N. 278 ORDINANZA 18 - 25 luglio 1997

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri
 dello Stato.
 
 Costituzione  della Repubblica italiana - Giurisdizione - Pretore di
 Brescia e Parlamento - Funzione di giudice del  lavoro  -  Estinzione
 dei  giudizi pendenti e inefficacia delle sentenze non ancora passate
 in giudicato - Previsione da parte  dell'ordinamento  di  un  rimedio
 diverso   dal  conflitto  a  mezzo  della  questione  incidentale  di
 legittimita'  costituzionale  eventualmente  sollevata  d'ufficio   -
 Inammissibilita'.
 
(GU n.33 del 13-8-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando   SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  sull'ammissibilita'  del conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato sollevato dal pretore  di  Brescia  nei  confronti
 della  Camera  dei  Deputati  e  del Senato della Repubblica, sorto a
 seguito dell'art. 1, commi 181, 182 e 183, della  legge  23  dicembre
 1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e
 dell'art.  1,  comma  6,  della  legge  28  novembre  1996,  n.   608
 (Conversione  in  legge, con modificazioni, del d.-l. 1 ottobre 1996,
 n. 510, recante disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente
 utili,  di  interventi  a  sostegno  del  reddito   e   nel   settore
 previdenziale),  proposto con ricorso depositato il 1 febbraio 1997 e
 iscritto al n. 70 del registro ammissibilita' conflitti;
   Udito nella camera di consiglio  del  21  maggio  1997  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Brescia  in funzione di giudice del
 lavoro, con ordinanza pronunciata  "fuori  udienza"  e  asserendo  di
 avere  pendenti  innanzi a se' "oltre 2.400 ... giudizi (ivi compresi
 quelli sospesi a seguito di  ordinanze  di  trasmissione  alla  Corte
 costituzionale  di  questioni di legittimita' costituzionale rilevate
 d'ufficio)"  -  giudizi  nei  quali  viene  richiesta  l'applicazione
 dell'art.  22  della  legge  21  luglio 1965, n. 903, "nella versione
 creata dalla  Corte  con  la  sentenza  n.  495  del  1993",  nonche'
 dell'art.  11,  comma  22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come
 integrato a seguito della sentenza della Corte n. 240 del 1994  -  ha
 sollevato  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato nei
 confronti delle due Camere del Parlamento, in relazione  all'art.  1,
 commi 181, 182 e 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
 razionalizzazione   della   finanza   pubblica),   che  disciplinano,
 rispettivamente, le modalita' di pagamento  delle  somme  maturate  a
 titolo  di  integrazione  delle  pensioni, in seguito alle richiamate
 sentenze della Corte, i soggetti cui spetta il  diritto  a  percepire
 detti  arretrati,  l'estinzione  dei giudizi in corso e l'inefficacia
 delle sentenze non ancora passate in giudicato, e all'art.  1,  comma
 6,  della  legge  28 novembre 1996, n. 608 (Conversione in legge, con
 modificazioni, del d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510, recante disposizioni
 urgenti in materia di  lavori  socialmente  utili,  di  interventi  a
 sostegno  del  reddito  e  nel  settore  previdenziale),  che reca la
 sanatoria degli effetti di una serie di  decreti-legge  decaduti,  il
 cui  art.  1 era dello stesso tenore delle norme riprodotte nell'art.
 1, commi 181, 182 e 183, della legge n. 662 del 1996;
     che, secondo  il  ricorrente,  il  legislatore  avrebbe  leso  le
 attribuzioni del potere giudiziario, garantite dagli artt. 101, 102 e
 104  della  Costituzione,  in  quanto,  disponendo  l'estinzione  dei
 giudizi in corso, anziche' dettare quelle regole generali e  astratte
 che  sono tipiche della legge e che il giudice e' tenuto ad applicare
 attraverso l'interpretazione, avrebbe sostituito alla  decisione  del
 giudice una statuizione legale;
     che  la violazione delle norme costituzionali sarebbe ancora piu'
 evidente perche'  il  momento  dell'estinzione  dei  giudizi  non  e'
 connesso  all'esatto  adempimento  dell'obbligazione di pagamento dei
 crediti attribuiti, con inosservanza anche degli artt. 24 e 25  della
 Costituzione   in   riferimento   alle   posizioni  giuridiche  degli
 interessati;
     che  sarebbe  altresi'  violato  l'art.  113  della Costituzione,
 perche' l'estinzione dei giudizi non consentirebbe ai  ricorrenti  di
 agire  contro  gli atti di diniego dell'INPS, con "invasione illecita
 della specifica attribuzione dell'organo di  giurisdizione  ordinaria
 (giudice del lavoro in sede di merito e di legittimita') competente a
 conoscere delle domande spiegate dai ricorrenti contro l'INPS";
     che,  ad avviso del ricorrente, il conflitto sarebbe ammissibile,
 sussistendo  sia  la  legittimazione  attiva   del   giudice,   quale
 espressione  del  potere  "diffuso" riconosciuto dalla giurisprudenza
 costituzionale, sia la legittimazione passiva delle Camere, in quanto
 unico organo titolare del potere di emanare le norme contestate,  sia
 il  requisito  oggettivo  del  conflitto, richiedendosi alla Corte di
 valutare la legittimita' di norme che privano l'autorita' giudiziaria
 della funzione sua propria;
     che sussisterebbe l'interesse del potere ricorrente,  inteso  non
