N. 163 SENTENZA 2 - 4 giugno 1997

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Corte  dei  conti  -  Invito  datato  22 febbraio 1996 della procura
 generale presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della  Corte
 dei  conti ad alcuni ex consiglieri ed assessori regionali nonche' ad
 alcuni  consiglieri  regionali  in  carica  a  presentare  "eventuali
 deduzioni  e  documenti"  nell'ambito di iniziative di concessione di
 contributi a favore all'Ente Veneto teatro - Inidoneita'  degli  atti
 oggetto    di   conflitto   a   ledere   attribuzioni   regionali   -
 Inammissibilita'.
 
(GU n.24 del 11-6-1997 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della regione Veneto notificato  il
 22  aprile  1996,  depositato  in  cancelleria  il 29 successivo, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito degli inviti della  Procura
 regionale presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte
 dei conti, datati 22 febbraio 1996, indirizzati ad Umberto Carraro ed
 altri  nella  qualita'  di  consiglieri  ed  assessori  regionali del
 Veneto, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.-l. 15 novembre 1993, n.
 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, ed iscritto al n.
 15 del registro conflitti 1996.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  febbraio  1997  il  giudice
 relatore Massimo Vari;
   Uditi gli avv.ti Mario Bertolissi e  Luigi  Manzi  per  la  Regione
 Veneto  e l'Avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   La regione Veneto, con  ricorso  regolarmente  notificato  e
 depositato,  ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del
 Presidente del Consiglio dei  Ministri,  in  relazione  agli  inviti,
 datati  22  febbraio 1996, con i quali la procura regionale presso la
 sezione giurisdizionale per  il  Veneto  della  Corte  dei  conti  ha
 sollecitato  -  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, del d.-l. 15 novembre
 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio  1994,  n.  19  -  ex
 consiglieri  ed  assessori  regionali,  nonche' alcuni consiglieri in
 carica, a presentare eventuali deduzioni e documenti  nel  quadro  di
 una  iniziativa  volta ad accertare, a loro carico, la sussistenza di
 una responsabilita' per danno, in  relazione  ai  contributi  erogati
 negli esercizi 1989, 1990 e 1991 all'Ente Veneto teatro. Il ricorso -
 premesso   che   la   Corte   dei   conti   assume   l'illegittimita'
 dell'erogazione di contributi all'ente predetto, stante la  mancanza,
 da  parte del medesimo, sia del presupposto di una adeguata capacita'
 finanziaria   e   tecnico-organizzativa   (quantomeno    a    partire
 dall'esercizio 1988/1989) che di quello di una regolare e trasparente
 tenuta  della documentazione e delle scritture contabili - rileva che
 la legge regionale del Veneto 5  settembre  1984,  n.  52  (Norme  in
 materia di promozione e diffusione di attivita' artistiche, musicali,
 teatrali  e  cinematografiche),  individua, per i previsti interventi
 finanziari,  due  distinte  categorie  di  beneficiari:  a)  enti   e
 istituzioni  di  rilevante importanza, elencati in modo tassativo, ai
 quali e' corrisposto un contributo annuo sulla base di una  relazione
 circa  l'attivita'  svolta  (art.  4,  comma  1)  e  di  un programma
 dell'attivita' per l'anno successivo (art.  4,  comma  2);  b)  altri
 soggetti  (enti  locali, singoli o associati; enti, istituti, o altre
 associazioni, aggregazioni di soggetti a larga  base  rappresentativa
 nel territorio regionale) per i quali e' prevista la presentazione di
 una  relazione  illustrativa  delle  finalita'  e delle modalita' del
 programma; di un preventivo dettagliato delle entrate e delle  spese;
 di  una  idonea  documentazione  attestante  l'attivita'  svolta, che
 precede l'erogazione del  contributo,  disposta  in  unica  soluzione
 (art.  12,  comma  3). Il regime dei contributi regionali e' pertanto
 diverso,  per  le  due  categorie  di  enti,  quanto  agli   elementi
 conoscitivi richiesti, al tempo di erogazione del contributo (che per
 i   primi   enti  avviene  in  via  preventiva),  alla  revoca  delle
 assegnazioni, prevista solo per i secondi, ed  infine  ai  controlli,
 non contemplati per i primi enti, riguardo ai quali, come risulta dai
 lavori  preparatori,  si  e'  voluta  escludere  qualsiasi  forma  di
 condizionamento. Secondo il ricorso, la Procura regionale della Corte
 dei   conti,   ignorando   la  richiamata  legge  regionale,  sarebbe
 pervenuta, in sostanza,  alla  sua  disapplicazione,  ritenendo  che,
 indipendentemente   da   quanto  previsto  dall'art.  4  della  legge
 regionale n. 52 del 1984, la Regione sarebbe comunque  tenuta,  sulla
 base   del  principio  di  buona  amministrazione,  ad  una  verifica
 dell'utilizzo  dei  contributi  erogati.  In  tal  modo  si   sarebbe
 postulata  l'esistenza  di  un  precetto diverso da quello voluto dal
 legislatore regionale,  facendolo  discendere  dall'art.    97  della
 Costituzione, il quale puo' invece rappresentare unicamente una norma
 parametro   alla   cui   stregua  sindacare  le  scelte  operate  dal
 legislatore regionale con gli artt. 3 e 4 della legge n. 52 del 1984.
