N. 367 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 1997
N. 367 Ordinanza emessa l'8 gennaio 1997 dal pretore di Bari sul ricorso proposto da Giannelli Ugo contro l'ASL BA/4 Sanita' pubblica - Medici di base e pediatri di libera scelta - Fissazione del limite massimo di settanta anni per l'esercizio dell'attivita' convenzionata - Ingiustificata disparita' di trattamento dei medici di base (e pediatri di libera scelta) rispetto agli specialisti ambulatoriali e agli altri liberi professionisti - Incidenza sul diritto al lavoro e sui principi della tutela della salute e della liberta' di esercizio professionale per i soggetti abilitati. (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 4). (Cost., artt. 3, comma primo, 4, 32 e 33, comma quinto).(GU n.26 del 25-6-1997 )
IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede, osserva. Si deve porre preliminarmente la questione, che viene rilevata di ufficio in assenza di specifiche deduzioni in proposito ad opera di parte convenuta, dell'ammissibilita' della questione di legittimitita' costituzionale nel corso di un procedimento cautelare. Come e' noto, la Corte costituzionale, nella sua precedente giurisprudenza, da ultimo ribadita con la sentenza del 22 dicembre 1989, n. 579 aveva ritenuto che il problema di costituzionalita' di una norma non potesse essere sollevato dal giudice nel corso di un procedimento cautelare: tuttavia, con una piu' recente decisione la stessa Corte costituzionale ha ritenuto possibile tale rimessione. Contestando l'eccezione di inamissibilita' sostenuta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto la sospensione degli atti impugnati avrebbe comportato l'avvenuto esercizio del potere cautelare da parte del giudice remittente, la Corte costituzionale ha rilevato che la sospensione degli atti in via provvisoria e temporanea fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalita' non determina per la sua natura meramente tecnica, l'esaurimento del potere cautelare del giudice stesso, con la conseguenza che la proposta questione di legittimita' costituzionale puo' ritenrsi fornita del requisito della rilevanza. (Corte cost. 12 ottobre 1990, n. 444, in Foro It. 1991, I, 721 e segg.). Tanto premesso, osserva il giudicante, passando all'esame nel merito della questione, che il problema che forma oggetto del presente giudizio riguarda la disciplina del rapporto convenzionale tra i medici generalisti e le aziende sanitarie locali (ex unita' sanitarie locali), che queste ultime vorrebbero risolvere in occasione del compimento del settantesimo anno di eta' da parte del sanitario. Prima di procedere all'esame della portata e delle implicazioni di carattere costituzionale dell'art. 2, comma 4 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, appare opportuno ricordare, sia pure brevemente, quali siano state le normative precedenti, invocate dalle UU.SS.LL., nonche' le caratteristiche del servizio prestato dal medico di medicina generale e dai pediatri. Questi ultimi esercitano il servizio di assistenza sanitaria con mezzi e studi professionali propri, sottoposti soltanto a controlli da parte delle aziende sanitarie locali, che provvedono ad erogare i compensi relativi alle prestazioni effettuate nonche' a fornire i timbri e i ricettari. L'evoluzione legislativa in subiecta materia deve prendere le mosse dalle legge istitutiva del servizio sanitario nazionale del 23 dicembre 1978, n. 833. In detta legge, il rapporto tra i medici di base ed i pediatri da un lato e le UU.SS.LL., dall'altro, era stato concepito come uno di natura libero-professionista: il diritto del cittadino di effettuare la scelta del medico, sia pure con le limitazioni previste in ordine al numero (massimale) degli assistiti era garantito dall'art. 19 della legge citata. Nella sua successiva evoluzione, la legislazione sanitaria, coerentemente con la scelta di operare una contrazione dei compiti dello stato in materia di assistenza sanitaria, al duplice fine di ottenere un contenimento della spesa pubblica ed una piu' razionale organizzazione del sistema sanitario, ha accentuato sia l'aspetto libero-professionale del rapporto tra medico e servizio sanitario nazionale, sia il diritto di scelta da parte dell'assistito. In particolare, si deve ricordare che le linee fondamentali della nuova disiciplina sono state introdotta dalle legge 30 dicembre 1991, n. 412, dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dal d.