 come  interesse  "proprio  della  parte" che propone il conflitto, ma
 come interesse "generale ed assoluto" in quanto diretto a tutelare la
 legalita' dell'ordinamento  e  la  corrispondenza  alla  Costituzione
 degli atti dei diversi organi dello Stato;
     che,  sempre  ai  fini  dell'ammissibilita'  del  conflitto,  non
 sarebbe richiesto il  collegamento  con  uno  specifico  giudizio  in
 corso,  anche  se  nel  caso  di  specie  tale  correlazione  sarebbe
 dimostrata dalla pendenza di numerose controversie (oltre 2400),  ne'
 la  proponibilita'  del  conflitto sarebbe preclusa dal permanere del
 "potere-dovere  del  giudice  di  rilevare  d'ufficio  questioni   di
 legittimita'  costituzionale  a  carico  delle  norme che determinano
 l'eliminazione  della  funzione  giurisdizionale,  sostituendosi   ad
 essa";
     che,   secondo   il   ricorrente,  i  due  rimedi  (conflitto  di
 attribuzione e questione di legittimita' costituzionale) non solo non
 sono  incompatibili,  ma  concorrono  allo  stesso  fine,   si'   che
 "l'utilizzazione  gia'  avvenuta  dell'uno,  non  puo'  precludere la
 liceita' del ricorso anche all'altro rimedio, non operando gli stessi
 allo stesso livello e con la stessa efficacia";
     che,  in  prossimita'  della  camera  di  consiglio,  il  giudice
 ricorrente   ha   depositato   una   memoria   a  ulteriore  sostegno
 dell'ammissibilita' del conflitto;
   Considerato che il pretore di Brescia  ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti delle due Camere
 del Parlamento, in relazione all'art. 1, commi 181, 182 e 183,  della
 legge 23 dicembre 1996, n. 662, e all'art. 1, comma 6, della legge 28
 novembre 1996, n. 608;
     che,  a  norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11
 marzo 1953, n. 87, questa Corte e' chiamata a deliberare in camera di
 consiglio e senza contraddittorio se il ricorso sia  ammissibile,  in
 quanto  esista  la  materia di un conflitto la cui risoluzione spetti
 alla sua competenza;
     che i commi 181 e 182 dell'art. 1 della legge n. 662 del  1996  -
 concernendo,  il  primo,  le  modalita'  di  pagamento  delle  somme,
 maturate fino al  31  dicembre  1995  sui  trattamenti  pensionistici
 erogati   dagli   enti   previdenziali  interessati,  in  conseguenza
 dell'applicazione delle sentenze di questa Corte n. 495 del 1993 e n.
 240 del 1994 e, il secondo, la titolarita' del diritto  al  pagamento
 delle  somme anzidette nonche' l'esclusione dalla loro determinazione
 degli  interessi  e  della rivalutazione monetaria - sono per il loro
 contenuto evidentemente inidonei a ledere la sfera delle attribuzioni
 costituzionali del giudice  ricorrente,  recando  esclusivamente  una
 disciplina sostanziale di diritti in materia pensionistica;
     che  il comma 183 del medesimo art. 1 della legge n. 662 del 1996
 - stabilendo che i giudizi pendenti alla data di  entrata  in  vigore
 della legge stessa, aventi a oggetto le questioni di cui ai commi 181
 e  182,  sono  dichiarati  estinti  d'ufficio con compensazione delle
 spese fra le parti e che le sentenze non ancora passate in  giudicato
 restano prive di effetti - contiene norme, disciplinanti direttamente
 l'esercizio della giurisdizione, di cui il giudice e' chiamato o puo'
 essere  chiamato  a  fare applicazione per definire giudizi innanzi a
 se' pendenti; che, quindi, per l'eventualita' che il  giudice  stesso
 dubiti  della legittimita' costituzionale delle norme medesime (anche
 sotto il profilo della  possibile  lesione  della  propria  sfera  di
 attribuzioni),   l'ordinamento   appresta   un  rimedio  diverso  dal
 conflitto, vale a  dire  la  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale, eventualmente sollevata dal giudice d'ufficio a norma
 degli  articoli 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 della
 legge n. 87 del 1953;
     che le stesse considerazioni valgono anche per la parte in cui il
 conflitto e' proposto in relazione all'art. 1, comma 6,  della  legge
 n.  608  del  1996,  norma  di  sanatoria degli effetti di precedenti
 decreti-legge  non  convertiti,  aventi  i  medesimi  contenuti   dei
 contestati  commi  181,  182 e 183 dell'art. 1 della legge n. 662 del
 1996;
     che, d'altra parte, le ragioni che indussero questa Corte,  nella
 sentenza  n.  161  del 1995, ad ammettere che, in casi eccezionali di
 "situazioni non piu' reversibili  ne'  sanabili"  e  in  vista  della
 tempestivita'  della garanzia costituzionale di diritti fondamentali,
 il  conflitto  di  attribuzioni  possa   affiancarsi   al   sindacato
 incidentale  non  valgono,  all'evidenza, nel caso in esame in cui si
 chiede di riconoscere al giudice il potere di adire la Corte  tramite
 lo  strumento previsto a tutela dell'integrita' dell'ambito delle sue
 competenze costituzionali, quando gia' dispone della possibilita'  di
 attivare il giudizio incidentale sulla costituzionalita' della legge;
     che, pertanto, il conflitto in esame e' inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato proposto dal pretore di  Brescia.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 25 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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