   Nel richiamare, pertanto, il precedente della  sentenza  di  questa
 Corte  n. 285 del 1990, la ricorrente sostiene che gli atti di invito
 in questione sarebbero lesivi delle sue attribuzioni,  ponendosi  "in
 contrasto  con  specifiche  prerogative  del  legislatore  regionale,
 tutelate dagli artt. 117 (ambito materiale) e 127 della  Costituzione
 (ambito  procedimentale)".  Sarebbero  incise  anche  le funzioni dei
 consiglieri regionali garantite dall'art. 122,  quarto  comma,  della
 Costituzione, attesa l'incensurabilita' della condotta di consiglieri
 ed  assessori  che  sia  coerente  con  la  legge regionale, giacche'
 altrimenti si determinerebbe una violazione dei predetti artt. 117  e
 127,  "che  rappresentano  il  titolo piu' elevato cui e' connessa la
 guarentigia posta dall'art.  122, quarto comma, della Costituzione".
   La regione, nel sollecitare la sospensione degli  atti  oggetto  di
 conflitto,  per  il  pregiudizio  che  essi arrecano al funzionamento
 delle commissioni del consiglio chiamate ad operare nell'ambito delle
 procedure di spesa, chiede alla Corte di dichiarare  che  non  spetta
 allo  Stato,  e,  per  esso, alla procura regionale presso la sezione
 giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti, disapplicare gli
 artt. 3 e 4 della legge regionale n. 52  del  1984,  con  conseguente
 annullamento degli inviti emanati dalla procura medesima.
   2.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  contestando  la  esistenza  dei presupposti per la sospensiva
 degli atti, in quanto questi avrebbero gia' prodotto i loro  effetti,
 e  chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque
 respinto.
   La inammissibilita' deriverebbe anzitutto dal carattere degli  atti
 verso  i  quali  esso  e' proposto: si tratterebbe di atti prodromici
 alla eventuale proposizione della azione di responsabilita', che  non
 ne e' necessariamente postulata, e che sono volti a tutela e garanzia
 del    destinatario;    essi   non   possono,   pertanto,   reputarsi
 immediatamente e direttamente invasivi o lesivi di attribuzioni della
 regione, non configurando l'esercizio di un  potere  autoritativo  o,
 comunque,  suscettibile  di comprimere l'altrui sfera giuridica e non
 presentando una qualsiasi attitudine alla lesione attuale e  concreta
 dell'interesse  della  regione  all'applicazione  delle  sue leggi (a
 differenza del caso deciso dalla Corte con la  sentenza  n.  285  del
 1990).
   Nell'iniziativa   della   procura   non  potrebbe,  d'altra  parte,
 individuarsi  materia  di  conflitto  con  la  regione,  che  non  e'
 legittimata  a stare in giudizi di responsabilita', promossi a tutela
 della finanza pubblica, nei confronti degli agenti sospettati di  non
 aver  fatto  buon  governo  delle  risorse  amministrate.  La regione
 sarebbe percio' in linea di massima carente di interesse alle vicende
 processuali - e ancor piu' "preprocessuali"  -  del  giudizio,  salva
 l'ipotesi  estrema  che,  a  conclusione  del  giudizio  stesso,  non
 risultino espressamente disapplicate leggi regionali.
