N. 674 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 giugno 1997
N. 674 Ordinanza emessa il 9 giugno 1997 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Morrone Giuseppe ed altri Processo penale - Misure cautelari personali (nella specie: custodia cautelare in carcere) - Presentazione di richiesta di riesame - Mancato immediato avviso (a cura del presidente del tribunale) all'autorita' giudiziaria procedente - Perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva - Omessa previsione - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe - Contrasto con il principio di inviolabilita' della liberta' personale - Compressione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 309, comma 5 e 10). (Cost., artt. 3, 13 e 24).(GU n.42 del 15-10-1997 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: 1) Morrone Giuseppe nato il 3 gennaio 1968; 2) Giannetti Giovanni nato il 28 marzo 1970; 3) Cianciaruso Salvatore nato il 25 luglio 1959, avverso ordinanza dell'11 novembre 1996 del tribunale della liberta' di Lecce; Sentita la relazione fatta dal consigliere Gironi Emilio; Sentite le conclusioni del p.m. dr. Galgano per il rigetti dei ricorsi; Udito il difensore avv. Speziale. Svolgimento del processo Con ordinanza in data 11 novembre 1996 il tribunale di Lecce, in sede di riesame, ex art. 309 c.p.p., ha confermato l'ordinanza del g.i.p. del medesimo tribunale in data 1 agosto 1996, che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Morrone Giuseppe, di Giannetti Giovanni e di Motolese Cosimo quali soggetti gravemente indiziati di concorso in omicidio (tentato o consumato) e nei connessi reati di detenzione e porto illegali di arma da sparo. Avverso l'ordinanza del tribunale del riesame hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli indagati, a mezzo del proprio difensore, deducendo, quale primo motivo di impugnazione, la sopravvenuta efficacia dell'ordinanza custodiale per il mancato rispetto, da parte del presidente del collegio, dell'obbligo, stabilito dall'art. 309, comma 5, c.p.p., di dare immediato avviso all'autorita' giudiziaria procedente dell'avvenuta presentazione della richiesta di riesame; l'avviso in parola sarebbe, invero, stato, secondo i ricorrenti, dato "a distanza di settimane", cosi' vanificandosi l'avvenuto rispetto del termine massimo di giorni 5 dalla ricezione dell'avviso posto dalla medesima norma per la trasmissione dei prescritti atti all'organo del riesame. Con ulteriori motivi i ricorrenti sindacavano, inoltre, l'apparato argomentativo del provvedimento impugnato in punto di valutazione degli indizi ravvisati a carico di ciascuno di essi, denunziando, altresi', l'illegittimita' dell'ordinanza applicativa della misura per asserito difetto di elementi prescritti a pena di nullita'. Con ordinanza in data 25 marzo 1997 la prima sezione penale di questa Corte, ritenute la pregiudizialita' e la natura potenzialmente assorbente della questione relativa alla dedotta inefficacia sopravvenuta dell'ordinanza custodiale e rilevata la possibilita' dell'insorgenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla rilevanza ed agli effetti dell'inosservanza, da parte del presidente del tribunale, dell'obbligo di immediato avviso all'autorita' procedente dianzi specificato, rimetteva i ricorsi alle sezioni unite, a norma dell'art. 618 c.p.p., contemplante, accanto a quella di un contrasto attuale, anche l'ipotesi di un contrasto meramente eventuale, a prevenire il quale appare finalizzata l'investitura delle sezioni unite medesime. Si evidenziava, infatti, nella predetta ordinanza di rimessione come gli unici precedenti di legittimita' in materia (Cass., sez. II, 12 marzo 1996 - cam. cons. 22 febbraio 1996, Todisco, in Mass. Cass. pen., 1996, fasc. 5, pag. 108, mass. 204.262 e Cass., sez. I, 9 luglio 1996 - cam. cons. 28 maggio 1996, Causo, id., 1996, fasc. 10, pag. 39, mass, 205.421) fossero attestati nel senso della non perentorieta' della prescrizione di immediatezza dell'avviso della presentazione della richiesta di riesame all'autorita' procedente e della conseguente inesistenza di sanzione processuale (in particolare della perdita di efficacia della misura custodiale, ex art. 309, comma 10, c.p.p.) in ipotesi di sua inosservanza e come, per contro, argomenti testuali e sistematici consentissero anche una diversa lettura della disciplina normativa: osservava, in particolare, quel collegio, a sostegno della ravvisata ipotizzabilita' dell'insorgenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, che l'interpretazione sino ad allora data al combinato disposto dei commi 5, I parte, e 10, dell'art. 309 cit. non sembrava l'unica plausibile, "potendosi il riferimento alla mancata trasmissione degli atti ''nei termini di cui al comma 5'', che leggesi nel comma 10 dell'art. 309, intendere come comprensivo del termine sotteso all'obbligo di immediatezza dell'avviso all'autorita' procedente da parte del presidente del