N. 237 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 febbraio 1996- 14 aprile 1997

                                N. 237
  Ordinanza  emessa  il  16  gennaio-13  febbraio 1996 (pervenuta alla
 Corte costituzionale il 14 aprile 1997) dalla Corte dei conti sezione
 giurisdizionale per la regione Campania sul ricorso proposto da  Toro
 Teresa contro  la D.P.T. Roma
 Pensioni  -  Pensione  ordinaria  di  riversibilita'  -  Diritto alla
    pensione  di  riversibilita'  di  vedova  di  dipendente   statale
    separata  legalmente  per  propria  colpa  con sentenza passata in
    giudicato - Esclusione - Disparita' di trattamento  rispetto  alle
    vedove  dei  dipendenti  degli  enti  locali  e  degil  agenti  di
    commercio in relazione alle quali la Corte, rispettivamente con le
    sentenze    nn.    346/1993    e    1009/1988,    ha    dichiarato
    costituzionalmente   illegittime  norme  di  analogo  contenuto  -
    Incidenza sulla garanzia previdenziale - Riferimento alle sentenze
    della Corte costituzionale nn. 1009/1988, 450/1989 e 346/1993.
 (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, comma quarto).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.37 del 10-9-1997 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul  ricorso  iscritto  al  n.
 1054  M.  del  registro  di  segreteria,  proposto  dalla sig.ra Toro
 Teresa, nata il 3  luglio  1904,  vedova  di  Di  Guglielmo  Armando,
 elettivamente  domiciliata  presso lo studio dell'avv. Franco Chirico
 in Salerno corso V. Emanuele n. 14, avverso la nota della  D.P.T.  di
 Roma n.  182388 deI 22 marzo 1989;
   Esaminati gli atti ed i documenti di causa;
   Visti  gli  artt. 3, 38 e 134 della Costituzione e 23 secondo comma
 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Visti gli artt. 81 ed 88 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092;
   Uditi, nella pubblica udienza del  16  gennaio  1996,  il  relatore
 nella  persona  del  consigliere  dott.  Vittorio  Cudillo  e  l'avv.
 Gabriele Pappagallo, per delega dell'avv. Franco Chirico.
                           Ritenuto in fatto
   Con provvedimento della D.P.T. di Roma n. 51313 del 31 agosto 1983,
 veniva respinta, ai sensi dell'art. 81 quarto  comma  del  d.P.R.  n.
 1092/1973,  l'istanza avanzata in data 21 settembre 1978 dalla sig.ra
 Toro Teresa, vedova del colonnello Di Guglielmo Armando  deceduto  il
 20  ottobre  1977,  con  la quale era stata chiesta la riversibilita'
 della pensione ordinaria, iscrizione n. 4774491,  gia'  in  godimento
 dal  defunto marito, con la motivazione della sussistenza di sentenza
 di separazione personale per colpa della richiedente.
   Successivamente la ricorrente, con istanze del 2 giugno  e  del  12
 novembre 1988, chiedeva alla Direzione provinciale del tesoro di Roma
 il  riesame  della  pratica,  alla  luce  delle  sentenze della Corte
 costituzionale n. 286 del 28 luglio 1987 e dell'ottobre 1988, con  le
 quali  era  stato  affermato il diritto della vedova alla pensione di
 riversibilita', ancorche' separata per sua colpa.
   Con il provvedimento impugnato, n. 182388 del  22  marzo  1989,  la
 predetta  D.P.T. respingeva l'istanza del 15 giugno 1988, confermando
 il diniego di concessione, sull'assunto che la Sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  1009/1988  -  con  la  quale era stata dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, primo comma,  lett.  a)
 della  legge  2  febbraio  1973,  n.  12,  concernente la natura ed i
 compiti dell'Enasarco, nella  parte  in  cui  escludeva  ildiritto  a
 pensione  del coniuge superstite, separato legalmente per sua colpa -
 non aveva travolto, essendo  esplicitamente  riferita  soltanto  alla
 norma  sopracitata,  anche l'analoga disposizione contenuta nell'art.
 81 quarto comma del d.P.R. 1092/1973.
