N. 523 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 1997
N. 523 Ordinanza emessa il 9 aprile 1997 dal tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da De Filippis Vincenzo contro il Ministero dell'interno Impiego pubblico - Polizia di Stato - Corso per la nomina in ruolo, quale agente della polizia di Stato - Assenza dell'allievo, anche per malattia, protrattasi per piu' di trenta giorni - Dimissione dal corso - Conseguente, automatica cessazione di ogni rapporto con l'Amministrazione - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento tra agenti ausiliari - Lesione del diritto al lavoro - Incidenza sulla tutela della salute - Violazione del principio di buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione - Richiamo alla ordinanza (recte: sentenza) della Corte n. 297/1994 e alla ordinanza n. 140/1995. (D.-L. 4 agosto 1987, n. 325, art. 4, p. 1, lett. d), e p. 5, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 402). (Cost., artt. 3, 4, 32 e 97).(GU n.36 del 3-9-1997 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1298 del 1995, proposto dal sig. Vincenzo De Filippis, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Dal Piaz e Carlo Emanuele Gallo ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Torino, via S. Agostino n. 12, contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino e nei cui uffici in corso Stati Uniti n. 45 e' domiciliato ex lege; per l'annullamento previa sospensiva, del decreto del Capo della polizia (comunicato con fonogramma pervenuto il 16 maggio 1995) con cui il ricorrente viene dimesso dal corso per la nomina in ruolo quale agente della polizia di Stato tenuto presso la Scuola agenti della polizia di Stato di Vicenza, con conseguente cessazione dal servizio, nonche' per l'annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi con l'atto impugnato; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione dell'interno intimata; Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Giudice relatore il dott. Umberto Giovannini; Uditi, alla pubblica udienza del 9 aprile 1997, gli avv.ti Claudio Dal Piaz e Carlo Emanuele Gallo per il ricorrente e l'avv. dello Stato Guido Carotenuto per l'amministrazione resistente. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con il ricorso n. 1298 del 1995, notificato il 29 giugno 1995 e depositato il 5 luglio 1995, il ricorrente chiede l'annullamento, previa sospensiva, del decreto del Capo della polizia, con cui lo stesso e' stato dimesso dal corso per il conseguimento della nomina in ruolo quale agente della polizia di Stato tenuto presso la Scuola agenti della polizia di Stato di Vicenza, con conseguente cessazione dal servizio, nonche' per l'annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi con l'atto impugnato. Il ricorrente ha svolto il servizio militare di leva e il successivo anno di rafferma quale agente ausiliario della polizia di Stato. Al termine di quest'ultimo periodo, egli, ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987, e' stato ammesso - a domanda - a frequentare il corso, avente inizio in data 3 aprile 1995, per il conseguimento della nomina in ruolo quale agente della polizia di Stato. Nel frattempo, nel mese di gennaio 1994, il ricorrente e' stato colpito da leucemia mieloblastica acuta e, quindi, e' stato posto in aspettativa per infermita' dall'amministrazione. Sottoposto a trapianto di midollo osseo e, successivamente, a terapia immuno depressiva, egli ha conseguito la guarigione. In data 31 marzo 1995 la commissione medica di seconda istanza presso il Comando di servizio sanitario della regione militare nord-ovest ha giudicato non ancora guarito il sig. De Filippis e gli accordato, pertanto, ulteriori 160 giorni di licenza di convalescenza, cosicche' l'interessato non ha potuto frequentare il corso suddetto. In data 16 maggio 1995 veniva comunicata al ricorrente, l'adozione, da parte del Capo della polizia, del decreto che, ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987, lo escludeva dal corso e lo faceva cessare dal servizio, per avere superato i trenta giorni di assenza dal corso stesso. Cio' premesso in fatto, il ricorrente deduce, a sostegno dell'impugnativa, i seguenti motivi in diritto. 