N. 660 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 luglio 1997

                                N. 660
  Ordinanza  emessa  il  25  luglio  1997  dal  pretore  di  Lecce nel
 procedimento penale a carico di De Giorgi Concetta ed altra
 Reato in genere - Prescrizione  -  Atti  interruttivi  -  Decreto  di
    citazione  a  giudizio  davanti al pretore - Effetto interruttivo,
    nell'interpretazione delle sezoni unite della Corte di  cassazione
    (sentenza  n. 3760/1994), decorrente dalla emissione del decreto e
    non dalla notificazione all'imputato - Irragionevole disparita' di
    trattamento  rispetto  ai  soggetti  destinatari  di  altri   atti
    interruttivi  del  corso  della  prescrizione  -  Compressione del
    diritto di difesa.
 (C.P., art. 160).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.41 del 8-10-1997 )
                              IL PRETORE
   Rilevato che nel presente procedimento penale nei confronti  di  De
 Giorgi Concetta e Ferriero Anna, imputate del reato di cui agli artt.
 110,  56  e  640 c.p. commesso in data 15 ottobre 1990, il decreto di
 citazione a giudizio e' stato emesso dal pubblico ministero in data 3
 ottobre 1995 e notificato alle imputate rispettivamente  in  data  28
 novembre 1995 e 24 novembre 1995;
     che  nella  fattispecie in esame la prescrizione quinquennale del
 delitto per cui si procede si era gia' verificata  al  momento  della
 notificazione del decreto di citazione a giudizio;
     che  la  Corte  di  cassazione,  a sezioni unite, con sentenza n.
 3760 del  31  marzo  1994  (ud.  16  marzo  1994)  ha  affermato  che
 l'emissione  del  decreto  di  citazione  a  giudizio  e'  di per se'
 sufficiente a determinare l'interruzione  della  prescrizione  (cosi'
 componendo  il precedente contrasto giurisprudenziale che aveva visto
 opporsi a questa tesi quella secondo cui  l'effetto  interruttivo  si
 consegue  solo  con  la notificazione dell'atto: in questo senso vedi
 Cass. 2 aprile 1986 n. 4216 e, da ultimo, Cass.  29  luglio  1994  n.
 8470);
     che  l'art.  160 c.p. (interruzione del corso della prescrizione)
 cosi' interpretato - e con riferimento  al  decreto  di  citazione  a
 giudizio  emesso  dal  pubblico  ministero  nel  giudizio pretorile -
 appare in contrasto con gli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  per  i
 motivi  di  seguito  specificati,  e  che  la  relativa  questione di
 legittimita' costituzionale e' rilevante  giacche'  dall'esito  della
 stessa dipende quello del presente procedimento, che in caso positivo
 puo'  concludersi  con  una  sentenza  di proscioglimento ex art. 129
 c.p.p.;
   Tanto premesso, solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale suindicata per i seguenti motivi.
   1.  -  Per  effetto della citata sentenza delle sezioni unite della
 Corte di cassazione gli atti interruttivi della prescrizione indicati
 nell'art. 160 c.p. devono ritenersi idonei a manifestare la  volonta'
 statuale  di  persecuzione del presunto responsabile dell'illecito e,
 dunque, a privare il decorso del tempo della sua efficacia estintiva,
 indipendentemente    dalla    conoscenza    immediata    da     parte
 dell'interessato  della  volonta' dello Stato di perseguire il reato,
 con  conseguenze  non  irrilevanti  in  relazione  alla  parita'   di
 trattamento dei cittadini ed al diritto di difesa.
   2.  -  E'  indubbio  che  l'istituto della prescrizione - nato come
 istituto di natura processuale (la longi  temporis  praescriptio  del
 diritto  romano)  che estingue l'azione (civile o penale) e come tale
 disciplinato nel diritto penale sino al codice Zanardelli (artt.   91
 e 95) - risponde in primo luogo all'esigenza di garantire la certezza
 dei  rapporti  giuridici,  esigenza  cui e' evidentemente interessato
 soprattutto l'imputato (Cass. sez. 3, n. 8470 del 29 luglio 1994, ud.
 3 maggio 1994).
   Orbene,  agli  effetti  dell'interruzione  della  prescrizione,  la
 persistenza  dell'interesse  dello  Stato  alla punizione dell'autore
 della condotta illecita deve manifestarsi all'esterno (e, cioe',  nei
 confronti  principalmente dell'imputato) in modo certo, assicurandone
 all'interessato  la  tempestiva  conoscenza  prima  del  decorso  del
 termine di prescrizione.