-l. 7 dicembre 1993, n. 517, che hanno inciso sulla regolamentazione dei rapporti convenzionali del S.S.N. con i medici di medicina generale. In particolare, si deve tener presente che l'art. 8 del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 502, ha previsto che il rapporto tra il S.S.N. ed i medici di medicina generale ed i pediatri e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale, conforme agli accordi collettivi nazionali e che devono tener conto dei seguenti principi: 1) la scelta del medico e' liberamente effettuata dall'assistito, con l'unico limite fissato dal massimale assegnato ad ogni sanitario: essa ha validita' annuale e si intende tacitamente rinnovata in assenza di disdetta; 2) viene disciplinata la possibilita' di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonche' la ricusazione di questo ultimo ad opera del medico, ove sussitono eccezionali ed accertati motivi di incompatibilita'; 3) si prevedono le modalita' per concordare i livelli di spesa; 4) si ipotizza che l'accertato pagamento da parte dell'assistito di somme non dovute determini il venir meno del rapporto con il S.S.N.; 5) si concordano con le OO.SS. i compiti e le prestazioni da effettuare; 6) si definisce la struttura del compenso spettante al medico; 7) si regola l'accesso alle funzioni di medico di medicina generale; 8) si prevede la cessazione degli istituti normativi previsti riconducibili direttamente o indirettamente ad un rapporto di lavoro dipendente. L'art. 1 del decreto-legge citato prevede, al terzo comma, che gli ordini ed i collegi professionali sono obbligati a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti all'albo che si siano resi inadempienti agli obblighi delle convenzioni. L'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 demandava, infine, agli accordi collettivi nazionali, l'uniformita' del trattamento economico e normativo dei medici legati al S.S.N. da rapporto convenzionale, disponendo la disciplina dello stesso attraverso accordi collettivi aventi durata triennale: in particolare, fissava in 13 punti gli aspetti del rapporto che dovevono essere regolati. In particolare, gli accordi collettivi dovevano prevedere: 1) le istituzioni ed i criteri di formazione degli elenchi unici di medici di medicina generale, la disciplina delle incompatibilita' e delle limitazioni al rapporto convenzionale; 2) le forme di controllo sulla attivita' dei medici convenzionati nonche' le ipotesi di infrazione da parte dei medici degli obblighi derivanti dalle convenzioni, le conseguenti sanzioni, cimpresa la risoluzione del rapporto; 3) le modalita' per assicurare l'aggiornamento professionale, nonche' la continuita' dell'assistenza anche in caso di assenza o impedimento del medico tenuto alla prestazione e cosi' via. Nell'ambito delle materie devolute agli accordi collettivi non era previsto l'apposizione di un limite di eta' massimo per il medico. Tuttavia con il decreto del Presidente della Repubblica n. 314/1990 era stato previsto tale limite di eta' a 70 anni, il che aveva provocato l'insorgere di un vasto ed articolato contenzioso avente ad oggetto la legittimita' di tale previsione. Nella giurisprudenza di questa pretura, confermata anche dal Tribunale di Bari, la previsione contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 314/1990 era stata ritenuta illegittima per eccesso di potere in quanto l'atto amministrativo generale (che come tale, non avendo forza di legge non era stato possibile sottoporre all'esame della Corte costituzionale) aveva introdotto in limite non previsto nell'art. 48 della legge n. 833/1978. Tanto premesso, si deve sottolineare che la situazione attuale appare modificata con l'introduzione dell'art. 2, comma 4, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ha previsto l'introduzione di un limite di eta' per i sanitari. Tuttavia tale modifica non appare al giudicante, di per se', risolutiva in quanto l'attivita' del legislatore e' pur sempre soggetta, in