N. 503 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 1997
N. 503 Ordinanza emessa l'8 aprile 1997 dalla commissione tributaria provinciale di Milano sul ricorso proposto da Bezzecchi Sergio ed altra contro l'ufficio del registro, atti giudiziari e ammende di Milano Tributi in genere - Imposte di registro, bollo, trascrizione, catasto e I.N.V.IM. relative a trasferimenti effettuati in relazione al procedimento di separazione personale dei coniugi - Mancata previsione della esenzione di tali tributi - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto dalla disciplina del divorzio - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee con incidenza sui principi della tutela del matrimonio e della famiglia nonche' sul principio della capacita' contributiva - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 176/1992. (Legge 6 marzo 1987, n. 84, (recte: n. 74), art. 19, in relazione al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8, lett. f); d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, artt. 2, comma primo, 2, 15 e 25; d.l.g.s. 31 ottobre 1990, n. 347, artt. 2, 10 e 5). (Cost., artt. 3, 29, 31 e 53).(GU n.35 del 27-8-1997 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 16069/95 depositato il 16 ottobre 1995 - avverso sul rifiuto n. istanza del 17 febbraio 1993 - registro contro registro di Milano giudiziari ammende da: Bezzecchi Sergio c/o studio avv. Migliori Giovanni Maria residente a Milano in via Andrea Verga n. 5; Loi Barbara c/o studio avv. Migliori Giovanni Maria residente a Milano in via Andrea Verga n. 5. La commissione tributaria provinciale di Milano - sezione VI, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento, iscritto al n. 16069/1995 r.g.r., avente ad oggetto: "rimborso della somma di L. 3.140.000, corrisposta per le imposte di registro, bollo, trascrizione catasto e INVIM, gravanti nel verbale di separazione consensuale 28 aprile 1992 tra Barbara Loi e Sergio Bezzecchi, omologato dal tribunale di Milano il 12 dicembre 1992", elettivamente domiciliati in Milano, via Andrea Verga, 5, presso l'avvocato Giovanni Maria Migliori, dal quale sono rappresentati e difesi, giusta delega in atti, e ufficio del registro per gli atti giudiziari e le ammende di Milano. Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 16 ottobre 1995, i sigg. Barbara Loi e Sergio Bezzecchi, premesso di aver richiesto in data 17 febbraio 1993, all'ufficio del registro atti giudiziari e ammende di Milano il rimborso della somma di L. 3.140.000, dagli stessi corrisposta in data 16 febbraio 1993 a tale ufficio con bolletta n. 7124, con espressa riserva di ripetizione per illegittimita' dell'imposizione, per le imprese di registro, bollo, trascrizione, catasto e INVIM gravanti dal verbale di separazione consensuale sopraindicato e che l'ufficio non aveva adottato alcun provvedimento, chiedevano che questa commissione dichiarasse non dovute, in tutto o in parte, le somme pagate dai ricorrenti, con ordine all'amministrazione convenuta di restituire quanto, al solo scopo di evitare maggiori danni, erano stati costretti a versare secondo la liquidazione dell'ufficio. In via principale eccepivano l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, lett. F), tariffa parte I, decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986; degli artt. 2, 15 e 25, decreto del Presidente della Repubblica n. 643/1972; dell'art. 2, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 642/1972 e allegata tariffa; degli artt. 3 e 21, decreto del Presidente della Repubblica n. 635/1972 e art. 5 della tariffa, in relazione agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione e all'art. 19, legge n. 74/1987, ovvero dell'art. 19, legge 74/1987 in relazione agli stessi articoli della Costituzione. In via subordinata, eccepivano l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8 lett. F), della tariffa parte I decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986 in relazione agli artt. 76 e 77 Cost. e, in ulteriore subordinata, la parziale illegittimita' degli artt. 2 e 25 decreto del Presidente della Repubblica n. 643/1972 e degli artt. 3 e 21, decreto del Presidente della Repubblica n. 635/1972 in relazione agli artt. 76 e 77 Cost. Ancora, in via subordinata e nel merito, contestavano l'imposizione INVIM sul verbale di separazione consensuale, nonche' l'imposizione ipotecaria e catastale