N. 291 SENTENZA 18 - 30 luglio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte in genere - Riscossione dell'imposta sul reddito -  Mancato
 pagamento  di  tutte o dell'unica rata del medesimo ruolo - Ammontare
 superiore a L. 500.000 - Irrogazione  della  pena  pecuniaria  da  L.
 300.000  a L. 1.800.000 - Riferimento alla giurisprudenza della Corte
 in materia sanzionatoria (v.  sentenze  nn.  119/1980  e  109/1973  e
 ordinanza  n.  95/1993)  -  Impossibilita' di piena equiparazione tra
 l'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie  di  diritto  comune  e
 quello  delle  obbligazioni  tributarie  (v.  sentenze nn. 109/1973 e
 157/1996) -  Ragionevolezza  -  Discrezionalita'  legislativa  -  Non
 fondatezza.
 
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 97, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 27 e 53).
 
(GU n.33 del 13-8-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 97, primo comma,
 del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
 delle imposte sul reddito), promossi con n. 11 ordinanze emesse il 15
 marzo (n. 7 ordinanze) ed il 5 luglio 1996  (n.  4  ordinanze)  dalla
 Commissione  tributaria  di  primo grado di Macerata, rispettivamente
 iscritte ai nn. 502, 503, 504, 505,  506,  507  e  508  del  registro
 ordinanze  1996 ed ai nn. 23, 24, 25 e 26 del registro ordinanze 1997
 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  23,  prima
 serie  speciale,  dell'anno  1996  e  n.  6,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1997;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  21 maggio 1997 il giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1. - La Commissione tributaria di primo grado  di  Macerata  -  con
 undici  ordinanze di identico contenuto emesse il 15 marzo 1996 (r.o.
 nn. 502, 503, 504, 505, 506, 507 e 508 del 1996) e il 5  luglio  1996
 (r.o.  nn.  23,  24, 25 e 26 del 1997) - ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, 27 e 53 della Costituzione, questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  97,  primo  comma, del d.P.R. 29 settembre
 1973, n.  602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul
 reddito),  che  prevede  l'irrogazione  della pena pecuniaria da lire
 300.000 a lire 1.800.000, nel caso di mancato pagamento  di  tutte  o
 dell'unica rata di un medesimo ruolo, quando il relativo ammontare e'
 superiore alle lire 500.000.
   Considerato  che la sanzione prevista si va a sommare alla sanzione
 gia'  irrogata  ed  iscritta  a  ruolo  in  conseguenza  del  mancato
 pagamento   dell'imposta  originaria,  il  giudice  a  quo  denuncia,
 anzitutto, contrasto  con  il  principio  di  proporzionalita'  della
 sanzione  alla  offesa  arrecata  al  bene  protetto  (art.  27 della
 Costituzione)  nonche'  con  quello  di  uguaglianza  (art.  3  della
 Costituzione),  dal  momento che il contribuente si trova "sanzionato
 una  seconda  volta  in  virtu'  della  stessa  circostanza  (mancato
 pagamento di una imposta)".
   Secondo   l'ordinanza  il  principio  di  proporzionalita'  sarebbe
 violato anche perche' "il criterio della  plurima  sanzione  potrebbe
 astrattamente  portare  ad  adottare ancora ulteriori sanzioni per il
 mancato pagamento in sede  di  avviso  di  mora  e  poi  in  sede  di
 pignoramento e cosi' via".
   Inoltre, il criterio della sanzione, collegata al reiterato mancato
 pagamento  in  sede  di  riscossione  coattiva,  sarebbe  "del  tutto
 estraneo a qualsiasi principio vigente nel sistema processuale civile
 italiano";   stessa   ingiustificata   disparita'   di    trattamento
 sussisterebbe  anche "tra coloro che subiscono la riscossione fiscale
 ai sensi del d.P.R.   n. 602 del  1973  e  coloro  a  cui  carico  la
 riscossione segue altre procedure, prive di sanzioni in itinere".