1. - Violazione di legge in riferimento all'art. 7 della legge n. 241 del 1990. Il provvedimento impugnato e' stato adottato d'ufficio, senza che l'amministrazione comunicasse preventivamente al ricorrente, a norma dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, l'avvio del relativo procedimento. 2. - Violazione di legge, con riferimento all'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987; convertito in legge n. 402 del 1987; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti illogicita', difetto e/o insufficienza d'istruttoria e di motivazione (dedotta altresi', quale violazione di legge, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990), ingiustizia grave e manifesta. La disposizione di cui all'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987 - laddove prevede l'esclusione dal corso di chi e' assente dallo stesso per un certo periodo di tempo - non e' applicabile al caso in esame, dato che il ricorrente non si e' assentato dal corso, in quanto non lo ha mai iniziato, essendo in aspettativa per infermita' alla data d'inizio dello stesso. Poiche' le ipotesi di decadenza - e i singoli casi di dimissioni previsti dal citato art. 4, sono ipotesi di decadenza - sono necessariamente di stretta interpretazione, non puo' farsi applicazione della norma per un ipotesi non prevista dalla legge medesima. 3. - Illegittimita' derivata, per illegittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987, con riferimento agli artt. 3, 4 e 32 della Costituzione. Se l'interpretazione proposta con il secondo motivo non fosse accolta, ritenendo pertanto applicabile la normativa di cui all'art. 4 citato alla fattispecie in esame, detto articolo risulterebbe incostituzionale in riferimento agli artt. 3, 4 e 32 della Costituzione. Il diritto alla salute deve essere garantito a ogni cittadino ed esso non puo' porsi in conflitto con l'altro diritto fondamentale che e' il diritto al lavoro. Nella fattispecie in esame, invece, qualora si acceda all'interpretazione della normativa di cui al citato art. 4 data dall'amministrazione, il diritto alla salute confliggerebbe con il diritto al lavoro: o l'appartenente al corso si cura e cosi' operando perde il posto, oppure frequenta il corso e non puo' assoggettarsi alle cure del caso; il che, in ipotesi particolarmente gravi, puo' condurre a conseguenze letali. La norma e', inoltre, costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per avere introdotto arbitrarie disparita' di trattamento senza alcuna giustificazione. Il ricorrente e' un dipendente pubblico, in quanto agente della polizia di Stato; non e' dato di comprendere perche', in questa sua qualita', egli possa essere regolarmente assente dal servizio, in aspettativa per infermita' e non possa per tale ragione essere assente o non iniziare il corso di formazione, a pena di dimissione dal corso e, quindi, di espulsione dal corpo. Si tratta di un contrasto di disposizioni insanabile e assolutamente ingiustificato; se l'assenza per malattia non e' incompatibile con lo status di agente di pubblica sicurezza, non si vede perche' sia incompatibile. con lo status di agente che frequenta il corso, dato che, inoltre, il corso stesso viene ripetuto piu' volte durante l'anno e che, quindi, ben avrebbe potuto l'agente infermo essere ammesso a frequentare un corso successivo. La norma indicata, pertanto, risulta contrastante con l'art. 3 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza. 4. - Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicita', difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione; violazione di legge in riferimento all'art. 3 della legge n. 241 del 1990. Tra gli atti del procedimento, conclusosi con il provvedimento impugnato, il ricorrente contesta anche l'ultimo giudizio espresso in data 31 marzo 1995 dalla commissione medica di seconda istanza. Il giudizio di non guarigione, ma di buona remissione dalla grave malattia da cui e' stato affetto il ricorrente (leucemia mieloblastica acuta) e' del tutto contrastante con l'esito degli accertamenti ai quali il ricorrente si e' sottoposto e che, tanto presso il servizio di ematologia, quanto presso un medico specialista privato hanno certificato la sua completa guarigione gia' dal mese di gennaio 1995. L'accoglimento della censura comporterebbe per vizio d'illegittimita' derivata, l'annullamento del decreto impugnato, in quanto, se