applicata in misura proporzionale sullo stesso verbale. L'ufficio del registro per gli atti giudiziari e le ammende di Milano, costituitosi, contestava il fondamento del ricorso chiedendone il rigetto. Riconfermava la piena legittimita' della pretesa tributaria, sostenendo che la questione era gia' stata sottoposta all'esame della Corte costituzionale da altra sezione di questa commissione e che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 538 del 15 dicembre 1995, aveva ritenuto "manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74"; che "l'ordinanza della Corte fonda i suoi presupposti sulla circostanza che il legislatore riconosce le agevolazioni fiscali, previste dall'art. 19, soltanto ai trasferimenti effettuati nelle forme dovute in relazione ad un procedimento di divorzio e non anche in relazione ad un procedimento per separazione"; che l'attribuzione che un coniuge vuole fare all'altro del diritto reale pieno ed esclusivo su un immobile di proprieta' comune, costituisce trasferimento di proprieta' della quota indivisa ed e' soggetto a tassazione con le aliquote e le imposte proprie dei trasferimenti (imposte di registro, ipotecarie, catastali ed INVIM); che tale interpretazione era stata ritenuta legittima dalla commissione tributaria di primo grado di Milano con decisione confermata anche dalla commissione tributaria di secondo grado. In data 18 settembre 1996 le parti Loi e Bezzecchi presentavano memoria integrativa. Motivi della decisione Preliminarmente, si osserva che, contrariamente a quanto afferma l'ufficio resistente, la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 538/1995, ha dichiarato la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 legge n. 74/1978, perche' l'ordinanza di rimessione era del tutto priva di motivazione sul punto della rilevanza, avendo il giudice a quo presupposto come dato certo che il trasferimento di proprieta' di un immobile, se posto in essere in sede di giudizio di divorzio, avrebbe fruito dell'esecuzione dai tributi, la cui esazione era, invece, richiesta ove fosse stato posto in essere in sede di procedimento di separazione personale dei coniugi e avendo, per implicito, presupposto che il precetto normativo dettato dall'art. 19 citato riguardasse ogni tipo di atto di natura processuale o sostanziale, comunque correlato al procedimento di divorzio, nonche' ogni tipo di tributo. Cosi' le decisioni della commissione tributaria di primo grado e quella di secondo grado invocate dal resistente concernono l'interpretazione dell'art. 19 ed in particolare se il termine "ogni altra tassa" sia da ritenersi estensibile anche alle imposte ipotecarie, catastali ed all'Invim e affermano che l'esenzione deve essere limitata alla sola imposta di bollo, all'imposta di registro ed a tutte le tasse eventualmente dovute e non puo' essere estesa anche alle imposte ipotecarie, catastali ed Invim "che non vanno comprese nel concetto: tasse". Ancorche' tale interpretazione non appaia corretta per quanto, appresso si dira' la questione sollevata dal ricorrente, che va correttamente individuata nell'illegittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3, anche in riferimento agli artt. 29, 31 e 53 della Costituzione, dell'art. 19, legge 6 marzo 1987, n. 84 in relazione all'art. 8, lett. F), tariffa V, parte prima, decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986, in relazione all'art. 2, comma primo, decreto del Presidente della Repubblica n. 642/1972, nella parte in cui non comprende nell'esenzione dell'imposta di registro e di bollo anche gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi (libro IV, titolo II, capo I, c.p.c.), non e' manifestamente infondata ed assume rilevanza, ai fini della decisione del procedimento in oggetto, anche se la indicata interpretazione restrittiva dell'art. 19 legge n. 74/1987 fosse fondata. Infatti, i ricorrenti hanno chiesto che siano dichiarate non dovute "in tutto o in parte" le imposte di registro, di bollo, trascrizione, catasto e Invim, corrisposte in base alla liquidazione effettuata dall'ufficio. Pertanto, anche se la dichiarazione di illegittimita' costituzionale fosse limitata, tra quella denunciata dal ricorrente, a quella dell'art. 19, legge n. 74/1987 in relazione agli articoli dianzi richiamati, concernenti l'imposta di registro e di bollo, sarebbe rilevante perche' comporterebbe l'accoglimento