N. 245 SENTENZA 18 luglio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Sospensione  per  l'anno  1993  degli  aumenti
 periodici  corrisposti  ai  pubblici  dipendenti  in  conseguenza  di
 automatismi stipendiali -  Natura  eccezionale  del  "blocco"  e  con
 effetti  limitati  nel tempo giustificato da esigenze di riequilibrio
 del bilancio statale (vedi sentenze nn. 417/1996, 99/1995 e 6/1994) -
 Non fondatezza.
 
 (D.-L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma  3,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992,  n. 438).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.30 del 23-7-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,      prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio ONIDA,  prof. Guido NEPPI MODONA,  prof.
 Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 3,  del
 d.-l.  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure  urgenti  in materia di
 previdenza, di sanita' e di pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni
 fiscali),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 14 novembre
 1992,  n.  438, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 24 ottobre 1995
 dal T.A.R. per   l'Emilia-Romagna,  sezione  di  Parma,  sui  ricorsi
 proposti da Amerio Marica ed altri contro il rettore dell'Universita'
 Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed altra e da Adolfi Ferruccio ed
 altri  contro l'Universita' degli studi di Parma, iscritte ai nn. 296
 e 297  del  registro  ordinanze  1996  e  pubblicate  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  15, prima serie speciale, dell'anno
 1996;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  aprile 1997 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Il tribunale amministrativo  regionale  per  l'Emilia-Romagna
 con  due  ordinanze di analogo contenuto ha sollevato, in riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
 costituzionale  dell'art. 7, comma 3, del d.-l. 19 settembre 1992, n.
 384 (Misure urgenti  in  materia  di  previdenza,  di  sanita'  e  di
 pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni  fiscali),  convertito, con
 modificazioni, nella legge  14  novembre  1992,  n.  438,  lamentando
 l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  che  e'  seguita  alla
 sospensione, per l'anno 1993, degli aumenti periodici corrisposti  ai
 pubblici dipendenti.
   Il fattore tempo - si legge nell'ordinanza - puo' costituire valida
 ragione  per  differenziare l'applicazione dei benefici contrattuali;
 in questo caso, pero', non si tratta di stabilire  la  decorrenza  di
 una  diversa  retribuzione  economica  o  di ricollegare quest'ultima
 all'anzianita' di servizio, ma di una diseguaglianza che discende dal
 carattere pari o dispari dell'anno di nomina.
   Al Collegio rimettente sembra irrazionale che  soltanto  una  parte
 dei dipendenti subisca un trattamento deteriore in relazione all'anno
 di  nomina.  Tale  disparita' non si ricollega, infatti, a diversita'
 delle  situazioni  considerate,  ma  investe   posizioni   giuridiche
 identiche; ne' si puo' dire che il fattore temporale sia, di per se',
 elemento distintivo, in quanto la disparita' di trattamento su cui si
 appunta  la  censura  ha  natura casuale e alterna (un anno si' e uno
 no), con lesione del principio di eguaglianza.
   2. -  E'  intervenuto  in  entrambi  i  giudizi,  nel  senso  della
 infondatezza, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 e   difeso   dall'Avvocatura   dello   Stato.  Il  fluire  del  tempo
 costituisce,  secondo  l'insegnamento  di  questa   Corte,   elemento
 discretivo  (da  ultimo,  sentenza  n.  73  del  1996)  e comunque il
 trattamento differenziato oggetto  di  censura  e'  giustificato,  ad
 avviso  dell'Avvocatura,  dalla  finalita' di assicurare l'equilibrio
 del bilancio. In ogni caso, tale situazione non avrebbe rilevanza nel
 giudizio di  legittimita'  costituzionale  condotto  sulla  base  del
 principio  di  eguaglianza, dal momento che integra una disparita' di
 mero fatto (sentenza n.  16  del  1960),  dipendente  da  circostanze
 casuali.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il  tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna,
 con due ordinanze di analogo tenore, che vanno riunite  e  decise  in
 unico giudizio, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 della  norma  che  sospende  per  il 1993 gli incrementi retributivi,
 anche  periodici,  in  conseguenza  di  automatismi  stipendiali  dei
 pubblici dipendenti, disposta dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge
 n. 384 del 1992 (Misure urgenti in materia di previdenza, di  sanita'
 e di pubblico impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con
 modificazioni,  nella  legge  n.  438  del  1992.  Cio' comporterebbe
 un'ingiustificata disparita' di trattamento - questa  la  conclusione
 del giudice a quo - in violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   2.  -  Va  innanzitutto  osservato che non puo' essere condivisa la
 tesi  avanzata  dall'Avvocatura  dello  Stato,  per   la   quale   si
 tratterebbe  di  una  mera  disparita'  di  fatto,  giusta  la figura
 delineata dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  a  partire  dalla
 sentenza  n. 16 del 1960. La disuguaglianza denunciata non e' effetto
 secondario di una disciplina che in  via  principale  persegue  altri
 scopi,  ma  e' strettamente conseguenziale a detta normativa. Si' che
 e' da effettuare il richiesto vaglio di legittimita'  costituzionale,
 alla luce del principio di eguaglianza.
   3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
   Il  decreto-legge  n.  384 del 1992, emanato in un momento delicato
 della vita nazionale, introduce disposizioni di diversa natura, tutte
 segnate  dalla  finalita'  di  realizzare,   con   immediatezza,   un
 contenimento  della  spesa  pubblica  per il 1993, nel rispetto degli
 obiettivi fondamentali di politica economica e dei vincoli  derivanti
 dal  processo  di  integrazione  europea.  Il  comma  3  dell'art.  7
 introduce una tipica misura "di blocco", impedendo l'applicazione  di
 qualsiasi automatismo stipendiale.
   Visto che detti aumenti hanno periodicita' biennale, la sospensione
 porterebbe  a  una diseguaglianza - a seconda dell'anno di nomina del
 dipendente - che per il giudice a quo  non e' giustificabile, perche'
 casuale e alterna. Ma  il  rilievo  non  ha  fondamento,  perche'  il
 "blocco",  di  cui e' evidente il carattere provvedimentale del tutto
 eccezionale,  esauriva  i   suoi   effetti   nell'anno   considerato,
 limitandosi  a  impedire  erogazioni per esigenze di riequilibrio del
 bilancio,  riconosciute  da  questa  Corte  meritevoli  di  tutela  a
 condizione  che  le  disposizioni  adottate  non risultino arbitrarie
 (sentenze nn. 417 del 1996, 99 del 1995,  6  del  1994),  il  che  in
 questo caso e' certamente da escludere.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  7,  comma  3,  del  d.-l.  19
 settembre  1992,  n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di
 sanita'  e  di  pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni   fiscali),
 convertito,  con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438,
 sollevata,  in  riferimento  all'art.  3  della   Costituzione,   dal
 tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Emilia-Romagna,  con  le
 ordinanze in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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