   Con il ricorso in esame, la sig.ra Toro, opponeva che gli artt.  81
 quarto  comma  ed  88  quarto  e  quinto  comma  del d.P.R. 1092/1973
 prevedevano, a favore della vedova separata per sua colpa, un assegno
 alimentare e richiamava le sentenze  della  Corte  costituzionale  n.
 14/1980,  n. 286/1987 e n. 1009/1988, con la prima delle quali si era
 auspicato  l'intervento  del  legislatore  in  favore  delle   vedove
 separate  per  loro  colpa  e  con  le  altre  era  stata  dichiarata
 l'illegittimita'  di  norme   che   escludevano   le   stesse   dalla
 riversibilita'.
   Concludeva,  chiedendo  il riconoscimento del diritto alla pensione
 in questione o, in via subordinata, la trasmissione degli  atti  alla
 Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimita'
 costituzionale,  in  relazione  agli artt. 3 e 38 della Costituzione,
 degli artt. 81 quarto comma ed 88 quarto e quinto  comma  del  d.P.R.
 1092/1973,  regolanti  il  trattamento  delle  vedove degli impiegati
 civili e militari dello Stato, separate per loro colpa, con  evidente
 disparita'  di  trattamento  nei confronti delle vedove di pensionati
 INPS ed Enasarco.
   Con comparsa del 5 gennaio 1996, si costituiva  per  la  ricorrente
 l'avv.   Franco   Chirico  il  quale,  in  merito  alla  legittimita'
 costituzionale dell'art. 81 quarto comma, evidenziava  la  situazione
 paradossale,   creatasi   a   seguito   di   sentenze   della   Corte
 costituzionale, per cui la vedova soggetta al  d.P.R.  n.  1092/1973,
 separata  per  sua colpa, alla quale con la disposizione in questione
 veniva riconosciuto un assegno  alimentare,  trovasi  attualmente  in
 situazione  di  deteriore  trattamento, essendo stata dichiarata, con
 riferimento  ad  altri  regimi   previdenziali,   la   illegittimita'
 costituzionale  delle  norme  negative  del diritto al trattamento di
 riversibilita'.
   Secondo la  tesi  difensiva,  il  capovolgimento  del  sistema  era
 iniziato  con  la  sentenza  della  Corte costituzionale n. 14 del 15
 febbraio  1980,  con  la  quale  si  era  auspicato   un   intervento
 legislativo   per   l'estensione   ad  altre  categorie  dell'assegno
 alimentare ed era proseguito con le sentenze n. 286/1987, 1009/1988 e
 450/1989, con le  quali,  con  riferimento  ai  regimi  previdenziali
 dell'I.N.P.S  e  dell'Enasarco, era stata dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale  delle  norme   che   limitavano   il   diritto   alla
 riversibilita' al mancato addebito della separazione.
   Si deduceva, pertanto, la violazione dell'art. 3 della Costituzione
 per  disparita'  di  trattamento  fra  regime  previdenziale pubblico
 generale  da  una  parte  e  regimi  pubblici  speciali   o   privati
 dall'altra.
   All'odierna  pubblica  udienza,  l'avv.  Pappagallo si e' riportato
 alle memorie difensive in atti.
                        Considerato in diritto
   L'art. 81 quarto comma del  d.P.R.  n.  1092/1973  dispone  che  la
 pensione  di  riversibilita' non spetta alla vedova, quando sia stata
 pronunciata sentenza, passata in giudicato, di separazione  personale
 per  sua  colpa;  in  tal  caso, ove sussista lo stato di bisogno, e'
 corrisposto
  un assegno alimentare che, per il successivo art. 88, e' pari al 20%
 della pensione diretta.
   Limitandosi  le  norme  di  altri  ordinamenti  previdenziali  alla
 previsione  dell'esclusione  della  vedova  separata  con  colpa  dal
 diritto  alla  pensione  di  riversibilita', senza contemporaneamente
 prevedere la corresponsione di  un  assegno  alimentare  in  caso  di
 bisogno,  varie  furono  le questioni di legittimita' costituzionale,
 sollevate in merito a tale disparita' di trattamento, per  violazione
 degli artt.  3 e 38 della Costituzione.