tribunale", assegnando anche alla prescrizione dell'immediatezza dell'avviso valenza di termine processuale e considerando l'ambito della sanzione della perdita di efficacia dell'ordinanza impositiva della misura, di cui al comma 10, "come estesa all'inosservanza del complessivo disposto dell'art. 309, comma 5 e di tutti i termini in esso considerati, ivi incluso quello per l'avviso all'A.G. procedente, .. ritenendo il termine per la trasmissione degli atti come necessariamente connesso e coordinato a quello per la comunicazione dell'avviso e da questo inscindibilmente dipendente ai fini della verifica della sua avvenuta osservanza". Nell'ordinanza di rimessione alle S.U. si puntualizzava, infine, che la questione in esame doveva ritenersi legittimamente proposta innanzi alla Corte di legittimita', anziche' dinnanzi al g.i.p., essendo contestualmente state prospettate anche questioni concernenti la legittimita' originaria del provvedimento custodiale e risultando, pertanto, rispettate le statuizioni al riguardo adottate dalle stesse sezioni unite penali di questa Corte con sentenze 20 luglio 1995, Galletto, Cass. pen., 1995, 2874 e 17 aprile 1996, Moni, Mass. Cass. pen., 1996, fasc. 9, 73, mass. 205.255). Con provvedimento in data 29 aprile 1997 i ricorsi venivano, peraltro, restituiti alla I sezione di questa Corte, rilevandosi che "la prospettazione in termini meramente ipotetici di un contrasto giurisprudenziale... non costituisce di per se' ragione perche' la sezione possa rimettere la questione alle s.u., il cui intervento rimane eccezionale rispetto alla normale attivita' delle sezioni semplici". Nuovamente investita dell'esame dei ricorsi, questa sezione, in diversa composizione rispetto a quella che adotto' l'ordinanza di rimessione in data 25 marzo 1997, a cio' sollecitata dai ricorrenti, che hanno sollevato la questione stessa subordinatamente al mancato accoglimento del loro ricorso, ritenutane la rilevanza ai fini del decidere, ha giudicato non manifestamente infondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p. in relazione agli artt. 3, 13 e 24 Cost., nella parte in cui la disciplina codicistica non prevede la perdita di efficacia dell'ordinanza impositiva di misura coercitiva in caso di violazione dell'obbligo imposto al presidente del tribunale di dare immediato avviso all'autorita' giudiziaria procedente della presentazione della richiesta di riesame. Motivi della decisione Premessa della presente ordinanza e' l'assunzione, da parte del collegio, della portata precettiva della disciplina impugnata nel senso gia' definito da diverse sezioni di questa Corte di legittimita' con le menzionate sentenze 12 marzo 1996, Todisco, e 28 maggio 1996, Causo, in ragione del quale la violazione dell'obbligo di immediato avviso all'autorita' giudiziaria procedente dell'avvenuta presentazione della richiesta di riesame, imposto al presidente del tribunale dalla prima parte del comma 5 dell'art. 309 c.p.p., non potendosi nella disposizione ravvisare la fissazione di un termine perentorio, risulta priva di qualsiasi sanzione processuale ed, in particolare, esente dalla sanzione della perdita di efficacia dell'ordinanza custodiale comminata dal comma 10 dell'art. 309 per il caso di mancata trasmissione degli atti "nei termini di cui al comma 5". L'assunzione di tale accezione interpretativa della disciplina in esame alla stregua di "diritto vivente" e, comunque, di necessaria premessa della ritenuta non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale, oltreche' confortata da plurime pronunzie di diverse sezioni di questa Corte, appare, in certa misura, legittimata dalla mancata decisione dei presenti ricorsi da parte delle sezioni unite, che, quantomeno sul piano formale, ha contribuito alla cristallizzazione dell'unico orientamento fin qui espresso dalla giurisprudenza di legittimita', ed, altresi', avvalorata da un argomento esegetico, desumibile dalla formulazione dell'art. 172, comma 1, c.p.p., secondo cui "i termini processuali sono stabiliti a ore, a giorni, a mesi o ad anni", con conseguente inconfigurabilita' di un vero e proprio termine in senso tecnico-giuridico laddove la norma si limiti, come nella specie, a prescrivere, genericamente, un obbligo di "immediato" compimento di un dato adempimento, per la verifica della cui osservanza non possa farsi riferimento a precise e convenzionali scansioni temporali quali quelle considerate dall'art. 172 cit. Deve, dunque, in definitiva convenirsi sulla valenza meramente ordinatoria dell'obbligo di immediato avviso di cui alla prima parte del comma 5 dell'art. 309 c.p.p. e sulla non riconducibilita' della sua violazione, allo stato sprovvista di qualsiasi sanzione, all'ambito della previsione di cui al successivo comma 10, prima parte, del medesimo articolo, da ritenersi circoscritta alla sola inosservanza dei termini (quello minimo di un giorno e quello massimo di cinque giorni, decorrenti dalla ricezione