio di sussidiarieta' - Potere dell'amministrazione dello Stato di avvalersi di uffici regionali - Ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni e unificazione di essa con la Conferenza Stato-Citta' - Adozione degli atti di indirizzo e coordinamento previa sola intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni - Potere del Consiglio dei Ministri di adottare tali atti in caso di urgenza - Previsione di delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi - Lesione dei principi posti a tutela delle autonomie locali e del decentramento amministrativo - Violazione dei principi riguardanti l'esercizio di delega legislativa nonche' del principio di legalita' sostanziale nell'esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento - Incidenza sulle competenze e sull'autonomia delle regioni. (Legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 1, 2, comma 2, 3, comma 1, lettere c) e f), 4, comma 1 e 2, 4, comma 3, lett. a), 8, 9, comma 1, 20, comma 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7). (Cost., artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119).(GU n.24 del 11-6-1997 )
Ricorso della regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, autorizzato con delibera di giunta regionale, rappresentato e difeso, come da mandato a margine del presente atto, dal prof. avv. Aldo Loiodice e dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via T. Taramelli, 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, di alcune disposizioni della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa", pubblicata nel supplemento ordinario n. 56/L alla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 1997, n. 63. La legge n. 59 del 1997 (cd. legge Bassanini dal nome del Ministro proponente) contiene molte disposizioni di dubbia interpretazione e di dubbia portata applicativa a partire dall'oggetto stesso della delega del tutto generico e indeterminato. Trattandosi di una legge di delegazione si puo' auspicare, tuttavia, che su molti punti, anche attraverso la consultazione delle regioni, il Governo possa migliorare e chiarire gli aspetti oscuri e indeterminati delle norme a portata puramente interna al rapporto di delegazione tra Parlamento e Governo, riservandosi comunque la regione ricorrente la possibilita' di impugnare successivamente i decreti legislativi di attuazione, qualora necessario. Con riferimento invece alle disposizioni ad efficacia immediata, o comunque gia' adesso chiaramente lesive dell'attuale status costituzionale dell'autonomia regionale, e' necessario impugnare immediatamente alcune norme della legge delega. 1. - Art. 1 della legge delega - Violazione degli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. 1.1. - Gia' nel suo insieme la legge appare ispirata ad un complessivo disegno di riduzione delle garanzie dell'autonomia regionale, il cui ruolo nell'ordinamento viene - incostituzionalmente - equiparato, dagli artt. 1 e 2, a quello di comuni, provincie ed altri locali, con palese violazione degli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione. E' incostituzionale, in primo luogo, la previsione di un generico "conferimento" di funzioni a regioni ed enti locali che unifichi in questo medesimo concetto il trasferimento e la delega, che sono nozioni ben diverse e da tenere distinte, spettanti comunque, ai sensi degli artt. 117 e 118, comma secondo, alle sole regioni, con l'attribuzione che spetta invece, ai sensi degli artt. 118, comma primo, e 128 della Costituzione, agli enti locali (art. 1, comma 1). E' incostituzionale inoltre l'equiparazione delle potesta' normative delle potesta' normative spettanti a regioni provincie e comuni (art. 2 comma 2), trattandosi di soggetti dotati di una diversa garanzia costituzionale. 1.2. - L'oggetto della delega e' solo apparentemente precisato, giacche' non vengono indicate le materie da trasferire, bensi' solo quelle che rimangono in capo allo Stato, cosicche' non e' dato sapere quali saranno gli oggetti delle delega, potendo il Governo decidere se le funzioni di una certa materia vadano o meno conferite (la formulazione "tutte le funzioni e i compiti amministrativi..." e' evidentemente generica ed imprecisa). Siamo cosi' di fronte ad una presunta precisazione dell'oggetto, effettuata tramite una - paradossale - indicazione a contrario - di cio' che non e' oggetto di delega: forse e' la prima volta che l'art. 76 della Costituzione viene interpretato in siffatto - illegittimo - modo| 1.2. - La (falsa|) inversione - a scimmiotti'o della Costituzione tedesca, ma fonte di una vera e propria rottura della Costituzione italiana - del criterio della enumerazione delle materie di competenza regionale, e' solo apparentemente vantaggiosa per le regioni. E infatti: 1.3.1. - L'enumerazione delle competenze dello Stato, residuando tutte le altre materie alle regioni, da' la misura del rango costituzionale dello Stato e delle regioni solo se avviene in Costituzione, giacche' in tal modo le regioni sono ipso iure in grado di intervenire sulla materia; ha invece un senso ed un significato molto diversi, rappresentando una falsa inversione, se, come nel caso in questione, occorre un atto di individuazione e trasferimento dello Stato: e' solo dopo l'attivita' statale che le regioni potranno intervenire sulla materia. 