N. 503 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 1997

                                N. 503
  Ordinanza  emessa  l'8  aprile  1997  dalla  commissione  tributaria
 provinciale di Milano sul ricorso proposto  da  Bezzecchi  Sergio  ed
 altra  contro  l'ufficio  del  registro, atti giudiziari e ammende di
 Milano
 Tributi in genere - Imposte di registro, bollo, trascrizione, catasto
    e I.N.V.IM. relative a trasferimenti effettuati  in  relazione  al
    procedimento  di  separazione  personale  dei  coniugi  -  Mancata
    previsione  della  esenzione  di  tali  tributi  -  Disparita'  di
    trattamento  rispetto  a  quanto  previsto  dalla  disciplina  del
    divorzio  -  Irragionevolezza  -  Disparita'  di  trattamento   di
    situazioni  omogenee  con  incidenza sui principi della tutela del
    matrimonio  e della famiglia nonche' sul principio della capacita'
    contributiva   -   Riferimento   alla   sentenza    della    Corte
    costituzionale n. 176/1992.
 (Legge  6 marzo 1987, n. 84, (recte: n. 74), art. 19, in relazione al
    d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8, lett. f); d.P.R. 26 ottobre
    1972, n. 642, artt. 2, comma  primo,  2,  15  e  25;  d.l.g.s.  31
    ottobre 1990, n. 347, artt. 2, 10 e 5).
 (Cost., artt. 3, 29, 31 e 53).
(GU n.35 del 27-8-1997 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 16069/95 depositato
 il 16 ottobre 1995 - avverso sul rifiuto n. istanza del  17  febbraio
 1993  -  registro  contro  registro  di Milano giudiziari ammende da:
 Bezzecchi Sergio  c/o studio avv. Migliori Giovanni Maria residente a
 Milano in via Andrea Verga n. 5; Loi Barbara c/o studio avv. Migliori
 Giovanni Maria residente a Milano in via Andrea Verga n. 5.
   La commissione tributaria provinciale di Milano -  sezione  VI,  ha
 pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento, iscritto al n.
 16069/1995 r.g.r., avente ad oggetto: "rimborso  della  somma  di  L.
 3.140.000,   corrisposta   per   le   imposte   di  registro,  bollo,
 trascrizione catasto e INVIM, gravanti  nel  verbale  di  separazione
 consensuale  28  aprile  1992  tra  Barbara  Loi  e Sergio Bezzecchi,
 omologato dal tribunale di Milano il 12 dicembre 1992", elettivamente
 domiciliati  in  Milano,  via  Andrea  Verga,  5,  presso  l'avvocato
 Giovanni  Maria  Migliori,  dal  quale  sono  rappresentati e difesi,
 giusta delega in atti, e ufficio del registro per gli atti giudiziari
 e le ammende di Milano.
                        Svolgimento del processo
   Con ricorso depositato il 16 ottobre 1995, i sigg.  Barbara  Loi  e
 Sergio  Bezzecchi,  premesso  di  aver  richiesto in data 17 febbraio
 1993, all'ufficio del registro atti giudiziari e ammende di Milano il
 rimborso della somma di  L. 3.140.000, dagli  stessi  corrisposta  in
 data  16  febbraio  1993  a  tale  ufficio  con bolletta n. 7124, con
 espressa riserva di ripetizione per illegittimita'  dell'imposizione,
 per  le  imprese  di  registro,  bollo, trascrizione, catasto e INVIM
 gravanti dal verbale di separazione consensuale sopraindicato  e  che
 l'ufficio  non  aveva  adottato  alcun  provvedimento, chiedevano che
 questa commissione dichiarasse non dovute, in tutto o  in  parte,  le
 somme pagate dai ricorrenti, con ordine all'amministrazione convenuta
 di  restituire quanto, al solo scopo di evitare maggiori danni, erano
 stati costretti a versare secondo la liquidazione dell'ufficio.
   In  via  principale  eccepivano   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  8, lett. F), tariffa parte I, decreto del Presidente della
 Repubblica  n.  131/1986;  degli  artt.  2,  15  e  25,  decreto  del
 Presidente della  Repubblica  n.  643/1972;  dell'art.  2,  comma  1,
 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  642/1972  e allegata
 tariffa; degli artt. 3 e 21, decreto del Presidente della  Repubblica
 n. 635/1972 e art. 5 della tariffa, in relazione agli artt. 3, 29, 31
 e  53  della  Costituzione  e  all'art.  19, legge n. 74/1987, ovvero
 dell'art. 19, legge 74/1987 in relazione agli stessi  articoli  della
 Costituzione.