   Osservato,  altresi',  che  la  sanzione  ex  art.  97, "rischia di
 produrre un assurdo ed ingiustificato circolo vizioso", essendo anche
 essa irrogata "con  apposito  avviso,  e  messa  in  riscossione  con
 ulteriore  cartella  esattoriale",  si'  da  determinare,  in caso di
 mancato pagamento, un nuovo avviso di  irrogazione  di  sanzione,  lo
 stesso  giudice denuncia altresi' il contrasto della disposizione con
 gli  stessi  artt. 27 e 3 della Costituzione, anche sotto l'ulteriore
 profilo della determinazione della  pena  pecuniaria  in  un  importo
 "pressoche'  fisso"  (da  lire  300.000  a  lire 1.800.000), onde "il
 mancato pagamento di una somma minima viene  sanzionato  allo  stesso
 modo  (o  comunque  con  una  differenza  inapprezzabile) rispetto al
 mancato  pagamento  di  una  somma  ingente".    Inoltre  il  mancato
 pagamento  di  un ruolo appena superiore al minimo sanzionabile (lire
 500.000), comporta il rischio di una sanzione di lire 1.800.000, pari
 al massimo edittale, "in violazione dei criteri  di  proporzionalita'
 della pena e progressivita' fiscale".
   2.  -  E' intervenuto, per i giudizi relativi alle ordinanze di cui
 al r.o. n. 502 del 1996 e nn. 23, 24, 25 e 26 del 1997, il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata
 infondata.
   La difesa erariale, premesso che  l'art.  97  e'  volto  a  rendere
 rigorosa  la  riscossione  delle  entrate,  la  cui  tempestivita'  e
 regolarita'  e'  condizione  per  la   stessa   sopravvivenza   della
 collettivita'  statuale,  ritiene che in tale ottica si giustifichino
 anche  le  norme,  inserite  nello  stesso  testo  legislativo  sulla
 riscossione,  relative  alla non sospendibilita' degli atti esecutivi
 (artt. 54 e seguenti) e, sul versante sanzionatorio, alla  previsione
 di una fattispecie penale specifica (l'insolvenza fraudolenta fiscale
 ex  art.  97,  sesto  comma)  e al fallimento fiscale (art. 97, terzo
 comma).
   Secondo  la  difesa  erariale,  la  sanzione  in   discussione   si
 caratterizza  in modo assai diverso da quella ordinariamente prevista
 per l'inadempimento o il ritardo  nel  pagamento  del  tributo  prima
 dell'emissione  della  cartella  esattoriale,  che  e'  proporzionata
 all'entita' del credito, tanto  che  si  giustifica  l'eventuale  suo
 sovrapporsi  a  quella gia' subita, ad es. a norma dell'art. 92 dello
 stesso d.P.R.
   Sanzionare due volte  la  stessa  violazione  non  sarebbe  percio'
 illegittimo,  in quanto l'infrazione relativa  all'omesso o ritardato
 versamento  nella  fase  anteriore  alla  formazione  del  ruolo   e'
 ragionevolmente  repressa  con la sua specifica sanzione, mentre, nel
 caso in cui dovesse imporsi la suddetta formazione  e  l'avvio  della
 procedura  coattiva,  sarebbe  giustificata  l'irrogazione  di  altra
 sanzione, essendosi verificata una ulteriore diversa violazione.
   D'altra  parte  la  sanzione  dell'art.  97,   che   colpisce   non
 l'inadempimento  ma il rifiuto verso l'Autorita', non viene applicata
 se v'e' la prova della impossibilita' economica quale fatto causativo
 del mancato pagamento del tributo da parte del contribuente.
   Per tale ragione -  conclude  l'Avvocatura  -  diventa  irrilevante
 verificare  se  e  come  la  sanzione  dell'art.  97 si aggiunga, nei
 diversi tipi di imposta e nelle diverse procedure di riscossione,  ad
 altre  sanzioni  ed e', per le stesse considerazioni, ragionevole che
 la sanzione  dell'art.  97  citato  non  sia  rapportata  all'entita'
 dell'inadempimento.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La Commissione tributaria di primo grado di Macerata, con le
 varie ordinanze di cui in  epigrafe,  tutte  di  identico  contenuto,
 solleva  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 97, primo
 comma, del d.P.R. 29  settembre  1973,  n.  602  (Disposizioni  sulla
 riscossione  delle  imposte  sul  reddito), che prevede l'irrogazione
 della pena pecuniaria da lire 300.000 a lire 1.800.000  nel  caso  di
 mancato  pagamento  di  tutte o dell'unica rata di un medesimo ruolo,
 quando il relativo ammontare e' superiore alle lire 500.000.
