N. 736 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio - 29 settembre 1997
N. 736 Ordinanza emessa il 28 febbraio 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 29 settembre 1997) dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale, sul ricorso proposto da Saraval Dino contro la Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici o razziali e loro familiari superstiti. Pensioni - Assegno vitalizio di benemerenza ai perseguitati politici o razziali, loro familiari e superstiti - Mancata previsione, nella Commissione competente al riconoscimento dell'attribuzione del beneficio, della presenza di un esponente della comunita' ebraica, in analogia con quanto previsto per i tre componenti designati dall'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti. (Legge 10 marzo 1995, n. 96, art. 8, modificato dalla legge 8 novmebre 1996, n. 1317 (recte: 8 novembre 1956), art. 4; legge 22 dicembre 1980, n, 932, art. 4). (Cost., art. 3).(GU n.44 del 29-10-1997 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello iscritto al n. 07/PG/III del registro di segreteria, proposto dal signor Dino Saraval rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Brienza; contro la Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici o razziali e loro familiari superstiti avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Friuli-Venezia Giulia n. 27/G/1996 depositata addi' 14 febbraio 1996; Vista la sentenza impugnata resa tra le parti del presente giudizio; Visti gli atti di appello depositati unitamente alla sentenza impugnata; Uditi, alla pubblica udienza del 28 febbraio 1997, il relatore e l'avv. Luigi Brienza. Ritenuto in fatto Con la sentenza appellata la sezione giurisdizionale per la regione Friuli-Venezia Giulia respingeva il ricorso presentato dal sig. Dino Saraval avverso la determinazione della Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici e razziali n. 7864 del 22 giugno 1989, che gli negava il riconoscimento all'assegno vitalizio di benemerenza previsto dalla legge 22 ottobre 1980, n. 932, per ritenuta non idoneita' delle circostanze addotte dal ricorrente a configurare alcuna delle fattispecie cui la predetta normativa ricollega l'assegno stesso. La sentenza appellata, seguendo la linea interpretativa fatta propria dalla Commissione, ritiene che la locuzione "atti di violenza" contenuta nella legislazione in favore dei perseguitati razziali non possa ricomprendere le violenze morali, comunque derivanti dalla legislazione antirazziale del 1938, considerato che la diversa interpretazione condurrebbe al riconoscimento generalizzato del diritto all'indennita' in favore di tutti i cittadini di razza ebraica. Avverso tale decisione proponeva appello l'interessato, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Brienza, che, con atto depositato il 26 novembre 1966, sosteneva la insufficiente motivazione della sentenza, nonche' l'erronea e falsa applicazione dell'art. 1 della legge n. 96 del 1955. Conclusivamente pertanto viene chiesto l'accoglimento dell'iniziale ricorso, o, in via gradata, di ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge 10 marzo 1955, n. 96, come modificato dall'art. 4 della legge n. 1317/1996 e dall'art. 4 della legge n. 932/1980, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che della Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici razziali faccia parte un esponente della Comunita' ebraica. Alla pubblica udienza l'avv. Brienza ha confermato le argomentazioni e conclusioni dell'atto scritto insistendo sulla sollevata questione di legittimita' costituzionale. Considerato in diritto Preliminare al merito del ricorso e' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge 10 marzo 1955, n. 96, come modificato dall'art. 4 della legge n. 1317/1996 e dall'art. 4 della legge n. 932/1980, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che della Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici razziali faccia parte un esponente della Comunita' ebraica. Al riguardo e' da osservare che a norma delle leggi 10 marzo 1955, n. 96, 8 novembre 1956, n. 1317, 3 aprile 1961, n. 284, 24 aprile 1967, n. 261, 24 marzo 1968, n. 361 e 22 dicembre 1980, n. 932, i perseguitati razziali, al pari dei perseguitati politici antifascisti, hanno titolo ad un assegno di benemerenza, quando abbiano subito atti di violenza o sevizie da parte di persone alle dipendenze dello Stato o appartenenti a formazioni militari o paramilitari fascisti o emissari del partito (art. 1, lett. C, della legge 10 marzo 1955, n. 96). Ritiene il collegio che secondo la prevalente giurisprudenza richiamata dal giudice di primo grado nella locuzione "atti di violenza" non potrebbero ricomprendersi le violenze morali derivanti dall'assoggettamento dei cittadini di razza ebraica alle sanzioni previste dalla legislazione antirazziale del 1938, ma che, per evitare un riconoscimento generalizzato del diritto all'indennita' a tutti i cittadini di razza ebraica, occorre verificare se nei confronti del perseguitato razziale ed in applicazione della richiamata normativa siano state, in concreto, applicate vessazioni o restrizioni tali da configurare un fatto persecutorio apprezzabile e raffrontabile per natura e gravita' alle altre ipotesi previste dalla legge. Osserva ancora il collegio come gli accertamenti sopradescritti comportano indubbiamente valutazioni complesse, peraltro non diverse da quelle connesse alla concessione dell'assegno di benemerenza ai perseguitati politici. Assume allora rilevanza nella valutazione del provvedimento negativo impugnato - emanato dalla Commissione nonostante il riconoscimento dell'assoggettamento del ricorrente alle persecuzioni e restrizioni conseguenti alla emanazione in Italia delle leggi razziali - la considerazione che la predetta determinazione risulta assunta senza una rappresentanza nella Commissione di un esponente della Comunita' ebraica che, al pari dei rappresentanti dell'Associazione dei perseguitati politici, avrebbe potuto consentire alla Commissione di giungere a diversa valutazione esponendo elementi probatori e termini di raffronto non disponibili allo stesso interessato e, quindi al giudice competente. Tali possibilita' sarebbero state consentite ad un perseguitato politico, che vede nella composizione della Commissione, costituita da otto membri, collocati tre rappresentanti dell'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti. L'assenza nell'organo amministrativo collegiale, competente al riconoscimento delle benemerenze anche ai perseguitati razziali, di un esponente della loro Comunita' rende apprezzabile una disparita' di trattamento tra situazioni analoghe non consentita dall'art. 3 della Costituzione. Le suesposte considerazioni rendono rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale prospettata dalla difesa del ricorrente.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge 10 marzo 1955, n. 96, come modificato dall'art. 4 della legge n. 1317/1996 e dall'art. 4 della legge n. 932/1980, in relazione all'art. 3 della Costituzione nei termini esposti in parte motiva; Sospende il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 febbraio 1997. Il presidente: Schiavello 97C1180