   In  via  subordinata,  eccepivano  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 8 lett. F), della tariffa parte I  decreto  del  Presidente
 della  Repubblica  n.  131/1986 in relazione agli artt. 76 e 77 Cost.
 e, in ulteriore subordinata, la parziale illegittimita'  degli  artt.
 2  e  25  decreto del Presidente della Repubblica n. 643/1972 e degli
 artt. 3 e 21, decreto del Presidente della Repubblica n. 635/1972  in
 relazione agli artt. 76 e 77 Cost.
   Ancora, in via subordinata e nel merito, contestavano l'imposizione
 INVIM  sul  verbale di separazione consensuale, nonche' l'imposizione
 ipotecaria e catastale applicata in misura proporzionale sullo stesso
 verbale.
   L'ufficio del registro per gli atti  giudiziari  e  le  ammende  di
 Milano,   costituitosi,   contestava   il   fondamento   del  ricorso
 chiedendone il rigetto.  Riconfermava  la  piena  legittimita'  della
 pretesa  tributaria,  sostenendo  che  la  questione  era  gia' stata
 sottoposta all'esame della Corte costituzionale da altra  sezione  di
 questa  commissione  e  che la Corte costituzionale, con ordinanza n.
 538  del   15   dicembre   1995,   aveva   ritenuto   "manifestamente
 inammissibile  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74";  che  "l'ordinanza  della  Corte
 fonda  i  suoi  presupposti  sulla  circostanza  che  il  legislatore
 riconosce le agevolazioni fiscali, previste dall'art.   19,  soltanto
 ai  trasferimenti  effettuati  nelle  forme dovute in relazione ad un
 procedimento di divorzio e non anche in relazione ad un  procedimento
 per  separazione";  che  l'attribuzione  che  un  coniuge  vuole fare
 all'altro del diritto reale pieno ed  esclusivo  su  un  immobile  di
 proprieta'  comune,  costituisce  trasferimento  di  proprieta' della
 quota indivisa ed e' soggetto a  tassazione  con  le  aliquote  e  le
 imposte  proprie  dei trasferimenti (imposte di registro, ipotecarie,
 catastali ed INVIM); che  tale  interpretazione  era  stata  ritenuta
 legittima  dalla  commissione tributaria di primo grado di Milano con
 decisione confermata anche dalla commissione  tributaria  di  secondo
 grado.
   In  data  18  settembre  1996 le parti Loi e Bezzecchi presentavano
 memoria integrativa.
                         Motivi della decisione
   Preliminarmente, si osserva che, contrariamente  a  quanto  afferma
 l'ufficio  resistente,  la  Corte  costituzionale, con l'ordinanza n.
 538/1995, ha dichiarato la manifesta inammissibilita' della questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 19 legge n. 74/1978, perche'
 l'ordinanza di rimessione era del  tutto  priva  di  motivazione  sul
 punto  della rilevanza, avendo il giudice a quo presupposto come dato
 certo che il trasferimento di proprieta' di un immobile, se posto  in
 essere   in   sede   di   giudizio   di   divorzio,   avrebbe  fruito
 dell'esecuzione dai tributi, la cui esazione era,  invece,  richiesta
 ove   fosse  stato  posto  in  essere  in  sede  di  procedimento  di
 separazione  personale  dei  coniugi   e   avendo,   per   implicito,
 presupposto  che  il  precetto  normativo dettato dall'art. 19 citato
 riguardasse ogni tipo di atto di natura  processuale  o  sostanziale,
 comunque  correlato al procedimento di divorzio, nonche' ogni tipo di
 tributo.
   Cosi' le decisioni della commissione tributaria di  primo  grado  e
 quella   di   secondo   grado   invocate  dal  resistente  concernono
 l'interpretazione dell'art. 19 ed in particolare se il termine  "ogni
 altra   tassa"  sia  da  ritenersi  estensibile  anche  alle  imposte
 ipotecarie, catastali ed all'Invim e affermano che  l'esenzione  deve
 essere  limitata  alla sola imposta di bollo, all'imposta di registro
 ed  a  tutte  le  tasse eventualmente dovute e non puo' essere estesa
 anche alle imposte ipotecarie, catastali  ed  Invim  "che  non  vanno
 comprese nel concetto:  tasse".
