N. 526 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 giugno 1997
N. 526 Ordinanza emessa il 2 giugno 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di Warnakula Jayasuriya Patebendige Perera Processo penale - Notificazioni - Irreperibilita' dell'imputato - Lamentata notificazione mediante consegna di copia al difensore - Mancata previsione di sospensione del procedimento "sino all'esito positivo di un procedimento di notificazione" - Disparita' di trattamento tra imputati - Lesione del diritto di difesa - Contrasto con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo circa il diritto dell'imputato all'effettiva conoscenza di un processo a suo carico. (C.P.P. 1988, artt. 159 e 160). (Cost., artt. 3, 11 e 24).(GU n.36 del 3-9-1997 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento n. 2463/1966 r.g.i.p. a carico di Warnakula Jayasuriya Patebendige Perera Anton Pradep Tennil. Con richiesta depositata in data 17 dicembre 1996 il p.m. chiedeva emettersi decreto di rinvio a giudizio nei confronti dell'imputato, cittadino dello Sri Lanka, per i reati di furto e detenzione illegale di armi. L'imputato risultava irreperibile essendosi allontanato da Reggio Calabria ove dimorava per ignota destinazione ancor prima che fosse stato possibile provvedere in uno dei modi previsti dall'art. 161 c.p.p., ad informarlo del procedimento facendogli dichiarare o eleggere domicilio. Questo giudice provvedeva in data 13 gennaio 1997 ai sensi dell'art. 159 c.p.p. a compiere ulteriori accertamenti dai quali risultava in particolare che il soggetto aveva ottenuto dall'ambasciata del proprio paese un passaporto temporaneo valevole fino al 2001 e verisimilmente continuava a permanere irregolarmente in localita' ignota del territorio dello Stato. All'esito veniva emesso decreto di irreperibilita' e fissata l'udienza preliminare. Dopo alcuni rinvii all'udienza odierna il p.m. insisteva per il rinvio a giudizio dell'imputato, mentre il difensore d'ufficio avvocato A. Pizzone concludeva per il proscioglimento in subordine rimettendo al giudicante la valutazione circa la costituzionalita' del rito previsto per gli imputati irreperibili. L'esame degli atti consente di attribuire una apprezzabile fondatezza all'assunto accusatorio in termini tali da escludere che debba adottarsi anche ai sensi dell'art. 129 c.p.p. sentenza di proscioglimento. Sussistendo pertanto i presupposti sostanziali per il rinvio a giudizio dell'imputato, diviene oggettivamente rilevante la questione di costituzionalita' del complesso normativo (artt. 159 e 160 c.p.p.) che nella fattispecie consentirebbe l'emissione del decreto che dispone il giudizio. Questo giudice condivide i profili di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' pregevolmente dedotti dal difensore d'ufficio e ritiene necessaria la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Non vi e' dubbio infatti che l'instaurazione del dibattimento a carico dell'imputato si risolve al di la' della ictio iuris della notifica (compiuta nelle mani del difensore d'ufficio con effetti nella sfera dei diritti dell'imputato) in una forma di nulla-osta alla celebrazione di un giudizio in assenza dell'imputato con effetti almeno in parte irreversibili. In questione e' chiaramente il trattamento della c.d. irreperibilita' dell'imputato nel nostro sistema penale. La Corte costituzionale risulta avere sinora affrontato in alcune occasioni il problema della costituzionalita' della disciplina dell'irreperibilita' dell'imputato nel processo penale sotto il limitato profilo della necessita' di puntuali e reiterate verifiche nel corso dei vari gradi di giudizio circa la impossibilita' di rintracciare l'imputato nei luoghi previsti dalla legge per notificargli gli atti del procedimento. Ritiene tuttavia questo giudice che sia doveroso sottoporre alla valutazione del giudice delle leggi nella sua interezza ed in radice il problema della costituzionalita' degli artt. 159 e 160 c.p.p. nella misura in cui consentono l'instaurazione e la definizione di un processo penale a carico di un soggetto che in nessun modo ha avuto formale notizia dell'instaurarsi del giudizio a suo carico apparendo non manifestamente infondata la questione della illegittimita' costituzionale della disciplina vigente. Essa appare infatti fonte di possibili ed ingiustificate sperequazioni di trattamento tra imputato ed imputato oltre che pregiudizievole al diritto di difesa nel suo significato piu' essenziale della possibilita' dell'imputato di partecipare al processo a suo carico. Se infatti a fronte dell'incarcerazione del condannato che non abbia avuto alcuna conoscenza del processo a suo carico per fatto a lui non imputabile, il nuovo codice di procedura penale prevede il rimedio dell'incidente di esecuzione e della restituzione in termini (artt. 670 e 175 c.p.p.), tale rimedio e' assolutamente parziale e inadeguato. Non solo infatti fa ricadere sul condannato che ha visto negato il suo diritto a partecipare al processo, l'onere di provare