fosse stata riconosciuta la guarigione del ricorrente egli ben avrebbe potuto partecipare al corso. Il ricorrente conclude per l'accoglimento del ricorso, con ulteriore richiesta di condanna dall'amministrazione al pagamento delle spese processuali. Si e' costituita in giudizio l'Amministrazione intimata, la quale, con analitiche memorie, chiede la reiezione del gravame per infondatezza dei motivi proposti, vinte le spese. Con ordinanza n. 586 del 27 luglio 1995, il tribunale accoglieva la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato. Con successiva ordinanza n. 648 del 5 giugno 1996, venivano disposti incombenti istruttori, ai quali l'amministrazione gravata ottemperava, depositando, nei termini, la documentazione richiesta. Con ordinanza n. 764 del 3 luglio 1996 il tribunale accoglieva l'istanza del ricorrente diretta ad ottenere l'attuazione del provvedimento cautelare. Alla pubblica udienza del 9 aprile 1997 la causa e' stata chiamata e, su concorde richiesta delle parti, e' stata trattenuta per la decisione, come da verbale. D i r i t t o Con il ricorso indicato in epigrafe, il sig. Vincenzo De Filippis, agente ausiliario della polizia di Stato, impugna, chiedendone l'annullamento, il decreto del capo della polizia con il quale egli, a norma dell'art. 4, punto 1, lettera d) e punto 5 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987, e' stato dimissionato dal corso per il conseguimento della nomina in ruolo quale agente della polizia di Stato ed e' stato conseguentemente dichiarato cessato dal servizio a decorrere dal 9 maggio 1995, avendo effettuato piu' di trenta giorni di assenza dal suddetto corso. Giova premettere che i punti della norma in questione, dianzi evocati, dispongono che: "- 1. Sono dimessi dal corso:.. d) gli allievi e gli agenti di polizia ausiliari, che siano stati, per qualsiasi motivo assenti dal corso per piu' di trenta giorni, anche non consecutivi..."; "5. La dimissione dal corso comporta la cessazione di ogni rapporto con l'amministrazione. Il ricorrente, gia' affetto da leucemia mieloblastica acuta, malattia dalla quale, dopo intervento di trapianto del midollo osseo e cura immunodepressiva, egli e' risultato guarito, alla data di inizio del corso per la nomina in ruolo quale agente della polizia di Stato, non poteva parteciparvi essendo stato precedentemente collocato in licenza di convalescenza su giudizio della commissione medica di seconda istanza. Egli ritiene illegittimo l'impugnato decreto del capo della polizia, sia perche' l'amministrazione non gli ha comunicato l'avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, sia perche', al caso di specie, in cui il ricorrente non ha mai frequentato il corso in quanto in aspettativa per malattia, non sarebbe applicabile la normativa di cui all'art. 4 citato, che presuppone un'assenza dal corso medesimo. Le censure sono entrambe infondate. La prima perche' l'amministrazione, una volta ricevuta la comunicazione, da parte della scuola, che l'interessato aveva superato il limite di trenta giorni di assenza dal corso, era vincolata, stante il chiaro enunciato della norma sopra riportata, all'emanazione del provvedimento di esclusione dal corso, con conseguente cessazione dal servizio dell'allievo, non essendo legislativamente prevista, riguardo a tali fattispecie, alcuna attivita' procedimentale da espletare da parte della pubblica amministrazione, ne' alcuna discrezionalita' nell'adozione del provvedimento da parte del capo della polizia. In ogni caso, poi, risulta in atti che l'interessato ha ricevuto formale comunicazione, da parte dell'amministrazione dell'interno (e non dalla scuola, come erroneamente ritenuto dal ricorrente) dell'adozione del provvedimento impugnato. La seconda censura si appalesa parimenti infondata, dato che il legislatore ha ritenuto rilevante, ai fini dell'esclusione dal corso, l'assenza dal medesimo per piu' di trenta giorni anche non consecutivi, indipendentemente, quindi, sia dai motivi dell'assenza, che dal periodo del corso in cui essa si verifica, per cui tale disposizione risulta applicabile anche allorquando l'assenza dell'agente regolarmente iscritto al corso, coincida con l'inizio di quest'ultimo. Il quarto motivo di ricorso e' inammissibile, attesa l'assenza di alcun vincolo di connessione procedimentale