   Ancorche'  tale  interpretazione  non  appaia  corretta per quanto,
 appresso si dira' la  questione  sollevata  dal  ricorrente,  che  va
 correttamente   individuata  nell'illegittimita'  costituzionale  per
 contrasto con l'art. 3, anche in riferimento agli artt. 29, 31  e  53
 della  Costituzione,  dell'art.  19,  legge  6  marzo  1987, n. 84 in
 relazione all'art. 8,
  lett. F), tariffa V,  parte  prima,  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica n. 131/1986, in relazione all'art. 2, comma primo, decreto
 del  Presidente  della Repubblica n. 642/1972, nella parte in cui non
 comprende nell'esenzione dell'imposta di registro e  di  bollo  anche
 gli  atti,  i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di
 separazione personale dei coniugi  (libro  IV,  titolo  II,  capo  I,
 c.p.c.), non e' manifestamente infondata ed assume rilevanza, ai fini
 della  decisione  del  procedimento  in oggetto, anche se la indicata
 interpretazione restrittiva dell'art.   19  legge  n.  74/1987  fosse
 fondata.
   Infatti, i ricorrenti hanno chiesto che siano dichiarate non dovute
 "in tutto o in parte" le imposte di registro, di bollo, trascrizione,
 catasto  e  Invim,  corrisposte  in base alla liquidazione effettuata
 dall'ufficio. Pertanto, anche se la dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale  fosse limitata, tra quella denunciata dal ricorrente,
 a quella dell'art. 19, legge n. 74/1987 in  relazione  agli  articoli
 dianzi  richiamati,  concernenti  l'imposta  di  registro e di bollo,
 sarebbe rilevante perche' comporterebbe l'accoglimento  parziale  del
 ricorso e la restituzione delle somme, per tali imposte, corrisposte.
   In sintesi, avendo gia' la Corte costituzionale, con la sentenza n.
 176/1992,  esaminata  la  norma  denunciata,  ritenendola,  in parte,
 costituzionalmente illegittima, si osserva che l'art. 19 della  legge
 6  marzo  1987,  n.  74  dichiara  esenti  "dall'imposta di bollo, di
 registro e da ogni altra tassa", tutti gli  atti  i  documenti  ed  i
 provvedimenti,   relativi   al   procedimento   di  scioglimento  dal
 matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
   L'art.  23  della  stessa  legge  n.  74/1987  prevede  che   "fino
 all'entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile,
 ai  giudizi  di  separazione  personale  dei  coniugi si applicano in
 quanto compatibili le regole di cui all'art. 4 della legge 1 dicembre
 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 8 della stessa legge".
   La Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 176/1992, ha
 affermato  che  il  parallelismo,   le   profonde   analogie   e   la
 complementarieta'  funzionale  dei due procedimenti, rispettivamente,
 di separazione dei coniugi e di divorzio  -  oltreche'  di  tangibile
 evidenza  - risultano invero ben presenti allo stesso legislatore dal
 1989. Il quale nel novellare la disciplina dei casi  di  scioglimento
 del matrimonio - si e' premurato (con l'art. 23, legge n. 74 cit.) di
 estendere (entro il limite della compatibilita' e fino all'entrata in
 vigore  del nuovo testo di codice di procedura civile) l'applicazione
 delle regole processuali poste (art. 4) per il giudizio  di  divorzio
 anche a quello di separazione personale.
   E  se  e' pur vero che tale estensione certamente non ha riguardato
 la norma di esenzione fiscale dell'art. 19, cio' e' probabilmente, da
 ascriversi  come  osservato  dei  primi  commentatori,  ad  una  mera
 dimenticanza.
   Sta   di   fatto  comunque  che  il  profilo  tributario  non  puo'
 ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione  delle  due
 componenti  procedure,  atteso  che l'esigenza di agevolare l'accesso
 alla tutela giurisdizionale, che motiva  e  giustifica  il  beneficio
 fiscale  con riguardo agli atti del giudizio divorziale, e' con ancor
 piu' accentuata evidenza presente nel giudizio di separazione, ove la
 situazione di contrasto tra i coniugi, cui occore dare  solo  sbocco,
 esibisce, di regola, toni di ben maggiore asprezza e drammaticita' di
 quelli  che  essa manifesta nella fase gia' stabilizzata dell'epilogo
 divorziale.
