N. 669 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 1997

                                N. 669
  Ordinanza emessa il  6  giugno  1997  dalla  Commissione  tributaria
 regionale  di  Firenze sul ricorso proposto da Pierotti Walter contro
 l'Ufficio del registro di Pisa
 Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili  (IN.V.IM.)
    - Ipotesi di omessa e di tardiva presentazione della dichiarazione
    -   Trattamento   sanzionatorio   -   Applicabilita'  di  identica
    soprattassa in entrambe le ipotesi -  Irragionevolezza  -  Lesione
    del principio di uguaglianza - Violazione dei principi posti dalla
    legge di delega.
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23).
 (Cost., art. 76).
(GU n.41 del 8-10-1997 )
                  LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sull'appello  r.g.  appelli n.
 4561/96  depositato  il  23  gennaio  1996  avverso  la  sentenza  n.
 129/05/95,  emessa  dalla Commissione tributaria provinciale di Pisa,
 da Pierotti Walter, residente a Pisa in  via  Serani  13,  difeso  da
 Bonanni  dott.  Giuseppe,  residente  a  Pisa  in via L. Bianchi, 51,
 controparti: Ufficio del registro di Pisa, atti  impugnati:  avv.  di
 liquid. - succ.+Invim.
 Oggetto  della  domanda,  svolgimento  del  processo  e  motivi della
 decisione
   Con  ricorso  n.  1520/1994,  presentato  il  21  luglio  1994 alla
 Commissione tributaria  di  primo  grado  di  Pisa,  Pierotti  Walter
 s'opponeva   all'avviso  di  liquidazione  col  quale  l'Ufficio  del
 registro  di  Pisa  -  con  riguardo  alla  successione  di  Pierotti
 Contardo,  deceduto  il  5  luglio 1993 - aveva chiesto agli eredi il
 pagamento, oltre che delle  imposte  successorie,  dell'invim  e  dei
 tributi   accessori,  anche  di  L.  45.790.743  a  titolo  di  "pena
 pecuniaria" (titolo cosi' imprecisamente  indicato  nel  frontespizio
 del  mod.  16;  ma  specificato come "soprattassa invim" nel mod. 264
 allegato).
   Assumeva  il  ricorrente   che   tale   sanzione   (presumibilmente
 imputabile  a  "omessa  o  tardiva  presentazione della dichiarazione
 invim", ex  art.  23  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
 643/1972) non era applicabile ne' dovuta per i seguenti motivi:
     1) perche' egli aveva prodotto la dichiarazione di successione il
 5  gennaio  1994  (secondo  quanto  risultava dal timbro dell'Ufficio
 stesso), entro i termini di legge (art.  31  decreto  legislativo  n.
 346/1990).  Il ricorrente tuttavia non precisava se il professionista
 da lui incaricato, contestualmente alla dichiarazione di successione,
 aveva presentato Ia dichiarazione invim, secondo qunto  indubbiamente
 richiedeva  l'art.  18  decreto  del  Presidente  della Repubblica n.
 643/1972:
     2) perche' la  sanzione  era  erroneamente  indicata  come  "pena
 pecuniaria"  e  non come "soprattassa" (secondo Ia dizione del citato
 art. 23) e non era motivata: elementi, questi, che - a suo  avviso  -
 avevano    leso    il    suo   diritto   di   difesa   nel   riguardi
 dell'Amministrazione.
   Pertanto  iI  ricorrente  chiedeva  l'annullamento  dell'avviso  di
 liquidazione nella parte contestata.
   Nel  processo  di  primo  grado  l'ufficio  del  registro  di Pisa,
 respinta la  proposta  di  conciliazione  giudiziale  avanzata  dalla
 Commissione,   precisava   e   dimostrava   (esibendo   copia   della
 dichiarazione di successione e delle dichiarazioni invim): 1) che  Ia
 pretesa   fiscale  era  conseguente  a  tardiva  presentazione  delle
 dichiarazioni invim (dichiarazioni presentate  il  13  gennaio  1994,
 otto  giorni dopo la dichiarazione di successione e comunque oltre il
 termine di legge); e che la  sanzione  irrogata  (fondata  dunque  su
 elemento   certo  e  non  su  valutazione  discrezionale)  era  stata
 chiaramente specificata  come  "soprattassa  invim"  nel  mod.    264
 dell'avviso di liquidazione.