in vinculis il caso fortuito, la forza maggiore o la mancanza dei presupposti per una valida dichiarazione di irreperibilita', ma pone in ogni caso il condannato stesso in grado di aspirare solo a un giudizio di impugnazione con limitazioni evidenti del suo diritto alla prova (v. art. 176 c.p.p.) e preclusione di accesso ad esempio ai riti alternativi. Sembra insomma tuttora privo di efficaci garanzie in tale ambito il principio stabilito dall'art. 6, comma secondo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali che contempla il diritto dell'imputato ad essere informato della esistenza di un processo a suo carico e il diritto a disporre del tempo e della possibilita' di approntare una adeguata difesa. Gia' nel 1985 peraltro la Corte europea dei diritti dell'uomo ebbe modo di censurare la disciplina allora vigente (sentenza Colozza del 12 febbraio 1985) su presupposti che il nuovo codice di procedura penale non appare avere adeguatamente superato. Il procedimento instaurato attraverso la fictio della notifica all'imputato irreperibile resta infatti - ad avviso di questo giudice - uno "strappo" non accettabile al diritto di difesa, consentendo che l'imputato venga giudicato e condannato a sua insaputa, prescindendo dalla circostanza che esso da luogo a non pochi procedimenti penali inutili a carico di stranieri casualmente presenti sul territorio dei quali non si sapra' mai nulla qualunque sia l'esito del processo. Il tutto per logica di ineluttabilita' della macchina penale che finisce per assumere caratteri esclusivamente burocratici ed autoritari infrangendo i diritti fondamentali della persona. Per quanto noto a questo giudice negli ordinamenti penali dei paesi piu' avanzati vale l'opposto principio del raggiungimento della conoscenza effettiva da parte dell'imputato del processo a suo carico e talora (come negli ordinamenti di common law) della presenza necessaria dell'imputato dinanzi al giudice al fine di confrontarsi con la pretesa punitiva dello Stato sul punto della propria responsabilita' penale. Di particolare significato per l'interprete sul piano del giudizio di costituzionalita' potrebbe oggi essere anche lo statuto processuale ("Rules of procedure and evidence") che disciplina l'attivita' di quella prima forma di Corte di giustizia penale internazionale che e' il tribunale per i crimini di guerra commessi nella ex-Jugoslavia. Statuto nato da uno sforzo di sintesi di sistemi giuridici diversi che non solo non contempla la possibilita' del giudizio di un "irreperibile" ma adotta anzi l'opposta disciplina della presenza "necessaria" dell'imputato gia' ricordata e tipica degli ordinamenti di common law. La "lettura" dell'art. 24 della Costituzione in questo ambito non pare insomma possa piu' prescindere - ad avviso di questo giudice - da una meditata valutazione comparatistica. Non e' un caso infatti che proprio la riconosciuta legittimita' nel nostro ordinamento delle sentenze contumaciali (di cui quella emessa nei confronti di un soggetto "irreperibile" e' l'estrema conseguenza) sia fonte di notorie rilevanti difficolta' nei rapporti con gli Stati esteri tanto per l'ottenimento di assistenza giudiziaria che per ottenere l'estradizione di condannati. La caducazione del "rito" disciplinato dagli artt. 159 e 160 c.p.p., ci si permette infine di osservare, non sortirebbe effetti di "vuoto" di disciplina che facciano ritenere improponibile una censura costituzionale (profili del genere non essendo gia' stati ritenuti ostativi con la ben nota sentenza n. 238/1996 in tema di prelievo ematico coattivo) imponendosi soltanto - in attesa di un intervento riformatore del legislatore - la sospensione de facto di tutti quei processi in cui non si sia potuta eseguire una regolare notifica ex artt. 157 e 158 c.p.p. o comunque interpellare l'indagato ai fini della dichiarazione o elezione di domicilio prevista dall'art 161 c.p.p. Attesa la specifica normativa di cui agli artt. 296 e 165 c.p.p., nessun effetto indiretto toccherebbe invece - per inciso - il diverso problema degli imputati latitanti, essendo a prova della volontaria irreperibilita' derivante dalla conoscenza della emissione di una misura custodiale presupposto della dichiarazione di latitanza e dell'applicazione dell'art. 165 c.p.p. Gli atti vanno in conclusione rimessi alla Corte costituzionale e il processo sospeso in attesa del giudizio incidentale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli art. 3, 11, 24 della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 159 e 160 c.p.p. nella parte in cui qualora le ricerche dell'imputato irreperibile non diano esito positivo dispone "che la notificazione sia eseguita mediante consegna di copia al difensore" e non che il procedimento resti sospeso sino all'esito positivo di un procedimento di notificazione; Sospende il presente procedimento; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della repubblica. Reggio Calabria, addi' 2 giugno 1997 Il giudice per le indagini preliminari: Tripodi 97C0890