   Ma anche un breve esame delle diverse tappe che storicamente  hanno
 contraddistinto  il regime fiscale dell'imposta di registro, consente
 di cogliere l'irrazionalita' del diverso trattamento,  dal  punto  di
 vista  tributario,  riservato alla sentenza di separazione e a quella
 di divorzio.
   L'art. 117 della tariffa, parte seconda  allegato  A  del  r.d.  30
 dicembre 1923, n. 3269 prevedeva la registrazione a tassa fissa della
 sentenza  di separazione tra i coniugi. Con la riforma tributaria del
 1971 venne meno, nella nuova disciplina di registro, ogni riferimento
 alla sentenza di separazione e a quella di divorzio: l'art.  8  della
 tariffa  parte  prima  allegato  A del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634
 assoggettava  ad  imposta  proporzionale  "agli  atti  dell'autorita'
 giudiziaria  ordinaria  o  speciale in materia di controversia civile
 che definiscono anche parzialmente il giudizio..."  ad  eccezione  di
 quelli "non portanti condanna ne' accertamento di diritti a contenuto
 patrimoniale"   per  i  quali  era  invece,  disposta  l'applicazione
 dell'imposta del registro in misura fissa.
   I contrasti  interpretativi,  che  la  norma  ingenero'  e  che  si
 acuirono  dopo  la  risoluzione  Ministero  delle finanze - Direzione
 generale tasse del 15 ottobre 1975, n. 301148, resero necessario  uno
 specifico  intervento  legislativo  (legge 10 marzo 1976 n. 260), dal
 significativo titolo di legge "di interpretazione autentica dell'art.
 8 della tariffa, allegato  A...",  con  il  quale  si  disponeva  "le
 sentenze  di  scioglimento  o  di cessazione degli effetti civili del
 matrimonio e quelle  di  separazione  personale,  ancorche'  portanti
 condanne   al   pagamento  di  assegni  o  di  attribuzioni  di  beni
 patrimoniali,  nonche'  quelle  che  modificano   tali   condanne   o
 attribuzioni si intendono sottoposte all'imposta di registro prevista
 in  misura fissa dall'art. 8, lett. e), della tariffa A, parte prima,
 del d.P.R. n. 643/1972".
   La legge n. 260/1976 rispecchiava coerentemente l'effettiva  natura
 delle  sentenze  di  separazione  e di divorzio, concernenti in primo
 luogo, la regolamentazione dello status personale dei coniugi e, solo
 in  via  secondaria  ed  accessoria,   la   disciplina   del   regime
 patrimoniale  dei  coniugi,  o, comunque, contengono provvedimenti di
 contenuto  patrimoniale.    La  stessa  amministrazione   finanziaria
 (circolari  Ministero delle finanze - Direzione generale tasse del 14
 giugno  1976,  n.  21/250695)  affermo'  che  "con   la   particolare
 formulazione  della  legge  n.  260/1976 il legislatore ha voluto, in
 sostanza, precisare  in  modo  autentico,  che  per  i  provvedimenti
 giurisdizionali indicati nella norma medesima
  ...  e' esclusa, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro,
 ogni  valutazione   della   capacita'   contributiva   dei   soggetti
 interessati".
   Infine,  con l'art. 8, lett. f), della tariffa parte prima allegato
 A del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (testo unico del registro) veniva
 prevista,  per  la   sentenza   di   separazione   e   di   divorzio,
 indipendentemente  del  loro contenuto patrimoniale, la registrazione
 in  misura  fissa.    La  norma,  pero',  prevedeva  una   condizione
 all'applicazione   dell'imposta   di   registro   in   misura  fissa,
 consistente nell'appartenenza dei beni,  oggetto  delle  attribuzioni
 patrimoniali disposte con sentenza, alla comunione tra i coniugi.
   Tale  limitazione, anche se non viene denunciata perche' non rileva
 ai  fini  della  decisione  del  ricorso  in  oggetto,   non   appare
 giustificabile  sotto il profilo della coerenza, della ragionevolezza
 della  tassazione  e  del  rispetto  del  principio  di  uguaglianza,
 risolvendosi   in   una   disparita'  di  trattamento  di  situazioni
 sostanzialmente identiche, quali le attribuzioni dei beni personali o
 di titolarita' esclusiva di uno dei coniugi.