parziale del ricorso e la restituzione delle somme, per tali imposte, corrisposte. In sintesi, avendo gia' la Corte costituzionale, con la sentenza n. 176/1992, esaminata la norma denunciata, ritenendola, in parte, costituzionalmente illegittima, si osserva che l'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 dichiara esenti "dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa", tutti gli atti i documenti ed i provvedimenti, relativi al procedimento di scioglimento dal matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. L'art. 23 della stessa legge n. 74/1987 prevede che "fino all'entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile, ai giudizi di separazione personale dei coniugi si applicano in quanto compatibili le regole di cui all'art. 4 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 8 della stessa legge". La Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 176/1992, ha affermato che il parallelismo, le profonde analogie e la complementarieta' funzionale dei due procedimenti, rispettivamente, di separazione dei coniugi e di divorzio - oltreche' di tangibile evidenza - risultano invero ben presenti allo stesso legislatore dal 1989. Il quale nel novellare la disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio - si e' premurato (con l'art. 23, legge n. 74 cit.) di estendere (entro il limite della compatibilita' e fino all'entrata in vigore del nuovo testo di codice di procedura civile) l'applicazione delle regole processuali poste (art. 4) per il giudizio di divorzio anche a quello di separazione personale. E se e' pur vero che tale estensione certamente non ha riguardato la norma di esenzione fiscale dell'art. 19, cio' e' probabilmente, da ascriversi come osservato dei primi commentatori, ad una mera dimenticanza. Sta di fatto comunque che il profilo tributario non puo' ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle due componenti procedure, atteso che l'esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio divorziale, e' con ancor piu' accentuata evidenza presente nel giudizio di separazione, ove la situazione di contrasto tra i coniugi, cui occore dare solo sbocco, esibisce, di regola, toni di ben maggiore asprezza e drammaticita' di quelli che essa manifesta nella fase gia' stabilizzata dell'epilogo divorziale. Ma anche un breve esame delle diverse tappe che storicamente hanno contraddistinto il regime fiscale dell'imposta di registro, consente di cogliere l'irrazionalita' del diverso trattamento, dal punto di vista tributario, riservato alla sentenza di separazione e a quella di divorzio. L'art. 117 della tariffa, parte seconda allegato A del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 prevedeva la registrazione a tassa fissa della sentenza di separazione tra i coniugi. Con la riforma tributaria del 1971 venne meno, nella nuova disciplina di registro, ogni riferimento alla sentenza di separazione e a quella di divorzio: l'art. 8 della tariffa parte prima allegato A del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 assoggettava ad imposta proporzionale "agli atti dell'autorita' giudiziaria ordinaria o speciale in materia di controversia civile che definiscono anche parzialmente il giudizio..." ad eccezione di quelli "non portanti condanna ne' accertamento di diritti a contenuto patrimoniale" per i quali era invece, disposta l'applicazione dell'imposta del registro in misura fissa. I contrasti interpretativi, che la norma ingenero' e che si acuirono dopo la risoluzione Ministero delle finanze - Direzione generale tasse del 15 ottobre 1975, n. 301148, resero necessario uno specifico intervento legislativo (legge 10 marzo 1976 n. 260), dal significativo titolo di legge "di interpretazione autentica dell'art. 8 della tariffa, allegato A...", con il quale si disponeva "le sentenze di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e quelle di separazione personale, ancorche' portanti condanne al pagamento di assegni o di attribuzioni di beni patrimoniali, nonche' quelle che modificano tali condanne o attribuzioni si intendono sottoposte all'imposta di registro prevista in misura fissa dall'art. 8, lett. e), della tariffa A, parte prima, del d.P.R. n. 643/1972". La legge n. 260/1976 rispecchiava coerentemente l'effettiva natura delle sentenze di separazione e di divorzio, concernenti in primo luogo, la regolamentazione dello status personale