N. 613 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 1996- 18 agosto 1997
N. 613 Ordinanza emessa il 19 dicembre 1996 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 agosto 1997) dalla Corte dei conti sezione di controllo per la regione Sicilia nei procedimenti relativi ai decreti nn. 1934 del 27 giugno 1995 e 4107 dell'11 novembre 1994 della Direzione dei servizi di quiescenza del personale della regione siciliana. Pensioni - Regione siciliana - Sospensione dei pensionamenti anticipati - Proroghe disposte dalla normativa statale fino al 31 agosto 1995 - Mancata applicazione da parte della regione a partire dal 1 luglio 1995 - Lesione del principio di eguaglianza in relazione a "norma fondamentale di riforma economico-sociale" - Violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 296 e 497 del 1993, 153/1995, 40/1994. (Legge regione Sicilia 23 febbraio 1962, n. 2, art. 36; legge regionale Siclia 25 maggio 1995, n. 46, art. 1). (Cost., artt. 3 e 5).(GU n.39 del 24-9-1997 )
LA CORTE DEI CONTI Ha emesso la seguente ordinanza; Visti i decreti n. 1934 del 27 giugno 1995 e n. 4107 dell'11 novembre 1994 della Direzione dei servizi di quiescenza del personale della regione siciliana, concernenti la liquidazione del trattamento di pensione ai signori Salvatore Meli e Concetta Ficarra; Visto il foglio di osservazioni n. 144 del 20 marzo 1996 dell'Ufficio di controllo agli atti del personale regionale, nonche' la risposta dell'amministrazione, pervenuta al predetto ufficio in data 2 settembre 1996; Vista la relazione n. 572 del 6 dicembre 1996 del consigliere delegato al controllo sugli atti del personale regionale; Vista l'ordinanza in data 13 dicembre 1996, con la quale il Presidente della sezione di controllo per la regione siciliana ha deferito alla sezione stessa la pronuncia sul visto e sulla registrazione dei decreti suindicati, all'uopo convocandola per l'adunanza odierna; Vista la nota, di pari data, con cui la segreteria della sezione ha dato comunicazione di tale ordinanza alla Presidenza della regione siciliana e all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze; Visti l'art. 24 del testo unico approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161, l'art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e l'art. 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20; Uditi, nell'odierna adunanza, il relatore, consigliere dott. Ignazio Faso, nonche' i rappresentanti della Presidenza della regione e dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze. F a t t o Con i provvedimenti indicati in epigrafe, la Direzione dei servizi di quiescenza del personale dipendente dalla regione siciliana determinava il trattamento di pensione in favore dei signori Salvatore Meli e Concetta Ficarra, che, alla data del collocamento a riposo (rispettivamente, 1 giugno 1995 e 1 settembre 1994), avevano maturato l'anzianita' di anni 22, il primo, e di anni 30, l'altra. Col foglio di osservazioni n. 144 del 20 marzo 1996, l'ufficio di controllo sugli atti del personale regionale rappresentava la necessita' che l'Amministrazione facesse conoscere i motivi in base ai quali non era stato applicato il disposto dell'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993, che dispone la riduzione del trattamento di quiescenza nei confronti dei dipendenti "che conseguono il diritto a pensione anticipata con un'anzianita' contributiva inferiore a trentacinque anni", considerato che, ai sensi del successivo comma 18, tale norma si applica a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 29/1993, "ivi comprese le regioni a statuto speciale"; cio', anche tenuto conto del fatto che il predetto art. 11, comma 16, "costituisce sviluppo e integrazione delle norme del decreto-legge n. 384/1992", che l'amministrazione regionale "ha ritenuto di applicare fin dalla sua emanazione e che e' stato formalmente recepito con l'art. 4 della legge regionale n. 9/1993". Nella risposta, la Direzione regionale, dopo avere messo in evidenza che il trattamento pensionistico dei dipendenti della regione siciliana e' disciplinato da una norma di rango costituzionale, art. 14, lett. q, dello statuto speciale), "con il solo vincolo di trattamenti non inferiori a quelli corrisposti al personale civile dello Stato", nega che le c.d. penalizzazioni introdotte dall'art. 11 della legge n. 537/1993 possano avere "automatico ingresso nell'ordinamento regionale in virtu' dell'art. 36 della legge regionale n. 2/1962" (che chiaramente si riferisce alle "disposizioni statali.... piu' favorevoli"), anche tenendo conto del fatto che l'applicazione del predetto art. 11 "incentiverebbe tutti i dipendenti a restare fino al raggiungimento del massimo del trattamento, con effetti sicuramente