N. 571 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 1997

                                N. 571
  Ordinanza  emessa  il  26  maggio  1997  dal  giudice istruttore del
 tribunale di Torino  nel  procedimento  civile  vertente  tra  S.A.I.
 s.p.a. e il comune di Torino
 Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione
    delle  indennita'  espropriative  per la realizzazione di opere da
    parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media  tra
    il  valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la
    riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) -
    Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura  dei
    risarcimenti  dovuti  per illegittime occupazioni acquisitive, con
    l'aumento dell'importo stesso del 10 per cento  in  considerazione
    della  incostituzionalita'  del precedente criterio dichiarata con
    sentenza n. 369/1996 - Ritenuta  persistente  inadeguatezza  della
    nuova  misura  del  risarcimento  -  Incidenza  sul  principio  di
    uguaglianza,  sul  diritto  di  proprieta'  e  sui   principi   di
    imparzialita' e buon andamento della p.a..
 (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65).
 (Cost., artt. 3, 42, e 97).
(GU n.38 del 17-9-1997 )
                         IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n.  9334/95  r.g.c.  avente  per oggetto: risarcimento danni per c.d.
 accessione invertita.
   Promossa dalla s.p.a. S.A.I. - Societa'  assicuratrice  industriale
 con  sede  in  Torino,  corso  Galileo Ferraris n. 12, in persona del
 legale rappresentante pro-tempore avv. Fauso Rapisarda, elettivamente
 domiciliata in Torino, corso  Re  Umberto  n.  3,  presso  lo  studio
 dell'avv.   Giovanni Garelli che unitamente all'avv. Riccardo Villata
 del Foro di Milano lo rappresenta e  difende  per  procura  in  atti,
 parte  attrice,  contro  il comune di Torino, con sede nel Palazzo di
 Citta', Torino, in persona del sindaco pro-tempore,  rappresentato  e
 difeso  dall'avv.    Carlo  Angeletti  per procura generale alle liti
 (rogito notaio Gamba in data 2 agosto 1993  rep.  n.  95653/20771)  e
 presso lo stesso elettivamente domiciliato in Torino, palazzo Civico,
 Avvocatura comunale, piazza Palazzo di Citta' n. 1, parte convenuta.
   La  SAI  s.p.a.  ha  chiesto  la  condanna  del  comune  di  Torino
 all'integrale risarcimento dei danni  da  occupazione  appropriativa,
 conseguenti  l'irreversibile trasformazione di area di sua proprieta'
 di mq 2415 circa, censita al c.t. del comune di Torino fg.  1083,  n.
 18/19, o controvalore del bene.
   Il   comune   ha   chiesto  il  rigetto  delle  domande,  assumendo
 principalmente  che  l'area  era  stata  acquisita  con  decreto   di
 esproprio  del  sindaco  n.  1/95  del 10 gennaio 1995 (impugnato con
 ricorso straordinario al Capo dello Stato da parte attrice).
   Il terreno in questione era stato occupato  in  via  d'urgenza  con
 provvedimento  in  data 12 ottobre 1992, n. 12, ma il T.A.R. Piemonte
 con sentenza n. 44 del 18 aprile 1994 ha annullato il decreto perche'
 illegittimo. Alla data del decreto di  esproprio,  comunque,  secondo
 l'accertamento  del  CTU,  si  era  gia'  verificata  l'irreversibile
 trasformazione, essendo la stessa collocabile alla fine 1992,  inizio
 1993.
   L'attore   ha   sollevato   sotto   vari   profili   eccezione   di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  65,  legge   23
 dicembre  1996,  n.   662, per contrasto con gli artt. 3, 24, 42, 97,
 113 della Costituzione,  assumendo  che  i  criteri  penalizzanti  di
 determinazione  dell'indennita'  di esproprio sanciti dall'art. 5-bis
 della legge n. 359/1992 troverebbero applicazione  -  con  esclusione
 della  sola  riduzione  suppletiva del 40% ivi prevista - pure per il
 computo del risarcimento danni nelle ipotesi di accessione invertita,
 salvo poi aumentare del 10% l'importo in tal modo  calcolato.
   La questione e' rilevante  infatti  la  liquidazione  del  danno  a
 titolo   di   risarcimento   -   dovendosi   la   norma  sospetta  di
 incostituzionalita' applicare "ai procedimenti in corso non  definiti
 con  sentenza  passata  in  giudicato"  -  sarebbe  determinata, come
 risulta dalla CTU, in importo di gran lunga inferiore  al  valore  di
 mercato, che da luogo invece ad integrale risarcimento.
