N. 302 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 1997

                                N. 302
  Ordinanza  emessa  il  3  febbraio  1997  dal  pretore di Modena nel
 procedimento di esecuzione promosso da Conte Domenico
 Processo penale - Spese processuali  -  Obbligo  di  rimborso  -  Non
    trasmissibilita'  dell'obbligazione  agli eredi del   condannato -
    Mancata previsione  -  Disparita'  di  trattamento  rispetto  alla
    prevista  intrasmissibilita'  agli eredi  dell'obbligazione avente
    per oggetto le spese di mantenimento in carcere -  Violazione  del
    principio  della  responsabilita' penale personale - Lesione della
    tutela della famiglia.
 (C.P., art. 188, comma 2).
 (Cost., artt. 3, comma primo, 27, comma primo, e 31, comma primo).
(GU n.24 del 11-6-1997 )
                              IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza;
   Visti gli atti del procedimento di esecuzione promosso,  anche  per
 conto  della  moglie  Sardiello  Teresa,  da  Conte  Domenico, nato a
 Pietramelata (Caserta) il 21 novembre 1939 residente  in  Modena  via
 Ponte Alto Nord 221/2 con ricorso depositato il giorno 23 marzo 1996;
   All'esito dell'udienza in camera di consiglio del giorno 5 dicembre
 1996,  sentiti  il  difensore del ricorrente ed il pubblico ministero
 che si e' opposto all'accoglimento del ricorso;
   Esaminati  gli  atti  del  procedimento  di  esecuzione  e   quelli
 dell'art.  95305 del campione penale di questa pretura circondariale;
   A  scioglimento  della riserva formulata all'udienza del 5 dicembre
 1996, osserva: Conte Antonio, figlio del ricorrente Conte Domenico  e
 della  di  lui  moglie  Sardiello  Liberata  Teresa, riporto' in vita
 diverse condanne, comportanti il pagamento delle  spese  processuali,
 pagamento  che  non  fu  possibile  ottenere  dal condannato, neppure
 coattivamente, e per il recupero delle quali era stato acceso  l'art.
 95305 del campione penale.
   Essendo  Conte  Antonio  deceduto  in  Modena  il  5 maggio 1994 il
 cancelliere di questa pretura ha agito,  per  ottenere  il  pagamento
 delle  spese,  nei  confronti  dei  genitori  ed  eredi  del debitore
 deceduto.
   Il ricorrente Conte Domenico, con il ricorso depositato il 23 marzo
 1996, non ha contestato di essere tenuto,  insieme  alla  moglie,  al
 pagamento  delle  spese  processuali  alla  rifusione  delle quali il
 figlio era  stato  condannato,  cio'  alla  stregua  della  normativa
 vigente,   ma  ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzione  di  tale
 normativa, in particolare dell'art. 691 secondo comma c.p.p. e  degli
 artt.  181 e 199 disp. att. c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 27
 primo comma e 31 della Costituzione, al fine  di  ottenere  l'esonero
 dal pagamento mediante la notifica di atto di precetto.
   All'udienza  del  5  dicembre  1996  il difensore del ricorrente ha
 chiesto  che,  previa  declaratoria  della  rilevanza  e  della   non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 sollevata  con  il  ricorso e previa rimessione degli atti alla Corte
 costituzioneale    per    la    decisione    della    questione    di
 costitutizionalita',  Conte  Domenico  fosse dichiarato non tenuto al
 pagamento delle spese processuali alle quali il  figlio  Antonio  era
 strato  condannato  con  la  setenza  15  luglio  1985 del pretore di
 Modena. Nella stessa udienza il pubblico ministero si e' espresso per
 la   manifesta   infondatezza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale ex adverso sollevata.