   La  Commissione  di  primo  grado  ha  respinto  il  ricorso, cosi'
 motivando:
     la sanzione appare correttamente applicata in base  al  combinato
 disposto  dell'art.  31 decreto legislativo n. 346/1990 e degli artt.
 18 e 23 decreto del Presidente della Repubblica n. 643/1972;
     la sanzione deve considerarsi conforme a legge anche nella forma,
 perche', sebbene erroneamente indicata nel  frontespizio  dell'avviso
 di  liquidazione  come  "pena  pecuniaria",  e'  stata  correttamente
 richiesta come "soprattassa invim" nel mod. 264.
   Contro la decisione di primo grado  ricorre  il  Pierotti.  Da  una
 parte,  egli  ripropone  i  motivi presentati in primo grado. D'altra
 parte,  egli  solleva  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    23,  comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n.
 643/1972, istitutivo dell'invim, per contrasto con  l'art.  76  della
 Costituzione,  in relazione ai criteri che I'art. 10, comma 2, n. 11,
 della  legge  delega  n.  825/1971,  indica  da  assumere nelle leggi
 delegate di riforma tributaria  (in  particolare  al  criterio  della
 "commisurazione  delle  sanzioni  all'effettiva  entita'  oggettiva e
 soggettiva delle violazioni").
   Pertanto l'appellante chiede  alla  Commissione  di  sospendere  il
 giudizio e di rimettere gli atti alla Corte costituzionale.
   L'Ufficio  del registro di Pisa controdeduce che nel caso di specie
 e'  stata  applicata   correttamente   la   sanzione   prevista   dal
 legislatore:     una  "soprattassa"  che,  a  differenza  della  pena
 pecuniaria e' di misura fissa che il legislatore  ha  presumiblimente
 stabilito   in  considerazione  della  gravita'  della  violazione  e
 deIl'esigenza  di  assicurare  il  normale  parametro   del   sistema
 tributario agli adempimenti in materia di versamenti. Chiede pertanto
 il rigetto dell'appello e la conferma della decisione in oggetto.
   Nel corso dell'udienza l'Ufficio, pur ribadendo la legittimita' del
 provvedimento,  segnala  che  e' in atto un processo di equiparazione
 delle soprattasse alle pene pecuniarie, che dovrebbe far  superare  i
 problemi  come quello oggi in esame. Cita al riguardo: sentenza Cass.
 Sez. un. 5246 del 6 maggio 1993; circ. min. fin. n. 98/E,  par.    8,
 del   23  aprile  1996;  e  un  decreto  legislativo  sulle  sanzioni
 pecuniarie, in corso di  predisposizione.  che  dovrebbe  entrare  in
 vigore  dal 1 gennaio 1998. Pertanto, per quanto riguarda l'eccezione
 d'incostituzionalita' sollevata dall'appellante, l'Ufficio si rimette
 al giudizio della Commissione.
   La Commissione, esaminata  la  documentazione  e  udite  le  parti,
 osserva quanto segue.
   In    merito   alla   questione   pregiudiziale   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 23, comma 1, decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.   643/1972, per violazione dell'art. 76 Cost., occorre
 dire che la Corte costituzionale si  e'  occupata  piu'  volte  della
 stessa questione, ritenendola infondata (cfr. ordinanze n. 418/1987 e
 n.  596/1988).    Nel  1989  e'  tornata  sulla  questione,  anche in
 relazione ai criteri posti dall'art. 10. comma 2 n. 11,  della  legge
 n.  825/1971,  e l'ha ritenuta inammissibile, in quanto implicante un
 intervento positivo del legislatore (pur ritenuto auspicabile)  (cfr.
 Corte costituzionale 3 marzo 1989, n. 84).
   Il  ricorrente  ha  sollevato  la  questione  d'incostituzionalita'
 esattamente nei termini gia'  presentati  alla  Corte  nel  caso  poi
 risolto  con  la sentenza n. 84/1989; e quindi la sua eccezione, come
 tale, va respinta.
