N. 43 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 giugno 1997
N. 43 Ricorso per questione di leggittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 giugno 1997 (del commissario dello Stato per la regione siciliana) Regione Sicilia - Impiego pubblico - Dirigenti - Prima applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente la revisione delle discipline in materia di riforma della pubblica amministrazione e di pubblico impiego - Disciplina delle funzioni - Irragionevolezza e contraddittorieta' delle disposizioni - Contrasto con i principi di cui alla detta legge n. 421 del 1992 - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 12 del 1980. (Legge regione Sicilia 11 giugno 1997, art. 11). (Cost., artt. 3 e 97; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, comma 1, lett. g); statuto regione Sicilia, art. 14).(GU n.39 del 24-9-1997 )
L'assemblea regionale siciliana, nella seduta dell'11 giugno 1997, ha approvato il disegno di legge n. 252 dal titolo "Criteri per le nomine e designazioni di competenza regionale di cui all'art. 1 della legge regionale 28 marzo 1995, n. 22. Funzionamento della commissione paritetica (art. 43 dello Statuto siciliano). Prima applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Disposizioni in materia di indennita' e permessi negli enti locali. Modifiche alla legge regionale 20 marzo 1951, n. 29", successivamente pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 14 giugno 1997. Nel testo del provvedimento legislativo elaborato dalle competenti commissioni permanenti, ai sensi dell'art. 12 dello statuto speciale, nel corso del lungo dibattito in aula, svoltosi durante numerose sedute e' stato inserita, inopinatamente, con un emendamento, la norma dell'art. 11, non attinente alla materia originariamente oggetto di disciplina, relativa alla definizione di criteri per la nomina e le designazioni di competenza regionale ed all'elencazione delle cause di incompatibilita' e dei limiti di durata degli incarichi. Tale prassi, invero non molto ortodossa, ha consentito, cosi', l'approvazione del cennato art. 11, di seguito trascritto, che, con ogni verosimiglianza, non ha potuto ricevere la dovuta elaborazione in fase istruttoria da parte delle competenti commissioni di merito e che presenta di conseguenza rimarchevoli lacune ed incongruenze rispetto alla vigente legislazione regionale e nazionale che rendono suscettibile la norma in esso contenuta di censure di costituzionalita' per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione: "Prima applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421. 1. - L'Assessore regionate esercita le sue funzioni di capo dell'amministrazione attraverso l'emanazione di atti generali. L'emanazione ed attuazione degli atti aventi per oggetto singoli provvedimenti, ivi inclusi quelli riguardanti impegni di somme, compete ai dirigenti in relazione alle funzioni ad essi attribuite. 2. - Ai dirigenti sono attribuite le funzioni di studio, programmazione e controllo, o le funzioni dirigenziali. Le funzioni di cui sopra sono equiparate ed in ottemperanza ai principi contenuti nell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e' proibita la contemporanea assegnazione di piu' funzioni equiparate. 3. - Nella rideterminazione delle piante organiche si terra' conto del principio di cui al comma 2. Ove in un gruppo di lavoro vi siano piu' dirigenti, all'interno dello stesso deve essere rispettato il principio di separazione delle funzioni. 4. - Le funzioni di studio, programmazione e controllo sono quelle definite dal d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748; le funzioni dirigenziali sono quelle definite dal decreto legislativo 3 febbraio I993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni. 5. - I funzionigrammi dei rami delle amministrazioni sono altresi' riformulati tenendo conto della separazione delle funzioni. 6. - Nella assegnazione delle funzioni si applicano i principi generali desumibili dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, nonche' il criterio di rotazione. Alla assegnazione delle funzioni provvede l'assessore con proprio decreto. 