   Rileva  il decidente come la successione degli eredi del condannato
 deceduto nell'obbligazione avente  per  oggetto  il  pagamento  delle
 spese  del processo penale conclusosi con la sentenza di condanna non
 avviene per effetto del disposto dell'art. 691 secondo comma  c.p.p.,
 che  rinvia soltanto alle legge ed ai regolamenti, ne' ad opera degli
 artt. 181 e 199 disp. att. c.p.p., bensi' per quanto disposto in  via
 generale  dall'art.  752  codice  civile,  secondo il quale i coeredi
 contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi  ereditari  in
 proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia
 altrimenti  disposto,  ed altresi' per quanto conformemente stabilito
 dal successivo art. 754 codice civile, il quale prevede che gli eredi
 siano tenuti verso  i  creditori  al  pagamento  dei  debiti  e  pesi
 ereditati personalmente in proporzione della loro quota ereditaria ed
 ipotecariamente  per  l'intero.  A  tali  disposi-zioni  fa eccezione
 l'art. 188 codice penale che, in materia di spese di mantenimento del
 condannato durante l'esecuzione di pene detentive  (cosiddette  spese
 di   mantenimento   in   carcere)   dispone   al  secondo  comma  che
 l'obbligazione del rimborso  di  dette  spese  non  si  estende  alla
 persona civilmente responsabile e non si trasmette agli eredi.
   Deriva  dunque  dalla  norma  sostanziale  derogatoria  ai principi
 generali, norma espressa dal secondo comma dell'art.  188  cod.  pen.
 l'esenzione  per  gli eredi del condannato deceduto dall'obbligazione
 del pagamento, pro quota, delle spese del mantenimento in carcere del
 loro  dante  causa.  Non  esiste  nell'ordinamento  una   disposizone
 corrispondente
  che esoneri gli eredi di chi ha riportato una condanna penale, ed e'
 morto prima di aver provveduto al pagamento delle spese del processo,
 dall'obbligo  di  rifondere  allo  Stato  dette spese in luogo del de
 cuius.
   Poiche'  l'art.  188 secondo comma cod. pen. limita alle sole spese
 di mantenimento in carcere la non  trasmissibilita'  agli  eredi  del
 condannato  dell'obbligazione  di  rimborso  e non dispone che non si
 trasmette agli eredi neppure l'obbligazione del pagamento delle spese
 del processo, comprese quelle anticipate dallo Stato, e'  ragionevole
 e  meritevole  di  attenta  considerazione  il  prospettato dubbio di
 legittimita' costituzionale della disposizone, con riferimento ad una
 pluralita' di principi desumibili dal dettato costituzionale.
   Innanzi tutto la mancata affermazione della intrasmissibilita' agli
 eredi del condannato dell'obbligazione del pagamento delle spese  del
 processo  appare  lesiva  del  principio  di  uguaglianza  di tutti i
 cittadini davanti alla legge (art. 3  primo  comma  Cost.)  e  dunque
 della  conseguente  necessaria  parita'  di trattamento di situazioni
 identiche  od  analoghe  od  assimiliabili.  Invero  e'   palese   la
 discriminazione  compiuta  dalla  norma  tra  gli  eredi di chi abbia
 riportato condanna penale a pena non detentiva, od a  pena  detentiva
 sostituita  con  la  pena  pecuniaria o con altra sanzione sostituiva
 (art. 53 e segg.  legge n. 689/1981) od a pena detententiva per altra
 ragione non eseguita, e gli eredi di coloro che,  condannati  a  pena
 detentiva,  abbiano  scontato  la  pena  ad  essi  inflitta prima del
 decesso. Solo la seconda categoria di eredi e' esonerata dall'obbligo
 del pagamento delle spese derivanti  dalla  condanna  penale  del  de
 cuius,  mentre  alla  prima  categoria  e'  riservato  un trattamento
 deteriore, essendo essi tenuti al pagamento delle  spese  processuali
 senza  che  sia  ad essi concessa la possibilita', qualora versino in
 disagiate condizioni economiche, di ottenere la rimessione del debito
 ai sensi dell'art. 56 della legge 26  luglio  1975  n.  354.  Infatti
 detta disposizione, anche dopo la sentenza15 luglio 1991 n. 342 della
 Corte  costituzionale,  prevede  che  il  debito  per  le  spese  del
 procedimento (e/o quello per le spese di mantenimento in carcere) sia
 rimesso soltanto nei confronti dei condannati e degli internati  che,
 oltre  a trovarsi in disagiate condizioni economiche, abbiano serbato
 regolare condotta in liberta', ovvero durante l'esecuzione della pena
 detentiva. Non e' prevista dalla legge, dunque non e' consentita,  la
 rimessione del debito nei confronti degli eredi dei condannati, per i
 quali  eredi  non  potrebbe  mai  ricorrere,  e non avrebbe senso che
 ricorresse il presupposto della regolare condotta.