   Nel merito,  si  osserva  che  con  il  ricorso  si  prospetta  una
 questione interpretativa, che la ricorrente ambirebbe a far risolvere
 preventivamente,  ma  inammissibilmente,  dalla Corte costituzionale.
 Secondo l'Avvocatura nella iniziativa della Procura regionale non  si
 rinviene  alcuna contestazione, ne' implicita ne' espressa, in ordine
 alla applicabilita' degli artt.  3 e 4 della legge  regionale  n.  52
 del 1984, bensi' una interpretazione volta a valorizzare gli elementi
 testuali  desumibili da tali disposizioni (quanto alla finalizzazione
 dei   contributi   alle   attivita'   ivi   previste,   oppure   alla
 documentazione  dell'attivita' svolta); interpretazione che contrasta
 con  quella  data  dalla  regione,  secondo  la  quale  dette   norme
 consentirebbero  l'incontrollata  ed  incontrollabile  erogazione dei
 contributi.
   Del tutto inconferente sarebbe, poi,  il  richiamo  dell'art.  122,
 quarto  comma, della Costituzione, che riguarda le opinioni ed i voti
 espressi dai  consiglieri  in  sede  politica,  e  non  le  eventuali
 responsabilita'  in  sede  di  gestione  amministrativa  del pubblico
 denaro.
   3. - In prossimita' dell'udienza, la difesa della regione Veneto ha
 depositato una memoria, nella quale, con ampi richiami della dottrina
 e della giurisprudenza  della  Corte  dei  conti,  si  evidenzia  che
 l'invito  a  dedurre  e  a  presentare documenti e' atto di contenuto
 "pregnante",  addirittura  posto  in  essere   dopo   il   compimento
 dell'istruttoria  da parte del procuratore regionale, con la funzione
 di contestare fatti specifici, determinati in tutti i  loro  elementi
 costitutivi.  Rilevato  che  si  tratta di un atto processuale tipico
 che, secondo la giurisprudenza contabile, costituisce  condizione  di
 procedibilita'  dell'azione,  si  afferma  che  lo  stesso, in quanto
 suscettibile di incidere su  situazioni  giuridiche  soggettive,  ben
 puo',    anche   alla   luce   della   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale, essere ricompreso tra gli atti impugnabili in sede di
 conflitto di attribuzione.  Cio'  anche  a  tener  conto  del  tenore
 specifico   degli   atti   di  invito  in  questione,  che  risultano
 particolarmente circostanziati in ordine  alla  fattispecie,  nonche'
 del  fatto  che,  nella concretezza dell'esperienza, e' rarissimo che
 all'invito non segua l'atto di citazione.
   Riguardo alla vicenda che ha dato luogo  al  conflitto,  la  difesa
 della  regione  precisa  che  il  ricorso  non ha affatto configurato
 dinanzi al giudice dei  conflitti  di  attribuzione  la  ben  diversa
 questione  interpretativa  di  uno  specifico dettato legislativo: e'
 stata la procura regionale della Corte  dei  conti  ad  assumere  una
 iniziativa  che  ha  portato  alla non applicazione (disapplicazione)
 degli artt.   3 e 4 della legge regionale  n.  52  del  1984  e  alla
 elaborazione   di   una   regola   giuridica   di  rango  legislativo
 direttamente desunta dall'art.   97 della Costituzione.  La  regione,
 pertanto,  contesta  non  un  errore  in iudicando, bensi' un difetto
 assoluto di giurisdizione del  magistrato  contabile,  che  non  puo'
 sostituire una sua determinazione a quella del legislatore.
   D'altro  canto,  la  proponibilita' del ricorso nei confronti di un
 eventuale, futuro, giudicato non rende inammissibile o  infondato  il
 conflitto  sollevato, potendosi affermare, in prospettiva, "che i due
 ricorsi sono sostanzialmente sovrapponibili, pur nella prospettazione
 di censure che tengono conto della diversa fase temporale alla  quale
 lo svolgimento della vicenda era pervenuto" (sentenza n. 7 del 1996).
