N. 295 SENTENZA 18 - 30 luglio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Enti locali - Lavori autorizzati da propri dipendenti per ragioni di
 massima  urgenza  -  Difetto  della  tempestiva  regolarizzazione   -
 Presunta  mancanza  di  un valido rapporto obbligatorio nei confronti
 dell'ente - Riferimento alla  sentenza  della  Corte  n.  446/1995  -
 Assunzione  volontaria  da  parte  del  terzo  contraente del rischio
 conseguente   alla   definitiva   individuazione   dell'altra   parte
 patrimonialmente responsabile - Non fondatezza.
 
 (D.-L.  2 marzo 1989, n. 66, art. 23, comma 4, convertito in legge 24
 aprile 1989, n. 144).
 
 (Cost., artt. 3 e 28).
 
(GU n.33 del 13-8-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 4,
 del d.-l. 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
 autonomia   impositiva  degli  enti  locali  e  di  finanza  locale),
 convertito nella legge 24 aprile 1989, n. 144, promosso con ordinanza
 emessa il 1 dicembre  1995  dal  Tribunale  di  Reggio  Calabria  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  il  comune  di Reggio Calabria e
 Labate Lorenzo, iscritta al n. 903  del  registro  ordinanze  1996  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 39, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza 1 dicembre  1995  (r.o.  n.  903  del  1996)  il
 Tribunale  di  Reggio Calabria, prima sezione civile, nel corso di un
 giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal  comune  di
 quel capoluogo nei confronti di Lorenzo Labate, titolare dell'omonima
 impresa,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 28 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  23,
 comma  4,  del  d.-l.  2  marzo  1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in
 materia di autonomia  impositiva  degli  enti  locali  e  di  finanza
 locale), convertito nella legge  24 aprile 1989, n. 144.
   Il  giudice a quo - premesso che, con decreto del 27 novembre 1991,
 il Presidente del Tribunale ha  ingiunto  al  comune  di  pagare,  in
 favore   di  Lorenzo  Labate,  la  somma  di  lire  10.260.700  quale
 corrispettivo per i lavori di rifacimento di  un  tratto  fognario  -
 osserva che il comune stesso, in sede di opposizione, ha eccepito che
 la   procedura   di   somma   urgenza   seguita  dai  funzionari  per
 l'ordinazione dei lavori non e' stata regolarizzata  nel  termine  di
 trenta giorni previsto dall'art. 23, comma 3, del d.-l. 2 marzo 1989,
 n.  66,  e  che,  pertanto,  nessuna  responsabilita'  per il mancato
 pagamento e'  configurabile  in  capo  all'amministrazione  comunale,
 essendo  il rapporto obbligatorio intercorso, a norma del comma 4 del
 citato art. 23, con i funzionari che hanno ordinato i lavori.
   In proposito il Tribunale ricorda che, come recentemente  affermato
 da  questa  Corte  con la sentenza n. 446 del 1995, l'esecutore delle
 opere, disponendo di un'azione diretta nei confronti del  funzionario
 o  dell'amministratore del comune, non avrebbe alcuna possibilita' di
 agire nei confronti dell'ente, neppure a  norma  dell'art.  2041  del
 codice civile, se non in via surrogatoria.
   Ad avviso del giudice rimettente appare incongruo ed irragionevole,
 e  soprattutto  contro  la  ratio  e  il  dettato  dell'art. 28 della
 Costituzione, che i terzi possano agire direttamente nei confronti di
 una pubblica amministrazione, per il ristoro del  danno  subi'to,  ad
 opera  dei  dipendenti  della  medesima che abbiano agito con colpa o
 dolo ed in violazione dei doveri di ufficio, mentre - secondo  quanto
 prescrive  il  denunciato  art.  23 - sarebbero carenti di azione nei
 confronti dell'amministrazione stessa, nel caso in cui questa si  sia
 indebitamente arricchita (con correlativa diminuzione patrimoniale di
 chi  ha eseguito le prestazioni) in conseguenza di "comportamenti non
 illegittimi" dei suoi dipendenti.
