N. 260 SENTENZA 18 - 23 luglio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo civile - Norme del codice novellate dalla legge n. 353  del
 1990 - Terzo chiamato in causa - Costituzione in giudizio tardiva (in
 quanto  avvenuta  oltre il termine di venti giorni prima dell'udienza
 fissata) - Possibilita', ciononostante, per il chiamato, di  proporre
 domande  riconvenzionali  nei confronti delle parti originarie, senza
 incorrere nella decadenza prevista, invece, nella stessa  situazione,
 per   il   convenuto   -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento
 processuale - Irrazionale deviazione del principio, ispiratore  della
 riforma,   della   immediatezza   e  concentrazione  del  processo  -
 Illegittimita' costituzionalmente parziale.
 
 (C.P.C.,  art.  271,  in  relazione  all'art.  167,  secondo   comma,
 modificati dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, artt. 30 e 11).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.31 del 30-7-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: Dott Renato GRANATA;
 Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 271 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 30 aprile  1996
 dal  giudice  istruttore  del  Tribunale di Sanremo, nel procedimento
 civile vertente tra De Iuliis  Marino  ed  altra  e  Pepe'  Concetta,
 iscritta  al  n.  1282 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella
 Gazzetta Uffificiale della Repubblica n. 48,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1996.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4  giugno 1997 il giudice
 relatore Fernanda Contri.
                           Ritenuto in fatto
   Nel corso di un procedimento civile, nel quale i terzi chiamati  in
 causa  iussu  iudicis  si  erano  costituiti  oltre  il  termine loro
 assegnato proponendo domanda riconvenzionale, il  giudice  istruttore
 del  Tribunale  di  Sanremo, con ordinanza in data 30 aprile 1996, ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 271  del  codice  di  procedura
 civile,  in  relazione  all'art.  167,  secondo  comma,  del medesimo
 codice, nella parte in cui consente al terzo  chiamato,  che  si  sia
 costituito  oltre  il  termine  di  venti  giorni  prima dell'udienza
 fissata dal giudice istruttore, di proporre  domande  riconvenzionali
 nei confronti delle parti originarie, senza incorrere in decadenze.
   Il  remittente,  dopo  aver  premesso  che l'art. 271 del codice di
 procedura civile, nel testo novellato, stabilisce  che  al  terzo  si
 applicano,  con  riferimento  all'udienza  per la quale e' citato, le
 disposizioni di cui agli artt. 166 e 167, primo comma,  del  medesimo
 codice,  osserva  come il mancato richiamo al secondo comma dell'art.
 167   comporti   una   notevole   discrasia,   causando    incertezza
 sull'applicazione  al  terzo  chiamato del regime delle decadenze; in
 particolare, poiche' il terzo e' del tutto equiparato  ad  una  parte
 convenuta, non e' comprensibile, ad avviso del remittente, la ragione
 per  cui  ad  esso  non  si  debbano  applicare le medesime decadenze
 previste per il convenuto dall'art.  167, secondo comma,  del  codice
 di procedura civile.
   La  formulazione  del citato art. 271 non preclude infatti al terzo
 di proporre domande  riconvenzionali,  anche  se  si  sia  costituito
 tardivamente,   e  cio'  a  differenza  di  quanto  previsto  per  il
 convenuto, il quale, invece, incorre in decadenze qualora non osservi
 il termine prescritto per la sua costituzione.
   Sussisterebbe   pertanto,   ad   avviso   del    remittente,    una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento  processuale tra il terzo
 chiamato in causa ed il convenuto, che non puo' superarsi nemmeno con
 un'applicazione estensiva dell'art. 167, secondo comma, del codice di
 procedura civile, in quanto, ai sensi dell'art. 152 del detto codice,
 i termini  di  decadenza  sono  stabiliti  dalla  legge,  ovvero  dal
 giudice, soltanto se la legge lo permette espressamente.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale, sollevata dal
 giudice istruttore  del  Tribunale  di  Sanremo  con  l'ordinanza  in
 epigrafe,  riguarda  l'art. 271 del codice di procedura civile, nella
 parte in cui consente al terzo chiamato in causa non costituitosi  in
 termini di proporre domande riconvenzionali nei confronti delle parti
 originarie del processo, senza incorrere in decadenze.