7. - In mancanza della determinazione della pianta organica della Regione siciliana e' proibito procedere a passaggi di qualifica. 8. - Le funzioni di dirigente generale sono assegnabili a dirigenti con almeno quindici anni di effettiva anzianita' nella qualifica di dirigente ed in possesso della laurea richiesta in relazione alle funzioni da svolgere, secondo il criterio dell'accertamento delle specifiche ed obiettive capacita' professionali di cui alla lett. f) dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421". Orbene, se da un canto puo' ritenersi meritorio l'intento di dare, seppure tardivamente e parzialmente, attuazione nella regione siciliana ai principi contenuti nella legge n. 421/1992 in materia di riforma della pubblica amministrazione e di pubblico impiego, dall'altro, detto recepimento limitato alle sole figure dirigenziali e nei modi con cui e' stato disciplinato, per la parte in cui si vorrebbe dare applicazione alla normativa statale, produrrebbe effetti paradossalmente distorsivi della stessa per le ragioni che di segeuito si espongono. Il legislatore nel porre le disposizioni per la prima applicazione della legge n. 421/1992 omette, infatti, di considerare l'odierno assetto dell'amministrazione regionale, e non tiene quindi conto degli effetti che su quest'ultimo produrrebbe la applicazione della norma de qua, con particolare riferimento allo stato giuridico dei propri dipendenti. L'amministrazione regionale secondo i dettami della legge regionale n. 7/1971 e' organizzata in 27 direzioni regionali ed uffici equiparati suddivisi per i vari assessorati, a loro volta strutturati in gruppi di lavoro, il cui numero e competenze sono determinati con decreto del Presidente della regione previa deliberazione della Giunta in base alle esigenze di funzionalita' degli uffici. Con la cennata legge regionale n. 7/1971, invero, la Regione siciliana, che prima si era attenuta al modello statale sia per quanto riguarda l'assetto organizzativo dei suoi uffici sia per quanto attiene alla disciplina dello stato giuridico ed economico del proprio personale, avvalendosi della competenza esclusiva in materia di ordinamento degli uffici ex art. 14 lett. p) dello Statuto, si e' discostata profondamente e sostanzialmente dal modello nazionale. Come codesta ecc.ma Corte ha, peraltro, avuto modo di rilevare con la setenza n. 12 del 1980, l'organizzazione amministrativa regionale si basa su organi completamente differenziati e non assimilabili a quelli propri della generalita' delle Amministrazioni statali e pubbliche, quali ad esempio i sopracennati gruppi di lavoro. Ed in coerenza con tale assetto il legislatore siciliano ha introdotto una disciplina altrettanto innovativa per quanto concerne lo stato giuridico ed economico del personale addetto che, specificatamente nelle qualifiche apicali, risulta ripartito nelle qualifiche di direttore regionale, dirigente superiore e dirigente. Ora, da un esame comparato tra le cennate figure professionali e quelle corrispondenti dell'amministrazione statale e della generalita' degli enti di cui al secondo comma dell'art. 1 d.leg.vo n. 29/1993 emerge inequivocabilmente che le funzioni svolte dai "dirigenti" e dai "dirigenti superiori", ai sensi, rispettivamente, degli artt. 13 legge regionale n. 7/1971 e 9 legge regionale n. 41/1985, non possono considerarsi dirigenziali essendo piuttosto riconducibili a quelle proprie dei funzionari amministrativi di 8 e di 9 livello dello Stato. Anche le attribuzioni dei funzionari di vertice dell'amministrazioni regionale, i direttori preposti alle singole direzioni regionali istituite presso ogni assessorato, com'e' stato rilevato da codesta ecc.ma Corte con la prima cennata sentenza n. 12 del 1980, sono notevolmente diverse ed inferiori rispetto a quelle proprie dei dirigenti generali dell'amministrazione medesima". Il legislatore siciliano che, in virtu' della potesta' esclusiva riconosciutagli dallo Statuto, sinora ha mantenuto un ordinamento ed una struttura amministrativa nettamente differenziata rispetto a quelli presenti nel restante