   Tale  finalita'  poteva ritenersi garantita - prima dell'intervento
 delle sezioni unite della Cassazione -  dalla  natura  processuale  e
 recettizia  degli  atti previsti dall'art. 160 c.p. che consentiva di
 ricollegare  l'effetto  interruttivo  all'efficacia  processuale  dei
 predetti  atti,  facendo  coincidere il momento di interruzione della
 prescrizione con quello della conoscenza  dell'atto  interruttivo  da
 parte  dell'interessato  (cosi' come sostenuto da Cass. 2 aprile 1986
 n. 4216).
   Siffatto indirizzo giurisprudenziale se da un  lato  si  richiamava
 alle  origini  processuali  della  prescrizione  (natura processuale,
 peraltro,  riconosciuta  tuttora  nel   diritto   penale   in   altri
 ordinamenti  giuridici,  come  quello francese e tedesco), dall'altro
 attribuiva rilevanza alla manifestazione processuale  della  volonta'
 punitiva  dello  Stato ritenendo, evidentemnte, che la stessa dovesse
 essere espressa nei confronti di soggetti processuali (in primo luogo
 dell'imputato).
   Peraltro, la necessita' di ricollegare l'effetto interruttivo della
 prescrizione ad atti aventi natura recettizia e'  presente  in  altri
 rami  del  nostro  ordinamento giuridico (sia nel diritto privato che
 nel  diritto  amministrativo),  e   cio'   per   la   natura   stessa
 dell'istituto  della prescrizione, in cui il decorso del tempo non e'
 rilevante di per se' - astrattamente considerato - ma nell'ambito  di
 un   determinato  rapporto  giuridico  (che  implica,  evidentemente,
 l'esistenza di un soggetto  "controinteressato",  nei  confronti  del
 quale operera' l'eventuale estinzione del diritto o del reato).
   Inoltre,   in   seguito   alla   citata  pronuncia,  la  previsione
 legislativa  di  soli  atti  processualmente  rilevanti  e'  divenuta
 superflua e priva di significato.
   3.  -  Privati del requisito della notificazione, solo alcuni degli
 atti previsti dall'art. 160 c.p. consentono all'interessato di  avere
 conoscenza  in  modo certo e tempestivo della volonta' punitiva dello
 Stato.
   Tale   finalita'   viene,    infatti,    indubbiamente    raggiunta
 dall'interrogatorio  reso davanti al pubblico ministero o al giudice,
 dalla presentazione per il giudizio direttissimo e  di  norma,  dalla
 ordinanza  di  convalida del fermo o dell'arresto e dalla sentenza di
 condanna.
   Per altri atti, invece, sarebbe sufficiente la semplice "emissione"
 da parte del pubblico ministero - anche se la notificazione (e quindi
 la conoscenza da parte dell'interessato) fosse effettuata a  notevole
 distanza  di  tempo  (anche dopo diversi mesi) o non fosse effettuata
 affatto - per conseguire l'effetto interruttivo.
   4.  -  Altrettanto rilevante - sempre in conseguenza della sentenza
 delle sezioni unite - e' la circostanza che mentre alcuni degli  atti
 previsti  dall'art.  160   sono emessi dal giudice, altri sono emessi
 dal pubblico ministero.
   Il sistema del  nuovo  c.p.p.  ha  infatti  collocato  il  pubblico
 ministero   nel   ruolo  di  parte  -  prevedendone,  oltretutto,  la
 partecipazione su basi di parita' rispetto alla difesa, in ogni stato
 e grado del procedimento (art. 2,  primo  comma,  n.  3  della  legge
 delega  n.  81  del  1987) - sicche' non puo' essere indifferente che
 l'effetto interruttivo  consegua  ad  un  atto  di  parte  (sia  pure
 pubblica) o ad un atto emesso dal giudice.
   Cio',  evidentemente,  a  maggior  ragione  se  tale  effetto viene
 ricollegato alla pura e semplice  emissione  dell'atto,  prescindendo
 dalla sua conoscenza da parte dell'imputato (o indagato).
   Quest'ultimo, invero, viene a trovarsi in un'indubbia situazione di
 inferiorita'  processuale  rispetto al pubblico ministero, in quanto,
 apprendendo l'esistenza di un procedimento nei suoi confronti dopo il
 decorso  del   termine   di   prescrizione   (quando   ormai   poteva
 ragionevolmente ritenere estinto il reato eventualmente configurabile
 a  suo  carico),  incontra  senz'altro  maggiori  difficolta'  per la
 raccolta del materiale probatorio a sua difesa.
   Situazione  di  inferiorita'  processuale  ulteriormente  aggravata
 dalla  mancata  previsione  legislativa  di un termine entro il quale
 deve essere effettuata la notificazione del decreto  di  citazione  a
 giudizio  una  volta avvenuta la sua emissione (salvo il rispetto del
 termine a comparire, stabilito dal terzo comma dell'art. 555 c.p.p.),
 circostanza questa che consente al pubblico ministero  di  notificare
 il decreto di citazione anche dopo diversi mesi dall'emissione.