   L'art. 19 della legge n. 74/1987 ha esentato,  come  si  e'  detto,
 dall'imposta  di registro i provvedimenti relativi al procedimento di
 divorzio  e  abrogato  -  secondo  il  tipo  di  abrogazione  e   per
 incompatibilita' previsto dall'art. 15 della disposizioni sulla legge
 in  generale  -  la  lettera f) dell'art. 8 della tariffa parte prima
 allegato A del d.P.R. n. 131/1986 nella parte  in  cui  assoggetta  a
 tassa fissa le sentenze di divorzio.
   Cosi'  il  regime fiscale delle sentenze di separazione e divorzio,
 che, in considerazione della loro simile natura, era stato sempre  lo
 stesso,  si  presenta,  ora,  differente,  senza  alcuna  ragionevole
 giustificazione.
   E'  molto  probabile,   quindi,   come   ha   ritenuto   la   Corte
 costituzionale, che sia frutto "di una dimenticanza".
   Pertanto,  e' da ritenersi non manifestamente infondata e rilevante
 ai fini della decisione la questione di  costituzionalita'  sollevata
 dal   ricorrente   e   relativa   alla   denunzia  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 19 legge 6 marzo 1987, n.  84  in  relazione
 all'art.  8,  lettera  f) tariffa parte prima d.P.R. n. 131/1986 e in
 relazione all'art.  2, comma primo, d.P.R. n. 642/1972, per contrasto
 con i principi di ragionevolezza e di eguaglianza, di cui all'art. 3,
 anche con riferimento agli artt. 29, 31, 53 della Costituzione.
   Ritiene, pero', la commissione  che  una  corretta  interpretazione
 dell'art.  19  citato  comporti  la  non manifesta infondatezza anche
 dell'altra questione di costituzionalita' - sollevata dal  ricorrente
 e  relativa  alla denunzia di illegittimita' costituzionale dell'art.
 19, legge 6 marzo 1987, n. 84, in relazione agli artt.  2,  15  e  25
 d.P.R.    n. 643/1972 (Invim) e in relazione agli artt. 3 e 21 d.P.R.
 n. 635/1972 e art. 5 della tariffa (rectius agli artt. 2 e  10  d.-l.
 31  ottobre  1990, n. 347 e art. 5 della tariffa) per contrasto con i
 principi di ragionevolezza e di eguaglianza, di cui all'art. 3, anche
 con riferimento agli artt. 29, 31, 53 della Costituzione.
   In relazione a  tale  questione  e'  sufficiente  dar  conto  delle
 ragioni   che   fanno   ritenere   esenti  dalle  imposte  di  Invim,
 trascrizione e catasto le sentenze di divorzio, in quanto, una  volta
 accertato  che  tali  imposte  rientrasseso  tra  quelle per le quali
 l'art. 19  cit.    dispone  l'esecuzione,  valgono,  sia  per  quanto
 concerne  la  non  manifesta  infondatezza che per quanto concerne la
 rilevanza della questione ai fini della decisione del procedimento in
 oggetto, le ragioni sopraindicate.
   Un'interpretazione  letterale dell'art. 19 cit., che pur ha trovato
 conforto nelle decisioni della commissione tributaria di I e II grado
 di   Milano,   citate   dall'ufficio,   porterebbe    ad    escludere
 l'applicabilita'  della  norma  agevolata  a  tutti  quei tributi non
 aventi natura di "tassa" ma di "imposta", dal momento  che  la  norma
 letteralmente  dispone  "...    sono esenti dall'imposta di bollo, di
 registro  e  da  ogni  altra  tassa".     Una  tale   interpretazione
 comporterebbe,  ai  fini  impositivi,  una  distinzione tra i tributi
 aventi natura di tassa e quelli non aventi una  simile  natura.  Solo
 nei  confronti  dei  primi varrebbe l'esenzione dell'art.  19, mentre
 per tutti gli altri - aventi natura di  imposta  -  continuerebbe  ad
 applicarsi la disciplina generale, con l'unica eccezione del registro
 e del bollo.
   E'  stato,  autorevolmente,  sottolineato,  in dottrina, che non si
 rinviene "la ratio seguita dal legislatore nel discriminare il regime
 fiscale delle tasse e delle imposte di bollo e di registro da  quello
 di tutte le altre imposte indirette che pur afferiscono agli atti, ai
 documenti  ed  ai  provvedimenti  relativi  agli  stessi procedimenti
 indicati nell'art. 19".