   Quanto  alla  dedotta violazione dell'art. 122, quarto comma, della
 Costituzione, si rileva che, trattandosi di conflitto determinato  da
 un  difetto  assoluto  di  giurisdizione,  incidente  su  prerogative
 costituzionali  della  regione,  va  da  se'  che   l'attivita'   dei
 consiglieri  regionali  deve  essere  riguardata  dal  punto di vista
 costituzionale, in riferimento agli artt. 117, 118, 119 e 123, cui si
 ricollega il citato art. 122, quarto comma, della Costituzione.
   Secondo la ricorrente la procura regionale della Corte dei conti  e
 l'Avvocatura   dello  Stato  -  integrando  il  dettato  della  legge
 regionale n. 52 del 1984 con i principi dedotti  dall'art.  97  della
 Costituzione - postulano l'esistenza di un principio secondo il quale
 ogni   omissione   o  divergenza  della  legge  rispetto  al  dettato
 costituzionale  impone  non   solo   una   interpretazione   secundum
 constitutionem   ma   anche  la  possibilita',  per  il  giudice,  di
 riformulare la legge.
                         Considerato in diritto
   1. -   Con il  ricorso  in  epigrafe,  la  regione  Veneto  solleva
 conflitto  di  attribuzione  in  relazione  alle  note,  di  identico
 contenuto, con le  quali  la  procura  regionale  presso  la  sezione
 giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  per il Veneto, ha invitato
 alcuni  ex  consiglieri  ed  assessori  regionali,   nonche'   alcuni
 consiglieri   in   carica,   a   presentare  "eventuali  deduzioni  e
 documenti", ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.-l. n. 453 del 1993,
 convertito nella legge n. 19 del 1994, nell'ambito di una  iniziativa
 volta   ad   accertare,   a   loro  carico,  la  sussistenza  di  una
 responsabilita' patrimoniale amministrativa in relazione a contributi
 concessi all'Ente Veneto teatro.
   Secondo la ricorrente, con le menzionate note, la procura regionale
 della Corte dei conti, disapplicando la legge  regionale  n.  52  del
 1984,  la  quale  prevede,  agli  artt.  3  e 4, che il finanziamento
 avvenga previa presentazione  di  un  mero  programma  di  attivita',
 avrebbe  ritenuto  insita nel sistema la regola secondo la quale puo'
 addivenirsi alla concessione di contributi pubblici  solo  una  volta
 accertata  la capacita' finanziaria e tecnico-organizzativa dell'ente
 destinatario, come  pure  la  trasparente  e  regolare  tenuta  della
 documentazione  e  delle scritture contabili. Nel far discendere tale
 regola  dall'art.  97  della  Costituzione,   non   avrebbe,   pero',
 considerato   che   la   citata   disposizione   costituzionale  puo'
 rappresentare solo una norma parametro alla cui stregua sindacare  le
 scelte  operate  dal legislatore regionale.  La disapplicazione della
 legge regionale comporterebbe, pertanto, la  lesione  di  "specifiche
 prerogative  del  legislatore  regionale  tutelate  dagli  artt.  117
 (ambito materiale) e 127 (ambito procedimentale) della Costituzione",
 alla quale farebbe riscontro  anche  il  contrasto  con  l'art.  122,
 quarto  comma,  dal  quale  discenderebbe la non censurabilita' della
 condotta di consiglieri ed assessori che sia coerente  con  la  legge
 regionale, pena la violazione dei predetti artt. 117 e 127.
   2.  -  L'Avvocatura  dello Stato, nel costituirsi per il resistente
 Presidente del Consiglio dei Ministri,  eccepisce  l'inammissibilita'
 del   ricorso,  sostenendo,  innanzitutto,  che  gli  atti  impugnati
 sarebbero  privi  di  carattere  lesivo,  essendo   prodromici   alla
 eventuale  proposizione della azione di responsabilita' e, in secondo
 luogo, che la  regione,  non  legittimata  a  stare  nei  giudizi  di
 responsabilita'  promossi  "nei  confronti degli agenti sospettati di
 non aver fatto buon uso delle risorse amministrate", sarebbe  carente
 di  interesse  in  ordine  alle  vicende  processuali  e  ancor  piu'
 "preprocessuali" dei giudizi stessi.  Nel merito, il ricorso  sarebbe
 infondato, prospettandosi con esso non la disapplicazione della legge
 regionale  n.  52  del  1984, bensi' una questione di interpretazione
 della stessa legge.
