N. 117 SENTENZA 5 - 6 maggio 1997

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza -  Pensioni  -  Assicurati  che  maturino  il
 requisito  per il pensionamento entro i sei mesi successivi alla data
 del  30  giugno  1993  -  Obbligo  di  comunicare  l'opzione  per  la
 prosecuzione  del  rapporto  di lavoro non oltre la data in cui viene
 maturato  il  requisito  dell'eta'-  Violazione  del   principio   di
 uguaglianza  tra chi compie gli anni all'inizio del semestre e chi li
 compie al termine dello stesso - Illegittimita' costituzionale.
 
 (D.Lgs.  30  dicembre  1992,  n.  503,  art.  1,  comma   2,   ultima
 proposizione).
 
(GU n.20 del 14-5-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2,
 ultima proposizione, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503  (Norme  per
 il  riordinamento  del sistema previdenziale dei lavoratori privati e
 pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  30  gennaio 1996 dal pretore di
 Verbania sul ricorso proposto da Ugazzi Domenico contro la  R.A.S.  -
 Riunione  Adriatica  di  Sicurta'  s.p.a.,  iscritta  al  n.  745 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di costituzione della R.A.S. - Riunione Adriatica di
 Sicurta' S.p.a;
   Udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1997 il giudice  relatore
 Fernando Santosuosso;
   Udito  l'avvocato  Roberto Nania per la R.A.S. - Riunione Adriatica
 di Sicurta' S.p.a.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso della controversia di  lavoro  promossa  da  Ugazzi
 Domenico contro la R.A.S. - Riunione Adriatica di Sicurta' S.p.a., il
 pretore  di Verbania ha sollevato, con ordinanza emessa il 30 gennaio
 1996,  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in   riferimento
 all'art.    3  della  Costituzione,  dell'art.  1,  comma  2,  ultima
 proposizione, del d.lgs. 30 dicembre  1992,  n.  503  (Norme  per  il
 riordinamento  del  sistema  previdenziale  dei  lavoratori privati e
 pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
   Il giudice  a quo, dopo aver premesso in punto di fatto  i  termini
 della  questione sottoposta al suo giudizio, ha rilevato che la norma
 impugnata si presenta del tutto  analoga  a  quella  gia'  dichiarata
 costituzionalmente  illegittima  con  la  sentenza n. 156 del 1988 di
 questa Corte. Tale norma, infatti, mentre prevede che coloro i  quali
 maturano  i  requisiti  per la pensione di vecchiaia entro i sei mesi
 successivi alla data di entrata in vigore del decreto legislativo  n.
 503 del 1992 non siano tenuti a comunicare al datore l'opzione per la
 prosecuzione  dell'attivita'  lavorativa,  dispone  che  a carico dei
 medesimi permanga l'obbligo di detta comunicazione "non oltre la data
 in cui i predetti requisiti sono maturati".  Nel  caso  specifico  la
 risoluzione  della prospettata questione e' rilevante perche', avendo
 il ricorrente maturato il requisito per la pensione di  vecchiaia  in
 data  21  marzo  1993,  avrebbe  dovuto  comunicare  l'opzione per la
 prosecuzione del rapporto di lavoro entro tale data; poiche', invece,
 la comunicazione e' avvenuta il successivo 17 maggio 1993, ossia dopo
 il compimento degli  anni  ma  pur  sempre  nell'arco  dei  sei  mesi
 successivi   all'entrata   in   vigore   della  norma  impugnata,  il
 licenziamento dell'Ugazzi disposto dalla R.A.S.  e'  da  considerarsi
 legittimo  o  meno  a  seconda  dell'accoglimento o del rigetto della
 presente questione.
   Tutto cio' premesso in punto di rilevanza, il pretore  di  Verbania
 ha  osservato  che  la  questione  di  legittimita' costituzionale si
 presenta anche non manifestamente infondata, e cio' sulla base  della
 citata sentenza n. 156 del 1988 di questa Corte; se e' vero, infatti,
 che  la  norma  impugnata  e'  finalizzata  a  favorire la scelta del
 lavoratore  di  proseguire  l'attivita'  anche dopo il raggiungimento
 dell'eta'  pensionabile,  appare  ingiustificata  ed  irrazionale  la
 decisione  del  legislatore  di  obbligare il lavoratore a comunicare
 l'opzione entro termini che potrebbero essere, in concreto, irrisori,
 ricadendo nei primissimi  giorni  successivi  all'entrata  in  vigore
 della norma in esame.