   5.   -   L'interpretazione  sostenuta  dalle  sezioni  unite  della
 Cassazione si pone, altresi', in contrasto - per i motivi suesposti -
 con le previsioni dell'art. 6 della Convenzione europea  dei  diritti
 dell'uomo",  ratificata  con  la  legge  4  agosto  1955  n. 848, che
 riconosce all'incolpato il diritto  ad  un'equa  e  pubblica  udienza
 entro  un  termine  ragionevole  (primo comma), nonche' il diritto ad
 essere informato nel  piu'  breve  tempo  del  contenuto  dell'accusa
 elevata   nei  suoi  confronti  ed  a  disporre  del  tempo  e  della
 possibilita' necessari a preparare la difesa (terzo comma, lett. a) e
 b)), diritti che verrebbero senz'altro frustrati nell'ipotesi di  una
 notificazione  di  un  atto  interruttivo  della prescrizione dopo il
 decorso del termine ordinario di prescrizione di cui  all'art.    157
 c.p.,  creando indubbiamente notevoli difficolta' per la preparazione
 della difesa da parte  di  un  imputato  che  poteva  ragionevolmente
 considerare estinto per prescrizione l'eventuale reato ipotizzabile a
 suo carico.
   6.  -  Per  le  considerazioni che precedono si rilevano i seguenti
 profili di illegittimita' costituzionale dell'art.  160  c.p.,  cosi'
 come  interpretato  dalla  Corte  di  cassazione  a sezioni unite con
 sentenza n. 3760 del 31 marzo 1994.
   Innanzitutto, in relazione all'art. 3  della  Costituzione,  vi  e'
 un'irragionevole disuguaglianza del trattamento riservato ai soggetti
 destinatari  degli atti di interruzione del corso della prescrizione,
 essendo consentito ad alcuni di essi di  avere  conoscenza  immediata
 dell'atto  interruttivo  (come avviene per gli atti indicati al punto
 3), invece ad altri, come nell'ipotesi del  decreto  di  citazione  a
 giudizio  davanti  al  pretore,  solo in un momento successivo, anche
 dopo il  decorso  del  termine  ordinario  di  prescrizione  previsto
 dall'art.    157  c.p.,  con  rilevanti  conseguenze  ai  fini di una
 tempestiva ed adeguata preparazione della difesa.
   L'art. 160 c.p. appare, poi, alla luce  dell'interpretazione  delle
 sezioni  unite  della Cassazione, in contrasto con l'art. 24, secondo
 comma, della Costituzione, in quanto se l'effetto interruttivo  della
 prescrizione viene ricollegato alla semplice emissione del decreto di
 citazione  a giudizio l'imputato non e' posto in condizione di essere
 tempestivamente informato, prima del decorso del termine ordinario di
 prescrizione, dell'esistenza (e persistenza) di una volonta' statuale
 di perseguirlo e, dunque, di preparare tempestivamente la sua difesa,
 potendo la notificazione di  tale  atto  essere  effettuata  dopo  il
 decorso del predetto termine.
   Cio' tanto piu' ove si consideri che spesso il decreto di citazione
 a  giudizio  costituisce  il  primo atto che informa l'imputato dello
 svolgimento di  indagini  nei  suoi  confronti  per  una  determinata
 ipotesi  di  reato  e  che la sua emissione puo' avvenire, come nella
 fattispecie in  esame,  proprio  nell'imminenza  della  scadenza  del
 termine ordinario di prescrizione.
   Inoltre,  seguendo la citata interpretazione, la mancata previsione
 di un termine  per  la  notificazione  del  decreto  di  citazione  a
 giudizio  dopo la sua emissione (salvo il solo rispetto del termine a
 comparire,  previsto  dal   terzo   comma   dell'art.   555   c.p.p.)
 costituirebbe    un'ulteriore   lesione   del   diritto   di   difesa
 dell'imputato,  il  quale  potrebbe  essere   informato   dell'evento
 interruttivo anche a notevole distanza di tempo.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  23  e  seguenti della legge 11 marzo 1953 n. 87,
 dichiara rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  160 c.p., nella parte in cui
 prevede che il corso della prescrizione e' interrotto  dall'emissione
 del decreto di citazione a giudizio, per contrasto con gli artt.  3 e
 24, secondo comma, della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, con conseguente sospensione del processo;
   Ordina che la presente ordinanza  venga  comunicata  a  cura  della
 cancelleria  al pubblico ministero in sede e notificata alle imputate
 ed al Presidente del Consiglio dei Ministri,  nonche'  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Lecce, addi' 25 luglio 1997
                          Il pretore: Petrelli
 97C1095