1.3.2. - Le competenze che rimarranno non statali, ai sensi degli artt. 1 ss. della legge, sono destinate genericamente a regioni, provincie, comuni ed altri entri locali, producendosi anche per questa strada una sostanziale parificazione della collocazione costituzionale delle regioni con altri enti locali. 1.3.3. - La delega Bassanini decostituzionalizza cosi' le garanzie a favore delle regioni: se il principio cosotituzionale e' quello del riparto costituzionale delle materie tra Stato e regioni, la previsione di nuove materie per legge mette le regioni alla merce' della legge ordinaria statale, che domani potrebbe riprendersi - o dare agli enti locali - cio' che oggi ha conferito alle regioni. 2. - Il criterio di sussidiarieta' (art. 4, comma 3, lett. a) e' utilizzato - in violazione dell'art. 115 della Costituzione - in funzione antiregionalista, quasi per accerchiare le regioni. Da un lato, le competenze vengono attribuite dallo Stato a tutti gli enti (incostituzionalmente equiparando regioni ed enti locali) secondo il principio di sussidiarieta'; dall'altro, a loro volta, le regioni dovranno conferire agli enti locali tutte le funzioni di cui all'art. 117 che non richiedano l'esercizio unitario a livello regionale. 3. - Incostituzionale e' la previsione di cui all'art. 4, comma 5, che prevede un potere sostitutivo sulla legge regionale esercitato con decreti legislativi delegati. La delega di cui a tale comma non risponde minimamente ai requisiti di cui all'art. 76 (principi e criteri direttivi, oggetto). La delega contenuta in tale disposizione e' infatti incerta nell'an (non si sa se il Governo provvedera' alla delega; non si sa soprattutto se le regioni risulteranno inadempienti); e nel quomodo, giacche' non e' dato sapere come lo Stato potra' distribuire funzioni tra regioni ed enti locali; mancano i principi della distribuzione di competenza; e manca - essendo eventuale - l'oggetto: il potere sostitutivo e' delegato per quelle materie - oggi, certo, non conoscibili ed individuabili - per le quali le regioni risulteranno inadempienti| E' ammissibile, nella nostra Costituzione, una delega il cui oggetto sia definibile solo ex post, in ragione di un comportamento illegittimo di un soggetto dell'ordinamento? 4. - La conferenza Stato-regioni. La piu' palese espressione del disegno di decostituzionalizzazione delle garanzie regionali e' contenuta in particolare nell'art. 9, laddove si prevede l'unificazione della Conferenza Stato-regioni con la Conferenza Stato-citta'. Pur non avendo la Conferenza Stato-regioni una espressa copertura costituzionale, pare evidente che tale strumento e' diventato ormai un punto insostituibile ed irretrattabile, a costituzione vigente, del raccordo tra lo Stato e le regioni, lo strumento essenziale per quella leale cooperazione che trova fondamento direttamente nell'art. 5 della Costituzione, come tante volte dichiarato da questa ecc.ma Corte. In tale sede, Stato e regioni si confrontano, in struttura dalla composizione predeterminata (tutti i rappresentanti delle regioni e provincie autonome), essendo le regioni interlocutori dello Stato rispetto a "propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione" (art. 115 Cost.). L'unificazione condurrebbe - evidentemente - ad una composizione variabile, posta nella discrezionalita' del Governo, in cui si confronterebbero soggetti (le regioni) le cui funzioni e compiti sono garantiti dalla Costituzione (art. 115), con soggetti le cui funzioni sono determinate da leggi generali della Repubblica (art. 128 Cost.). Ne' vale sostenere che l'equiparazione tra regioni e citta' deriva dagli artt. 5 e 114 della Costituzione, i quali - in quanto norme di principio - vanno letti ed interpretati conformemente alle norme costituzionali citate (articoli 115 e 128) che prevedono una diversa garanzia delle funzioni regionali e di quello degli enti locali. E' evidente d'altronde che, proprio in base al