distorsivi anche sotto l'aspetto finanziario". In ogni caso - prosegue l'amministrazione - l'applicazione dell'art. 11, comma 16, non puo' farsi discendere neppure dal successivo comma 18, in quanto, come rilevato dalla Corte costituzionale, le regioni a statuto speciale non sono destinatarie del decreto legislativo n. 29/1993 ma solo dei principi della relativa legge di delega (n. 421/1992). La direzione regionale - dopo avere richiamato le sentenze della Corte costituzionale n. 219/1984 (in merito al fatto che "la natura di riforma economico-sociale di una normativa non puo' essere determinata dalla sola apodittica affermazione del legislatore statale") e n. 127/1996 (concernente la "discrezionalita' del legislatore regionale" nel dettare norme in materia di quiescenza) - conclude la risposta richiamando l'art. 10 della legge regionale n. 21/1986 - la cui interpretazione autentica, contenuta nell'art. 2 (recte: 1), comma 5, della legge regionale n. 31/1996, "ha superato positivamente il vaglio della Corte costituzionale" -, in base al quale ai dipendenti assunti dopo l'entrata in vigore della legge stessa si applica la normativa pensionistica concernente gli impiegati civili dello Stato. Nel corso della discussione orale, il direttore regionale dei servizi di quiescenza, nel confermare integralmente il contenuto della risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo e nel fare presente che l'amministrazione, con i provvedimenti in esame, "ha inteso attenersi alle prescrizioni, indirizzi, rilievi della Corte dei conti in fattispecie analoghe", richiama la sentenza n. 21/1959 della Corte costituzionale circa il rapporto fra normativa regionale e normativa statale nelle materie in cui la regione siciliana ha competenza legislativa "esclusiva", concludendo poi nel senso che, in ogni caso, l'amministrazione regionale "ha bisogno di certezze" e resta quindi in attesa della pronuncia della Corte dei conti. D i r i t t o Premesso che, per gli effetti che saranno in seguito evidenziati, i due decreti risultanti dall'epigrafe vanno tenuti nettamente distinti quanto alla rispettiva decorrenza del trattamento pensionistico di anzianita', la sezione passa a motivare in ordine alla propria decisione di rimettere, d'ufficio, gli atti al giudice delle leggi per questione di legittimita' costituzionale in via incidentale. La prima questione che la sezione chiamata a risolvere consiste nell'accertare se sia applicabile al personale dipendente dalla regione siciliana l'art. 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in base al quale "con effetto dal 1 gennaio 1994,...... nei confronti di coloro che conseguono il diritto a pensione anticipata con un'anzianita' contributiva inferiore a trentacinque anni,..... l'importo del relativo trattamento pensionistico, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale, e' ridotto in proporzione agli anni mancanti al raggiungimento del predetto requisito contributivo, secondo le percentuali di cui all'allegata tabella A". La soluzione ruota attorno a due problemi fondamentali: da una parte, l'eventuale attribuzione a tale disposizione delle caratteristiche di "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" della Repubblica, e, dall'altra, l'eventuale ascrivibilita' del personale regionale all'ambito operativo del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, stante che il comma 18 dell'art. 11 della legge n. 537/1993 sancisce espressamente che le disposizioni di cui al comma 16 si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo medesimo. E' ben noto che l'art. 14, lett. q), dello statuto speciale riconosce alla regione siciliana la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico dei propri impiegati e funzionari, "in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato" ed e' altrettanto noto che la Corte costituzionale - partendo dalla considerazione che "non esiste una disciplina statale generale in tema di retribuzioni del pubblico impiego da cui possa trarsi un limite che sia in grado di operare nei confronti della competenza legislativa primaria delle regioni a statuto speciale" - ha, a suo tempo, escluso che il trattamento economico differenziato dei dipendenti della regione siciliana possa ritenersi, di per se', in contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost., anche in relazione all'art. 97 della Carta fondamentale (sentenza n. 21/1978). Senonche', non essendo revocabile in dubbio che anche la competenza legislativa esclusiva delle regioni a statuto speciale trova un invalicabile limite giuridico con riferimento sia ai "principi dell'ordinamento dello Stato", sia alle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica", la sezione e' chiamata in primo luogo a valutare