dei coniugi e, solo in via secondaria ed accessoria, la disciplina del regime patrimoniale dei coniugi, o, comunque, contengono provvedimenti di contenuto patrimoniale. La stessa amministrazione finanziaria (circolari Ministero delle finanze - Direzione generale tasse del 14 giugno 1976, n. 21/250695) affermo' che "con la particolare formulazione della legge n. 260/1976 il legislatore ha voluto, in sostanza, precisare in modo autentico, che per i provvedimenti giurisdizionali indicati nella norma medesima ... e' esclusa, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, ogni valutazione della capacita' contributiva dei soggetti interessati". Infine, con l'art. 8, lett. f), della tariffa parte prima allegato A del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (testo unico del registro) veniva prevista, per la sentenza di separazione e di divorzio, indipendentemente del loro contenuto patrimoniale, la registrazione in misura fissa. La norma, pero', prevedeva una condizione all'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa, consistente nell'appartenenza dei beni, oggetto delle attribuzioni patrimoniali disposte con sentenza, alla comunione tra i coniugi. Tale limitazione, anche se non viene denunciata perche' non rileva ai fini della decisione del ricorso in oggetto, non appare giustificabile sotto il profilo della coerenza, della ragionevolezza della tassazione e del rispetto del principio di uguaglianza, risolvendosi in una disparita' di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche, quali le attribuzioni dei beni personali o di titolarita' esclusiva di uno dei coniugi. L'art. 19 della legge n. 74/1987 ha esentato, come si e' detto, dall'imposta di registro i provvedimenti relativi al procedimento di divorzio e abrogato - secondo il tipo di abrogazione e per incompatibilita' previsto dall'art. 15 della disposizioni sulla legge in generale - la lettera f) dell'art. 8 della tariffa parte prima allegato A del d.P.R. n. 131/1986 nella parte in cui assoggetta a tassa fissa le sentenze di divorzio. Cosi' il regime fiscale delle sentenze di separazione e divorzio, che, in considerazione della loro simile natura, era stato sempre lo stesso, si presenta, ora, differente, senza alcuna ragionevole giustificazione. E' molto probabile, quindi, come ha ritenuto la Corte costituzionale, che sia frutto "di una dimenticanza". Pertanto, e' da ritenersi non manifestamente infondata e rilevante ai fini della decisione la questione di costituzionalita' sollevata dal ricorrente e relativa alla denunzia di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 legge 6 marzo 1987, n. 84 in relazione all'art. 8, lettera f) tariffa parte prima d.P.R. n. 131/1986 e in relazione all'art. 2, comma primo, d.P.R. n. 642/1972, per contrasto con i principi di ragionevolezza e di eguaglianza, di cui all'art. 3, anche con riferimento agli artt. 29, 31, 53 della Costituzione. Ritiene, pero', la commissione che una corretta interpretazione dell'art. 19 citato comporti la non manifesta infondatezza anche dell'altra questione di costituzionalita' - sollevata dal ricorrente e relativa alla denunzia di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, legge 6 marzo 1987, n. 84, in relazione agli artt. 2, 15 e 25 d.P.R. n. 643/1972 (Invim) e in relazione agli artt. 3 e 21 d.P.R. n. 635/1972 e art. 5 della tariffa (rectius agli artt. 2 e 10 d.-l. 31 ottobre 1990, n. 347 e art. 5 della tariffa) per contrasto con i principi di ragionevolezza e di eguaglianza, di cui all'art. 3, anche con riferimento agli artt. 29, 31, 53 della Costituzione. In relazione a tale questione e' sufficiente dar conto delle ragioni che fanno ritenere esenti dalle imposte di Invim, trascrizione e catasto le sentenze di divorzio, in quanto, una volta accertato che tali imposte rientrasseso tra quelle per le quali l'art. 19 cit. dispone l'esecuzione, valgono, sia per quanto concerne la non manifesta infondatezza che per quanto concerne la rilevanza della questione ai fini della decisione del procedimento in oggetto, le ragioni sopraindicate. Un'interpretazione letterale dell'art. 19 cit., che pur ha trovato conforto nelle decisioni della commissione tributaria di I e II grado di Milano, citate dall'ufficio, porterebbe ad escludere l'applicabilita' della norma agevolata a tutti quei tributi non aventi natura di "tassa" ma di "imposta", dal momento che