   La migliore riprova della non estensibilita' agli eredi di  chi  ha
 riportato  condanna  penale  del disposto dell'art. 56 della legge n.
 354/1975, dunque della possibilita'  di  rimessione  del  debito  per
 spese  del  procedimento, e' data proprio dall'art. 188 secondo comma
 cod. pen. che esclude la successione degli eredi nel debito per spese
 di  mantenimento  in  carcere  ed  elimina  la   possibilita'   della
 rimessione  a  favore  degli eredi, introducendo cosi' una disciplina
 per detti debiti incompatibile con l'art. 56 legge  n.  354/l975.  Il
 debito  per le spese del procedimento, invece, non e' ne' rimettibile
 ne' intrasmissibile e grava pertanto, irrimediabilmente sugli  eredi,
 anche se in disagiate condizioni economiche.
   Poiche'  l'art.  188  secondo  comma  cod.  pen. dispone che non si
 trasmetta agli eredi del condannato  soltanto  l'obbligazione  avente
 per  oggetto  le spese di mantenimento in carcere, senza escludere la
 successione degli eredi nell'obbligazione avente per oggetto le spese
 del procedimento penale  conclusosi  con  la  sentenza  di  condanna,
 realizzando  cosi'  un  differente  regime  successorio  per  le  due
 obbligazioni, la dispozione appare in contrasto,  oltre  che  con  il
 principio  di  uguaglianza,  anche  con  il  principio di razionaita'
 desumibile, e dalla Corte costituzionale desunto  con  giurisprudenza
 consolidata, dallo stesso art. 3 primo comma Cost.
   In  vero appare illogica, perche' priva di una valida e ragionevole
 giustificazione, la differenziazione  attuata  dal  legislatore,  per
 quanto  attiene  alla  trasmissione  agli  eredi  del condannato, tra
 l'obbligazione avente per oggetto le spese di mantenimento in carcere
 e l'obbligazione  avente  per  oggetto  le  spese  del  procedimento;
 differenziazione,  e'  da  notare,  che  non  sussiste  ai fini della
 rimessione del debito, giacche' l'art. 56  della  legge  n.  354/1971
 riguarda  tanto  l'una  quanto l'altra, stabilendo una rimettibilita'
 comune ad entrambe e che deriva invece dall'art.  188  secondo  comma
 cod.  pen.  che  limita  l'intrasmissibilita',  senza  alcuna  valida
 ragione giustificativa, ad una sola delle due obbligazioni, lasciando
 percio' che per  quanto  riguarda  l'altra  gli  eredi  succedano  al
 condannato,  secondo  le  norme  generali  in  materia di successione
 ereditaria, ma per effetto dell'irragionevole limitazione dell'ambito
 di applicazione di una disposizone eccezionale costituente deroga  ai
 dettami generali.
   Il  principio  della  necessaria generale coerenza dell'ordinamento
 positivo impone che ad una uniformita' di disciplina dell'obbligo  di
 rimborso  delle  spese  di  mantenimento  in  carcere  e l'obbligo di
 rimborso  delle  spese  processuali,  dettata  dalla  legge  per   il
 condannato in vita e valida sotto ogni riaguardo (anche ai fini della
 possibile rimessione dei debiti relativi) corrisponda una regolazione
 uniforme  anche per l'eventualita' di un decesso del condannato prima
 dell'estinzione delle due obbligazioni e quindi, in particolare,  che
 entrambe,   e   non  soltanto  una  di  esse,  siano  dichiarate  non
 trasmissibili agli eredi.
   A ragione peraltro la difesa del ricorrente  ha  sostenuto  che  la
 mancata    estensione    della    intrasmissibilita'    agli    eredi
 dell'obbligazione avente per oggetto le spese del procedimento penale
 appare in contrasto anche con l'art. 27 primo comma Cost. che afferma
 essere la responsabilita'  penale  personale.  Da  tale  affermazione
 derivano   non   solo   il   fondamentale   principio   della  natura
 personalissima della sanzione penale, al punto che la morte  del  reo
 estingue  la  pena  (art.  171  cod.  pen.), ma altresi' il carattere
 altrettanto personalissimo  della  condanna  penale  e  dunque  dello
 stesso  processo  penale  che  dovesse  concludersi  con una sentenza
 affermativa  della  responsabilita'  penale  dell'imputato  ai   fini
 dell'applicazione  nei  suoi  confronti  della  sanzione per il reato
 commesso. Ma se la condanna penale ha natura personalissima la stessa
 natura non possono non avere le sue  dirette  conseguenze,  quali  la
 pena inflitta e da eseguirsi e le spese del processo da rimborsare.