territorio nazionale, ex abrupto, introduce con la norma oggetto di graveme, una prima asserita applicazione dei principi della legge n. 421/1992 senza considerare che non sono state ancora emanate le norme di raccordo necessarie per consentire un passaggio graduale dal vecchio al nuovo regime. Nell'art. 11, ottavo comma si fa menzione, infatti, delle funzioni di "dirigente generale" assegnabili ai "dirigenti" con almeno quindici anni di effettiva anzianita' nella qualifica, tralasciando di valutare che in atto nell'amministrazione regionale non ne e' prevista la figura ne' tantomeno le attribuzioni e/o le sedi di incarico. Non si fa cenno, altresi', alla esistente figura del direttore regionale, che quindi rimane priva, nel nuovo sistema, di una propria collocazione con comprensibili effetti dirompenti sul funzionamento dell'apparato burocratico esistente, e, non si tiene conto senza alcuna plausibile ragione, della particolare situazione di un'intera categoria di funzionari, i dirigenti superiori, fra i soggetti scrutinabili. Dalla disposizione sembrerebbe, inoltre, che il legislatore intenda effettuare ope legis e per relationem una generalizzata equiparazione dei propri dipendenti, in atto con funzioni riconducibili a quelle della carriera direttiva, ai dirigenti previsti dalla normativa statale in assenza della prescritta e necessaria selezione con criteri obiettivi di valutazione. Qualora dovesse darsi applicazione alla previsione dell'art. 11 il primo effetto immediato sarebbe quello di una proliferazione, seppure di carattere meramente nominalistico (in mancanza della contestuale definizione dei compiti), dei dirigenti, il cui numero potrebbe addirittura ulteriormente aumentare in virtu' della disposizione del secondo comma. Il legislatore, infatti, in evidente dissonanza con i principi della normativa statale di riferimento, scinde nell'ambito delle funzioni dirigenziali, che per la loro natura non possono che essere un unicum composito, quelle di studio, programmazione e controllo da quelle propriamente dirigenziali consistenti "nell'emanazione ed attuazione degli atti aventi per oggetto singoli provvedimenti, ivi inclusi quelli riguardanti impegni di somme" (primo comma). Siffatta artificiosa distinzione, erroneamente basata sul rinvio alle norme del d.P.R. n. 748/1972, abrogate per la parte che qui interessa dal d.leg.vo n. 29/1993, inoltre, dovrebbe essere posta a fondamento della rideterminazione delle piante organiche (terzo comma) causando inevitabilmente un incremento, se non addirittura il raddoppio, del numero dei dirigenti e cosi' vanificando uno degli obiettivi primari della legge n. 421/1992. L'attivita' di studio, quale configurata dal comma secondo, inoltre, non puo' essere assimilabile all'attivita' di alta consulenza giuridica o tecnica svolta dalla dirigenza statale (ed in particolare dai consiglieri ministeriali appartenenti, peraltro, ad un ruolo distinto e ben definito) ma puo' essere, piuttosto ricondotta a quella svolta dai funzionari amministrativi per i quali non e' previsto un separato organico. L'art. 2, primo comma lett. g) punto 4 della piu' volte menzionata legge n. 421/1992 pone fra gli obiettivi della riforma la riduzione del numero dei dirigenti in servizio, in relazione alla avvenuta individuazione degli organi ed uffici dirigenziali in base alla rilevanza e complessita' delle funzioni e della quantita' delle risorse umane assegnate, nonche' del disposto accorpamento degli uffici esistenti. Orbene, il legislatore siciliano, sebbene non abbia ancora dettato nuove norme sulla procedura per la razionalizzazione ed ammodernamento dell'apparato burocratico in linea con i principi ispiratori contenuti nella legge n. 421/1992, si premura dare adesso una settoriale, lacunosa e fuorviante applicazione riguardante soltanto l'accesso alla diregenza generale, senza preoccuparsi di individuare preventivamente gli uffici di livello dirigenziale generale e di livello dirigenziale, nonche' le relative funzioni, i requisiti richiesti e le modalita' per il conferimento degli incarichi stessi. Ma vi e' di piu': dal tenore