un sistema costituzionale rigido come quello della Repubblica Italiana ad un controllo di legittimita' costituzionale. Si deve sottolineare, in primo luogo, che la stessa legge n. 549/1995 prevede all'art. 2, comma 7, che si conferma "agli assistiti la facolta' di libera scelta delle strutture sanitarie e dei professionisti a norma degli artt. 8 e 14 del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni". E' bene sottolineare che la liberta' di scelta del medico non viene piu' concepita come dall'art. 19 della legge 833/1978 "nei limiti oggettivi della organizzazione dei SS.SS." ma come finalita' stessa della legge, insieme a quella di garantire migliore assistenza al cittadino che viene perseguita attraverso l'incentivazione al contenimento dei consumi sanitari, attraverso la valorizzazione del volontariato, l'acquisizione da parte di soggetti singoli e consortili delle prestazioni, ecc. I principi fissati dal decreto-legislativo 502/1992, cui devono uniformarsi gli accordi collettivi disciplinanti le convenzioni con i medici di medicina generale, riguardano in definitiva la libera scelta del medico, la possibilita' di revoca da parte dell'assistito anche nel corso dell'anno e la ricusazione della scelta da parte del medico nonche' le modalita' di accesso alle funzioni di medico di medicina generale. Vengono, in tal modo, accentuati i contenuti libero-professionali del rapporto tra assistito e medico e si sottolinea la facolta' di scelta da parte di questo ultimo: non vengono piu' previsti, ad esempio, tra i principi guida nella regolamentazione collettiva i controlli sulla attivita' dei medici convenzionali, le forme dell'aggiornamento professionale, le ipotesi di infrazione, mentre i controlli e le sanzioni sull'attivita' del medico convenzionato vengono devoluti alla competenza degli ordini e consigli professionali e non piu' a commissioni paritetiche di disciplina. Sul piano della disciplina del rapporto l'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 prevede che il S.S.N. puo' intraprendere un unico rapporto con il medico e che lo stesso sia incompatibile con qualsiasi altro rapporto di lavoro dipendente pubblico o privato: le situazioni di incompatibilita' devono cessare entro un anno. Si deve sottolienare, infine, al fine di arrivare al cuore del problema, che la normativa di cui si dubita la legittimita' costituzionale appare influenzata, cosi' come era avvenuto per i precedenti accordi collettivi (peraltro disapplicati) dall'onda emotiva determinata dalla crisi occupazionale che investe i medici di giovane eta' e che ha spinto il legislatore ad introdurre un limite di eta' per il mantenimento dei rapporti convenzionali. Si deve sottolineare, a tal proposito, che non soltanto detta nuova normativa non appare idonea a risolvere i problemi occupazionali dei giovani medici ma che, nel prevedere un rigido limite legale all'esercizio delle attivita' di medico di base, non previste dalla legge 833/1978, appare del tutto incoerente con il precedente sviluppo legislativo, con la deregulation in atto, con la evoluzione del sistema sempre piu' flessibili di organizzazione sanitaria e soprattutto con i principi sopra indicati, vale a dire con il carattere libero-professionale dell'attivita' e con il principio della libera scelta del medico da parte del cittadino, principi gia' posti dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, modificati ed accentuati nel nuovo sistema. Anche se si deve tener conto che questa incoerenza non puo' essere considerata di per se' stessa indice di incostituzionalita', in quanto non sussiste un principio costituzionale di coerenza nell'evoluzione del sistema legislativo e che pur nell'ambito di una tendenza, piu' volte affermata dalla legislazione, e' possibile introdurre deroghe, modifiche e norme nuove che esprimano tendenze contrastanti o semplicemente diverse rispetto alle precedenti, secondo scelte di politica legislativa non sindacabili neppure dalla Corte costituzionale. Nel caso di specie, peraltro, ad avviso del giudicante la lesione di alcuni principi costituzionali appare evidente. Un volta qualificato il rapporto insorto tra il S.S.N. e il medico come rapporto libero-professionale, non