se l'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993 abbia l'una o l'altra di tali caratteristiche. In merito - premesso che, nonostante l'entrata a regime dei meccanismi di contrattazione della legge-quadro 29 marzo 1983, n. 93), e' difficile ipotizzare che la situazione sia radicalmente cambiata rispetto a quella presa in considerazione dalla Corte costituzionale nella sentenza appena citata e che siano del tutto superate le osservazioni contenute nella successiva sentenza n. 219/1984 in merito alle "sperequazioni" e alla "rincorsa di retribuzioni" - il Collegio intende limitare la sua indagine al profilo delle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali". I riscontri giurisprudenziali circa i requisiti che deve possedere una norma per meritare la predetta connotazione sono cosi' copiosi nelle pronunce della Corte costituzionale da esimere il Collegio da qualsiasi citazione di carattere generale, apparendo sufficiente segnalare che - secondo le affermazioni piu' recenti (sentenze n. 296/1993 e n. 153/1995, le quali, peraltro, richiamano numerosi precedenti) - tali requisiti vanno ricercati nella "incisiva innovativita' del contenuto normativo, tenuto anche conto delle finalita' perseguite dal legislatore in ordine ad un fenomeno vasto di primaria importanza nazionale"; nella "incidenza su settori di importanza essenziale per la vita della comunita' intera"; nella "caratterizzazione delle norme previste come principi generali, che esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale"; e, in tale ottica, ritiene la sezione che la norma di cui sopra possieda per intero le rilevate caratteristiche. Invero, l'art. 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si propone come autentica cerniera di collegamento fra i provvedimenti di sospensione dei trattamenti pensionistici di anzianita' (di cui si dira' diffusamente in seguito) e la riforma organica del sistema pensionistico (attuata con la legge 8 agosto 1995, n. 335), e, in quanto tale, ha voluto rappresentare un ostacolo (attraverso un sistema progressivo di riduzioni del trattamento, dall'1% al 35%, in base agli anni mancanti per il raggiungimento dell'anzianita' contributiva di 35 anni) ai pensionamenti anticipati, anche al fine di non pregiudicare, almeno in parte, gli effetti della successiva riforma, rispetto alla quale, comunque, e' stato posto un argine ancora piu' sicuro con le "sospensioni" di cui si e detto in precedenza. Viene quindi in evidenza tutta la problematica del sistema pensionistico italiano (sia pubblico che privato) e della sua enorme incidenza - diretta e indiretta - sul bilancio dello Stato (peraltro destinata ad ulteriormente incrementarsi, non solo in termini assoluti ma, principalmente, in proporzione alle disponibilita' finanziarie complessive, per effetto - fra l'altro - dell'allungamento della vita media dell'individuo), tanto che gia' si parla da piu' parti della necessita' di rivedere i meccanismi temporali della riforma varata nell'agosto del 1995, che, per quanto giudicata buona nell'impianto complessivo, viene ritenuta di limitata valenza finanziaria per il breve e medio periodo; e, in relazione a cio', la sezione ritiene proprio che, per il caso in esame, possano essere utilmente invocate tutte le caratteristiche giuridico-economiche che la Corte costituzionale (con la gia' citata sentenza n. 296/1993) ha individuato per attribuire valenza di "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" all'art. 7 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, concernente il blocco della contrattazione nel settore del pubblico impiego per il triennio 1991-1993 (in particolare, "perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico", da cui consegue, "con riferimento all'imperativo costituzionale comportato dal principio di eguaglianza", che il legislatore sia tenuto "a distribuire i sacrifici derivanti da una politica economica di emergenza nel piu' totale rispetto di una sostanziale parita' di trattamento fra tutti i cittadini"). Anzi, sembra al remittente che, nei confronti dell'art. 7 del decreto-legge n. 384, il quale, in definitiva, altra funzione non aveva che quella di evitare ai bilanci dello Stato e degli enti pubblici gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali del triennio 1991-1993), l'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993, assuma una valenza piu' pregnante e organica nell'ottica di cui sopra, considerato che opera sia sul piano piu' direttamente finanziario (economie conseguenti all'applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento di quiescenza, riduzioni che - e' bene ricordare - hanno durata illimitata e si riverberano quindi anche sui trattamenti di reversibilita'); sia con