dell'avviso) stabiliti per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame. Cosi' univocamente interpretata, la disciplina codicistica non si sottrae, peraltro, a fondati sospetti di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3, primo comma, 13, primo comma, e 24, secondo comma, della Carta fondamentale. Sotto il primo, piu' rilevante, profilo il combinato dei commi 5 e 10 dell'art. 309 c.p.p., quale risultante dalle modifiche introdotte con la legge n. 332/1995, manifestamente finalizzate ad un'estensione delle garanzie dell'indagato colpito da misura custodiale e dirette ad assicurare la piu' rapida definizione del procedimento di riesame dell'ordinanza limitativa dello status libertatis del soggetto, sembra, infatti, consentire una irragionevole disparita' di trattamento tra situazioni omologhe e meritevoli di eguale tutela, sanzionando con la caducazione dell'efficacia della misura ogni ritardo, anche minimo, nella trasmissione dei necessari atti al giudice del riesame e lasciando, invece, priva di sanzione processuale qualsiasi, anche rilevante, dilazione nella comunicazione dell'avviso della presentazione della richiesta di riesame all'autorita' procedente, cosi' sostanzialmente vanificando l'effettivita' delle garanzie introdotte dal legislatore e lasciando inopinatamente affidata ad una variabile indipendente dal resto della sequela procedimentale l'inizio del decorso del rigoroso termine stabilito, a pena di inefficacia del provvedimento cercitivo, per la trasmissione degli atti al tribunale. Tale disciplina, ingiustificatamente discriminatoria e lesiva dell'interesse alla cui salvaguardia tende la programmaticamente rigorosa (ma, di fatto, lacunosa) procedimentalizzazione dell'incidente de libertate, appare gravemente contrastante con il principio di ragionevolezza sotteso alla prima delle norme costituzionali invocate, non rinvenendosi alcuna plausibile ragione che valga a spiegare i denunciati limiti di tutela del bene giuridico protetto e l'apparente arbitrarieta' delle diversita' di regolamentazione di situazioni sostanzialmente omologhe e postulanti, nel rispetto del principio di eguaglianza, identita' di soluzioni normative. La denunziata irragionevolezza della disciplina positiva appare, inoltre, in via derivata, contrastante con le altre norme costituzionali invocate, dalla sua arbitrarieta' ed intrinseca incoerenza derivando pregiudizio per una reale, e non meramente formale e nominalistica, tutela della liberta' personale e per la effettivita' del diritto di difesa, non adeguatamente garantite da un meccanismo processuale che, consentendo la persistenza di un passaggio procedimentale il cui rispetto non e' presidiato da sanzioni di sorta, risultando rimesso esclusivamente alla diligenza dell'organo competente, rischia di vanificare tutto il sistema di tutela approntato dal legislatore, a nulla, ovviamente, rilevando la rigorosa osservanza dei termini di cui all'art. 309, comma 10, c.p.p. ove la procedura di riesame non possa, in concreto, divenire operativa per l'ingiustificato ritardo del presidente del tribunale nella comunicazione del prescritto avviso, di cui con disposizione solo ordinatoria viene prescritta l'immediatezza. La risoluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale appare, infine, indubbiamente rilevante e pregiudiziale rispetto alla definizione dei ricorsi sottoposti a questa Corte, risultando, in punto di fatto, documentalmente provato (v. ff. 1 e 2) che il deposito della richiesta di riesame nella cancelleria del tribunale avvenne in data 23 ottobre 1996 e che solo in data 2 novembre 1996 il presidente dispose che ne fosse dato avviso all'autorita' procedente, non opinabile, pertanto, apparendo l'inosservanza dell'obbligo di immediatezza di cui al comma 5 dell'art. 309 c.p.p., da intendersi come equivalente alla prescrizione di provvedere non appena sia configurabile la possibilita' materiale e giuridica dell'adempimento: l'accoglimento della sollevata eccezione, sancendo, ai fini della comminata perdita di efficacia dell'ordinanza custodiale, l'equiparazione del ritardo nell'avviso al ritardo nella trasmissione degli atti o nell'intervento della decisione, imporrebbe, invero, di dichiarare caducato il provvedimento coercitivo, cui gli indagati risultano tuttora sottoposti in forza dell'ordinanza del g.i.p. del tribunale di Lecce in data 1 agosto 1996.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenutane la rilevanza, dichiara la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., in relazione agli artt. 3, 13 e 24 Cost., nella parte in cui non e' prevista la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva in caso di non immediato avviso della presentazione della richiesta di riesame all'autorita' giudiziaria procedente; Sospende il procedimento in corso e dispone trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 9 giugno 1997 Il presidente: Pirozzi Il consigliere estensore: Gironi 97C1113