N. 139 ORDINANZA 8 - 16 maggio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Competenza per materia - Ripartizione tra i diversi
 giudici - Discrezionalita' legislativa - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 12; c.p.p., art. 7,  comma
 2, lettere H, L, M, N).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.21 del 21-5-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare MIRABELLI,   prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.  Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,   prof. Gustavo ZAGREBELSKY,  prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,   prof.  Guido
 NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2, numero 12,
 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega  legislativa  al  Governo
 della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice di procedura
 penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere h), l), m) ed n), del codice
 di procedura penale, promossi con quattro ordinanze emesse una il  27
 giugno  e  tre  l'11 luglio 1996 dal pretore di Enna, rispettivamente
 iscritte ai nn. 972, 1079, 1080 e 1142 del registro ordinanze 1996  e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41, 42 e 43,
 prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  25  marzo  1997  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto  che con ordinanza emessa il 27 giugno 1996 (reg. ord.  n.
 972 del 1996) nel  corso  di  un  procedimento  penale  promosso  con
 l'imputazione  di  omicidio colposo, il pretore di Enna ha sollevato,
 in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  2, numero 12, della legge 16
 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della  Repubblica
 per  l'emanazione  del nuovo codice di procedura penale), e dell'art.
 7, comma 2, lettera h), del codice di procedura penale;
     che la legge di delega ha stabilito, tra  i  principi  e  criteri
 direttivi,  che  la competenza per materia dovesse essere determinata
 tenendo conto sia della pena edittale sia della qualita'  del  reato,
 attribuendo   in   particolare   alla   competenza   del  pretore  le
 contravvenzioni ed i delitti punibili con la pena della multa  o  con
 quella  della  reclusione  non  superiore nel massimo a quattro anni,
 nonche' altri delitti da indicare specificamente;
     che  l'art. 7, comma 2, lettera h), cod. proc. pen. ha attribuito
 al pretore la competenza, tra l'altro, per  il  delitto  di  omicidio
 colposo,  punito  dall'art.  589  del codice penale con la pena della
 reclusione da sei mesi a cinque anni;
     che, ad avviso del  giudice  rimettente,  la  ripartizione  della
 competenza tra i diversi giudici (corte d'assise, tribunale, pretore)
 e'  stata determinata seguendo un criterio misto, che vede il sistema
 basato sulla quantita' della pena edittale derogato in numerosi  casi
 in  relazione  alla  rilevanza  del  bene  giuridico tutelato od alla
 pericolosita' diffusiva del reato. In particolare la  competenza  del
 pretore  e'  stata ampliata rispetto a quella prevista dal precedente
 codice di procedura penale per rispondere all'esigenza  di  sottrarre
 ai tribunali ed alle corti d'assise un elevato numero di processi, in
 modo  da  riservare ad essi la cognizione dei reati nei quali e' piu'
 marcata la necessita' della cognizione di un giudice collegiale,  che
 offrirebbe,  secondo  il  giudice  rimettente,  maggiore  garanzia in
 ordine  alla  decisione,  da  adottare  secondo  una  procedura   non
 semplificata,  quale  e'  invece quella pretorile, priva dell'udienza
 preliminare;
     che tuttavia, ad avviso del giudice rimettente, il  rapporto  tra
 competenza  in  ordine  ad  un  reato  e  composizione  monocratica o
 collegiale dell'organo  giudicante  non  potrebbe  prescindere  dalla
 gravita'   del   reato  stesso,  sicche'  vi  sarebbe  disparita'  di
 trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, tra chi e'
 imputato del delitto di  omicidio  colposo,  giudicato  dal  pretore,
 rispetto  a  chi  e'  imputato  di un delitto di pari gravita' per il
 quale sia prevista la competenza del tribunale;
     che analoga questione  e'  stata  sollevata,  con  tre  ordinanze
 emesse  tutte  l'11  luglio 1996 (reg. ord. nn. 1079, 1080 e 1142 del
 1996), dallo stesso pretore di Enna che, in altrettanti  procedimenti
 penali   promossi   rispettivamente   con  le  imputazioni  di  furto
 aggravato, di truffa aggravata e di ricettazione,  ha  ritenuto,  con
 argomentazioni identiche a quelle enunciate per il caso dell'omicidio
 colposo, che, anche per questi altri delitti puniti con la reclusione
 che   nel   massimo  supera  i  quattro  anni,  l'attribuzione  della
 competenza al pretore (art. 2, numero 12, della legge n. 81 del 1987,
 e art. 7, comma 2, lettere l), m) ed n), cod.  proc.  pen.)  potrebbe
 essere in contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
     che  in  due  giudizi  (reg.  ord.  nn.  972  e 1142 del 1996) e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,  chiedendo  che
 le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  siano dichiarate non
 fondate;
   Considerato che tutte le questioni investono  la  disciplina  della
 competenza per materia nel processo penale, denunciando la violazione
 del  principio  di  eguaglianza  che deriverebbe dalle norme (art. 2,
 numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 e  art.  7,  comma  2,
 lettere  h),  l),  m)  ed  n),  del  codice  di procedura penale) che
 attribuiscono al pretore la  competenza  a  giudicare  i  delitti  di
 omicidio  colposo  (art. 589 cod. pen.), di furto aggravato (art. 625
 cod. pen.), di truffa aggravata (art. 640, secondo comma, cod.  pen.)