sembra possa mettersi in dubbio che l'introduzione legislativa di un limite di eta' crea una ingiustificata disparita' di trattamento con altri soggetti esercenti la professione libera, violando il principio di uguaglianza senza alcuna razionale giustificazione: in generale, infatti, non e' mai previsto un limite di eta' nei rapporti convenzionali di diritto privato ovvero per l'esercizio di una libera professione. Alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, si aggiunge quindi quella dell'art. 33, quinto comma, della stessa Costituzione, che pone come unico limite all'esercizio della attivita' professionale il superamento dell'esame di abilitazione. Il limite di eta' e' di regola imposto dalla legge per i rapporti di lavoro dipendente sia pubblico che privato, anche se in proposito si deve sottolineare che l'art. 16 del decreto-legge n. 503/1992 ha previsto, anche in questa ipotesi, la possibilita' per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo per essi previsto; analogamente la legge 24 aprile 1993, n. 125 ha esteso tale possibilita' ai magistrati, che possono rimanere in servizio fino a 72 anni. Vi e', quindi, da un lato la tendenza ad ampliare le possibilita' di lavoro degli anziani, anche se lavoratori dipendenti mentre dall'altra si introducono rigide preclusioni in tema di lavoro del medico di base, che e' parte di una convenzione privatistica con il S.S.N. e che esercita il proprio lavoro con strutture personali ed e' stato liberamente scelto e non revocato dal cittadino utente del servizio. In definitiva, si introduce una limitazione nell'esercizio di una libera professione, sia pure esercitata a mezzo di una convenzione con la struttura pubblica, che non esiste per nessun altro libero professionista e per nessun altro tipo di convenzione. In proposito, si deve ricordare che la liberta' di esercizio delle libere professioni intellettuali, come del resto tutte le liberta' o diritti costituzionalmente garantiti, puo' esplicarsi entro l'ambito di tutela di altre liberta' e diritti secondo il criterio di conteperamento di interessi piu' volte affermate dalla Corte costituzionale. In tale ambito, assumono primaria rilevanza situazioni soggettive riconducibili al lavoro della persona umana. E' quindi, ovvio, che la professione sanitaria trovi dei limiti nella esigenza di tutela del diritto alla salute dei cittadini utenti del servizio (art. 32 della Costituzione). Ma se i limiti di 70 anni puo' essere spiegato razionalmente con l'esigenza di tutelare la salute dei cittadini, non si capisce perche' la legge non preveda l'identico limite per l'esercizio della professione di medico specialista ambulatoriale convenzionato. La norma in esame incide, pertanto, sul diritto alla salute garantito ai cittadini, i quali si vedono privati del proprio medico di fiducia dopo anni di assistenza, sulla base di un criterio che non appare sorretto da alcuna razionale giustificazione. La norma in esame appare, inoltre, in contrasto con il diritto riconosciuto dall'art. 4 della Costituzione che garantisce a tutti i cittadini la possibilita' di svolgere le proprie attivita' orbene, privare il medico di base della possibilita' di lavoro per il solo fatto del raggiungimento di una determinata eta', significa negargli la possibilita' di lavoro e di affermazione della propria personalita'. Sulla base delle suesposte considerazioni, si provvede come da dispositivo.
P. Q. M. Uditi i procuratori delle parti, cosi' provvede sulla domanda proposta con ricorso del 17 settembre 1996 da Gianneli Ugo nei confronti della azienda sanitaria locale (A.S.L.) BA/4, in persona del suo legale rappresentante: 1) sospende la convalida del decreto emesso inaudita altera parte in data 3 ottobre 1996; 2) dichiara rilevante e non manifestante infondata la questione di legittimita' dell'art. 2, comma 4, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 4, 32 e 33, quinto comma della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e rimette gli atti alla Corte costituzionale, disponendo che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti in causa ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Bari, addi' 8 gennaio 1997 Il pretore: De Peppo 97C0641