   3. - In ordine di pregiudizialita' logica, va esaminata, anzitutto,
 l'eccezione relativa  al  difetto  di  legittimazione  della  regione
 Veneto;  eccezione  che  e'  da disattendere, considerata la evidente
 necessita' di tenere distinto  il  problema  della  legittimazione  e
 dell'interesse    nell'ambito   del   giudizio   di   responsabilita'
 amministrativa, da quello che concerne  la  verifica  degli  analoghi
 elementi  nell'ambito  del  giudizio  per  conflitto di attribuzione.
 Quanto a quest'ultimo, la Corte, proprio con riferimento al  processo
 contabile,  ha  gia'  avuto  occasione  di  rilevare  che l'eventuale
 lesione dei poteri spettanti ai rappresentanti di un ente fornito  di
 autonomia   costituzionalmente  protetta,  non  puo',  in  tesi,  non
 offendere anche l'autonomia dell'ente medesimo (sentenza n.  211  del
 1972),  facendo  cosi'  insorgere  per  esso  l'interesse  a tutelare
 nell'appropriata sede le proprie attribuzioni.
   Di cio' e', del resto, esempio paradigmatico il ricorso  in  esame,
 con  il  quale  la  ricorrente lamenta che l'iniziativa in materia di
 responsabilita'  amministrativa  assunta  dal  procuratore  regionale
 della  Corte dei conti si traduce, attraverso la "disapplicazione" di
 una legge regionale, nel disconoscimento  e,  quindi,  nella  lesione
 delle  competenze  ad  essa costituzionalmente garantite, tra cui, in
 particolare, quelle di carattere legislativo previste  dall'art.  117
 della Costituzione.
   4.  -  Riconosciuta,  cosi', in via di principio, la legittimazione
 della regione a sollevare conflitto nella materia qui considerata, si
 tratta piuttosto di valutare, venendo all'altra  eccezione  sollevata
 dall'Avvocatura, se l'invito indirizzato ai presunti responsabili dal
 procuratore  regionale, ai sensi dell'art. 5 del decreto-legge n. 453
 del 1993 (convertito nella legge n.  19  del  1994),  sia  idoneo  ad
 esprimere quella lesivita' delle competenze regionali di cui si duole
 la  ricorrente, alla luce di quella giurisprudenza costituzionale che
 ammette che qualsiasi atto o comportamento  significante,  imputabile
 allo  Stato  o  alla  regione,  sia idoneo ad innescare un conflitto,
 purche' l'atto stesso abbia  efficacia  o  rilevanza  esterna  e  sia
 diretto  ad  esprimere,  in  modo chiaro ed inequivoco, la pretesa di
 esercitare una competenza il cui svolgimento  possa  determinare  una
 invasione  attuale dell'altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una
 menomazione altrettanto attuale della possibilita' di esercizio della
 medesima (sentenze n. 771 del 1988 e n. 211 del 1994).
   Quanto alle connotazioni  degli  atti  oggetto  di  conflitto,  dal
 predetto  art. 5 si desume che, prima di emettere l'atto di citazione
 in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto responsabile
 del danno a depositare, entro  un  termine  non  inferiore  a  trenta
 giorni  dalla  notifica  della  comunicazione dell'invito, le proprie
 deduzioni  ed  eventuali  documenti.   I   predetti   trenta   giorni
 rappresentano,  altresi',  il  termine  entro  il  quale  il presunto
 responsabile puo' chiedere di essere sentito personalmente.
   L'art. 1, comma 3-bis del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito
 nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, ha successivamente provveduto a
 stabilire il lasso di tempo entro il quale il procuratore  regionale,
 dopo la scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni, e'
 tenuto ad emettere l'eventuale atto di citazione.