tra il decreto del capo della polizia impugnato e il giudizio di "buona remissione della malattia" e non di "guarigione" espresso dalla commissione medica di seconda istanza (con conseguente invio del ricorrente in licenza di convalescenza per giorni 160). La natura di atto dovuto del decreto del capo della polizia, cui non si ricollega, come si e' detto, alcuna pregressa attivita' procedimentale da parte dell'amministrazione, impedisce che tale connessione, addirittura con vincolo di presupposizione, possa ravvisarsi rispetto al predetto giudizio medico. Tale ultimo atto fa parte, infatti, della diversa e autonoma serie procedimentale connessa all'indisponibilita' per malattia del pubblico dipendente e, nel caso di specie, dell'agente ausiliario della polizia di Stato, cui appartengono, tra gli altri anche gli atti di invio in licenza di convalescenza dell'agente infermo, e il giudizio d'idoneita' a riprendere servizio. Con il terzo motivo il ricorrente solleva eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, punto 1, lettera d) e punto 5 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987, in riferimento agli artt. 3, 4 e 32 della Costituzione, nella parte in cui la suddetta norma prevede che l'assenza dal corso, per qualsiasi motivo (e, quindi, anche l'assenza per malattia), protrattasi per piu' di trenta giorni, comporta automaticamente la cessazione di ogni rapporto tra l'agente e l'amministrazione. Il collegio ritiene, al riguardo, che sia palese la rilevanza della questione ai fini della decisione della presente controversia, atteso che l'accertata infondatezza di tutte le altre censure ricorsuali, comporterebbe la reiezione del gravame. L'eccezione risulta, inoltre, non manifestamente infondata, anche se la questione va proposta - a giudizio del collegio - per profili in parte diversi e ulteriori rispetto a quelli evidenziati dal ricorrente. Il collegio ritiene che la normativa di cui si dubita la conformita' alla Costituzione, sia in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e con il principio di necessaria ragionevolezza della legge, contenuto nella medesima disposizione. Questo tribunale, peraltro, non ignora che la Corte costituzionale con le ordinanze n. 297 del 13 luglio 1994 e n. 140 del 27 aprile 1995 ha gia' ritenuto la disposizione in parola conforme alla Costituzione e, in particolare ai principi di cui e' espressione l'art. 3 della medesima, avendo affermato, tra l'altro, "l'inidoneita' delle situazioni invocate come termini di confronto ad essere assunte quali tertia comparationis". In questa sede, peraltro, il collegio intende riproporre la questione di costituzionalita' della norma, in riferimento a situazioni diverse da quelle precedentemente esaminate dalla Corte ed evidenziate allo stesso punto 1, lettera d) dell'art. 4: infermita' contratta dall'agente ausiliario durante il corso a causa di esercitazione pratica e, per gli allievi agenti di sesso femminile, l'assenza per maternita'. In primo luogo il collegio ritiene, concordando sul punto con la pertinente eccezione di parte ricorrente, che vi sia violazione del citato principio di uguaglianza laddove l'amministrazione, mentre da un lato consente agli agenti ausiliari della polizia di Stato il mantenimento in servizio anche in caso di assenza per malattia eccedente i trenta giorni (non essendovi alcuna norma che ne determini, per tale motivo, l'immediata cessazione dal servizio), dall'altro prevede per quegli stessi agenti che stiano frequentando il corso per il conseguimento della nomina in ruolo e che si ammalino per piu' di trenta giorni anche non consecutivi, l'immediata cessazione da ogni rapporto con l'amministrazione. I dipendenti pubblici, anche se non di ruolo, quali sono gli agenti ausiliari della polizia di Stato, non possono essere discriminati tra loro, ai fini del loro mantenimento in servizio, unicamente in base al tipo di attivita' che stanno espletando. Se l'assenza per malattia non e' incompatibile con lo status di agente della polizia di Stato, non si vede perche' sia incompatibile con lo status di agente che frequenta il corso per il conseguimento della nomina in ruolo. Sotto diverso profilo, il principio di uguaglianza risulterebbe inoltre vulnerato, a giudizio di questo tribunale, in riferimento ai diversi e opposti