N. 328 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 1997
N. 328 Ordinanza emessa il 28 febbraio 1997 dalla Corte d'assise di Napoli nel procedimento penale a carico di Aprea Giovanni ed altri Processo penale - Dibattimento - Incompatibilita' a partecipare al giudizio nei confronti di persona imputata del delitto di associazione camorristica (art. 416-bis cod. pen.) del giudice che, nell'ambito di un procedimento di prevenzione, abbia pronunciato o concorso a pronunciare decreto del quale sia stata comunque affermata, sulla base di quasi identico impianto probatorio, l'esistenza di detta associazione e l'appartenenza ad essa della persona de qua - Omessa previsione - Disparita' di trattamento - Compressione del diritto di difesa - Richiamo ai principi espressi nella sentenza n. 371/1996. (C.P.P. 1988, art. 34, comma 2). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.25 del 18-6-1997 )
LA CORTE DI ASSISE Ha emesso la seguente ordinanza. Considerato: che uno dei suoi componenti - il giudice a latere dr. Paolo Celentano - ha rappresentato, specificamente documentando l'asserto, di aver fatto parte dei collegi della sezione per le misure di prevenzione del tribunale di Napoli che - con vari decreti - hanno disposto l'applicazione, ai sensi della legge n. 575/1965, di misure di prevenzione personali nei confronti di almeno dodici dei sedici imputati nel presente procedimento anche del delitto di cui all'art. 416-bis c.p., tra cui certamente Aprea Giovanni, Aprea Pasquale, Aprea Giuseppina, Aprea Gennaro, Acanfora Vincenzo, Acanfora Antonio, Napolitano Giovanni, Velotti Raffaele, Salzano Vincenzo, Cervone Gaetano, Minichini Salvatore e Vilmi Giuseppe; che i decreti adottati in sede di misure di prevenzione con il concorso del dr. Celentano muovono tutti dall'accertato presupposto dell'esistenza proprio dell'associazione per delinquere di tipo camorristico la cui esistenza e la cui composizione dovrebbero essere accertate in questo procedimento di assise, il giudizio di probabilita' - com'e' doveroso nell'ambito del procedimento di prevenzione ai sensi dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 - essendo riferito solo all'appartenenza a tale associazione, che in tutti detti decreti si assume certamente esistente e certamente capeggiata da Aprea Giovanni, Aprea Vincenzo ed Acanfora Vincenzo; che l'incidentale accertamento dell'esistenza e della composizione dell'associazione di tipo camorristico effettuato in sede di prevenzione con il concorso del dr. Paolo Celentano e' fondato in larga parte sul medesimo materiale probatorio tratto dalle indagini preliminari sfociate nel presente giudizio di assise e che, dunque, dovra' essere verosimilmente sottoposto alla valutazione di questa Corte; il suddetto magistrato ha, dunque, concorso all'emanazione, sia pur in altri procedimenti, di provvedimenti - dal sostanziale contenuto di sentenza, anche se denominati decreti, come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina, in cui sono state espresse, in termini di certezza - valutazioni di merito del tutto coincidenti, per quel che concerne l'esistenza dell'associazione di tipo mafioso in questione e l'appartenenza ad essa di Aprea Giovanni, Aprea Vincenzo ed Acanfora Vincenzo, con quelle che dovranno essere espresse dalla Corte di assise all'esito del presente giudizio; che e' principio ormai acquisito nella giurisprudenza della Corte costituzionale che l'istituto dell'incompatibilita' e' preordinato alla garanzia di un giudizio imparziale, che non sia ne' possa apparire condizionato da precedenti valutazioni di merito espresse, anche solo incidentalmente, dallo stesso giudice in altre fasi del medesimo processo ovvero in altro processo (v., in tal senso, pressoche' testualmente, Corte costituzionale, 17 ottobre-2 novembre 1996, n. 371); che il dr. Celentano, pur consapevole di non trovarsi in una situazione di incompatibilita' rientrante tra quelle espressamente previste, anche dopo i ripetuti interventi della Corte costituzionale, dall'art. 34 c.p.p., ma ravvisando, comunque, nella suesposta situazione gravi ragioni di inopportunita' della sua partecipazione al giudizio pendente innanzi a questa Corte, ha dichiarato di astenersi; che tale dichiarazione di astensione non e' stata accolta dal Presidente del tribunale, il quale ha ritenuto insussistente ogni ragione d'incompatibilita' alla partecipazione del