riferimento alla necessita' di evitare che, in attesa della riforma organica del sistema pensionistico rispetto alla quale tale disposizione, e tutte quelle concernenti la sospensione dei pensionamenti anticipati, hanno costituito eventi prodromici), si verificasse un massiccio esodo dal settore del pubblico impiego. Pertanto anche nella considerazione che - secondo il giudizio del remittente - la norma di cui si sta trattando muove chiaramente "da una non irragionevole valutazione della situazione sociale ed economico-finanziaria operata dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' politica" (sentenza n. 296/1993), all'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993 puo' essere riconosciuta la valenza di "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" della Repubblica. Ne' a diversa soluzione potrebbe condurre il rilievo che tale norma ha, in definitiva, una portata temporanea, per un verso, perche' e' costante nella giurisprudenza della Corte costituzionale l'affermazione della irrilevanza di tale carattere quando la natura sostanziale dell'intervento legislativo sia idoneo a consentire l'attribuzione della valenza di cui si discute alla disposizione che lo prevede; e, per altro verso, perche', in ogni caso, si tratta di temporaneita' solo apparente, ove appena si consideri che, come gia' detto, tale norma si collega - per mezzo degli ulteriori periodi di sospensione dei pensionamenti di anzianita', con decorrenza 19 settembre 1994 - alla legge 8 agosto 1995, n. 335, la quale, oltre a prevedere un autonomo meccanismo di "penalizzazioni" (art. 1, comma 27, lett. b, e tabella D, fa rinvio proprio - per altra fattispecie - alle "riduzioni percentuali sulle prestazioni" di cui all'art. 11, comma 16, della legge n. 537 (art. 1, comma 27, lett. a). A questo punto dell'analisi si deve rilevare, che, ove la natura della norma di cui si sta trattando e' proprio quella che ritiene la sezione, abbastanza singolare si appalesa quanto affermato dall'Amministrazione regionale nella risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo in ordine al fatto che l'eventuale applicabilita' dell'art. 11, comma 16, della legge n. 537 al personale della regione siciliana "incentiverebbe tutti i dipendenti a restare fino al raggiungimento del massimo del trattamento, con effetti sicuramente distorsivi anche sotto l'aspetto finanziario". In merito, due osservazioni sono possibili. Da una parte, infatti, c'e' subito da dire che - come e' stato gia' messo in evidenza - la vera ratio della norma di cui si sta discutendo e' proprio quella di "disincentivare" i pensionamenti di anzianita', per cui individuare in tal meccanismo un presupposto della non applicabilita' si prospetta come una autentica "contraddizione in termini"; dall'altra, pero', la predetta affermazione scaturisce con ogni evidenza da un problema reale, e cioe' dal fatto che, tenuto conto del trattamento di estremo favore di cui godono i pensionati della regione siciliana, sarebbe addirittura piu' conveniente, dal punto di vista finanziario, incentivarne il pensionamento anticipato. (Basti un esempio: ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 2/1962, e successive modificazioni, il trattamento di quiescenza e' pari al 108,3 per cento dell'ultima retribuzione, ivi compreso l'intero importo della indennita' integrativa speciale, quale che sia l'anzianita' di servizio. Comunque merita segnalazione anche il notevolissimo - e, sul piano giuridico-finanziario, difficilmente giustificabile - "bonus fiscale" di cui i dipendenti della regione siciliana fruiscono in sede di liquidazione dell'indennita' di buonuscita, per effetto dell'art. 17 della legge regionale 15 giugno 1988, n. 11, in collegamento con la sentenza n. 178/1986 della Corte costituzionale e con l'art. 4, comma 3-ter, del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, aggiunto con la legge di conversione, 13 maggio 1988, n. 154). Ma la sezione non ritiene che valutazioni del genere possano avere legittimo ingresso in questa sede, al fine di revocare in dubbio l'applicabilita' al personale dipendente dalla regione siciliana di una normativa statale cui fosse riconosciuta la valenza piu' volte richiamata. D'altra parte, il riconoscimento di tale natura all'art. 11, comma 16, della legge n. 537, renderebbe superflua ogni indagine circa la riferibilita' anche alla regione siciliana del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in quanto la predetta disposizione risulterebbe applicabile in virtu' della sua connotazione sostanziale e non gia' per il richiamo contenuto nel comma 18 dell'art. 11 della legge medesima (anche su questo aspetto, cfr. sentenza n. 296/1993). Per completezza, tuttavia, il collegio remittente ritiene