   La  questione  appare altresi' non manifestamente infondata sotto i
 seguenti profili: l'attore prospetta la violazione dell'art. 3  della
 Costituzione  per  irrazionale equiparazione di situazioni diseguali:
 in effetti la situazione del proprietario legittimamente  espropriato
 non pare equiparabile a quella di chi ha subito le conseguenze di una
 condotta illecita della p.a. Come gia' affermato da codesta Corte con
 sentenza  2 novembre 1996, n. 369 "mentre la misura dell'indennizzo -
 obbligazione ex lege  per  atto  legittimo  -  costituisce  punto  di
 equilibrio  tra  interesse  pubblico  alla realizzazione dell'opera e
 interesse del privato alla conservazione  del  bene,  la  misura  del
 risarcimento  -  obbligazione ex delicto - deve realizzare il diverso
 equilibrio tra l'interesse pubblico al mantenimento  dell'opera  gia'
 realizzata  e  la  reazione dell'ordinamento a tutela della legalita'
 violata per effetto della manipolazione-distruzione illecita del bene
 privato".
   Ora,  pur  in  presenza   di   un   aggiustamento   rispetto   alla
 equiparazione  pura  e  semplice  dell'importo  del risarcimento alla
 somma   dovuta   per   indennita'   di   esproprio,    tuttavia    la
 predeterminazione  dell'importo da liquidarsi a titolo di danno sulla
 base di un criterio che prescinde comunque dal valore  di  mercato  e
 quindi dall'effettivo danno subito, non tiene conto della ben diversa
 fonte dell'obbligazione.
   L'art.   3   della   Costituzione  appare  violato  anche  perche',
 discriminando tra piu' fatti, quali possono dar luogo a  risarcimento
 - e in particolare a completo ristoro - e quali ad un risarcimento in
 forma  ridotta,  in considerazione della particolare natura giuridica
 dei beni in questione, il  legislatore  violerebbe  il  principio  di
 eguaglianza formale e sostanziale.
   Come  gia'  affermato  da  codesta Corte con la citata sentenza con
 riguardo all'art. 5-bis d.-l. 11 luglio 1992, n. 333,  convertito  in
 legge  8  agosto 1992, n. 359, come sostituito dall'art. 1, comma 65,
 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, appaiono vulnerati anche  dalla
 norma  qui  in  discussione  gli  artt.  3  e 42, comma secondo della
 Costituzione "per la perdita di garanzia che al diritto di proprieta'
 deriva da una cosi' affievolita  risposta  dell'ordinamento  all'atto
 illecito compiuto in sua violazione".
   Appare   altresi'   violato   il  principio  di  buon  andamento  e
 imparzialita' della p.a.,  di  cui  all'art.  97  della  Costituzione
 perche'  la  norma, consentendo un indennizzo di gran lunga inferiore
 al danno subito, nel caso del  provvedimento  ablatorio  illegittimo,
 puo'  costituire  un  incentivo  per il soggetto pubblico interessato
 all'acquisizione
  dell'area, all'adozione di una condotta contra legem.
   Appaiono   invece   manifestamente   infondati   i    profili    di
 illegittimita'  prospettati  in  relazione  agli artt. 24 e 113 della
 Costituzione, perche' si tratta di norme volte a garantire  l'accesso
 alla  tutela giurisdizionale, accesso che non e' comunque precluso di
 per se', dalle norme in questione.
                               P. Q. M.
   Visto l'art 23 della legge n. 87/1953;
   Su    richiesta    dell'attore;    solleva    la    questione    di
 costituzionalita',   da   ritenere  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata, dell'art. 3, comma 65, della legge 23  dicembre  1996,  n.
 662,  limitatamente  alla parte in cui prevede che "si applicano, per
 la   liquidazione   del   danno,   i   criteri   di    determinazione
 dell'indennita' di cui al comma primo, con esclusione della riduzione
 del 40%. In tal caso l'importo del risarcimento e' altresi' aumentato
 del 10%", per contrasto con gli
  artt. 3, 42, 97 della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Torino, addi' 26 maggio 1997.
                   Il giudice istruttore: Garibaldi
 97C0991