N. 531 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 1997

                                N. 531
  Ordinanza  emessa il 28 maggio 1997 dal pretore di Parma sul ricorso
 proposto da Mezzi Gaia contro l'INPS
 Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensione   di   riversibilita'
    corrisposta dall'INPS - Maggiorazione del 20% - Diritto del figlio
    maggiorenne,  studente universitario, non ancora ventiseienne, che
    risulti a carico del de cuius  - Esclusione, nel caso  in  cui  il
    figlio  presti  un  lavoro  retribuito - Disparita' di trattamento
    rispetto a chi riceva un reddito da un patrimonio  -  Lesione  del
    diritto  all'istruzione  e  al  lavoro  -  Violazione della tutela
    previdenziale e del diritto alla retribuzione  proporzionale  alla
    quantita'  e  qualita'  del lavoro prestato - Incidenza sul dovere
    dei genitori di assistere e istruire i figli.
 (Legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22).
 (Cost., artt. 3, 4, 30, 35, 36 e 38).
(GU n.36 del 3-9-1997 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunciato la presente ordinanza a scioglimento  della  riserva
 di deliberare di cui al verbale che precede nella causa previdenziale
 promossa  da:  Mezzi  Gaia,  assistita  e difesa dall'avv. M. Ziveri,
 contro, INPS, assistito e difeso dall'avv. A. Acquaviva .
   Contini Mezzi Emma, madre della ricorrente Mezzi Gaia, a seguito di
 decesso del proprio marito avvenuto il 13  marzo  1996,  e'  divenuta
 titolare  della  pensione  di reversibilita' cat. SO n. 20039105; nel
 liquidare la pensione l'INPS non ha  attribuito  a  favore  di  Mezzi
 Gaia,  nata  il  15  settembre 1972, figlia convivente del de cuius e
 studentessa universitaria, la quota di  contitolarita'  pari  al  20%
 della  pensione  che  sarebbe  spettata  all'assicurato  in quanto la
 figlia, al momento del decesso del proprio padre, prestava  attivita'
 lavorativa.    Essa. come risulta dal certificato dell'Universita' di
 Parma, a partire dall'anno accademico 1992-93 e' stata iscritta  alla
 Facolta'  di  lettere  e  filosofia,  corso  in  lingue e letterature
 straniere, di durata quadriennale e, per il periodo  dal  28  ottobre
 1995  al 31 marzo 1996, ha svolto anche l'attivita' di guardarobiera,
 per una sera alla  settimana,  alle  dipendenze  della  "Diana  Club"
 s.r.l.  di  Salsomaggiore  Terme,  ricevendo una retribuzione mensile
 netta di circa 250.000-300.000 lire al mese; dal mod. 101 per  l'anno
 1996 risulta corrisposta una retribuzione imponibile ai fini IRPEF di
 L. 1.062.535.
   L'INPS   non   ha  erogato  la  quota  di  pertinenza  alla  figlia
 studentessa universitaria, perche' l'art. 22 comma 3 della  legge  21
 luglio 1965 n. 903 dispone che la maggiorazione del 20% compete anche
 per  i figli superstiti maggiorenni studenti universitari e per tutta
 la durata del  corso  legale  e  comunque  non  oltre  il  compimento
 dell'eta'  di  26  anni,  purche' "risultino a carico del genitore al
 momento del decesso e non prestino lavoro retribuito".
   Per la vivenza a carico valgono le norme per la  concessione  degli
 assegni familiari e nel caso di specie non c'e' dubbio che Mezzi Gaia
 fosse  a  carico  del proprio padre; la circostanza, peraltro, non e'
 contestata.
   Secondo la ricorrente, la disposizione  andrebbe  interpretata  nel
 senso   di   ritenere   ostativo  alla  concessione  della  quota  di
 maggiorazione solo il lavoro retribuito che  procuri  un  reddito  di
 importo tale da escludere la vivenza a carico.
