N. 592 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 1997
N. 592 Ordinanza emessa il 20 maggio 1997 dal pretore di Taranto nel procedimento civile vertente tra Giorgetto Francesca e l'I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Pensione di riversibilita' - Diritto ai soggetti superstiti succedutesi nel rapporto di coniugio con il de cuius di una quota del trattamento pensionistico commisurata alla durata dei rispettivi rapporti con l'avente diritto - Esclusione dai beneficiari del convivente more uxorio - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee con incidenza sul diritto fondamentale della persona. (R.D.-L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13, convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272; legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, commi secondo e terzo, modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74). (Cost., artt. 2 e 3).(GU n.39 del 24-9-1997 )
IL PRETORE Letti gli atti e considerate le deduzioni delle parti, osserva quanto segue: la questione prospettata nel presente giudizio. verte sulla presunta illegittimita' di una serie di norme che, nell'individuare i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilita', escludono dal novero il convivente more uxorio del de cuius. Le norme che si appalesano come illegittime sono le seguenti: quella contenuta nell'art. 13 del r.d.-l. 14 aprile 1939 n. 636, convertito con modifiche dalla legge 6 luglio 1939 n. 1272, nella parte in cui esclude il convivente more uxorio dall'elenco dei legittimati ad ottenere la pensione di reversibilita', pur attribuendo il relativo diritto al coniuge superstite; quella, altresi', contenuta nell'art. 9, secondo comma, legge 1 dicembre 1970 n. 898 come modificato dalla legge 6 marzo 1987 n. 74, che attribuisce il diritto al trattamento pensionistico di reversibilita' in favore del coniuge divorziato; infine, quella contenuta nell'art. 9, terzo comma, legge 1 dicembre 1970 n. 898 come modificato dalla legge 6 marzo 1987 n. 74, la quale, nell'attribuire ai soggetti superstiti succedutisi nel rapporto di coniugio con il de cuius il diritto ad una quota del trattamento pensionistico di reversibilita' commisurata alla durata dei rispettivi rapporti con l'avente diritto, esclude il convivente more uxorio dal novero dei soggetti beneficiari del predetto trattamento. Le norme che si assumono violate sono quelle contenute negli artt. 2 e 3 della Costituzione le quali, rispettivamente, tutelano l'individuo in qualunque contesto egli esplichi la propria personalita' (quindi, verosimilmente anche nell'ambito della famiglia c.d. "di fatto") e sanciscono il principio di uguaglianza tra i cittadini senza distinzione di condizioni sociali e personali. Alla luce della disciplina in tal modo delineata, si prospetta - a giudizio di questo, pretore - una evidente quanto ingiustificata disparita' di trattamento tra coniuge superstite, pur se di fatto separato, beneficiano del trattamento pensionistico di reversibilita' e convivente more uxorio del de cuius, privato di analogo riconoscimento pur in presenza di un rapporto di convivenza protratto nel tempo che presenti i caratteri di stabilita' e di certezza tipica di un rapporto di coniugio. La questione appare di evidente rilevanza ai fini del presente procedimento: la ricorrente, signora Giorgetto Francesca, infatti, assume essere stata convivente per circa vent'anni del beneficario del trattamento pensionistico Carella Antonio, in virtu' di un legame del tutto analogo, quanto ad intensita' dei sentimenti ed a vincolativita' degli impegni "familiari" reciprocamente assunti dalle parti ad un rapporto legalmente riconosciuto perche' fondato sul matrimonio. Peraltro, alla morte del convivente, la stessa non si sarebbe vista riconoscere il trattamento di reversibilita', viceversa accordato alla ex moglie del Carella, Faiano Paola, di fatto separata da molti anni da quest'ultimo, pur se non dichiarata legalmente tale a causa dell'intervenuta estinzione del giudizio di separazione personale (intrapreso molti anni dopo l'avvenuta separazione di fatto tra i due), per il decesso, nel frattempo verificatosi, del Carella stesso. La rilevanza della questione in oggetto ai fini della definizione del giudizio in corso e' pertanto evidente, rappresentando, l'anzidetta disciplina, un ostacolo, al momento invalicabile, al riconoscimento del diritto del convivente more uxorio a beneficiare del trattamento pensionistico di reversibilita'. La questione, a giudizio di questo pretore, appare, altresi', non manifestamente infondata, pur tenendo presente che la Costituzione stessa ha inteso distinguere le due diverse situazioni, attribuendo loro una tutela da ricondurre nell'alveo di differenti disposizioni: quella della famiglia legittima, che trova il suo riconoscimento nell'art. 29 e quello del rapporto more uxorio, che, viceversa, appare riconducibile nell'ambito di tutela dell'art. 2 del dettato costituzionale. Tale "discriminazione" appare sicuramente giustificata alla luce di una "presunzione" di maggiore stabilita' e certezza che caratterizzerebbe il legame fondato sul matrimonio rispetto a quello basato su una scelta di convivenza "quotidiana" (ammesso che di questo si tratti), ma viene meno allorquando la suddetta presunzione risulti vinta dalla prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza che, in base ad una valutazione fatta a posteriori (com'e' logico, vertendosi su questione relativa alla riconoscibilita' di un trattamento pensionistico in favore del partner superstite, alla morte dell'altro) abbia rivestito quegli stessi requisiti di stabilita' e di certezza che giustificano la maggiore tutela di fatto riconosciuta dall'ordinamento al rapporto di coniugio; cio' tanto piu' ove si tenga presente la funzione sociale cui presiede la previsione del trattamento pensionistico di reversibilita': ossia quella di garantire al nucleo familiare superstite, sprovvisto di autonoma capacita' reddituale (com'e' nella fattispecie in questione, laddove il soddisfacimento delle esigenze di vita quotidiane della famiglia di fatto costituitasi era assicurato dal solo reddito del defunto), il mantenimento del tenore di vita precedentemente garantito dal reddito del de cuius. Peraltro, va sottolineato come la differente tutela, pacificamente riconosciuta dal legislatore alle due fattispecie, famiglia legittima e famiglia di fatto, non necessariamente presuppone la maggiore "forza" a livello costituzionale dell'una fattispecie rispetto all'altra. Piu' volte, infatti, e' stata sottolineata e, conseguentemente, censurata dalla Corte costituzionale stessa la disparita' di trattamento sia a danno dell'una che a danno dell'altra. La riconducibilita' di ambedue le fattispecie nell'alveo del dettato costituzionale potrebbe agevolmente indurre a ritenere opportuna una rivisitazione delle norme che talvolta "privilegiano", non sempre in maniera del tutto giustificata alla luce delle motivazioni appena esposte, la famiglia legittima a scapito di quella "di fatto".
P. Q. M. Ritenuto che la questione appare rilevante ai fini del procedimento nel corso del quale e' stata sollevata e che la stessa non appare manifestamente infondata per le esposte considerazioni, rimette gli atti alla Corte costituzionale affinche' questa valuti la prospettata illegittimita' delle menzionate norme, per contrarieta' agli artt. 2 e 3 della Costituzione; Si comunichi alle parti; Si comunichi, altresi' al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai sigg. Presidenti delle Camere; Manda alla cancelleria per le predette comunicazioni. Taranto, addi' 20 maggio 1997 Il pretore: (firma illeggibile) 97C1017