N. 360 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 1997

                                N. 360
  Ordinanza emessa il 9 aprile  1997  dal  pretore  di  Roma,  sezione
 distaccata  di  Tivoli  nel  procedimento  penale  a carico di Vlaski
 Nicolin ed altri
 Processo  penale  -  Giudizio  direttissimo  -  Fase   di   convalida
    dell'arresto   -   Relazione   dell'ufficiale  o  agente  di  p.g.
    procedente e dichiarazione  dell'arrestato  -  Assunzione  con  le
    forme  dettate  per  la  fase  dibattimentale  ed  inserimento dei
    rispettivi atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per  il
    dibattimento  -  Omessa  previsione  -  Lesione  del  principio di
    parita' di trattamento con gli altri imputati -  Compressione  del
    diritto  di  difesa  -  Violazione  del pricipio di indipendenza e
    imparzialita' del giudice.
 (C.P.P. 1988, artt. 34, 431 e 566; d.lgs. 28  luglio  1989,  n.  271,
    art. 138).
 (Cost.,  art.  3,  comma primo, 24, comma secondo, 25, comma primo, e
    27, comma secondo).
(GU n.26 del 25-6-1997 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunciato e dato lettura nel pubblico dibattimento la seguente
 ordinanza.
   Il 6 aprile 1997 i carabinieri  di  Palombara  Sabina  traevano  in
 arresto Vlashi Nikolin, Noxha Mersin, Maksuti Gezim, Shbani Benjamin,
 Maksuti  Artan  colti  nella flagranza del reato di cui all'art. 588,
 primo e secondo comma, del codice penale, nel termine  di  legge  era
 presentato,  in tale stato, dinanzi a questo pretore per la convalida
 ed il contestuale giudizio  a  norma  dell'art.  566  del  codice  di
 procedura penale.
   Il pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 6 aprile 1997 e
 disponeva   l'obbligo  di  presentazione  alla  locale  stazione  dei
 carabinieri alle 7 e alle 21 di ogni giorno per Maksuti Gezim, Shbani
 Benjamin, Maksuti Artan; per Noxha Mersin la  custodia  cautelare  in
 carcere;  per  Vlashi  Nikolin  la  custodia  cautelare  agli arresti
 domiciliari.
   Instauratosi il giudizio, il pretore rileva che sussistono  profili
 di incostituzionalita' come di seguito evidenziati: sul merito com'e'
 noto  la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi
 la n. 149  e  la  432)  ha  rivisto  i  limiti  dell'incompatibilita'
 prevenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la  convalida  e il contestuale giudizio al quale si accede
 ogni altro provvedimento cautelare; aggiungendovi  che,  "il  giudice
 del  dibattimento,  al quale e' presentato l'imputato per il giudizio
 direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
 dell'arresto,  sulla  esistenza dei presupposti che gli consentono di
 procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
 incidentalmente  misure  cautelari,  attratte nella competenza per la
 cognizione del merito.
   Non   puo'    dunque    essere    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle superiori argomentazioni adottate dalla  Corte,  si  imponga  la
 rivalutazione  di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento
 di formazione della prova per la decisione  di  merito  ed  al  tema,
 dunque,   della   corretta  utilizzazione  degli  elementi  di  prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e'  il  giudice  di merito solo incidentalmente chiamato a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del relativo processo e posto che,  tale  fase  si  snoda  attraverso
 l'acquisizione  di elementi di valutazione influenti sulla formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte proprie dalle regole vigenti per la fase di  giudizio  in  modo
 che  ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'   (altrimenti   riposante   solo   sulla  generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella acquisizione e formazione  della  prova.  In  particolare  cio'
 concerne  i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione orale
 dell'ufficiale o agente di  p.g.  procedente  e  della  dichiarazione
 dell'arrestato  che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito" ai
 fini di convalida.
   Poiche'  tali  momenti  anticipano, contenusticamente, in tale fase
 incidentale e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale  e
 l'esame  dell'imputato,  a salvaguardare la loro compatibilita' con i
 parametri costituzionali rappresentati dall'art.  3  (sottospecie  di
 parita'   di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.  24
 (sottospecie di garanzie  difensive),  dagli  artt.  3,  24,  secondo
 comma,  25  e 27 secondo comma (sottospecie di interconnessione tra i
 richiamati profili con  quello  della  indipendenza  del  giudice  di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   dati
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla  formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)   a
 salvaguardare  come  detto,  la  loro  compatibilita'  con i suddetti
 parametri di costituzionalita' si  impone  il  rispetto  delle  forme
 previste  per  gli  atti  a  contenuto congenere nel dibattimento, in
 funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i  casi  di  incidente
 probatorio)  cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della
 loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In     conclusione     si     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art.  566  laddove  non  prescrive che la
 relazione  dell'ufficiale  o  agenti  p.g.  procedente   nonche'   le
 dichiarazioni  dell'imputato  vengano  assunte  con rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138 disp.att. al c.p.p.  in relazione all'art. 431 c.p.p.
 laddove non prescrive l'inserimento degli atti suddetti da  acquisire
 nelle   forme   come   dianzi   individuate   nel  fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E' indubbia la rilevanza della prospettata questione  nel  presente
 giudizio,  che si trova proprio nella fase dibattimentale conseguente
 alla  convalida  con  diretta   influenza,   dove   trovano   diretta
 applicazione le norme censurate.
   Visti  gli  artt. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23
 legge 11 marzo 1953, n. 86.
                               P. Q. M.
   Solleva di ufficio  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  34,  431  e  566  del  c.p.p.; 138 disp.att. c.p.p. per
 violazione degli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma,  25,  primo
 comma, 27, secondo comma della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il procedimento in corso;
   Ordina che a cura della  cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e  comunicata dal cancelliere ai Presidenti
 della due Camere del Parlamento.
   In Tivoli, cosi' pronunciata il 9 aprile 1997.
                           Il pretore: Croce
 97C0634