N. 723 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 agosto 1997
N. 723 Ordinanza emessa il 2 agosto 1997 dal pretore di Pescara nel procedimento penale a carico di Perfetto Sergio Processo penale - Misure cautelari personali - Custodia cautelare - Applicabilita', nel caso di pericolo di commissione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, soltanto se trattasi di delitti per i quali e' prevista la pena della reclusione non inferiore, nel massimo, a quattro anni - Inapplicabilita' di tale limite qualora la decisione sulla misura cautelare abbia luogo in sede di convalida di arresto - Mancata previsione - Irragionevolezza. (C.P.P. 1988, art. 274, lett. c)). (Cost., art. 3).(GU n.43 del 22-10-1997 )
IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza. Visti gli atti del procedimento nei confronti di Perfetto Sergio, nato a Pescara il 20 novembre 1977, ivi residente via Tavo n. 227, condotto di fronte a questa a.g. a seguito di arresto, per la relativa convalida ed il contestuale giudizio, sulla base dell'imputazione formulata dal p.m. con riferimento al delitto p. e p. dall'art. 385 c.p., per essersi allontanato dal luogo dove si trovava agli arresti domiciliari (in Pescara, in data 1 agosto 1997); Vista la richiesta del p.m. di convalidare l'arresto e di applicare nei confronti dell'arrestato la misura cautelare della custodia in carcere, per le ragioni illustrate in udienza; Vista l'istanza avanzata dallo stesso p.m., che ha chiesto sollevarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art. 274, lettera c), c.p.p., per contrasto con l'art. 3 Cost., nell'ipotesi in cui questo giudicante ritenga che il limite all'applicazione delle misure di custodia cautelare contenuto nell'ultimo periodo di tale disposizione si applichi anche in sede di convalida di arresto, con particolare riferimento al caso in cui si proceda per il delitto di evasione, e udite le conclusioni della difesa sul punto. Osserva 1. - Le osservazioni del p.m. appaiono condivisibili in quanto dall'art. 280, primo e secondo comma, c.p.p. si ricava che: A) tutte le misure cautelari personali coercitive ad esclusione della custodia in carcere (vale a dire: divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto/obbligo di dimora, arresti domiciliari e custodia cautelare in luogo di cura) possono essere applicate in presenza di delitti puniti con pena massima superiore a tre anni di reclusione; B) per l'applicazione della custodia cautelare in carcere, invece, occorre che si proceda per delitto punito con pena massima non inferiore a quattro anni. 2. - L'art. 391, quinto comma, c.p.p. e l'art. 3, d.-l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203), consentono l'applicazione delle misure coercitive, senza distinzioni, in deroga ai "limiti previsti dall'art. 280" quando il giudice procede alla convalida di un arresto operato in presenza di uno dei reati previsti dall'art. 381, secondo comma, c.p.p. oppure in caso di evasione (reati puniti tutti - tranne l'evasione aggravata - con pena massima non superiore a tre anni di reclusione). Tale deroga ai limiti posti dall'art. 280 c.p.p. e' ritenuta operante dalla giurisprudenza di legittimita' anche a seguito delle modifiche introdotte all'art. 280 c.p.p dalla legge 8 agosto 1995, n. 332: in questo senso v. Cassazione, sez. VI penale, 11 aprile 1996, Frappampina (massimata in CED). 3. - La disciplina normativa che deriva dagli artt. 280 c.p.p., 391 c.p.p., 3 legge n. 203/1991 (e dunque: il limite generale valido per tutte le misure coercitive, il limite specifico per la custodia in carcere, la deroga in caso di arresto) risulta stabilita a prescindere dal tipo di esigenza cautelare che viene posta a fondamento della misura applicata. 4. - Oltre a quanto sopra, occorre pero' tener conto, nell'applicazione delle misure cautelari personali, sia interdittive sia coercitive, di talune condizioni poste dalle norme che concernono le esigenze cautelari. Data la questione in trattazione, ditali condizioni interessano soltanto quelle che fanno riferimento alla pena per il reato per il quale si procede e dunque: A) la condizione posta dalla lettera b) dell'art. 274 c.p.p., che limita l'applicazione di qualunque misura cautelare personale (coercitiva o interdittiva) ai casi in cui il giudice "ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione"; B) la condizione posta dall'ultimo periodo della lettera c) dello stesso art. 274 c.p.p., che limita l'applicazione delle "misure di custodia cautelare" ai reati puniti con pena massima non inferiore a quattro anni, quando la misura viene invocata per il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per il quale si procede (limite introdotto dalla legge 8 agosto 1995, n. 332). 