   L'interpretazione  estensiva,  che   questa   commissione   ritiene
 corretta, si fonda nei seguenti argomenti:
     a)  l'espressione  "e  da  ogni  altra  tassa"  posta  al termine
 dell'art.  19, come formula di  chiusura,  presuppone  il  precedente
 riferimento  normativo  a  specifici tributi aventi la stessa natura,
 mentre il legislatore ha indicato solo i tributi di bollo e registro,
 qualificandoli correttamente "imposta";
     b) il termine tassa,  cosi'  come  inserito  nel  contesto  della
 norma,  non sembra avere significato che quello ad esso assegnato nel
 linguaggio comune, ossia  di  tributo,  comprensivo  di  tasse  e  di
 imposte;
     c)  l'estensione ad altre imposte diverse da quella di registro e
 di  bollo  e'  coerente  con  la  ratio  della  norma,  che  consiste
 nell'esigenza  "di  ridurre  i costi economici che le parti subiscono
 per ripristinare con il divorzio la liberta' di stato o la  revisione
 degli  assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 898/1970" (cfr.
 relazione scritta dal sen. Lipori del 12 febbraio 1985,  atto  Senato
 n. 150/a);
     d)  la natura della sentenza di divorzio e di separazione di atti
 incidenti sullo status personale dei  coniugi  e  rispetto  ai  quali
 l'attribuzione   patrimoniale  consistente  nel  trasferimento  della
 proprieta' o di altri diritti reali aventi  carattere  secondario  ed
 eventuali;
     e)  mentre  la  stessa  amministrazione  finanziaria,  come si e'
 ricordato, ravvisava la ratio delle  registrazioni  in  misura  fissa
 della  sentenza di separazione e di divorzio, prevista dalla legge n.
 260/1976,   nell'assenza   di   una   manifestazione   di   capacita'
 contributiva  dei  soggetti  interessati,  non  risponde a criteri di
 ragionevolezza e coerenza negare, ai fini del registro, ancora  oggi,
 l'esistenza di una capacita' contributiva dei soggetti interessati in
 ragione  della  particolare  natura  della sentenza di divorzio (e di
 separazione) e, poi, riconoscerla con riguardo alle altre imposte che
 trovano la loro causa sempre negli stessi provvedimenti.
   D'altra  parte,  la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n.
 176/1992, nel riconoscere l'illegittimita' della norma  di  esenzione
 nella  parte in cui non comprende nell'esenzione del tributo anche le
 iscrizioni di ipoteca, ha affermato, implicitamente, che, oltre  alle
 imposte  di  registro  e di bollo, altre imposte (quale quella dovuta
 per  l'iscrizione di ipoteca) sono da  ricomprendere  nell'esecuzione
 prevista dall'art. 19 citato.
   Non  occorre  sottolineare che la questione assume rilevanza per la
 decisione del procedimento in  oggetto,  in  quanto  la  commissione,
 ritenendo  corretta  l'esposta  interpretazione dell'art. 19 cit. ove
 fosse accolta la  denuncia  di  illegittimita'  costituzionale  della
 norma, riterrebbe, in accoglimento del ricorso, non dovute le imposte
 in questione, disponendo la restituzione di quanto corrisposto a tale
 titolo.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n.
 84 in relazione all'art. 8, lett. f) tariffa parte prima d.P.R.    n.
 131/1986; all'art. 2, comma primo, d.P.R. n. 642/1972; agli artt.  2,
 15  e  25  d.P.R. n. 643/1972, nonche' in relazione agli artt. 2 e 10
 d.-l. 31 ottobre 1990, n. 347 e art. 5 della tariffa, nella parte  in
 cui,  in violazione degli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione non
 comprende  nelle  esenzioni  delle  imposte   di   registro,   bollo,
 trascrizione,  catasto  e  Invim  tutti  gli  atti,  i documenti ed i
 provvedimenti relativi al procedimento di separazione  personale  dei
 coniugi;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina  che,  a cura della segreteria della commissione tributaria,
 la presente ordinanza sia trasmessa alla Corte costituzionale  e  sia
 notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
   Cosi' deciso in Milano, addi' 8 aprile 1997.
                          Il presidente: Spina
                                                    Il relatore: Mauri
 97C0835