   2.   -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituita  la  R.A.S.,  con  apposita  comparsa,  chiedendo  che  la
 questione   sollevata   dal  pretore  di  Verbania  venga  dichiarata
 inammissibile o, comunque, infondata.
   In prossimita' dell'udienza  la  predetta  societa'  ha  presentato
 un'articolata memoria, insistendo per le gia' rassegnate conclusioni.
   In  particolare, la R.A.S. ha rilevato che la prospettata questione
 deve ritenersi inammissibile per difetto di rilevanza. Il ricorrente,
 infatti, aveva subito un doppio licenziamento, il primo dei quali non
 tempestivamente contestato, secondo  quanto  affermato  dallo  stesso
 pretore  rimettente;  allorquando  il  dipendente aveva esercitato la
 seconda opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro, quella ai
 sensi della norma di  legge  impugnata,  il  rapporto  stesso  doveva
 ritenersi  ormai  legittimamente  sciolto, in forza del licenziamento
 ritualmente comunicato dalla societa' assicuratrice.
   Nel merito, la R.A.S. ha riconosciuto che  tra  la  norma  oggi  in
 esame   e   quella   colpita  dalla  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale di cui alla sentenza n. 156 del 1988 vi e' sostanziale
 analogia.  Tuttavia, se l'art. 6 del d.-l. 22 dicembre 1981, n.  791,
 convertito  con  modificazioni  in  legge  26  febbraio  1982, n. 54,
 costituiva una novita', l'istituto del pensionamento  posticipato  e'
 ormai ben noto, sicche' i lavoratori non possono lamentare una scarsa
 informazione al riguardo.
   D'altra parte, il fatto che la normativa transitoria abbia previsto
 l'obbligo  di  comunicare l'opzione entro la data in cui si matura il
 diritto alla pensione risponde alla natura negoziale del rapporto  di
 lavoro,  in  cui  la scelta del lavoratore esige una comunicazione al
 datore, entro termini ragionevoli e congrui; nel caso  specifico,  il
 dipendente aveva avuto il tempo di comunicare la propria scelta dal 1
 gennaio  fino  al  21  marzo  1993,  il  che e' un'ulteriore conferma
 dell'infondatezza della questione,  attesa  la  piena  ragionevolezza
 dello spatium deliberandi in concreto attribuito all'interessato.
                         Considerato in diritto
   1.  -   Il pretore di Verbania dubita che l'art. 1, comma 2, ultima
 proposizione, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, nella parte in cui
 dispone che, per gli assicurati che  maturino  il  requisito  per  il
 pensionamento  di  vecchiaia entro i sei mesi successivi alla data di
 entrata in vigore del decreto (in concreto, entro il 30 giugno 1993),
 rimanga fermo l'obbligo di comunicare l'opzione per  la  prosecuzione
 del  rapporto  di  lavoro  non oltre la data in cui viene maturato il
 requisito dell'eta' (nel caso specifico, entro il 21 marzo 1993), sia
 in  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione,  per   intrinseca
 irragionevolezza  conseguente alla possibile irrisorieta' del termine
 in questione.
   Richiama  in  proposito,  a  titolo  di  precedente  specifico,  la
 sentenza n. 156 del 1988 di questa Corte.
   2.  -  La  preliminare eccezione di inammissibilita' per difetto di
 rilevanza sollevata dalla R.A.S. e' infondata.
