N. 297 ORDINANZA 18 - 30 luglio 1997
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Pena - Pena applicata ex art. 444 del c.p.p. - Revoca di diritto della sospensione condizionale - Esclusione - Mancata equiparazione della relativa sentenza a quella di condanna ex art. 168, primo comma, del c.p. - Discrezionalita' legislativa - Richiesta di sentenza additiva - Richiamo alla giurisprudenza della Corte in materia (v. ordinanze nn. 178/1997, 167/1983 e sentenza n. 29/1984) - Manifesta inammissibilita'. (C.P., art. 168, primo comma). (Cost., art. 3).(GU n.34 del 20-8-1997 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 168, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 17 ottobre 1996 dal tribunale di Torino, nel procedimento di esecuzione nei confronti di Fonte Michele, iscritta al n. 1340 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - prima serie speciale - n. 2 dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1997 il giudice relatore Guido Neppi Modona; Ritenuto che nel corso del procedimento d'esecuzione a carico di Fonte Michele, il tribunale di Torino ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 168, primo comma, del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; che nell'ordinanza di rimessione si premette che il procuratore della Repubblica aveva chiesto la revoca della sospensione condizionale della pena concessa al Fonte con sentenza di condanna per furto e guida senza patente, poiche' nel quinquennio successivo gli era stata applicata pena patteggiata per rapina, ma che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, confermata a Sezioni unite con sentenza 8 maggio 1996, n. 11, la pena applicata ex art. 444 dal codice di procedura penale non poteva comportare la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena, difettando nella sentenza di cui all'art. 444, comma 2, del codice di procedura penale, l'accertamento della colpevolezza dell'imputato patteggiante; cosi' che tale pronuncia non poteva essere equiparata ex art. 445, comma 1, codice di procedura penale, alla sentenza di condanna per gli effetti di cui all'art. 168, primo comma, codice di procedura penale; che, secondo il giudice a quo, la mancata equiparazione della sentenza di cui all'art. 444 del codice di procedura penale alla sentenza di condanna presa in considerazione dall'art. 168, codice penale, quale causa di revoca della sospensione condizionale della pena determinerebbe una irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato che, affrontando il giudizio e riportando una seconda - o terza - condanna, subisce anche la revoca della sospensione condizionale della pena in precedenza concessa, e l'imputato gia' in precedenza condannato che, in presenza di un fatto reato comunque a lui riferibile, avendo accettato l'applicazione di pena, non si espone ad alcuna revoca della gia' concessagli sospensione condizionale della pena; che la mancata equiparazione determinerebbe inoltre un irragionevole privilegio per chi, avendo fruito in precedenza di sospensione della pena, potrebbe nel futuro decidere di far ricorso al patteggiamento per un numero indeterminato di volte, reiterando la commissione di reati nella consapevolezza che le pene nei suoi confronti non saranno mai eseguite; che, di conseguenza, l'interpretazione che nel diritto vivente viene fatta dell'art. 168, primo comma, cod. pen. violerebbe il dettato dell'art. 3 della Costituzione; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata; che preliminarmente l'Avvocatura sostiene che, nonostante l'interpretazione resa a sezioni unite dalla Corte di cassazione con sentenza 8 maggio 1996, non puo' ritenersi l'esistenza di un diritto vivente nel senso indicato dal rimettente, mancando nella materia un orientamento giurisprudenziale consolidato; che l'Avvocatura rileva inoltre che, come gia' riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 313 del 1990, il giudice chiamato a pronunciarsi ex art. 444 cod. proc. pen. ha il potere di controllare la congruita' della pena patteggiata tra le parti, e dunque puo', ove permangano dubbi sulla "opportunita' del beneficio", respingere la richiesta delle parti, coerentemente con quanto in suo potere secondo il disposto del comma 3 dell'art. 444 cod. proc. pen; che infine, sempre secondo l'Avvocatura, non e' affatto irragionevole che la revoca della sospensione condizionale della pena sia esclusa quando una nuova pena sia stata inflitta a seguito del c.d. patteggiamento, in coerenza col carattere premiale del rito, cosicche' una diversa disciplina legislativa dovrebbe ritenersi riservata alla discrezionalita' del legislatore; Considerato che l'interpretazione data dal giudice a quo all'art. 168 cod. pen. corrisponde al piu' recente orientamento della giurisprudenza di legittimita', confermato da ultimo dalla sentenza a sezioni unite della Corte di cassazione del 26 febbraio 1997, n. 1, intervenuta successivamente alla ordinanza di rimessione; che peraltro il giudice a quo, con la questione proposta, chiede alla Corte una pronuncia volta ad integrare le cause di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena, tassativamente indicate dall'art. 168, comma primo, cod. pen., in modo che la revoca di diritto operi non solo a seguito di una condanna riportata nel quinquennio, ma anche a seguito di una sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti, cosi' determinando un trattamento deteriore per il condannato; che questa Corte ha reiteratamente affermato essere precluso al giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale ogni intervento additivo in materia penale che si risolva in un trattamento sfavorevole per l'imputato (cfr. da ultimo ordinanza n. 178 del 1997); che sono riservati all'apprezzamento discrezionale del legislatore, sindacabile solo se, in quanto frutto di una scelta irrazionale e non giustificata, risultino arbitrari sia la previsione e la regolamentazione della operativita' di cause di estinzione del reato in relazione al disvalore ad esso assegnato e alla condotta tenuta dal reo (sentenza n. 211 del 1993), sia il regime della esecuzione della pena (ordinanza n. 167 del 1983 e sentenza n. 29 del 1984) e delle cause di estinzione di questa; che nella situazione dedotta la scelta discrezionale operata dal legislatore non puo' ritenersi espressione di mero arbitrio, poiche' la disposizione censurata e' coerente con il carattere premiale del "patteggiamento", ed e' suscettibile di controllo giurisdizionale nel momento in cui al giudice chiamato a pronunciare sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. e' imposta la valutazione della "congruita'" del trattamento sanzionatorio complessivo negoziato tra le parti; che, in particolare, la conseguenza - prospettata dal giudice rimettente - di un ricorso al patteggiamento per un numero indeterminato di volte, con la consapevolezza che le pene non sarebbero mai eseguite, e' priva di fondamento, in quanto, da un lato, la richiesta di applicazione della pena e' condizionata in via generale al consenso del pubblico ministero, dall'altro, ove sia subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena, il giudice, se ritiene che il beneficio non possa essere concesso, rigetta la richiesta a norma dell'art. 444, comma 3, cod. proc. pen.; che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 168, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Torino, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997. Il Presidente: Granata Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 30 luglio 1997. Il direttore della cancelleria: Di Paola 97C0966