   Dal  principio  della  personalita'  della  condanna penale, dunque
 della sanzione inflitta con la sentenza di condanna,  il  legislatore
 ha  correttamente  desunto  la  natura  personalissima delle spese di
 esecuzione della pena (id est le spese di mantenimento in carcere del
 condannato) l'obbligazione di rimborso delle quali, non soltanto  non
 si  estende  alla  persona  civilmente responsabile del reato, ma, al
 pari della pena che non fosse stata ancora eseguita,  non  sopravvive
 all'autore   del  reato  giacche',  non  trasmettendosi  agli  eredi,
 necessariamente si estingue.
   Invece  il  legislatore  ha omesso di considerare che dal principio
 della  personalita'  della  condanna  penale   discende   la   natura
 personalissima  delle  spese  occorse per addivenire alla sentenza di
 condanna, dunque delle spese del processo penale e non ne  ha  tratto
 la  inevitabile  e doverosa conclusione che neppure l'obbligazione di
 rimborso  di   dette   spese   puo'   sopravvivere   al   condannato,
 trasmettendosi   ai   suoi  eredi  ma,  come  per  l'obbligazione  di
 rimborsare le  spese  di  mantenimento  in  carcere,  avrebbe  dovuto
 esserne  stabilita  per legge la sua non trasmissibilita' agli eredi,
 dunque l'estinzione, in caso  di  morte  di  colui  che  il  processo
 penale, e la conseguente condanna, aveva subito.
   Il  processo penale e le spese relativa ineriscono ad una specifica
 e personalissima forma di soggezione all'ordinamento positivo di  chi
 un   reato   abbia   commesso,   soggezione   funzionale   unicamente
 all'accertamento della responsabilita' penale ed all'inflizione della
 sanzione, cosicche' processo e spese, al pari della  pena,  rientrano
 nell'ambito   di   applicazione   dell'art.   27  primo  comma  della
 Costituzione. Le obbligazioni derivanti dalla condanna  penale  vanno
 distinte  dalla  conseguenze civili del reato (regolate dall'art. 185
 cod. pen. e dall'art. 2043  cod.  civ.),  che  derivano  direttamente
 dalla    commissione    del   fatto-reato   e   che,   a   differenza
 dell'obbligazione avente per oggetto le spese  del  processo  penale,
 non conseguono ma prescindono del tutto dalla condanna. Infatti, agli
 effetti  delle  restituzioni  e  del  risarcimento  del danno, ben e'
 possibile l'accertamento  solo  incidentale,  ad  opera  del  giudice
 civile, del reato delle cui conseguenze lesive si discute.
   Un  ulteriore  profilo  di illegittimita' costituzionale denunciato
 dal ricorrente e' quello che riguarda l'art. 31 primo comma Cost.   e
 la  tutela e la protezione della famiglia, cio' in considerazione del
 fatto che, di norma, eredi di colui che ha riportato condanna  penale
 sono  i  suoi  piu' stretti congiunti (genitori, o figli, o fratelli)
 quindi membri della stessa famiglia che vengono gravati  delle  spese
 di uno o piu' processi penali, ai quali sono del tutto estranei, solo
 perche'  appartenenti  alla  stessa  famiglia dell'autore di uno o di
 piu' reati.  L'imposizone  dell'onere  delle  spese  processuali  per
 comportamenti  penalmente  illeciti  che  non  riguardano nessuno dei
 sopravvissuti all'autore dei reati appare  in  effetti  incompatibile
 con  la  previsione  costituzionali  di  misure  economiche  atte  ad
 agevolare la costituzione della famiglia e all'adempimento  dei  suoi
 compiti.    In tal modo, in realta', non si aumentano, ma si riducono
 le risorse economiche del nucleo familiare, per  ragioni  alle  quali
 l'intero nucleo superstite e' del tutto estraneo.