la norma letteralmente dispone "... sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa". Una tale interpretazione comporterebbe, ai fini impositivi, una distinzione tra i tributi aventi natura di tassa e quelli non aventi una simile natura. Solo nei confronti dei primi varrebbe l'esenzione dell'art. 19, mentre per tutti gli altri - aventi natura di imposta - continuerebbe ad applicarsi la disciplina generale, con l'unica eccezione del registro e del bollo. E' stato, autorevolmente, sottolineato, in dottrina, che non si rinviene "la ratio seguita dal legislatore nel discriminare il regime fiscale delle tasse e delle imposte di bollo e di registro da quello di tutte le altre imposte indirette che pur afferiscono agli atti, ai documenti ed ai provvedimenti relativi agli stessi procedimenti indicati nell'art. 19". L'interpretazione estensiva, che questa commissione ritiene corretta, si fonda nei seguenti argomenti: a) l'espressione "e da ogni altra tassa" posta al termine dell'art. 19, come formula di chiusura, presuppone il precedente riferimento normativo a specifici tributi aventi la stessa natura, mentre il legislatore ha indicato solo i tributi di bollo e registro, qualificandoli correttamente "imposta"; b) il termine tassa, cosi' come inserito nel contesto della norma, non sembra avere significato che quello ad esso assegnato nel linguaggio comune, ossia di tributo, comprensivo di tasse e di imposte; c) l'estensione ad altre imposte diverse da quella di registro e di bollo e' coerente con la ratio della norma, che consiste nell'esigenza "di ridurre i costi economici che le parti subiscono per ripristinare con il divorzio la liberta' di stato o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 898/1970" (cfr. relazione scritta dal sen. Lipori del 12 febbraio 1985, atto Senato n. 150/a); d) la natura della sentenza di divorzio e di separazione di atti incidenti sullo status personale dei coniugi e rispetto ai quali l'attribuzione patrimoniale consistente nel trasferimento della proprieta' o di altri diritti reali aventi carattere secondario ed eventuali; e) mentre la stessa amministrazione finanziaria, come si e' ricordato, ravvisava la ratio delle registrazioni in misura fissa della sentenza di separazione e di divorzio, prevista dalla legge n. 260/1976, nell'assenza di una manifestazione di capacita' contributiva dei soggetti interessati, non risponde a criteri di ragionevolezza e coerenza negare, ai fini del registro, ancora oggi, l'esistenza di una capacita' contributiva dei soggetti interessati in ragione della particolare natura della sentenza di divorzio (e di separazione) e, poi, riconoscerla con riguardo alle altre imposte che trovano la loro causa sempre negli stessi provvedimenti. D'altra parte, la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 176/1992, nel riconoscere l'illegittimita' della norma di esenzione nella parte in cui non comprende nell'esenzione del tributo anche le iscrizioni di ipoteca, ha affermato, implicitamente, che, oltre alle imposte di registro e di bollo, altre imposte (quale quella dovuta per l'iscrizione di ipoteca) sono da ricomprendere nell'esecuzione prevista dall'art. 19 citato. Non occorre sottolineare che la questione assume rilevanza per la decisione del procedimento in oggetto, in quanto la commissione, ritenendo corretta l'esposta interpretazione dell'art. 19 cit. ove fosse accolta la denuncia di illegittimita' costituzionale della norma, riterrebbe, in accoglimento del ricorso, non dovute le imposte in questione, disponendo la restituzione di quanto corrisposto a tale titolo.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 84 in relazione all'art. 8, lett. f) tariffa parte prima d.P.R. n. 131/1986; all'art. 2, comma primo, d.P.R. n. 642/1972; agli artt. 2, 15 e 25 d.P.R. n. 643/1972, nonche' in relazione agli artt. 2 e 10 d.-l. 31 ottobre 1990, n. 347 e art. 5 della tariffa, nella parte in cui, in violazione degli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione non comprende nelle esenzioni delle imposte di registro, bollo, trascrizione, catasto e Invim tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della segreteria della commissione tributaria, la presente ordinanza sia trasmessa alla Corte costituzionale e sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Milano, addi' 8 aprile 1997. Il presidente: Spina Il relatore: Mauri 97C0835