dr. Celentano al presente giudizio penale ed infondate le preoccupazioni paventate dal predetto magistrato; che questa Corte, a questo punto, ritiene che la situazione in cui versa il dr. Celentano ponga una questione di costituzionalita' dell'art. 34 c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale per molti versi analoga in particolare a quella gia' ritenuta fondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 371 del 2 novembre 1996, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale sia stata comunque valutata; che, intatti, nel procedimento di prevenzione promosso ai sensi dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, il compito del giudice e', innanzitutto, quello di accertare, sia pur solo incidenter tantum l'esistenza dell'associazione di tipo mafioso e, dunque, posto che non puo' esistere un'associazione di persone che viva oggettivamente, a prescindere dalle persone che ne fanno parte, di individuare almeno in parte i suoi componenti; che solo a seguito di questa prima valutazione il giudice della prevenzione puo' formulare un giudizio, questa volta anche, ma non per forza, meramente probabilistico, sull'appartenenza all'associazione in questione del soggetto proposto; che, dunque, la valutazione effettivamente compiuta, incidenter tantum ma in termini di certezza, in sede di prevenzione sull'esistenza di una determinata associazione di tipo mafioso e sull'appartenenza ad essa di soggetti anche diversi dal proposto, tanto piu' quando, come nella specie, sia fondata, almeno in parte, sul medesimo materiale probatorio di cui si prospetta l'utilizzazione in sede dibattimentale nel processo penale che vede imputati del delitto di cui all'art. 416-bis c.p. coloro nei cui confronti quella incidentale valutazione e' stata compiuta, pone il magistrato che ha partecipato al giudizio di prevenzione in una situazione di terzieta', non importa se apparente o reale, non meno ridotta di quella in cui versa il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare nei confronti di altri soggetti una precedente sentenza nella quale la posizione della persona che egli deve giudicare sia stata comunque valutata; situazione, questa, la cui pretermissione dalla causa di incompatibilita' e' gia', come s'e' detto, caduta sotto gli strali del giudice delle leggi; Ritenuto, pertanto: che sia nella specie rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di una persona imputata del delitto di associazione di tipo mafioso il giudice che, nell'ambito di un procedimento di prevenzione promosso ai sensi dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, abbia pronunciato o concorso a pronunciare un precedente decreto anche nei confronti di altre persone, nel quale sia stata comunque affermata, in termini di certezza, l'esistenza della medesima associazione di tipo mafioso e l'appartenenza ad essa della stessa persona imputata, ai sensi dell'art. 416-bis del codice penale, di farne parte; che la risoluzione di tale questione incidentale debba essere rimessa alla Corte costituzionale con la conseguente sospensione del corso del procedimento principale.
P. Q. M. Letti gli artt. 134 e 136 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante con riguardo al caso di specie e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' - per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione - dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di una persona imputata del delitto di associazione di tipo mafioso di cui all'art. 416-bis del codice penale il giudice che, nell'ambito di un procedimento di prevenzione promosso ai sensi dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, abbia pronunciato o concorso a pronunciare un precedente decreto, anche nei confronti di altre persone, nel quale sia stata comunque affermata, in termini di certezza, l'esistenza della medesima associazione di tipo mafioso e l'appartenenza ad essa della stessa persona imputata, ai sensi dell'art. 416-bis del codice penale, di farne parte; Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento, previa estrazione di copia di quelli necessari ai fini dei provvedimenti concernenti la liberta' personale degli imputati, alla Corte costituzionale per la risoluzione di tale questione; Ordina la sospensione del procedimento principale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, il 28 febbraio 1997. Il Presidente: Montella 97C0579