   Il giudice a quo infatti, con esauriente motivazione, ha  affermato
 che,  -  a prescindere dalla prova del tempestivo esercizio, da parte
 del lavoratore, del diritto di  opzione  ai  sensi  della  precedente
 legge  (art.  6  del  d.-l.  22 dicembre 1981, n. 791, convertito con
 modificazioni in legge 26  febbraio  1982,  n.  54)  -,  e'  comunque
 indispensabile,  ai  fini  della decisione, valutare la tempestivita'
 del secondo atto di opzione, compiuto dal  ricorrente  in  base  alla
 norma   impugnata.      Ne   consegue   che,   indipendentemente  dal
 perfezionarsi o meno del licenziamento, il rimettente ha  prospettato
 la questione a questa Corte in termini validi, non essendo consentito
 al  giudice delle leggi scendere all'esame della questione di merito,
 in presenza di una motivazione non implausibile sul punto.
   3. - Nel merito, la questione e' fondata.
   La norma sottoposta a scrutinio di  costituzionalita'  riguarda  la
 figura   del   cosiddetto   pensionamento   posticipato,  ossia  quel
 particolare diritto potestativo per cui il lavoratore  che  raggiunge
 il   limite   di  eta'  per  il  pensionamento  di  vecchiaia  ha  la
 possibilita', a sua scelta, di proseguire l'attivita' lavorativa fino
 al raggiungimento di un'eta'  piu'  avanzata  o  di  un  certo  tetto
 massimo  di anni di contribuzione.  Questa facolta' di opzione assume
 una duplice finalita': da un lato, quella di alleggerire la difficile
 situazione economica degli  enti  di  previdenza  (fra  cui  l'INPS),
 ritardando   il   momento   in  cui  essi  debbono  corrispondere  il
 trattamento di fine rapporto e la  pensione;  dall'altro,  quella  di
 consentire  a  lavoratori ancora relativamente "giovani" e, comunque,
 non in possesso di un'elevata anzianita' contributiva, di  continuare
 a  lavorare,  percependo  gli  eventuali aumenti di retribuzione e di
 pensione.
   La possibilita' di continuare a lavorare oltre il  limite  di  eta'
 pensionabile e' stata prevista gia' da norme precedenti, fra le quali
 si  segnalano l'art. 6 del d.-l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito
 con modificazioni in legge 26 febbraio 1982, n. 54,  l'art.  6  della
 legge  29  dicembre  1990,  n.  407 e l'art. 4 della legge 9 dicembre
 1977, n. 903.
   Il pretore  rimettente  ha  correttamente  indicato,  a  titolo  di
 precedente  specifico,  la  sentenza  n.  156  del 1988, con la quale
 questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
 6,  terzo  comma, ultima proposizione, del d.-l. 22 dicembre 1981, n.
 791, convertito con modificazioni nella legge 26  febbraio  1982,  n.
 54,  nonche'  del  medesimo art. 6, secondo comma, nella parte in cui
 non dispone  che  il  termine  ivi  previsto  per  l'esercizio  della
 facolta'  di  opzione  di  cui al comma precedente non possa comunque
 scadere prima che siano trascorsi sei mesi dall'entrata in vigore del
 decreto-legge medesimo.
   4. - Rispetto alla norma oggetto di quel giudizio, la  disposizione
 ora  in  esame  (art.  1, comma 2, ultima proposizione, del d.lgs. 30
 dicembre 1992, n. 503) ha un contenuto sostanzialmente analogo.
   Se da un lato,  infatti,  questa  disposizione  e'  finalizzata  ad
 elevare   a   sessantacinque   anni   (nello  spirito  della  riforma
 previdenziale) il limite di eta' per la  prosecuzione  dell'attivita'
 lavorativa, dall'altro il medesimo articolo prevede lo stesso obbligo
 di comunicazione a carico del lavoratore.
   In particolare, si stabilisce:
     1)  colui  che,  pur  avendo  gia'  maturato  i  requisiti per la
 pensione di vecchiaia, svolge ancora attivita' lavorativa al  momento
 di  entrata  in  vigore  del  decreto  e'  esonerato  dall'obbligo di
 comunicazione;
     2) colui che,  invece,  matura  i  requisiti  entro  i  sei  mesi
 successivi   e'   esonerato  dall'obbligo  predetto  "fermo  restando
 l'obbligo per gli assicurati stessi di  effettuare  la  comunicazione
 sopra  considerata non oltre la data in cui i predetti requisiti sono
 maturati".