piu' volte richiamato principio di sussidiarieta' da parte della legge in oggetto, il luogo naturale per la collaborazione e il coordinamento tra la regione-ente e gli enti locali, a livello regionale, e' l'ambito regionale (se si vuole, la regione-comunita'). Non e' un caso infatti che alcune regioni abbiano gia' individuato, previsto e disciplinato delle appropriate sedi regionali per la piu' ampia consultazione e il diretto confronto con gli enti locali, sedi in cui promuovere l'esercizio coordinato delle rispettive funzioni (legge regione Toscana, 19 luglio 1995, n. 77, art. 3, istituzione di un Comitato di rappresentanti del sistema delle autonomie locali, legge regionale Basilicata, 28 marzo 1996, n. 17, principi di coordinamento del sistema regionale delle autonomie in Basilicata, legge regionale Abruzzo, 18 aprile 1996, n.21, istituzione della Conferenza permanente regioni-enti locali). Ne' e' un caso che le stesse regioni "al fine di favorire la partecipazione degli enti locali alla determinazione della politica regionale" abbiano proposto di costituzionalizzare la necessita' dell'istituzione del Consiglio delle autonomie locali "presso ogni regione" (art.129 della proposta di riforma costituzionale in senso federalista elaborata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle provincie autonome, ora in numerosi atti parlamentari tra cui ad es. v. A.C. 2900). Non puo' sfuggire a nessuno d'altronde che spostare al livello nazionale la sede del confronto e del coordinamento tra regioni e enti locali, oltre a ledere la Costituzione e i suoi principi e in primo luogo quello di sussidiarieta', finirebbe per favorire esclusivamente le grandi citta' a detrimento di tutte le realta' locali minori che ben scarso rilievo rappresentativo potrebbero trovare a livello nazionale. Oltre agli appena evidenziati problemi di legittimita' costituzionale della composizione dell'organo in forma unificata con la conferenza Stato-citta' "per le materie e i compiti di interesse comune", del medesimo art. 9 va impugnata anche la successiva lett. a) laddove dispone che la Conferenza partecipa oltre che "a tutti i processi decisionali di interesse regionale" (che riguardino cioe' tutte le regioni) anche a quelli di interesse "interregionale e infraregionale". Cosi' disponendo si incide, infatti, sull'autonomia amministrativa e organizzatoria delle singole regioni nei rapporti con gli enti locali infraregionali o con quelli autonomamente determinati con altre regioni. Quale titolo avrebbero, infatti, lo Stato e le altre regioni ad intervenire in un processo decisionale di interesse infraregionale o interregionale della regione Puglia? E' evidente che in questo caso i valori costituzionali in gioco e che occorre tutelare sono l'autonomia amministrativa e organizzatoria, oltre che pro parte della stessa autonomia normativa delle regioni. A salvare l'eccepita incostituzionalita' dell'art. 9 non vale nemmeno sostenere che l'unificazione delle due Conferenze riguarda solo "le materie e i compiti di interesse comune". Lo schema della legge delega fa si', infatti, che tutte le materie e i compiti non statali appaiono - incostituzionalmente - comuni a regioni, provincie e comuni: le funzioni in tali materie sono distribuite dallo Stato, il quale puo' anche intervenire in via sostitutiva sulle regioni nel caso in cui queste non intervengano a distribuire le funzioni regionali agli enti locali| 5. - Funzione di indirizzo e coordinamento. Le disposizioni di cui ai primi quattro commi dell'art. 8 della legge in oggetto perseguono un obiettivo inaccettabile da parte delle regioni. L'attuale nuova disciplina (immediatamente operativa) intende far venire meno la possibilita' dell'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento in via legislativa a favore di una procedura tutta amministrativa in cui lo Stato - al contrario di delle proposte di revisione costituzionale presentate dalle regioni che prevedono forme di coordinamento orizzontale - si riserva un forte potere di supremazia sovrana. Cosi' facendo tuttavia l'attuale disciplina si presenta in chiaro contrasto con gli artt. 5 e 118 della Costituzione e con la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale che, nel caso dell'esercizio di detta funzione in via amministrativa, ha sempre richiesto, per il rispetto del principio di legalita' sostanziale, che l'atto di indirizzo e coordinamento trovi specifico fondamento su una norma di legge statale e, in quanto atto di alta amministrazione, che la deliberazione dello stesso spetti in ogni caso al Consiglio dei Ministri (e non nella sola ipotesi ora prevista dal secondo comma dell'art. 8). Forti dubbi di legittimita' suscita, sulla base degli stessi parametri, anche il fatto che in caso di urgenza si possa provvedere senza l'osservanza delle procedure di intesa preventiva con la Conferenza Stato-regioni e le altre forme di intesa ora previste. Infatti, di fronte a ipotesi di urgenza in senso proprio esistono gia' gli strumenti ordinari ed extra-ordinari di intervento (decretazione di urgenza e poteri di ordinanza), una simile previsione normativa si presterebbe invece ad un uso improprio e distorto di uno strumento di intervento assolutamente straordinario. 