opportuno e conducente soffermarsi brevemente anche su tale specifica problematica. In questa sede non si tratta di accertare se il decreto legislativo appena citato sia, di per se' e in toto applicabile alla regione siciliana, in quanto la risposta non potrebbe che essere negativa, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della legge (di delega) 23 ottobre 1992, n. 421, il cui contenuto e' stato letteralmente trasfuso (con riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano) nell'art. 1, comma 3, del decreto legislativo medesimo; quanto piuttosto di rilevare che fra le "pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 29/1993" non possono non rientrare anche tali regioni e tali province (in quanto formalmente richiamate), fermo ovviamente rimanendo che, relativamente ad esse, risulta predisposta la garanzia di cui si e' appena detto (consistente nel fatto che solo "i principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, costituiscono ... norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica"). E la sezione non ritiene che tale impostazione si ponga in contrasto con la sentenza. n. 383/1994 della Corte costituzionale. Da tutto quanto e' stato fin qui detto consegue che il meccanismo delle riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici di anzianita' di cui all'art. 11, comma 16, della legge n. 537, e all'annessa tabella A, e' da ritenere applicabile anche al personale dipendente dalla regione siciliana. Le considerazioni che precedono valgono, pero', solo per uno dei due provvedimenti che sono alla base della presente ordinanza, e cioe' quello concernente la sig.ra Concetta Ficarra (decreto n. 4107 dell'11 novembre 1994), in quanto in tale caso il collocamento a riposo e' stato disposto con decorrenza 1 settembre 1994, vale a dire in un periodo in cui, essendo venuti a cessare gli effetti del primo provvedimento di sospensione dei pensionamenti di anzianita' (di cui si dira' immediatamente), risultava ripristinato il diritto a tale tipo di pensionamento, ma era stato introdotto (appunto, con l'art. 11, comma 16, della legge n. 537) il sistema delle riduzioni del trattamento di quiescenza. Per contro, nell'altro caso (decreto n. 1934 del 27 giugno 1995; sig. Salvatore Meli), il collocamento a riposo e' avvenuto il 1 giugno 1995, vale a dire durante uno dei periodi di sospensione. Cio' stante, la seconda questione che la sezione deve risolvere consiste nell'accertare se i provvedimenti di sospensione dei pensionamenti di anzianita' siano applicabili anche al personale dipendente dalla regione siciliana. L'art. 1, comma 1, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, ha disposto che fosse sospesa nel periodo ricompreso fra il 19 settembre 1992 e il 31 dicembre 1993, e salve specifiche eccezioni) "l'applicazione di ogni disposizione dl legge, di regolamento e di accordo collettivo che preveda il diritto, con decorrenza nel periodo suindicato, a trattamenti pensionistici di anzianita' a carico del regime generale obbligatorio,.... anticipati rispetto all'eta' pensionabile o all'eta' prevista per la cessazione dal servizio in base ai singoli ordinamenti". Il "blocco" venne a cessare - appunto - a partire dal 1 gennaio 1994 (in coincidenza con l'attivazione del meccanismo delle "penalizzazioni") ma venne ripristinato a decorrere dal 28 settembre 1994 con l'art. 1 del d.-l. 28 settembre 1994, n. 553, che addirittura (a differenza di quanto aveva disposto la normativa del 1992) non faceva salve nemmeno le domande di pensionamento anticipato, "ancorche' accettate da parte degli enti di appartenenza", per le quali la decorrenza fosse successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 settembre 1994); il tutto, "fino alla data di entrata in vigore del riordinamento organico dei sistemi previdenziali privato e pubblico e della loro omogeneizzazione, con particolare riferimento agli istituti del pensionamento anticipato, e comunque non oltre il 1 febbraio 1995" Le disposizioni di tale decreto-legge, non convertito, vennero trasfuse nel d.-l. 26 novembre 1994, n. 654, che sostanzialmente ne confermava l'impostazione anche se conteneva norme piu' specifiche e particolareggiate. A sua volta, la legge 23 dicembre 1994, n. 724, nell'abrogare le disposizioni del decreto-legge appena citato (facendo salvi tuttavia, la validita' degli atti e dei provvedimenti adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti in base al medesimo decreto-legge e a quello precedente: art. 13, comma 9), estendeva fino al 30 giugno 1995 (ma sempre nella prospettiva dell'entrata in vigore della legge di "riordino del sistema previdenziale" la sospensione dei pensionamenti, con gli stessi meccanismi, di cui al piu' recente provvedimento di urgenza (art. 13, commi da 1 a 8), ivi comprese determinate ipotesi di pensionamenti anticipati (dal 1 luglio 1995,. dal 1 gennaio 1996 e dal 1 gennaio 1997), a seconda dell'anzianita' contributiva posseduta al 28 settembre 1994 (37, 31 o 30 anni). Senonche', stante che alla data del 30 giugno 1995 la legge di riordino non era stata ancora varata, venne emanato il d.