 e  di  ricettazione  (art.  648 cod. pen.), puniti tutti con una pena
 detentiva superiore nel massimo a quattro anni di reclusione,  limite
 entro  cui  opera  la  competenza del giudice monocratico, secondo il
 criterio basato sulla quantita' della pena edittale;
     che  le  ordinanze  di  rimessione sollevano un analogo dubbio di
 legittimita' costituzionale  per  le  norme  che  attribuiscono  alla
 competenza   del  pretore  alcuni  delitti  specificamente  indicati,
 denunciando la violazione dello  stesso  parametro  costituzionale  e
 prospettando  identici  profili ed argomentazioni, sicche' i relativi
 giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
      che la delega  legislativa  ha  previsto,  nella  determinazione
 delle  competenze  per  materia,  l'adozione di un criterio che tenga
 conto sia della quantita' della pena edittale sia della qualita'  del
 reato,  comprendendo nella competenza del pretore, oltre ai reati per
 i quali la legge stabilisce una pena detentiva, sola o congiunta  con
 una  pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, anche
 altri delitti da indicare specificamente, tra i quali  il  codice  di
 procedura  penale  ha  inserito  i  reati presi in considerazione dal
 giudice rimettente;
     che la asserita  disparita'  di  trattamento,  prospettata  dalle
 ordinanze  di  rimessione  senza  indicare  specificamente rispetto a
 quali delitti attribuiti alla competenza del tribunale si affermi  la
 pari gravita' dei reati nominativamente riservati alla competenza del
 pretore,  tenderebbe in realta' ad escludere la compatibilita' con il
 principio di eguaglianza della deroga,  in  base  alla  qualita'  del
 reato,  al  criterio  della  pena edittale nella determinazione della
 competenza per materia;
     che, come gia' affermato dalla Corte nel dichiarare la  manifesta
 infondatezza  di  analoga  questione  di  legittimita' costituzionale
 sollevata per la norma che attribuisce al  pretore  la  competenza  a
 giudicare il delitto di truffa aggravata (ordinanza n. 257 del 1995),
 rientra   nelle   valutazioni   discrezionali   del   legislatore  la
 ripartizione,  effettuata  nei  limiti  della  ragionevolezza,  della
 competenza per materia tra i diversi giudici, senza che determini una
 disparita'  di  trattamento  tra cittadini la differente composizione
 dell'organo giudicante per i diversi reati o la  semplificazione  del
 procedimento;
     che,   pertanto,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 sollevate dal pretore di Enna devono essere dichiarate manifestamente
 infondate;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza   delle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2, numero 12,
 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega  legislativa  al  Governo
 della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice di procedura
 penale), e dell'art.   7, comma 2, lettere h),  l),  m)  ed  n),  del
 codice  di  procedura  penale,  sollevate,  in riferimento all'art. 3
 della Costituzione, dal pretore di Enna con le ordinanze indicate  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 maggio 1997.
                        Il Presidente: Vassalli
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 maggio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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