5. - L'espressione "misure di custodia cautelare", utilizzata in modo differenziato rispetto a quella di "custodia cautelare in carcere" in seno alla medesima fonte normativa (legge n. 332/1995), sembra doversi interpretare come comprendente, oltre alla custodia in carcere, gli arresti domiciliari e la custodia in luogo di cura, vale a dire tutte e tre le misure che in dottrina e giurisprudenza non di rado si trovano accomunate sotto la dizione sintetica di "misure custodiali", costituenti la specie maggiormente afflittiva delle misure cautelari personali coercitive. A conferma di cio' puo' richiamarsi l'ultimo comma dell'art. 284 c.p.p., dove si legge che "l'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare". 6. - Ne' l'art. 280 c.p.p., ne' gli artt. 391 c.p.p. e 3 legge n. 203/1991, fanno riferimento alcuno alle condizioni limitative poste dalle lettere b) e c) dell'art. 274 c.p.p. e dunque occorre ritenere che tali condizioni siano indifferenti al meccanismo di deroga indicato al punto 2: cio' vale a dire che esse sono operanti in ogni caso, anche quando ci si trova in sede di convalida di arresto. Una conferma a tale assunto puo' trarsi da ulteriori osservazioni: A) l'art. 274 c.p.p. e' collocato in una sede distinta da quella dell'art. 280 e precisamente nel capo contenente le "disposizioni generali" sulle misure cautelari personali (mentre, come detto, l'art. 280 concerne soltanto le misure cautelari personali coercitive); B) l'art. 274 lettera c) fa riferimento, nel porre la condizione limitativa, alle "misure di custodia cautelare", mentre l'art. 280, secondo comma, menziona specificamente la "custodia cautelare in carcere" (e dunque non puo' considerarsi norma che semplicemente recepisce e ribadisce il medesimo limite posto dall'art. 274 c.p.p.). 7. - Dal quadro che precede si ricava una sostanziale incongruenza della disciplina normativa in questione, sino al limite dell'irragionevolezza. Mentre infatti da un lato vi sono norme (artt. 381 e 391 c.p.p., 3 legge n. 203/1991) che consentono l'arresto e tendono a favorire l'applicazione di misure cautelari (senza distinzioni e quindi comprendendo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari) per reati puniti con pena massima non superiore a tre anni di reclusione, da altro lato l'art. 274 ed in particolare la sua lettera c) impedisce negli stessi casi l'applicazione di misure custodiali. Possono essere sottolineati, come risvolti di questa incongruenza, i seguenti dati: per i reati interessati dalle norme in esame si e' venuto a creare uno sbilanciamento di potesta' coercitiva dalla parte della polizia giudiziaria: mentre infatti a questa continua ad essere riconosciuta la potesta' di privare un soggetto integralmente, anche se provvisoriamente, della liberta' personale operando l'arresto, al giudice e' impedito di applicare misure custodiali; l'art. 121 disp. att. c.p.p. impone al pubblico ministero di porre in liberta' l'arrestato quando ritiene di non dover richiedere a suo carico misure coercitive; ne deriva che per i reati in questione, palesandosi in molti casi inadeguata, a seguito di un arresto, una misura coercitiva non custodiale e non potendosi d'altra parte applicare misure custodiali, il pubblico ministero dovra' porre subito in liberta' l'arrestato, con evidente frustrazione della ratio delle norme che consentono l'arresto; alla luce dei presupposti dell'arresto in flagranza - "gravita' del fatto" e/o "pericolosita' del soggetto" - l'esigenza cautelare che risulta piu' facilmente ricorrente e' proprio quella del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per il quale si procede; d'altra parte la condizione posta dalla lettera b) dell'art. 274 c.p.p. (probabilita' di irrogazione in concreto di pena superiore a due anni di reclusione) e' comunque fortemente limitativa della possibilita' di applicare misure cautelari anche nell'ipotesi in cui l'esigenza cautelare sia ravvisata nel pericolo di fuga, tenuto conto in particolare dei limiti edittali di pena stabiliti per il delitto di evasione; il terzo comma dell'art. 280 c.p.p. consente l'applicazione della custodia in carcere anche nel caso di reati puniti con pena massima inferiore a quattro anni di reclusione, in deroga al limite posto dal secondo comma dello stesso articolo, quando vi e' stata trasgressione alle prescrizioni della misura cautelare (evidentemente diversa dalla custodia in carcere) precedentemente applicata; questa deroga, pero', non opera nei confronti delle condizioni limitative poste dall'articolo 274 lettere c) e b), in quanto non contiene richiami a tali disposizioni: dunque, da un lato, si ha la possibilita' di sottoporre un soggetto a custodia carceraria per il (solo) fatto che questi abbia violato una misura cautelare coercitiva, mentre, da altro lato, vi e' comunque il divieto di applicazione non solo della custodia in carcere ma anche degli arresti domiciliari (e della custodia in luogo di cura) qualora vi sia pericolo di reiterazione del reato, che pure dovrebbe rappresentare circostanza di gravita' ed allarme sociale pari, se non superiori, a quelle della trasgressione delle prescrizioni di una misura; un limite rigido all'applicazione della custodia in carcere, analogo a quello contenuto nella lettera c) dell'art. 274 c.p.p., e' stato recentemente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 439/1995 si trattava della norma che impediva in ogni caso l'applicazione di detta misura nei confronti degli indagati/imputati malati di AIDS, anche nei casi in cui costoro reiteravano condotte criminose e/o si rendevano responsabili di ripetute evasioni dagli arresti domiciliari; ed e' da notare che il limite posto dalla lettera c) dell'art. 274 ostacola l'applicazione non soltanto della custodia in carcere, ma anche degli arresti domiciliari (nonche', si deve ritenere, della custodia in luogo di cura). 8. - Non sembra d'altra parte sufficiente ad escludere profili di irragionevolezza il fatto che nell'ordinamento giuridico vi siano fattispecie di reato per le quali e' prevista la possibilita' di arresto ma non anche quella di applicazione di misure coercitive (ed anzi cautelari in generale), come accade per le contravvenzioni p. e p. dall'art. 4, legge n. 110/1975, secondo quanto stabilito dall'art. 6, decreto-legge n. 122/1993, convertito nella legge n. 205/1993. Infatti - a parte agevoli considerazioni sulla peculiarita' dei reati disciplinati dall'art. 4 legge n. 110/1975, per i quali anche il solo arresto, unitamente al sequestro degli oggetti illecitamente portati, rappresenta una "cautela" efficace, trattandosi di fattispecie di reato tipicamente di pericolo ed anzi qualificabili come reati di ostacolo, che si caratterizzano per una anticipazione della soglia della punibilita' e per l'essere strumento diretto ad impedire o comunque ostacolare la commissione di altri, piu' gravi reati - occorre evidenziare che il vizio di contraddittorieta' della norma contenuta nell'art. 274, lettera c), c.p.p. risiede non tanto nel suo significato assoluto - quello di impedire misure custodiali per un certo tipo di reato - quanto nel suo contrapporsi alla disciplina derivante dal combinato disposto degli artt. 280 c.p.p. (regola generale), da un lato, e 391 c.p.p. e 3, legge n. 203/1991, (deroga in caso di arresto), dall'altro lato, e nel suo determinare un contrasto fra potere riconosciuto ala polizia giudiziaria ed intervento del magistrato (basti pensare che in virtu' del limite posto dall'ultimo periodo dell'art. 274, lettera c), c.p.p., nel caso di arresto di un evaso il pubblico ministero, non potendo invocare l'applicazione di misure custodiali e non avendo d'altra parte ragione logica alcuna di richiedere l'adozione di una misura cautelare meno affittiva di quella appena violata, dovrebbe sempre disporre l'immediata liberazione dell'arrestato in forza di quanto stabilito dall'art. 121 disp. att. c.p.p.: il che sembra palesemente contrastare con la valutazione fatta dal legislatore di consentire l'arresto dell'evaso anche fuori dei casi di flagranza). Puo' inoltre osservarsi che il limite posto dall'ultimo periodo dell'art. 274 lettera c) c.p.p. non consentirebbe di conseguenza al giudice la valutazione sull'adeguatezza e idoneita' della misura cautelare eventualmente richiesta, che resterebbe comunque di portata minore di quella appena violata. Sulla base di quanto sopra evidenziato appare a questo pretore non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 274, lettera c), c.p.p. - nella parte in cui non prevede che il limite all'applicazione delle misure di custodia cautelare contenuto nell'ultimo periodo di tale disposizione non si applichi nei casi in cui la decisione sulla misura cautelare abbia luogo in sede di convalida di arresto - per contrasto con il principio di ragionevolezza in relazione all'art. 3 della Costituzione. Ritenuta la rilevanza della questione per la definizione del procedimento in questione, in quanto non consente la conclusione del giudizio di convalida dell'arresto in relazione alla richiesta di misura cautelare avanzata dal p.m. ed osservato che il giudizio sul punto non puo' pertanto essere definito indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale innanzi prospettata.
P. Q. M. Visti gli articoli 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 1 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio a carico del nominato Perfetto Sergio (disponendone nel contempo, con separato provvedimento, l'immediata liberazione se non detenuto per altra causa); Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e che la presente ordinanza letta all'udienza sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pescara, addi' 2 agosto 1997 Il pretore: Cillo 97C1167