   La  Corte costituzionale, con sentenza n. 14 del 15 febbraio 1980 -
 pur ritenendo che l'art. 24 della legge  30 aprile 1969 n. 153, nella
 parte in cui disponeva che il coniuge separato non aveva diritto alla
 pensione di riversibilita', non si poneva in contrasto con gli  artt.
 3  e  38 della Costituzione - auspicava che il legislatore stabilisse
 come al coniuge colpevole potessero essere corrisposti un  assegno  o
 una pensione alimentari e percio' condizionati allo stato di bisogno,
 similmente  a  quanto  effettuato  con  gli artt. 81 ed 88 del d.P.R.
 1092/1973, in relazione ai dipendenti civili e militari dello Stato.
   Successivamente la predetta Corte,  con  le  decisioni  di  seguito
 elencate ed in relazione alle norme di fianco indicate, ne dichiarava
 invece  la illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt.
 3 e 38 della Costituzione,  nella  parte  in  cui  escludevano  dalla
 pensione di riversibilita' il coniuge separato per sua colpa:
     sentenza  n.  286  del  28  luglio  1987:  l'art.  1  del decreto
 legislativo  luogotenenziale  n.  39/1945   (nel   testo   sostituito
 dall'art.  7  legge  1338/1962  e  riprodotto  dall'art.  24 legge n.
 153/1969)  e  l'art.  23  quarto  comma  della  legge  n.   1357/1962
 (disciplina   del   trattamento   di  riversibilita'  delle  pensioni
 dell'assicurazione obbligatoria per  l'invalidita'  e  la  vecchiaia;
 riordinamento  dell'ente  nazionale  di  previdenza ed assistenza dei
 veterinari);
     sentenza n. 1009 del 3 novembre  1988:  l'art.  20,  primo  comma
 lett.  a)  della  legge  2  febbraio  1973  n.  12  (natura e compiti
 Enasarco);
     sentenza n. 450 del 27 luglio 1989: l'art. 31, primo comma  lett.
 a)  della  legge  n.  859/1965, l'art. 22, primo comma della legge n.
 1450/1956, l'art. 21, primo comma della  legge  n.  889/1971,  l'art.
 21,  primo  comma lett. a) della legge n. 1100/1971 e l'art. 5, primo
 comma n. 1 della legge  n.  296/1975  (norme  di  previdenza  per  il
 personale  di  volo,  per  quello  addetto  ai  pubblici  servizi  di
 telefonia ed ai pubblici servizi di trasporto, per i  consulenti  del
 lavoro e per gli addetti alle abolite imposte di consumo);
     sentenza  n.  346  del  28  luglio  1993:  il  combinato disposto
 dell'art.   38, primo comma del regio  decreto-legge  n.  680/1938  e
 dell'art.  7,  secondo  comma  della legge n. 1646/1962 (pensioni del
 personale iscritto alla CPDEL).
   In considerazione  della  nuova  situazione  normativa  creatasi  a
 seguito  delle riportate decisioni, la censura di incostituzionalita'
 proposta dalla ricorrente, sotto il profilo  della  violazione  degli
 artt. 3 e 38 della Costituzione, appare non manifestamente infondata,
 risultando  evidente  la  disparita'  di  trattamento,  attualmente a
 sfavore dei coniugi degli impiegati civili  e  militari  della  Stato
 separati  con  addebito,  per  i  quali  e'  tuttora  valida la norma
 limitativa contenuta nel quarto comma  dell'art.  81  del  d.P.R.  n.
 1092/1973,  nei  confronti  dei  coniugi di altri dipendenti che, per
 effetto di dette sentenze, mentre  in  precedenza,  se  separati  con
 colpa,  non  avevano  diritto  neppure  all'assegno alimentare, hanno
 attualmente diritto alla pensione di riversibilita'.