-l. 30 giugno 1995, n. 262, che, con l'art. 3, prorogava il termine della sospensione fino al 31 agosto 1995; ma prima della scadenza di tale termine, entrava in vigore 17 agosto 1995) l'attesa legge di riforma (n. 335 dell'8 agosto 1995). Dalla superirore descrizione si evince agevolmente che i provvedimenti di sospensione dei trattamenti pensionistici di anzianita' costituiscono un efficace strumento di politica economica e finanziaria, necessario (e quasi necessitato) al fine di salvaguardare e di non pregiudicare gli effetti della riforma organica, attesa da tanti anni e, in quel periodo, ormai prossima alla sua approvazione (come gia' si e' detto, legge n. 335/1995); tanto e' vero che il primo comma dell'art. 13 della legge n. 724/1994 indica proprio gli effetti (in termini di contenimento del "saldo netto da finanziare" e del "fabbisogno di cassa. del settore statale" per gli anni 1995, 1996 e 1997), che dovranno derivare dall'azione sinergica della legge di riforma e dei provvedimenti di sospensione. Ed e' alquanto difficile non riconoscere a tali interventi (per quanto parziali, per quanto temporanei, ma coerentemente finalizzati nel senso appena visto) la stessa connotazione di "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" che la sezione ha gia' ritenuto di potere attribuire all'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993, considerato, oltre tutto, che, a differenza del meccanismo delle riduzioni percentuali del trattamento di quiescenza, la sospensione dei pensionamenti di anzianita' operava per "tutti" i lavoratori, pubblici e privati; e, anche in tale ottica, la non applicazione delle relative disposizioni solo ai dipendenti della regione siciliana costituirebbe un autentico vulnus all'ordinamento unitario dello Stato, probabilmente in contrasto col principio contenuto nell'art. 5 della Costituzione. Cio' premesso, e' da segnalare che, a dire il vero, la regione siciliana, con l'art. 4 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, apporto' delle modifiche (di adattamento alla normativa regionale) all'art. 1, comma 2, lettere e) ed f), del decreto-legge n. 384/1992, dando cosi' piena e palmare dimostrazione della propria consapevolezza che tale decreto-legge era direttamente applicabIle nel proprio ambito operativo senza alcun bisogno di recepimento; ma questa normativa non rileva nel caso in esame. Lo stesso, pero', puo' dirsi per l'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46, che, per quanto, nella sua formulazione, sembri contenere una disciplina autonoma all'ulteriore sospensione dei pensionamenti di anzianita' disposta col decreto-legge n. 553/1994, in realta' necessariamente presuppone l'avvenuta operativita' di quest'ultima normativa in ambito regionale. Infatti, ove si consideri che la legge regionale n. 46/1995, pur essendo entrata in vigore il 29 maggio 1995 (data della pubblicazione), dispone che i pensionamenti di anzianita' siano sospesi "a decorrere dal 28 settembre 1994", non appare revocabile in dubbio la consapevolezza del legislatore regionale che, gia' a partire da quest'ultima data, nessun dipendente regionale era stato - di fatto - collocato in pensione, se non per raggiungimento dei limiti di eta' (65 anni) o per raggiungimento del massimo di servizio utile ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 (35 anni); ma, in concreto, non di situazione di fatto evidentemente si trattava, quanto piuttosto, ancora una volta, della consapevolezza della applicabilita' in ambito regionale del decreto-legge n. 553 (che, appunto, aveva disposto la sospensione con decorrenza 28 settembre 1994) e delle norme successive, come esposte in precedenza nella loro sequenza cronologica; tanto e vero che la domanda di pensionamento anticipato presentata dal sig. Salvatore Meli in data 12 settembre 1994 (quando, addirittura, non era in vigore alcuna sospensione) non venne accolta proprio con riferimento ai decreti-legge n. 384/1992 e n. 654/1994. Per tali motivi, l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995 sarebbe sostanzialmente superfluo, oppure si dovrebbe ritenere costituzionalmente illegittimo (per violazione degli artt. 3 e 5 Cost.) avendo apportato alla normativa statale non adeguamenti di mero dettaglio, ma modifiche idonee a stravolgere l'impianto di tale normativa nella sua portata complessiva (come in particolare, la prevista