   Questa  Corte,  in  una  sua  precedente  pronunzia,  soffermandosi
 sull'istituto qui in esame, il quale rappresenta una delle  peculiari
 innovazioni  della  piu'  recente  riforma del processo contabile, ha
 gia' avuto occasione di rilevare che l'invito a  dedurre  attiene  ad
 una   fase   che   precede   l'accertamento   delle  responsabilita',
 suscettibile, alternativamente, di mettere capo all'instaurazione del
 giudizio ovvero  all'archiviazione,  ma  tale  da  non  inficiare  la
 tradizionale regola secondo la quale, nel giudizio di responsabilita'
 amministrativa,  il  giudice e' investito della causa solo attraverso
 l'atto di citazione (sentenza n. 415 del 1995). Da detta impostazione
 non si discosta quella giurisprudenza contabile che ha individuato la
 funzione dell'atto di cui trattasi essenzialmente  nella  preliminare
 contestazione  di  fatti  specifici ad un soggetto gia' indagato, che
 viene cosi' messo in grado di rappresentare  tempestivamente  le  sue
 ragioni  all'organo  inquirente,  consentendo,  al  tempo  stesso, al
 procuratore regionale lo sviluppo di piu' adeguate indagini.
   Senza   che   occorra   qui   indugiare   sulla   questione   della
 qualificazione  giuridica  dell'invito  a dedurre, come condizione di
 procedibilita'  o  meno  rispetto  all'azione,  tema  questo   ancora
 controverso  in  giurisprudenza,  puo'  ritenersi,  comunque,  che si
 tratti di un atto che muove all'acquisizione di  ulteriori  elementi,
 se  del  caso  anche di carattere esimente, in vista delle conclusive
 determinazioni che non  necessariamente  dovranno  essere  nel  senso
 dell'inizio  dell'azione di responsabilita'.
   5.  - Le accennate connotazioni degli atti oggetto di conflitto, ed
 in particolare l'assenza di ogni univocita' circa l'ulteriore seguito
 dell'iniziativa assunta dal  procuratore  regionale,  non  consentono
 percio'  di scorgere in essi quella lesivita' che il ricorso ritiene,
 invece, di individuare nell'avere postulato l'esistenza di una  norma
 diversa  da  quella voluta dal legislatore regionale, con conseguente
 disapplicazione della legge  da  questi  emanata  e  con  sostanziale
 disconoscimento delle competenze della ricorrente.
   Questa  Corte,  come  la  stessa  regione Veneto ricorda citando la
 sentenza n. 285 del 1990, non ha escluso che  anche  funzioni  aventi
 carattere  valutativo  ed  effetti  decisori  si  prestino  ad essere
 sindacate,  in  sede  di  conflitto,  con  riferimento   ai   criteri
 impiegati, potendo la lesione alle attribuzioni regionali derivare da
 pronunzie  di  organi giurisdizionali che espressamente dichiarino di
 disapplicare le leggi emanate  dalle  stesse  regioni,  ovvero,  come
 affermato  in  diversa  circostanza, anche da pronunzie di organi non
 giurisdizionali bensi' di controllo che si  attengano,  nel  giudizio
 che  sono  chiamati  ad  esprimere,  ad  interpretazioni  palesemente
 erronee e quindi di fatto meramente  apparenti,  "si'  da  celare  il
 sostanziale  travalicamento  della  funzione"  (sentenza  n.  473 del
 1992).
   Ma non e' certamente l'esame di tali precedenti che puo' suffragare
 la  tesi  della  ricorrente,  ove  si  consideri  che  il procuratore
 regionale,  attraverso  l'invito  a  dedurre,  lungi   dall'esprimere
 qualsiasi  funzione  valutativa  avente  per  effetto  l'applicazione
 ovvero la disapplicazione della legge,  si  limita,  nel  quadro  dei
 delineati    rapporti   fra   l'invito   medesimo   e   l'azione   di
 responsabilita', a prospettare una sua interpretazione  nel  contesto
 di  una  iniziativa  non  idonea  di per se' a ledere le attribuzioni
 regionali, proprio perche' destinata a restare  circoscritta  per  il
 momento  al  rapporto  con  i presunti responsabili, essendo, invece,
 rimessa   all'esito   finale   dell'istruttoria    ogni    conclusiva
 determinazione in ordine all'eventuale instaurazione del giudizio.
   L'inidoneita'  degli  atti  oggetto  di  conflitto  a realizzare la
 lamentata lesione determina l'inammissibilita'  del ricorso.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione  nei  confronti
 dello  Stato, in relazione agli inviti della Procura regionale presso
 la sezione giurisdizionale per  il  Veneto  della  Corte  dei  conti,
 datati  22  febbraio  1996,  sollevato  dalla  regione  Veneto con il
 ricorso in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1997.
                         Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Vassalli
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 giugno 1997.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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