   Questa   Commissione   ritiene   pero'   che   la   questione    di
 costituzionalita'   dell'art.   23   decreto   del  Presidente  della
 Repubblica n.  643/1972  possa  essere  utilmente  riproposta,  anche
 d'ufficio, sulla scorta di queste ulteriori considerazioni.
   Posto che l'ipotesi del ritardo e' obiettivamente diversa da quella
 dell'omissione  della  dichiarazione  invim  (come  la  Corte  stessa
 osserva nella motivazione della sentenza cit.), e considerando  anche
 i  numerosi precedenti legislativi che hanno correttamente accolto il
 criterio della commisurazione  della  sanzione  alla  gravita'  della
 violazione  commessa  (precedenti  citati  anche  nella  sentenza  n.
 84/1989), appare del tutto irragionevole in  questo  caso  parificare
 situazioni  che  pari  non  sono;  ed  estremamente ingiusto dare una
 valenza criminosa a una fattispecie, com'e' il ritardo  anche  tenue,
 che  puo' facilmente addebitarsi a colpa anche lieve, e non a dolo, a
 volonta' preordinata di non collaborazione con l'Amministrazione o di
 elusione dell'imposta.
   Del resto, i citati recenti orientamenti della giurisprudenza (cfr.
 Cass.  sez.  un.  6  maggio  1993,  n.  5246)  e dell'Amministrazione
 finanziaria (cfr. circ. n. 98/E, par. 8, del 23 aprile 1996), nonche'
 il  decreto  legislativo  in  itinere  sulle   sanzioni   pecuniarie,
 equiparando  in  generale  soprattasse  e  pene pecuniarie, pongono i
 presupposti per una possibile graduazione delle prime, al pari  delle
 seconde,  al  fine  d'una  loro migliore commisurazione all'effettiva
 entita' oggettiva o soggettiva delle violazioni,  e  rendono  percio'
 piu'  evidente il contrasto dell'art. 23 decreto del Presidente della
 Repubblica n.   643/1972 con  l'art.  76  Cost.,  in  riferimento  ai
 criteri  posti  dall'art.   10, comma 2, n. 11, della legge delega n.
 825/1971.
   Non si chiede (come invece  fu  fatto  nell'eccezione  risolta  con
 sentenza  n.  84/1989)  un  intervento  della  Corte  che a sua volta
 implica l'opera del legislatore, per proporzionare  adeguatamente  le
 sanzioni di queste diverse violazioni. Si chiede invece una pronuncia
 d'illegittimita'  costituzionale  che (per dirla con la Corte stessa)
 "porti a sottrarre ad ogni sanzione l'ipotesi della tardivita'  della
 dichiarazione",  oggi  pesantemente sanzionata, diremmo ingiustamente
 criminalizzata.  Se e' vero che una  pronuncia  della  Corte  in  tal
 senso  porterebbe  ad  assimilare  la  dichiarazione tardiva a quella
 tempestiva,  e'  anche  vero  che  l'equiparazione  di   queste   due
 situazioni  di  fatto  non  appare del tutto irragionevole, perche' i
 rispettivi effetti sono sostanzialmente uguali: infatti, in  entrambi
 i  casi  (presentazione  contestuale  o ritardata della dichiarazione
 invim,   fatta   comunque   prima   dell'emissione   dell'avviso   di
 liquidazione  dell'imposta), il fisco ha la possibilita' di liquidare
 la somma dovuta a titolo d'imposta.
                               P. Q. M.
   La Commissione dichiara non manifestamente infondata l'eccezione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 23 del decreto del Presidente
 della Repubblica n. 643/1972,  nella  parte  in  cui  sanziona  nella
 stessa  misura  l'omissione  e  il  ritardo della presentazione della
 dichiarazione invim, per contrasto con l'art. 76 della  Costituzione,
 con  riferimento  anche all'art. 10, comma secondo, n. 11 della legge
 delega n. 825/1971;
   Sospende il procedimento e ordina la trasmissione degli  atti  alal
 Corte costituzionale.
     Firenze, addi' 6 giugno 1997
                        Il presidente: Persiani
                                                   Il relatore: D'Elia
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