non applicabilita' della sospensione dei pensionamenti anticipati a coloro che avevano presentato domanda di dimissioni entro la data del 28 settembre 1994 - art. 1, comma 2 - senza tenere conto, cioe' dell'intervenuta accettazione della domanda e della necessita' che il collocamento in pensione avesse comunque decorrenza non successiva a tale data). Ne consegue che il collocamento a riposo del sig. Salvatore Meli al 1 giugno 1995 appare illegittimo perche' a tale data non erano ancora operativi ne' i meccanismi di pensionamento anticipato di cui all'art. 13, comma 5, della legge n. 724/1994 (nell'ambito dei quali, peraltro, il dipendente non poteva essere utilmente collocato in quanto la relativa istanza non risultava accettata entro il 28 settembre 1994; e comunque, in base all'anzianita' posseduta - 22 anni - il collocamento a riposo non avrebbe potuto avvenire in data anteriore al 1 gennaio 1997), ne' quelli previsti dall'art. 1, comma 27, lettere a) e b), della legge n. 335/1995 (entrata in vigore il 17 agosto 1995). D'altra parte, prescindere - per un momento - dalla considerazione che il Collegio ritiene la normativa statale direttamente e immediatamente applicabile al personale dipendente dalla Regione siciliana, c'e' da dire che, mentre tale normativa (per quanto di carattere transitorio) si presenta coerente e organica rispetto al fine (l'entrata in vigore della legge di riforma generale del sistema pensionistico), l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995, pur essendo, anch'esso, correlato - in senso temporale e finalistico - alla "riforma organica del trattamento di quiescenza, previdenza e assistenza del personale della regione", inopinatamente interrompe (interromperebbe, a giudizio della sezione) al 30 giugno 1995 gli effetti della sospensione dei collocamenti a riposo anticipati, senza che tale riforma organica (regionale) fosse stata ancora varata (e la situazione non risulta affatto modificata alla data dell'adunanza collegiale); il che, fra l'altro, potrebbe creare, nell'ambito degli stessi dipendenti regionali, ingiustificate disparita' di trattamento fra coloro che dei benefici del pensionamento anticipato hanno potuto fruire e coloro che (causalmente, si potrebbe dire) non hanno potuto invece giovarsene, anche nell'ottica della violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Ma cio' - in base all'impostazione che e' stata data alla vicenda - non appare rilevante. A questo punto, va fatta qualche (ulteriore) considerazione sulla risposta dell'Amministrazione regionale al contenuto del foglio di osservazioni dell'Ufficio di controllo. In primo luogo, c'e da dire che, nei casi in esame, la natura di "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" e' stata dedotta solo ed esclusivamente dalla connotazione sostanziale della normativa e non dalla "apodittica affermazione del legislatore"; e, del resto - in aggiunta a quanto e' stato detto in precedenza in merito all'art. 11, comma 16, della legge n. 537/1993 - i decreti-legge n. 553/1994 e n. 654/1994 e la legge n. 724/1994 non contengono alcuna autoqualificazione di tal genere, che, oltre tutto, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, non avrebbe, appunto, alcuna portata vincolante per l'interprete, potendo, al piu', costituire un utile orientamento per chi la legge deve applicare (sul punto, cfr. sentenza n. 40/1994). Inoltre, nessun dubbio puo' essere prospettato in merito alla sussistenza della potesta' legislativa esclusiva della regione siciliana nella materia del trattamento di quiescenza del proprio personale e sulla conseguente "discrezionalita'" del legislatore regionale, purche' si tenga sempre presente il carattere recessivo di tale potesta' rispetto alle norme del tipo di quelle che sono state analizzate. Infine, nessun rilievo puo' essere dato in questa sede a casi esaminati in precedenza, non definiti in sede collegiale, e che non possono ritenersi analoghi a quelli ora in esame. Tutto cio' premesso, la sezione ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost. (decreto n. 4107) e degli artt. 3 e 5 Cost. (decreto n. 1934), dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in base al quale "per tutto quanto non e' previsto nella presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le norme relative al personale civile dello Stato", considerato che, per effetto dell'art. 14, lett. q), dello Statuto speciale, tale norma e' stata costantemente interpretata - come evidenziato anche dall'Amministrazione regionale nella risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo - nel senso che la compatibilita' sussiste solo in presenza di disposizioni statali piu' favorevoli. In subordine, limitatamente al decreto n. 1934 viene sollevata questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 5 Cost., dell'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46. L'art. 3 della Costituzione risulterebbe violato in ragione del fatto che la funzione precipua della categoria delle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" della Repubblica e da ricercare nella sicura volonta' del legislatore di una reductio ad unitatem di situazioni disciplinate in modo palesemente o tendenzialmente diversificato proprio da parte delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano nell'ambito della competenza legislativa primaria. La violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato (art. 5 Cost.) e' da collegare alla circostanza che, come gia' messo in evidenza, la normativa sulla sospensione dei pensionamenti anticipati ha riguardato tutti i lavoratori dello Stato, privati e pubblici. La non manifesta infondatezza deriva da tutte le argomentazioni fin qui svolte. La rilevanza e', a sua volta, da individuare nel fatto che, ove l'impostazione del remittente fosse accolta, i due decreti indicati in epigrafe sarebbero da ritenere illegittimi; ma merita qualche ulteriore e piu' specifica puntualizzazione. Cio' in quanto, avendo la sezione ipotizzato l'immediata applicabilita' in ambito regionale della normativa statale di riferimento, si potrebbe argomentare che la censura riguardi non l'art. 36 della legge regionale n. 2/1962 (o l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995) quanto piuttosto i provvedimenti sottoposti all'esame del Collegio remittente; di tal che, la questione proposta potrebbe apparire inammissibile. La sezione e' infatti ben consapevole che la Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, ha affermato che il sopravvenire di leggi statali recanti principi che siano in grado di vincolare le competenze normative regionali comporta, nei casi di accertata e diretta incompatibilita' fra legge statale e legge regionale, l'abrogazione di quest'ultima, e che tale regola, direttamente prevista per le regioni a statuto ordinario, e' stata piu' volte applicata anche per la competenza "primaria" delle regioni a statuto speciale (sentenze n. 151/1974, n. 296/1993, n. 497/1993, n. 153/1995). Tuttavia, essendosi nella specie in presenza di normativa statale che, per la rilevanza ad essa attribuita, dovrebbe prevalere su una disposizione come l'art. 14, lett. q), dello statuto siciliano, rispetto alla quale. non risulta che la Corte costituzionale abbia mai adottato pronunce di illegittimita' costituzionale di disposizioni regionali piu' favorevoli di quelle vigenti per il personale dello Stato, sussistono quelle "ragioni essenziali di certezza del diritto" che il Giudice delle leggi ha posto a base della declaratoria di illegittimita' costituzionale di alcune norme della regione siciliana proprio in materia di competenza esclusiva (espropriazioni per pubblica utilita'; sentenza n. 153/1995) , per quanto di tali disposizioni - in applicazione, per l'appunto, del citato meccanismo che regola i casi di incompatibilita' fra leggi statali e leggi regionali - avrebbe potuto pronunciare l'avvenuta abrogazione lo stesso giudice a quo. Per quanto del tutto irrilevante in questa sede, la sezione, per motivi di completezza espositiva, ritiene di dovere evidenziare - come peraltro segnalato anche dall'Amministrazione regionale nella risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo - che, in base all'art. 10 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21, per il personale regionale assunto dopo l'entrata in vigore della legge stessa (11 maggio 1986) "in esito ai concorsi pubblici i cui decreti di indizione" risultino gia' adottati a tale data (cfr. art. 1, comma 5, della legge regionale 7 maggio 1996, n. 31, positivamente riscontrato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 127/1996), "il trattamento di quiescenza e tutte le prestazioni previdenziali ... sono disciplinati .. dalle norme relative agli impiegati civili dello Stato".
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante per la definizione del presente giudizio e non manifestamente infondata nei termini di cui in motivazione, e solleva d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 (e, in subordine, dell'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46), per violazione degli artt. 3 e 5 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria, alla direzione dei servizi di quiescenza, previdenza e assistenza del personale dipendente dalla regione siciliana, all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze e al Presidente della regione siciliana, e comunicata al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Il presidente: Chiaula L'estensore: Cilia 97C1038