   Il giudice a quo sottopone al  giudizio  di  questa  Corte  proprio
 l'ultima  proposizione del menzionato art. 1, comma 2, ossia la parte
 in cui la norma sembra ad un tempo negare e  prevedere  l'obbligo  di
 comunicazione   al   datore  di  lavoro,  da  parte  del  lavoratore,
 dell'esercizio della facolta' di  opzione  per  la  prosecuzione  del
 rapporto.  Ed  invero  questa Corte, nella richiamata sentenza n. 156
 del 1988, ha sottolineato la singolarita'  di  un  sistema  che  pone
 coloro i quali maturano i requisiti per la pensione entro i primi sei
 mesi  dall'entrata in vigore della norma nell'alternativa poco chiara
 tra l'esonero da ogni comunicazione e l'obbligo, invece, di  compiere
 quest'ultima entro la data di perfezionamento dei requisiti medesimi.
   Osserva  tuttavia  la Corte che, pur essendo la norma in esame poco
 chiara nella propria  formulazione,  in  linea  di  principio  appare
 ragionevole  che  la  legge ponga a carico del lavoratore interessato
 alla prosecuzione del rapporto di lavoro l'obbligo di  comunicare  la
 propria  scelta  entro un termine, in quanto cio', oltre a rispondere
 alla logica negoziale del rapporto di lavoro,  si  collega  anche  ad
 esigenze organizzative, non essendo opportuno che il datore di lavoro
 rimanga   esposto   al   protrarsi   dell'incertezza   oltre  termini
 prefissati.
   E' pero' indispensabile che detto termine sia congruo e tale da non
 determinare ingiustificate disparita'.
   Nel caso in oggetto, invece, si ripropongono  gli  stessi  problemi
 segnalati  da  questa Corte nella sentenza n. 156 del 1988: obbligare
 chi matura i requisiti (nella specie, di eta') a comunicare l'opzione
 entro la data di maturazione degli  stessi  significa,  in  concreto,
 porre  coloro  i  quali  compiono gli anni nei primi giorni dell'anno
 nella situazione di non poter esercitare il diritto,  data  l'estrema
 esiguita' dei termini.
   La  R.A.S.  nella propria memoria rileva, fra l'altro, che, essendo
 il sistema del pensionamento posticipato ormai ben noto, non  sarebbe
 piu' necessario concedere ai lavoratori un termine per l'opzione pari
 a  quello  riconosciuto con la menzionata sentenza n. 156 del 1988 di
 questa Corte. Neppure questa osservazione puo' essere condivisa.   Ed
 invero,  anche  a  voler  ritenere che la possibilita' di ottenere il
 posticipo del pensionamento sia ormai un dato  acquisito  nel  nostro
 sistema  previdenziale,  cio'  non toglie che ogni norma di legge che
 preveda tale facolta' debba essere sempre accompagnata da un  termine
 ragionevole per il suo esercizio.
   5.   -   Da   quanto   detto  deriva  che  la  norma  in  esame  e'
 costituzionalmente  illegittima,  non  perche'  pone  al   lavoratore
 l'obbligo  di  comunicare  la  propria scelta, ma per il fatto che il
 termine per compiere tale  comunicazione  puo'  essere,  in  pratica,
 irragionevolmente  breve,  andando  a  scadere  molto prima che siano
 decorsi sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
 legislativo  in  esame.  Inoltre,  cosi'  facendo,  si viene a creare
 un'irragionevole disparita' di trattamento,  nell'ambito  del  regime
 transitorio  regolato  dalla  norma  in questione, tra chi compie gli
 anni all'inizio del semestre e chi li compie al termine dello stesso.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  2,
 ultima  proposizione,  del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per
 il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori  privati  e
 pubblici,  a  norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421),
 nella parte in cui non prevede che il termine per  l'esercizio  della
 facolta'  di  opzione  non  possa  comunque  scadere  prima che siano
 trascorsi sei mesi dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
 legislativo medesimo.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 6 maggio 1997.
                Il direttore dei cancelleria: Di Paola
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