effetti previsti dalla norma in questione per posizioni fra loro del tutto coincidenti, quali sono quelle degli agenti ausiliari partecipanti al corso che abbiano accumulato, rispettivamente, un'assenza per malattia di trenta giorni e di trentuno giorni. Infatti, se nel primo caso l'agente ha la possibilita' di continuare il corso ed e' mantenuto in servizio, nel secondo caso, un giorno in piu' di assenza giustificata per malattia comporta sia l'esclusione dal corso che l'automatica cessazione da ogni rapporto con l'amministrazione. Ora, se risulta logica e necessaria l'introduzione nel sistema di una discriminazione temporale ai fini di determinare il periodo massimo di assenza oltre il quale risulterebbe impedita la possibilita' stessa per l'amministrazione di valutare la preparazione e l'idoneita' degli agenti partecipanti al corso, tale scelta operata dal legislatore risulta del tutto irrazionale e irragionevolmente discriminatoria se ad essa e al superamento del limite temporale previsto dalla norma, e' automaticamente connessa anche la cessazione dal servizio dell'agente come previsto inequivocabilmente dal gia' citato punto 5, dell'art. 4. D'altra parte non risulta nemmeno che la cessazione del rapporto di lavoro sia l'unica strada percorribile dall'amministrazione in simili casi, avendo la stessa la concreta possibilita' - ora preclusa dalla normativa in questione - di iscrivere l'agente, la cui malattia risulti comprovata da pertinente certificazione medica, a uno dei successivi corsi indetti periodicamente dalla stessa amministrazione. L'irrazionalita' della disposizione di cui all'art. 4 punto 5, si manifesta anche, ad avviso del collegio, nell'equiparare, quanto meno nell'effetto della cessazione del rapporto di lavoro, fattispecie - quali quelle contemplate al punto 1 del predetto art. 4, del tutto diverse tra loro. Se, infatti, non pare illogico riconnettere la cessazione dal servizio, oltre che l'esclusione dal corso, ai casi in cui o e' l'agente a manifestare univocamente il proprio disinteresse per l'attivita' addestrativa (assenza volontaria, rinuncia o e' la stessa amministrazione ad adottare un giudizio negativo sull'allievo (mancato superamento degli esami finali, inidoneita'), tale illogicita' risulta palese nella differente fattispecie, pur indistintamente ricompresa nell'enunciato di cui al punto 1), lettera d), dell'art. 4, di assenza dal corso per malattia protrattasi per oltre trenta giorni. In tale situazione, infatti non e' dato rinvenire alcuno dei presupposti dianzi precisati che giustificano la misura della cessazione dal servizio dell'agente ausiliario. Il tribunale ritiene, inoltre, in cio' concordando con la puntuale eccezione sollevata dalla difesa del ricorrente, che la normativa in parola sia in contrasto anche con gli artt. 4 e 32 della Costituzione, che tutelano, rispettivamente, il diritto al lavoro e il diritto alla salute dei cittadini. Sono ambedue diritti fondamentali del cittadino che, nel caso riportato, per effetto della normativa di cui il collegio sospetta l'incostituzionalita', vengono irrimediabilmente e irrazionalmente in contrasto tra loro. Per effetto dell'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987 convertito in legge n. 402 del 1987, infatti, o l'agente che si ammala provvede a curarsi e, quindi, non partecipando al corso, perde il posto di lavoro; decide, ove la malattia lo consenta, di partecipare allo stesso e trascura di curarsi, con conseguente nocumento alla salute. La norma che consente siffatto contrasto tra due diritti fondamentali del cittadino, entrambi costituzionalmente garantiti, non puo' trovare posto, a giudizio del collegio, nell'attuale ordinamento italiano, dal quale andrebbe, pertanto, espunta, in ragione della sua difformita' con gli artt. 4 e 32 della Carta Costituzionale e del fatto che la sua sopravvivenza non pare trovare giustificazione nell'esigenza di bilanciamento con altri principi costituzionali quale, ad esempio, quello di buon andamento ed efficienza dell'amministrazione, nei cui confronti, la tutela dei suddetti diritti fondamentali, possa considerarsi recessiva. La norma in questione pare confliggere, anzi, proprio con l'art. 97, primo comma della Costituzione, espressione del ricordato principio di efficienza e di buon andamento della