   2.  - Ad avviso del giudice a quo la norma censurata si porrebbe in
 contrasto con l'art.  3  della  Costituzione  per  la  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  che  essa  determina,  in relazione alla
 proposizione di domande riconvenzionali, fra  il  terzo  chiamato  in
 causa  ed  il  convenuto,  in  quanto,  nonostante  la  equiparazione
 processuale del terzo al convenuto, solo rispetto a  quest'ultimo  e'
 stabilita   la   sanzione   della  decadenza  dalla  proposizione  di
 riconvenzionali,  qualora  il  medesimo  non  si  sia  costituito  in
 termini.
   3. - La questione e' fondata.
   La  norma  censurata  dispone  che  al  terzo  chiamato in causa si
 applicano, con riferimento all'udienza per la  quale  e'  citato,  le
 disposizioni  degli  artt.  166  e  167,  primo  comma, del codice di
 procedura  civile,  le  quali,   rispettivamente,   disciplinano   le
 modalita'  di  costituzione in giudizio del convenuto ed il contenuto
 della comparsa di risposta; non e' invece richiamato il secondo comma
 del citato art. 167, ai sensi del quale il convenuto deve proporre  a
 pena di decadenza le eventuali domande riconvenzionali.
   Uno   dei  principi  ispiratori  della  riforma  si  richiama  alla
 immediatezza e alla concentrazione del processo; in  forza  di  esso,
 una  volta  che si sia definitivamente delineato il thema decidendum,
 non sono consentiti rispetto alle domande ulteriori ampliamenti,  che
 potrebbero  pregiudicare la sollecita definizione del processo, cosi'
 come voluta dal legislatore.  Il sopra ricordato principio ispiratore
 della  riforma  ha  quindi  originato  l'emanazione  di   norme   che
 stabiliscono  un  preciso regime di decadenze e preclusioni in ordine
 alle  attivita'  difensive  delle  parti  del   processo,   sia   con
 riferimento   alle   domande   introduttive,   che   alle   deduzioni
 istruttorie.
   La piena  attuazione  nell'indicato  principio  di  immediatezza  e
 concentrazione,  che  rappresenta  l'in  se'  della  novella,  appare
 preclusa pero'  dalla  inapplicabilita'  nei  confronti  di  tutti  i
 soggetti  processuali,  comunque  chiamati  nel giudizio, delle norme
 relative  alla  decadenza,  che  sono  espressione  peculiare   della
 intervenuta  riforma;  infatti,  nel  sistema  delineato  dalla norma
 oggetto di censura, al terzo chiamato in causa,  che  si  costituisca
 oltre  i  termini  assegnatigli,  e'  consentito,  in  assenza di una
 specifica sanzione - atteso il mancato richiamo all'applicazione  del
 secondo  comma  dell'art.  167  del  codice  di  procedura  civile -,
 proporre domande riconvenzionali.  Cio'  puo'  determinare  l'effetto
 dell'ampliamento   tardivo   della   materia   del   contendere  che,
 nell'impianto del nuovo codice di rito, e' contrastato in  ogni  modo
 dal legislatore.
   Nel  novellato  codice  di  procedura  civile  non sono ravvisabili
 ragioni che possano giustificare la mancata previsione,  riguardo  al
 terzo chiamato in causa, della operativita' della decadenza stabilita
 nei  confronti del convenuto dall'art. 167, secondo comma, del codice
 di procedura civile. Si consideri inoltre che il  terzo,  vocatus  in
 iudicium,  assume  la  medesima  posizione,  definita  in dottrina di
 "convenuto in seconda battuta",  di  chi  e'  stato  gia'  citato  in
 giudizio. E allora la diversa disciplina, stabilita in relazione alla
 proposizione  di  domande  riconvenzionali,  determina  una  evidente
 disparita' di trattamento fra il terzo chiamato (ex artt. 269, 270  e
 271) ed il convenuto (ex artt. 166 e 167).
   La  norma  denunciata  non  puo'  quindi sottrarsi - come del resto
 auspicato dalla prevalente dottrina, la quale, in luogo di  suggerire
 interpretazioni  della  norma  in  esame  azzardate o artificiose, ha
 posto in risalto la questione, chiedendo  ripetutamente  l'intervento
 di questa Corte - alla declaratoria di illegittimita' costituzionale,
 per la irragionevole disparita' di trattamento che essa determina fra
 le   parti   chiamate  in  giudizio,  in  contrasto  con  lo  spirito
 informatore delle nuove disposizioni processuali civili.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 271  del  codice
 di  procedura  civile,  nella  parte  in cui non prevede per il terzo
 chiamato in causa l'applicazione dell'art. 167,  secondo  comma,  del
 medesimo codice.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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