6. - Procedure e strumenti di raccordo. La disposizione di cui all'art. 3, lett. c), sembra in netto contrasto con quella di cui alla lett. b) del successivo art. 9 e anche qualora si riesca a coordinare il significato normativo resta comunque di dubbia legittimita', in riferimento agli artt. 5, 117, 118, 119 e 123 della Costituzione, la previsione che al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata tra enti locali e tra regioni lo Stato debba sempre individuare centralisticamente le "forme di cooperazione strutturali e funzionali", possa in ogni caso esercitare controlli sostitutivi, sulle funzioni amministrative conferite alle regioni e agli enti locali e prevedere sempre la presenza di rappresentanti statali nelle strutture di raccordo. Le forme di cooperazione strutturali e funzionali che operino a livello interregionale o infraregionale spettano, infatti, alle regioni stesse in forza della loro autonomia amministrativa e organizzativa. In tal caso, del pari illegitime sono la previsione di poteri sostitutivi dello Stato e la presenza di rappresentanti statali. Restano certo ben possibili forme di cooperazione strutturali e funzionali operanti a livello nazionale - qualora vengano coinvolti interessi di rilievo nazionale - con la presenza, in questo caso, di rappresentanti statali. Anche in questo caso tuttavia e' illegittima la previsione di poteri sostitutivi statali di quelle funzioni amministrative che, ai sensi dell'art. 1 della legge medesima, siano trasferite o comunque attribuite alle regioni in via devolutiva, all'infuori dei limitati casi in cui occorra salvaguardare un valore costituzionale fondamentale (come da consolidata Giurisprudenza costituzionale: es. diritto alla salute, diritto all'ambiente salubre). 7. - Avvalimento di uffici regionali da parte dello Stato. La disposizione dell'art. 3, lett. f), della legge in oggetto e' di dubbia legittimita' a Costituzione vigente. La carta costituzionale infatti prevede la possibilita' di delegare ulteriori funzioni amministrative alle regioni, ma non la semplice deconcentrazione burocratica (con riserva dei poteri decisori all'amministrazione statale deconcentrante). In ogni caso pero' e' ancor piu' grave che la disposizione in oggetto non preveda che tra le modalita' e le condizioni con le quali l'amministrazione dello Stato puo' avvalersi di uffici regionali vi debba essere la necessaria copertura finanziaria degli oneri aggiuntivi da parte della stessa amministrazione statale. Sembra dunque evidente la violazione degli artt. 118 e 119 della Costituzione. 8. - Delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi. La portata delle disposizioni di cui ai primi sette commi dell'art. 20 della legge in oggetto e', specie per quanto di interesse regionale, di particolare oscurita'. In ogni caso, se dal combinato disposto di tali commi si volesse dedurre che regolamenti di delegificazione statali possano intervenire in materie di competenza regionale sino alla nuova disciplina regionale, ai sensi del comma 7, vale ricordare quanto gia' fissato dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 482 del 1995 (v. anche sent. n. 333 del 1995), nella quale si puo' chiaramente leggere il principio di cui: "i regolamenti governativi, compresi quelli delegati, non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale o privinciali. Ne' lo strumento della delegificazione, previsto dall'art. 17 legge n. 400 del 1988, puo' operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia".
P. Q. M. Chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, comma 2, 3, comma 1, lettere c) ed f), 4, commi 1, 2 e 3, lett. a), 8, 9, comma 1, 20, commi 1-7, della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante "delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa", per violazione degli articoli 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. Bari-Roma addi', 15 aprile 1997 Prof. avv. Aldo Loiodice - prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto 97C0421