N. 402 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile 1997
N. 402 Ordinanza emessa il 3 aprile 1997 dal pretore di Torino sul ricorso proposto da Ferrovie dello Stato S.p.a. contro l'ass.ne sindacale "Unione Capi Stazione - U.C.S." Procedimento civile - Giudizio per la repressione della condotta antisindacale - Giudice che abbia adottato in via d'urgenza decreto inibitorio - Incompatibilita' a partecipare al giudizio di opposizione avverso detto decreto - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa - Riferimento ai principi affermati nella sentenza n. 131/1996 della Corte costituzionale in tema di incompatibilita' nel procedimento penale. (C.P.C., art. 51, comma 1, n. 4). (Cost., art. 24, secondo comma).(GU n.27 del 2-7-1997 )
IL PRETORE Pronuncia la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale nella causa iscritta al n. 2428 r.g.l. 1997, promossa da: Ferrovie dello Stato S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. prof. Paolo Tosi e Raffaele De Luca Tamajo nonche' dall'avv. Vincenzo Garufi (domiciliatario), dell'ufficio legale territoriale nord ovest delle F.S., parte ricorrente, contro Associazione sindacale "Unione Capi Stazione - U.C.S.", in persona del coordinatore regionale per il Piemonte, sig. Pellicano' Pasquale, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Molinero (domiciliatario), del Foro di Torino, parte convenuta. Oggetto: opposizione a decreto ex art. 28, comma terzo, della legge 20 maggio 1970, n. 300. 1. - La difesa della societa' ricorrente chiede, in via preliminare, che il giudice incaricato del presente giudizio di opposizione ex art. 28, comma terzo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, voglia astenersi dalla trattazione di esso, ai sensi dell'art. 51, primo comma, n. 4, e comma secondo, c.p.c., avendo emesso il decreto oggetto della vertenza e di cui viene in questa sede domandato il riesame. E, al fine di fondare la propria istanza, richiama l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale in tema di terzieta' del giudice e di incompatibilita' tra le funzioni del giudizio penale (cfr. sentenza n. 131/1996) nonche' le riflessioni sviluppate di recente in dottrina, con riferimento all'incidenza delle pronunce del giudice delle leggi nell'ambito del processo civile (cfr. Terzieta' e processo civile, in Foro it., 1996, I, 1316 e ss.). In subordine chiede che il giudice voglia rimettere gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del citato disposto del codice di rito, in riferimento al principio costituzionale del giusto processo e del diritto di difesa ex art. 24, comma secondo, Cost., che ne e' componente essenziale. In ordine alla richiesta avanzata in via principale, il pretore osserva quanto segue. Presso questa sezione lavoro sono vigenti da circa un quindicennio criteri automatici e predeterminati di distribuzione degli affari, approvati dal C.S.M. ed inseriti nelle tabelle annuali di composizione dell'ufficio. Secondo tali criteri "le cause di opposizione a decreto ex art. 28 legge 300/1970, le cause di merito conseguenti a provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. o a sequesto ante causam... sono assegnate al giudice della prima fase del procedimento". La richiesta avanzata in via principale appare pertanto inaccoglibile, sia con riferimento all'ipotesi disciplinata dal primo comma, n. 4, dell'art. 51 c.p.c. sia a quella di cui al secondo comma di esso. Non si versa infatti in un caso di incompatibilita' tra funzioni processualmente rilevante, trattandosi di interventi giudiziari correlati a fasi diverse dello stesso grado di giudizio. Ne' la vicenda in esame puo' metter capo ad una richiesta del giudice designato di astenersi per gravi ragioni di convenienza, prevedendo i criteri di assegnazione vigenti presso questo ufficio l'incarico, per il giudizio di opposizione, proprio dello stesso magistrato autore del provvedimento impugnato. 2. - Venendo quindi alla questione di legittimita' costituzionale prospettata dalla difesa della societa' ricorrente in via subordinata, il pretore osserva quanto segue. La questione posta appare indubbiamente non manifestamente infondata, tenuto conto sia della causa di incompatibilita' enucleata dal giudice delle leggi in materia processuale penale, rappresentata dalla c.d. forza della prevenzione, sia dei riflessi di essa, quanto al processo civile, quali risultano ipotizzati nella nota dottrinale sopra citata. Valutera' peraltro la Corte se i principi elaborati con riferimento al procedimento penale e che di fatto hanno costituito ulteriori occasioni per paralizzare (ove possibile e con buona pace dei diritti negati delle vittime dell'illecito), un meccanismo processuale gia' sostanzialmente votato all'immobilita', siano da estendere anche al procedimento civile. Il processo (ogni processo) deve essere, oltre che giusto ed equo, anche possibile. L'accoglimento dell'impostazione sollecitata dalla difesa della societa' ricorrente rischia viceversa di introdurre nella gestione degli uffici, gia' appesantita da lentezze di varia origine e natura, nuove difficolta' e tortuosita'. Il tutto in un momento particolarmente delicato per la giustizia del lavoro, chiamata di qui a poco ad occuparsi del vasto comparto del pubblico impiego. Negli uffici giudiziari di piu' ridotte dimensioni si rendera' infatti necessario, come conseguenza dell'introduzione della nuova ipotesi di incompatibilita', il reperimento di altro giudice, in sostituzione di quello gravato dell'obbligo di astensione. L'ipotesi qui contemplata sara' inoltre solo all'apparenza circoscritta e limitata, essendo viceversa suscettibile di ulteriori estesissime applicazioni. Si pensi, ad es., al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ancorato ad una fase sommaria e destinato pertanto ad evidenziare nuove situazioni di incompatibilita'; con conseguenze non facilmente risolvibili sul piano gestionale, ove il contenzioso rappresentato dai giudizi di opposizione costituisca (come presso questo ufficio) un dato numericamente assai rilevante. Valutera' la Corte, nel sapiente bilanciamento che le spetta tra processo equo e processo possibile, l'effettiva portata e consistenza di tali preoccupazioni.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, primo comma, n. 4, c.p.c., in riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra le funzioni di giudice pronunciatosi con decreto ex art. 28, comma primo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 e quelle di giudice dell'opposizione a tale decreto ex art. 28, comma terzo, della stessa legge; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti, unitamente alle prove delle notificazioni e comunicazioni qui ordinate, alla Corte costituzionale. Torino, addi' 3 aprile 1997 Il pretore: Ciocchetti 97C0677