   Nel caso di specie, non sussistendo un valido rapporto obbligatorio
 nei  confronti  dell'ente  -  a  causa   della   mancata   tempestiva
 regolarizzazione,   da   parte   dell'amministrazione,   dei   lavori
 autorizzati dai suoi dipendenti per ragioni  di  massima  urgenza  al
 fine  di  riparare  un  grave danno - e non essendo esperibile contro
 l'amministrazione pubblica neanche l'actio de in rem verso  ai  sensi
 dell'art. 2041 del codice civile, la disposizione denunciata si pone,
 ad  avviso del rimettente, in contrasto con il predetto art. 28 della
 Costituzione ed appare meritevole di essere rimessa nuovamente  sotto
 questo diverso profilo al giudizio della Corte costituzionale.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata inammissibile, a causa
 dell'incongruo  apprezzamento  della  sua   rilevanza,   o   comunque
 infondata.
   Sotto  il  primo  aspetto, premesso che, nei contratti stipulati in
 via  di  somma  urgenza,  la  mancata  regolarizzazione  nel  termine
 perentorio   di   trenta   giorni  dell'operato  del  dipendente  e/o
 amministratore, da parte dell'ente pubblico di appartenenza, comporta
 una sostituzione del funzionario ordinatore dei lavori alla  pubblica
 amministrazione nel rapporto contrattuale, la difesa erariale osserva
 che  possono verificarsi diverse evenienze: l'inerzia dell'ordinatore
 dei  lavori  nell'attivare  l'iter  amministrativo-contabile  per  la
 regolarizzazione della procedura; od ancora l'attivazione  dell'iter,
 che,  pero',  non  si  concluda  nei  termini  previsti,  per ritardi
 verificatisi  nel  corso  delle  successive  fasi  del  procedimento;
 oppure,  infine, un espresso od un tacito diniego di regolarizzazione
 all'esito   della   procedura   correttamente   attivata   da   parte
 dell'amministrazione locale.
   Ad  avviso  dell'Avvocatura  la  disposizione  non  pare ugualmente
 applicabile in tutti i casi esemplificati o,    rectius,  applicabile
 con  eguali  conseguenze  dal  punto  di  vista della responsabilita'
 dell'ente,  sicche'  si  tratta  di    verificare  a  quale  atto   o
 comportamento  sia  da  ricollegare causalmente, fra le varie diverse
 evenienze sopra   indicate, la  mancata  tempestiva  regolarizzazione
 dell'affidamento dei lavori.
   Il  giudice  a quo fornirebbe, invece, un'indicazione solo sommaria
 degli elementi di fatto della controversia. Comunque, se la causa del
 danno dovesse ricollegarsi al comportamento degli organi  preposti  a
 perfezionare  la  procedura iniziata in via di urgenza, il rimettente
 non avrebbe adeguatamente valutato  i  rimedi  accordati  al  privato
 contro  il torto sofferto (per fatto imputabile al comune), dovendosi
 ritenere che la censurata disposizione di legge non ha  sottratto  al
 privato  (anche) la tutela aquiliana e non e', quindi, "risolutiva" -
 o, almeno, non e' da sola  risolutiva  -  del  conflitto  d'interessi
 dedotto ad oggetto della causa principale.
   Nel  merito,  poi,  la  questione sarebbe infondata in relazione ad
 entrambi i parametri invocati.
   Intanto la norma non preclude di valutare, sotto profili diversi da
 quello propriamente riguardante  la  relazione  negoziale,  possibili
 momenti di emersione del rapporto di immedesimazione organica.
   Fermo  che  la  prospettata disparita' di trattamento e' stata gia'
 ritenuta insussistente da questa Corte nella richiamata  sentenza  n.
 446  del  1995,  non  si  determina,  comunque,  alcuna lesione di un
 diritto  disponibile  quando  sussista  il  consenso   del   relativo
 titolare;  ipotesi  quest'ultima configurabile nel caso all'esame, in
 quanto il privato, il quale accetta di eseguire i lavori  per  l'ente
 locale,  esprimerebbe  un consenso (anche solo eventuale) ad assumere
 volontariamente il rischio conseguente alla definitiva individuazione
 della parte contraente (e patrimonialmente responsabile).