   2. - Secondo il rimettente la disposizione  censurata  si  pone  in
 contrasto  con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 e con il
 principio di proporzionalita' della  sanzione  all'offesa  recata  al
 bene protetto, di cui all'art. 27 della Costituzione, in quanto:
     la  sanzione contemplata nella norma denunciata si va a sommare a
 quella gia' irrogata ed iscritta a ruolo in conseguenza  del  mancato
 pagamento dell'imposta originaria;
     il criterio della sanzione plurima potrebbe astrattamente portare
 ad  adottare  ancora  ulteriori  sanzioni per il mancato pagamento in
 sede di avviso di mora e, poi, in sede di pignoramento;
     il  criterio  della  sanzione,  collegata  al  reiterato  mancato
 pagamento in sede di riscossione coattiva, appare "del tutto estraneo
 a   qualsiasi   principio  vigente  nel  sistema  processuale  civile
 italiano, la' dove il debitore  non  e'  chiamato  a  sopportare,  in
 pendenza  di  esecuzione, oneri diversi dagli interessi e dalle spese
 di  procedura";   mentre   analoga   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento  sussiste  anche  tra coloro che subiscono la riscossione
 fiscale ex  d.P.R.  n.  602  del  1973  e  coloro  a  cui  carico  la
 riscossione segue altre procedure, prive di sanzioni in itinere;
     la sanzione, essendo connessa al mancato pagamento della cartella
 esattoriale,  "rischia  di  produrre un circolo vizioso", dal momento
 che  la  stessa  viene  irrogata  con  apposito  avviso  e  messa  in
 riscossione  con  ulteriore cartella esattoriale, si' da determinare,
 in caso di mancato adempimento, un nuovo  avviso  di  irrogazione  di
 sanzione.
   Ulteriori   censure,   sempre   in   riferimento  al  principio  di
 proporzionalita'   della   pena   desumibile   dall'art.   27   della
 Costituzione  e  al  principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
 Costituzione, vengono prospettate in ragione dell'importo "pressoche'
 fisso" della pena pecuniaria prevista dalla disposizione  denunciata,
 che porta a sanzionare "il mancato pagamento di una somma minima alla
 stessa stregua del mancato pagamento di una somma ingente". Si rileva
 che,  in  contrasto con il principio di proporzionalita' della pena e
 progressivita' fiscale, il mancato pagamento di un  ruolo  di  minima
 entita' (appena lire 501.000) comporta il rischio per il contribuente
 di  subire  una  sanzione  nella  misura  edittale  massima  (di lire
 1.800.000).
   3. - Poiche'  le  ordinanze  di  rimessione  hanno  ad  oggetto  la
 medesima  questione,  i  relativi  giudizi possono essere riuniti per
 essere decisi con unica sentenza.
   4. - La questione non e' fondata per quanto si dira'.
   Anzitutto, la Corte  non  puo'  non  rilevare,  in  via  del  tutto
 generale,  l'improprieta'  dell'evocazione,  a  comune  parametro  di
 pressoche'  tutti  i   profili   denunciati,   dell'art.   27   della
 Costituzione,   trattandosi  di  disposizione  estranea,  secondo  la
 giurisprudenza costituzionale, al campo delle sanzioni amministrative
 (sentenza n. 487 del 1989), come pure dell'evocazione  dell'art.  53,
 da  ritenere, del pari, estraneo alla materia sanzionatoria (sentenze
 nn. 119 del 1980 e 109 del 1973; ordinanza n. 95 del 1993).
   Quanto, poi, al parametro dell'art. 3, evocato sotto il profilo del
 principio di eguaglianza, appare evidente, dalla prospettazione delle
 varie  censure, che il rimettente intende sollecitare un vaglio della
 disposizione denunciata da apprezzare non solo e non tanto  sotto  il
 profilo  della  disparita'  di  trattamento,  quanto  piuttosto sotto
 quello della ragionevolezza.