   Ne'  vale  addurre  in  contrario  la  possibilita'  per i chiamati
 all'eredita' di chi abbia riportato  condanna  penale  di  rinunciare
 all'eredita'  (art.  519  cod. civ.). Invero la rinuncia all'eredita'
 non viene effettuata per ragioni affettive (meritevoli della  massima
 considerazione) o per altre ragioni del pari socialmente apprezzabili
 (incuria,  ignoranza)  ovvero  perche' la richiesta di rimborso delle
 spese processuali, spesso ingenti, avviene a tale distanza  di  tempo
 dalla  morte  del  congiunto  da  rendere la rinuncia impossibile per
 l'avvenuto compimento da parte degli eredi di atti incompatibili  con
 la volonta' di rinunciare all'eredita' (art. 527 cod. civ.).
   In  ogni caso, e l'argomento appare decisivo, se la possibilita' di
 rinunciare all'eredita' del condannato  fosse  stata  sufficiente  ad
 eliminare   od   impedire   i  gravi  inconvenienti  derivanti  dalla
 trasmissione agli eredi delle obbligazioni  nascenti  dalla  sentenza
 penale   di  condanna  e  dalla  sua  esecuzione  non  sarebbe  stata
 necessaria la norma derogatoria di cui  all'art.  188  secondo  comma
 cod.  pen.  giacche'  l'obbligazione  del  rimborso  delle  spese  di
 mantenimento in carcere non si sarebbe comunque trasmessa ai chiamati
 all'eredita' del condannato che all'eredita' avessero rinunciato.  Ma
 proprio   l'introduzione   nell'ordinamento   di   tale  disposizione
 dimostra, non  soltanto  la  sua  opportunita'  sociale,  ma  la  sua
 giuridica  necessita'.  Mentre  da  quanto  sopra  rilevato si evince
 l'esigenza  che  la  norma  non  riguardi  solamente  le   spese   di
 mantenimento   in   carcere   ma  si  estenda  a  comprendere  anche,
 stabilendone l'intrasmissibilita' agli eredi del condannato, le spese
 del processo penale, in esse considerate anche  le  spese  anticipate
 dallo Stato.
   La  questione  di legittimita' costituzionale proposta dalla difesa
 del ricorrente non  solo  non  e'  manifestamente  infondata,  ma  e'
 sicuramente   rilevante.   Invero  soltanto  se  la  questione  fosse
 dichiarata  fondata  ed  accolta  dalla   Corte   costituzionale   il
 ricorrente  potrebbe,  in  accoglimento dell'istanza da lui proposta,
 essere dichiarato non tenuto al pagamento delle spese processuali  in
 luogo  del  figlio  e  quale erede del medesimo, pagamento che gli e'
 stato ingiunto di eseguire con l'atto di precetto in  data  8  agosto
 1995, a lui notificato il 22-23 febbraio 1996.
   In  attuazione  dell'art.  23  della  legge 11 marzo 1953, n. 87 il
 procedimento di esecuzione deve essere sospeso e deve essere disposta
 la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con  riferimento
 all'art.  3 primo comma, all'art. 27 primo comma ed all'art. 31 primo
 comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata dal ricorrente  Conte  Domenico  e  concernente  l'art.  88
 secondo  comma codice penale nella parte in cui e perche' dispone che
 non si trasmette agli eredi del condannato l'obbligazione avente  per
 oggetto  il  rimborso  delle  spese  di  mantenimento  negli istituti
 penitenziari  del  condannato  medesimo  per  il   tempo   occorrente
 all'esecuzione della pena detentiva inflittagli, ma non dispone anche
 che   non   si   trasmetta   agli   eredi   del  condannato  deceduto
 l'obbligazione  avente  per  oggetto  il  rimborso  delle  spese  del
 processo penale, comprese le spese anticipate dallo Stato;
   Ordina  la  sospensione  del procedimento di esecuzione promosso da
 Conte Domenico con il ricorso da lui depositato il 23 marzo 1996;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che la presente ordinanza sia notificata al ricorrente Conte
 Domenico ed al suo difensore avv. Giorgio Pighi, nonche' al  pubblico
 ministero ed al Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  inoltre  comunicata  al
 Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
 dei deputati.
     Modena, addi' 3 febbraio 1997
                   Il consigliere pretore: Gragnoli
 97C0553