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale   sottoposta
 all'esame  di  questa Corte concerne l'art. 23,  comma 4, del d.-l. 2
 marzo 1989, n. 66  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  autonomia
 impositiva  degli enti  locali e di finanza locale), convertito nella
 legge 24 aprile 1989, n. 144, ritenuto in contrasto con gli  artt.  3
 e28 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, ove manchi la
 tempestiva  regolarizzazione dell'ordinazione dei lavori disposti dai
 funzionari in via di urgenza, il rapporto obbligatorio intercorre, ai
 fini della controprestazione ed ad ogni  effetto  di  legge,  tra  il
 privato fornitore e coloro che abbiano disposto la spesa.
   2.  -  Il  giudice  rimettente  reputa la disposizione incongrua ed
 irragionevole, e soprattutto  contraria  alla  ratio  ed  al  dettato
 dell'art.    28 della Costituzione, in quanto, mentre i terzi possono
 agire direttamente nei confronti di una pubblica amministrazione  per
 il  ristoro del danno subi'to ad opera dei dipendenti della medesima,
 che  abbiano  agito  con  colpa o dolo ed in violazione dei doveri di
 ufficio, sono  carenti  di  azione  -  secondo  quanto  prescrive  il
 denunciato  art.  23 - nei confronti della amministrazione stessa nel
 caso in cui questa si sia indebitamente arricchita  (con  correlativa
 diminuzione  patrimoniale  di  chi  ha  eseguito  le prestazioni), in
 conseguenza di "comportamenti non illegittimi" dei suoi dipendenti.
   Ragioni  di  contrasto  con  il  parametro  dell'art.  28  vengono,
 percio',  ravvisate nella mancanza di un valido rapporto obbligatorio
 nei   confronti    dell'ente,    in    difetto    della    tempestiva
 regolarizzazione,  da  parte dell'ente stesso, dei lavori autorizzati
 dai  suoi  dipendenti  per  ragioni  di  massima  urgenza   e   nella
 inesperibilita',  per  di  piu',  in via diretta dell'actio de in rem
 verso contro l'amministrazione medesima, ai sensi dell'art. 2041  del
 codice civile.
   3. - La questione non e' fondata.
   L'art.  23  del  d.-l. n. 66 del 1989 prevede, al comma 3, che, per
 province, comuni e comunita' montane, "qualsiasi spesa e'  consentita
 esclusivamente  se  sussistono  la  deliberazione autorizzativa nelle
 forme previste dalla legge e dichiarata o divenuta esecutiva, nonche'
 l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal  segretario,  ove
 non  esista  il  ragioniere,  sul competente capitolo del bilancio di
 previsione,  da  comunicare  ai   terzi   interessati",   precisando,
 altresi',  che  "per  i lavori di somma urgenza l'ordinazione fatta a
 terzi deve essere regolarizzata entro trenta giorni e comunque  entro
 la fine dell'esercizio, a pena di decadenza". A sua volta, il comma 4
 dispone  che,  in caso "di violazione dell'obbligo indicato nel comma
 3,   il   rapporto   obbligatorio   intercorre,   ai    fini    della
 controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il fornitore
 e  l'amministratore  o  il  funzionario  che  abbiano  consentito  la
 fornitura".
   Le  menzionate  disposizioni  danno  luogo   ad   una   disciplina,
 successivamente  riconfermata  senza  modifiche di fondo dall'art. 35
 del decreto legislativo n. 77 del 1995,  che  comporta  l'imputazione
 alla  sfera  giuridica  diretta  e  personale  dell'amministratore (o
 funzionario) degli effetti dell'attivita' di spesa che non si  svolga
 nell'osservanza  dei  criteri  contabili relativi alla gestione degli
 enti locali. E cio' con lo scopo non irragionevole di sollecitare, da
 un canto, un piu' rigoroso  rispetto  dei  principi  di  legalita'  e
 correttezza da parte di coloro che operano nelle gestioni locali e di
 far si', dall'altro, che la competenza ad esprimere la volonta' degli
 enti  locali  resti  effettivamente  riservata,  nel  rispetto  delle
 procedure prescritte, agli organi  a  cio'  deputati,  e  cioe'  agli
 organi  cui  spetta  di  programmare  la  gestione  finanziaria  e di
 inquadrare le varie scelte amministrative nella prospettiva del piano
 di spesa contenuto nel bilancio di previsione, e non oltre  i  limiti
 da esso fissati.