   5. - Cio' posto, occorre osservare,  in  ordine  alla  prima  delle
 prospettate  censure,  che  allo  stesso  rimettente  non sfugge che,
 "mentre la sanzione prevista dalla legge di  imposta  e'  conseguente
 alla  violazione  'sostanziale' dell'obbligo fiscale, ed e' quindi il
 corollario di un comportamento evasivo", diversa e'  la  sanzione  di
 cui  all'art.  97 che e' connessa agli atti propri della procedura di
 riscossione coattiva. Pur cogliendo tali differenze, l'ordinanza  non
 ne  trae,  tuttavia,  le dovute conseguenze, non avvedendosi che sono
 proprio  le  accennate  diversita'  a  giustificare  una   disciplina
 legislativa  volta a sanzionare sia la violazione qui in esame sia le
 violazioni concernenti  l'omesso o ritardato  versamento  nella  fase
 anteriore  alla formazione del ruolo (segnatamente quelle di cui agli
 artt.  92 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602,  69  e  seguenti  del
 d.P.R.  26 aprile 1986, n. 131; 46 e seguenti del d.P.R. 29 settembre
 1973,  n.  600; 41 e seguenti del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) che
 hanno per oggetto inadempienze che incidono sulle basi  del  rapporto
 tributario e che assumono una portata evasiva, rispetto agli scopi di
 immediato soddisfacimento del credito fiscale.
   6.  -  Ugualmente non fondato e' l'altro profilo dedotto, attinente
 alla  asserita  disparita'  di   trattamento   fra   i   contribuenti
 assoggettati  alla riscossione mediante ruolo e quelli assoggettati a
 procedure diverse.  Detta  censura,  se  riferita  alle  obbligazioni
 tributarie,  non  considera  che il d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ha
 provveduto alla unificazione  delle  forme  di  riscossione  coattiva
 fiscale, a seguito dell'estensione a pressoche' tutti i tributi della
 riscossione  mediante  ruolo  e  alla  conseguente  abolizione  della
 riscossione mediante ingiunzione di pagamento  (v. artt. 67, comma 1,
 68, comma 1, 69, commi 1 e 2 e 130, comma 2, del  d.P.R.  n.  43  del
 1988).  Se  riferita, invece, alle obbligazioni pecuniarie di diritto
 comune, non e' fondata in quanto, come questa  Corte  ha  gia'  avuto
 occasione   di   porre   in  risalto,  non  e'  possibile  una  piena
 equiparazione  tra  l'inadempimento  delle  stesse  e  quello   delle
 obbligazioni   tributarie,   oggetto,   per   la  particolarita'  dei
 presupposti e dei fini, di disciplina diversa da  quella  civilistica
 (sentenze nn. 109 del 1973 e 157 del 1996).
   7. - Neanche le ulteriori censure meritano accoglimento. Non quella
 relativa alla prospettata possibilita' di reiterazione della sanzione
 ex  art. 97 del d.P.R. n. 602 del 1973 (sia in fase di avviso di mora
 che di pignoramento), giacche' tale evenienza non trova riscontro nel
 dettato della norma la quale collega la  sanzione  esclusivamente  al
 mancato  pagamento  della  somma iscritta a ruolo o, per meglio dire,
 risultante  dalla  cartella  esattoriale.  Ne'   quella   concernente
 l'asserito  circolo  vizioso di reazioni a catena che la disposizione
 denunciata sarebbe in grado  di  provocare,  in  quanto  la  sanzione
 appare   circoscritta   -   alla  luce  di  una  interpretazione  non
 controversa del dettato normativo che,  a  quel  che  risulta,  viene
 condivisa  dalla  stessa  amministrazione  finanziaria  -  alla  sola
 ipotesi di morosita'  del  contribuente  nel  pagamento  del  tributo
 erariale, e non nel pagamento di pene pecuniarie.
   La  censura,  infine,  concernente  il  trattamento  sanzionatorio,
 riservato alle varie ipotesi  di  mancato  pagamento  della  cartella
 esattoriale  - a parte l'opinabilita' dell'assunto dal quale muove, e
 cioe' che le sanzioni siano stabilite dalla disposizione censurata in
 importo "pressoche' fisso" - non considera che si tratta  di  materia
 nella  quale  il  legislatore  gode di ampia discrezionalita', con il
 solo limite della non arbitrarieta' o palese  irragionevolezza  delle
 scelte.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 97, primo comma, del d.P.R.  29
 settembre  1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte
 sul reddito) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27  e  53  della
 Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Macerata
 con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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