p.a. La disposizione in parola, infatti, e' compresa in una legge che ha inteso, seppure in via provvisoria, rivedere, tra l'altro, la disciplina e la durata dei corsi per l'accesso ai ruoli della polizia di Stato. La legge n. 402 del 1987 prevede, infatti, che per un periodo di quattro anni (ma tale termine e' stato ulteriormente prorogato di un quadriennio dall'art. 5 del decreto-legge n. 276 del 1990), dalla data di entrata in vigore della stessa, gli agenti ausiliari della polizia di Stato che abbiano ottenuto la rafferma per un ulteriore anno rispetto a quello relativo al servizio di leva e che ne facciano richiesta, possano essere ammessi nel ruolo degli agenti di polizia, previa frequenza di un corso della durata di quattro mesi, durante i quali sono sottoposti a selezione attitudinale per l'eventuale assegnazione ai servizi che richiedono particolare qualificazione. La normativa in esame, attraverso la riduzione della durata dei corsi di formazione, ha inteso incrementare l'assunzione di considerevoli contingenti di agenti nella polizia di Stato. Nel caso specifico degli agenti ausiliari, l'amministrazione ha voluto potenziare il contingente delle Forze di polizia, attingendo a una categoria di soggetti che, avendo gia' svolto il servizio militare di leva quali agenti ausiliari della polizia di Stato ed avendo ottenuto la possibilita' di un ulteriore anno di rafferma in tale posizione, ha gia' acquisito un certo livello di professionalita' nell'espletamento di tali delicate mansioni. In siffatto contesto normativo, la cui ratio e' proprio quella di ottenere un incremento del numero degli agenti della polizia di Stato, appare in contrasto con il principio di efficienza e di buon andamento della pubblica amministrazione, il ricollegare automaticamente a fatti del tutto indipendenti sia dalla volonta' dell'interessato che dell'amministrazione - qual'e' lo stato di infermita' dell'agente partecipante al corso protrattosi per piu' di trenta giorni - la cessazione di questi da ogni rapporto con l'amministrazione. In tal maniera, infatti, l'amministrazione si priva - senza alcun plausibile motivo - e senza averne potuto vagliare la preparazione e l'idoneita', di soggetti gia' dotati di una non irrilevante esperienza lavorativa biennale quale agenti ausiliari raffermati e nei confronti dei quali la stessa amministrazione - per almeno un biennio - ha investito risorse sia materiali (stipendio, vitto, alloggio etc.) che umane (attivita' di addestramento). Ne' la cessazione dal servizio dell'agente infermo puo essere giustificata, ad avviso del tribunale, quale misura per evitare possibili abusi o strumentalizzazioni ostative ad una corretta selezione, atteso che, trattandosi di assenze per malattia di pubblici dipendenti, gli eventuali abusi in subiecta materia devono trovare efficace repressione, non gia' dimettendo dal Corpo tutti gli agenti incolpevolmente infermi per piu' di trenta giorni, ma con gli ordinari sistemi di controllo gia' previsti dall'ordinamento. La norma in questione; pertanto, confligge, a parere del collegio, con i prefati parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 4, 32 e 97, primo comma della Costituzione, nella parte in cui essa prevede la cessazione da ogni rapporto con l'amministrazione (non escludendo espressamente tale caso) anche per gli agenti ausiliari della polizia di Stato che per motivi di malattia si assentano dal corso quadrimestrale per piu' di trenta giorni, impedendo, pertanto, ai medesimi, di partecipare ad uno dei successivi corsi indetti dall'amministrazione. Per le ragioni suesposte deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e, conseguentemente, deve essere sospeso il presente giudizio.
P. Q. M. In riferimento al ricorso n. 1298 del 1995, come in epigrafe, proposto dal sig. Vincenzo De Filippis, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, punto 1, lettera d) e punto 5 del d.-l. 4 agosto 1987, n. 325, convertito in legge 3 ottobre 1987 n. 402. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, sospende il presente giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria del tribunale, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Torino, nella Camera di consiglio del 9 aprile 1997 Il presidente: Gomez de Ayala Il giudice estensore: Giovannini 97C0887