   All'evidente fine di assicurare un sufficiente grado di organicita'
 alla modifica normativa introdotta, il legislatore nella disposizione
 menzionata   individua,   da  una  parte,  gli  elementi  costitutivi
 necessari  per  la  imputabilita'  della  spesa   all'amministrazione
 locale,  e  cioe'  la  delibera  autorizzativa  e  relativa copertura
 finanziaria  quale  presupposto   ineliminabile   della   spesa,   e,
 dall'altra,  le  conseguenze  tipiche delle attivita' poste in essere
 senza l'osservanza delle prescritte procedure.
   Si  tratta  di  un  assetto  positivo  coerente  con  le  regole di
 contabilita'  relative  alla  gestione  delle   risorse   finanziarie
 pubbliche,  considerando  che l'impegno contabile comporta il vincolo
 di  destinazione  della  somma  in  bilancio,  mentre  la   copertura
 finanziaria  non  solo  richiede l'esistenza di adeguata capienza nel
 capitolo di bilancio, ma  incide  anche  sull'equilibrio  finanziario
 generale.
   4.  -  Gia' con la precedente sentenza n. 446 del 1995 questa Corte
 ha escluso l'incostituzionalita' della disposizione in esame,  allora
 denunciata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sotto
 il  duplice  profilo del difetto di ragionevolezza e della disparita'
 di trattamento rispetto alle ipotesi in cui il soggetto puo' agire in
 via diretta nei confronti della pubblica  amministrazione,  anche  ai
 sensi  dell'art.  2041  del  codice civile, nonche' sotto l'ulteriore
 profilo del diniego di  tutela  giurisdizionale.  In  tale  occasione
 questa   Corte  ha  rilevato  che  il  tratto  caratterizzante  della
 disposizione stessa sta nel prevedere un  rapporto  contrattuale  che
 sussiste  esclusivamente  tra il terzo contraente e il funzionario (o
 l'amministratore) che ha autorizzato l'effettuazione dei  lavori.  In
 sostanza  gli  atti  di  acquisizione di beni e servizi in esame solo
 apparentemente  sono  riconducibili  all'ente  locale,   mentre,   in
 effetti,  si  verifica  una  vera e propria scissione del rapporto di
 immedesimazione organica tra agente e pubblica amministrazione.
   Ma  proprio  tale  frattura  del  nesso  organico  con   l'apparato
 pubblico,  rendendo  estraneo  l'ente  locale  agli  impegni di spesa
 irregolarmente assunti, impedisce di ricondurre il caso in esame agli
 schemi della responsabilita' dell'amministrazione, non consentendo di
 invocare a sostegno della questione il parametro dell'art.  28  della
 Costituzione,     che,    nel    contemplare    la    responsabilita'
 dell'amministrazione  accanto  a  quella   degli   agenti   pubblici,
 presuppone,   in  via  di  principio,  che  si  tratti  di  attivita'
 riferibile all'ente stesso.
   D'altro canto, come gia' rilevato nella menzionata sentenza n.  446
 del 1995, il terzo contraente, nell'accettare di eseguire  lavori  di
 somma  urgenza,  non  puo'  ignorare  che,  ove  successivamente  non
 intervenga  l'autorizzazione  da   parte   dell'ente,   il   rapporto
 contrattuale   deve   intendersi   intercorso   direttamente  con  il
 funzionario (o l'amministratore) ed assume,  quindi,  volontariamente
 il  rischio  conseguente  alla  definitiva individuazione della parte
 contraente (e patrimonialmente responsabile).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  23,  comma  4, del d.-l. 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni
 urgenti in materia di autonomia impositiva degli  enti  locali  e  di
 finanza  locale),  convertito  nella  legge  24  aprile 1989, n. 144,
 sollevata dal Tribunale di Reggio Calabria, in riferimento agli artt.
 3 e 28 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
                        Il Presidente: Vassalli
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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