   Per   effetto   infatti   delle  riportate  decisioni  della  Corte
 costituzionale, che hanno comportato la caducazione,  nell'ambito  di
 regimi  previdenziali generali e speciali anche del pubblico impiego,
 delle norme che, in caso di separazione con addebito, escludevano  il
 diritto  del  coniuge  al trattamento di riversibilita', si e' creata
 un'evidente discriminazione, pur non apparendo il rapporto  d'impiego
 dissimile  nella  sostanza,  tra i soggetti rientranti nella predetta
 normativa ed i dipendenti civili e militari dello  Stato,  sottoposti
 invece  al  d.P.R.  n. 1092/1973, tuttora comportante, per il coniuge
 separato con addebito, l'esclusione dal  diritto  al  trattamento  di
 riversibilita'.
    Di  conseguenza,  tali ultimi soggetti che in precedenza godevano,
 rispetto  agli  altri,  di  un  trattamento  di  privilegio,   grazie
 all'assegno  alimentare,  se  pur condizionato allo stato di bisogno,
 previsto dall'art.  81 in questione, si sono, per quanto  detto,  poi
 trovati  in situazione deteriore rispetto a quella di appartenenti ad
 altri sistemi previdenziali.
   In considerazione di quanto piu' volte affermato dalla stessa Corte
 costituzionale sull'unitarieta', nel sistema pubblico e privato,  del
 trattamento  di  riversibilita',  l'attuale disparita' di trattamento
 esistente, in materia, tra i dipendenti civili e militari dello Stato
 ed altre categorie di lavoratori, autonomi e  dipendenti  pubblici  e
 privati,  non  puo'  non  apparire  in  contrasto  con l'art. 3 della
 Costituzione che, come noto, sancisce il  fondamentale  principio  di
 eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
   Parimenti   non   manifestamente  infondata  appare  anche  l'altra
 censura, di violazione dell'art. 38 - che stabilisce  il  diritto  di
 ogni  cittadino al mantenimento ed all'assistenza sociale, nonche' di
 ogni lavoratore a che siano provveduti ed assicurati  mezzi  adeguati
 alle   loro  esigenze  di  vita  in  caso  di  infortunio,  malattia,
 invalidita'  e  vecchiaia,  disoccupazione  involontaria  -  e   che,
 interpretato, come la stessa Corte ha ritenuto, anche in correlazione
 con  l'art.  36,  estende  la tutela previdenziale anche ai familiari
 economicamente dependenti.
   La  questione,  ritenuta,  per  quanto  detto,   fondata,   risulta
 evidentemente anche rilevante, ai fini della definizione del presente
 giudizio,   considerato   che,   dalla  caducazione  della  norma  in
 questione, deriverebbe direttamente  all'interessata  il  diritto  al
 trattamento   di   riversibilita',   mentre,   permanendo  la  stessa
 nell'ordinamento giuridico, il ricorso andrebbe respinto nel merito.
   E' evidente quindi che la soluzione della stessa presenta efficacia
 strumentale ai  fini  della  decisione,  costituendo  un  antecedente
 logico-giuridico necessario della stessa.
   Per  le  suesposte  argomentazioni  e  considerazioni,  il Collegio
 ritiene  la  sollevata  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art. 81 quarto comma rilevante e non manifestamente infondata.
   Con  separata  sentenza in pari data, viene accolto parzialmente il
 ricorso,  con  riconoscimento  del  diritto   dell'interessata   alla
 corresponsione  dell'assegno alimentare, con decorrenza dal 15 giugno
 1988.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134  della Costituzione e 23 comma secondo della
 legge 11 marzo 1953 n. 87:
   Preliminarmente giudica rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81, quarto  comma,
 del  d.P.R.  29 dicembre 1973 n. 1092, per violazione degli artt. 3 e
 38 della Costituzione, nella parte  in  cui  esclude  dal  diritto  a
 pensione  di  riversibilita'  la vedova, quando sia stata pronunciata
 sentenza, passata in giudicato,  di  separazione  personale  per  sua
 colpa.
   Sospende,  pertanto,  il  giudizio  in  merito alla spettanza della
 pensione di riversibilita' e dispone la trasmissione degli atti  alla
 Corte costituzionale, per la soluzione della prospettata questione di
 legittimita'.
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alla ricorrente, alle amministrazioni  interessate  ed  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti
 del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
   Spese riservate al merito.
   Cosi' deciso in Napoli, nelle Camere di Consiglio del 16 gennaio  e
 del 13 febbraio 1996.
                      Il Presidente: De Pascalis
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