del primo comma dell'articolo censurato non risulta conforme al dettato del punto lett. g) comma primo dell'art. 2 legge n. 421/1992 la disposta separazione fra i compiti di direzione politica, riservati all'Assessore, e quelli di direzione amministrativa di competenza dei burocrati. Inoltre la normativa regionale teste' approvata tralascia di dare attuazione ad altro principio innovativo introdotto dalla legge n. 412/1992, quello relativo alla separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa, non potendosi certo ritenere che la generica previsione dell'art. 11, comma primo, sia tale da consentire di distinguere con certezza le funzioni collegate alla individuazione degli obiettivi da raggiungere da quelle relative alla gestione finanziaria e tecnico-amministrativa. L'attribuzione della competenza ad emanare atti generali in capo dell'assessore e quella per gli atti aventi un contenuto particolare ai burocrati, non e' idonea inoltre a raggiungere le finalita' volute dal legislatore nazionale. Si possono, invero, enucleare attivita' connesse alla funzione di indirizzo politico, che non necessariamente richiedono l'emanazione di un atto a valenza generale, mentre al contrario non c'e' plausibile ragione di negare aprioristicamente al dirigente la facolta' di emanare atti a carattere generale, dovendogli essere riconosciuti autonomi poteri di programmazione e di organizzazione delle risorse umane e strumentali per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'organo politico. L'ambiguita' della formula legislativa adottata, nonche' l'assenza di criteri per la determinazione delle competenze proprie dei dirigenti che, si ribadisce hanno sinora svolto funzioni riconducibili a quelle proprie del personale appartenente alla ex carriera direttiva dell'amministrazione statale, e la mancata contestuale indicazione delle categorie di dipendenti chiamati a svolgere i compiti in precedenza assegnate ai "dirigenti" stessi non potrebbe che provocare, in sede di applicazione, quantomeno una situazione di incertezza con le facilmente intuibili, negative refluenze sul buon andamento degli uffici pubblici. L'attuale assetto dell'apparato regionale, quale configurato da un'ormai consolidata ventennale legislazione con carattere di assoluta peculiarita' rispetto a quello definito in ambito nazionale, richiederebbe, prima della definizione dei criteri per l'accesso alla dirigenza generale, una profonda e radicale rivisitazione, alla luce dei criteri innovativi posti dalle piu' recenti leggi statali in materia di razionalizzazione del pubblico impiego e ritenuti in piu' occasioni vincolanti da codesta ecc.ma Corte anche per la regionale siciliana. Il legislatore, in quanto sovverte l'ordine logico con cui procedere all'adeguamento delle vigenti norme regionali ai principi contenuti nella cennata normativa nazionale, adotta una disciplina intrinsecamente contradditoria ed irragionevole che, ponendosi in contrasto con gli stessi principi ai quali dichiara di volersi uniformare, arrecherebbe grave pregiudizio al buon andamento dell'amministrazione regionale.
P.Q.M. E con riserva di presentare memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Vittorio Piraneo, Commissario dello Stato per la Regione siciliana ai sensi dell'art. 28 dello statuto speciale, con il presente atto impugna l'art. 11 del disegno di legge n. 252 dal titolo "Criteri per le norme e designazioni di competenza regionale di cui all'art. 1 della legge regionale 28 marzo 1995, n. 22 funzionamento della Commissione paritetica (art. 43 dello Statuto siciliano). Prima applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Disposizioni in mateia di indennita' e permessi negli enti locali. Modifiche alla legge regionale 20 marzo 1951, n. 29", approvato dall'A.R.S. l'11 giugno 1997, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione nonche' dell'art. 2, primo comma lett. g) punti 1 e 4 della legge n. 421/1992 in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello statuto speciale. Palermo, addi' 19 giugno 1997 Il commissario dello Stato per la regione siciliana: Piraneo 97C0776