   Ritiene  il  pretore  che  la  disposizione  sia chiara e non possa
 essere interpretata nel senso voluto dalla ricorrente; se cosi' fosse
 non ci sarebbe stata  necessita'  di  aggiungere  l'altra  condizione
 ostativa perche' sarebbe bastato escludere il beneficio per figli non
 a  carico,  occupati  o  meno. Verosimilmente il legislatore e' stato
 indotto  a  porre  l'ulteriore  limitazione  presumendo  che  ci  sia
 incompatibilita' fra lo studio e la prestazione del lavoro retribuito
 o  per  avere  ritenuto  comunque  adempiuto da parte del genitore il
 dovere di mantenimento del figlio per il solo fatto che questi presti
 un qualche lavoro retribuito, non importa in quale misura; non sembra
 ci siano altri motivi che possano spiegare  il  perche'  della  norma
 limitativa.  Se  cosi'  e'  esistono dubbi di costituzionalita' della
 disposizione, dal momento che il  dovere  di  mantenere,  educare  ed
 istruire   i   figli  (art.  30  Cost.)  dura  fino  al  momento  del
 conseguimento da parte loro dell'autonomia e questa  non  puo'  dirsi
 raggiunta per il fatto che viene prestato un lavoro retribuito, anche
 se  in  misura  modesta  ed inferiore al limite per essere ritenuto a
 carico; la disposizione sembra poi illegittima  quanto  meno  per  la
 parte  in  cui  non  consente  di dimostrare che la prestazione di un
 lavoro retribuito, che dia un reddito inferiore al livello per essere
 considerati a carico, per le modalita'  in  cui  viene  concretamente
 esercitato,  consente  agevolmente  la  frequenza  al corso di studio
 prescelto.
   Sembra esservi disparita' di trattamento (art. 3 Cost.) fra  coloro
 che   ricevono   lo  stesso  reddito  da  fonti  diverse  dal  lavoro
 retribuito, ad esempio da un patrimonio e gli studenti lavoratori; la
 disposizione sembra contrastare anche con l'art.  34  commi  terzo  e
 quarto  della  Costituzione,  rendendo piu' difficile la prosecuzione
 degli studi gia' intrapresi; con gli artt. 4 e  35  non  favorendo  e
 praticamente  negando  allo  studente anche il diritto al lavoro; con
 l'art. 38, non tutelando  i  superstiti  che  si  trovino  in  valide
 situazioni  di  impossibilita'  di  procurarsi  i mezzi necessari per
 mantenersi, perche' studenti; con gli artt. 30 comma primo e 36 comma
 primo, non consentendo ai genitori di poter provvedere oltre la morte
 all'adempimento del dovere di mantenere, educare ed istruire i  figli
 assicurando ad essi un'esistenza libera e dignitosa.
   La  questione di costituzionalita' e' rilevante perche', in caso di
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della  norma,   la
 domanda  potrebbe  essere interamente accolta e non e' manifestamente
 infondata.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 23  marzo  1953  n.  87,  dichiara  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903, nella  parte  in  cui
 esclude  per  i  figli maggiorenni studenti universitari che prestino
 lavoro retribuito il diritto alla percezione della maggiorazione  del
 20%  della  pensione  che sarebbe spettata all'assicurato defunto, o,
 quanto meno nella parte in cui esclude incondizionatamente il diritto
 senza consentire la possibilita' di dimostrare la compatibilita'  del
 lavoro  prestato  con  l'adempimento  degli  obblighi  di studio, per
 contrasto con gli artt. 3, 4, 34, 35, 36, 38 della Costituzione;
   Sospende  il  presente  giudizio  e  dispone  che  gli  atti  siano
 trasmessi alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza venga
 notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 venga  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei  deputati e del
 Sentato della Repubblica.
     Parma, addi' 28 maggio 1997
                         Il pretore: Federico
 97C0895