N. 737 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 1997
N. 737 Ordinanza emessa il 28 maggio 1997 dal tribunale di Saluzzo nel procedimento penale a carico di Borello Agostino ed altri Gratuito patrocinio - Consulente tecnico di parte a spese dello Stato - Facolta' per l'imputato di godere degli effetti del beneficio limitatamente ai casi in cui e' disposta perizia - Disparita' di trattamento rispetto all'imputato ammesso al gratuito patrocinio che si sia avvalso di un consulente tecnico in costanza di perizia - Lesione del diritto di difesa. (Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 4, comma 2, primo inciso). (Cost., artt. 3, 24, comma secondo e terzo).(GU n.44 del 29-10-1997 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 4, comma 2, primo inciso, della legge 30 luglio 1990, n. 217, rubricata "Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti", per violazione degli artt. 3 e 24, commi 2 e 3, della Costituzione. Rilevato in fatto Nell'ambito del procedimento penale iscritto al n. 6/96 r.g. del tribunale di Saluzzo per i reati previsti e puniti agli artt. 2621 c.c. e 224, 217 e 223 legge fall. a carico di Borello Agostino piu' altri tre imputati (procedimento definito con sentenza resa in data 28 gennaio 1997), il predetto Borello veniva ammesso al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'art. 1 e seguenti della legge 30 luglio 1990, n. 217, con decreto di questo tribunale in data 21 febbraio 1997. In data 19 maggio 1997 veniva depositata presso la cancelleria la richiesta di liquidazione del compenso per la consulenza tecnica espletata, nell'interesse dell'imputato, dal dott. Sandro Aceto, commercialista in Torino, che aveva provveduto - depositando apposita relazione scritta acquisita dal tribunale all'udienza del 20 gennaio 1997 - ad analizzare la correttezza tecnico-contabile dei bilanci d'esercizio della societa' Sadorca S.p.A., il cui fallimento era stato all'ordine dei fatti contestati all'imputato. Il pubblico ministero, durante la fase delle indagini preliminari, non aveva disposto consulenza tecnica ai sensi degli artt. 359 e 360 c.p.p., ne' il Tribunale aveva disposto nel corso del dibattimento perizia contabile ex art. 220 e ss. c.p.p. Competente per l'emissione del decreto di liquidazione rimane il tribunale remittente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 32 disp. att. c.p.p. e 12, comma 2, della citata legge 30 luglio 1990, n. 217. Ritenuto in diritto Ravvisa il tribunale l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, primo inciso, della legge 30 luglio 1990, n. 217, che - a mente dell'art. 225, comma 2, c.p.p. - dovrebbe applicarsi alla presente fattispecie. Dispone infatti la suddetta norma che "Per i consulenti tecnici gli effetti di cui al comma 1 (ossia i benefici del gratuito patrocinio, n.d.r.) si producono limitatamente ai casi in cui e' disposta perizia", con cio' integrando - a giudizio di questo tribunale - la violazione del diritto di difesa, con particolare riferimento ai cittadini non abbienti, garantito dall'art. 24, commi secondo e terzo della Costituzione, nonche' del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 1.a. - Sotto la prima censura di incostituzionalita' - al fine di dimostrarne la manifesta fondatezza - si premette un breve ma necessario excursus sull'evoluzione normativa del diritto dell'imputato a difendersi non solo attraverso il patrocinio dell'avvocato, bensi' anche ricorrendo all'ausilio di un consulente tecnico, che possa assicurargli un'adeguata e compiuta difesa in materie (come quella contabile nella fattispecie) ove necessitano particolari competenze tecniche. La facolta' per l'imputato di nominare un consulente tecnico al di fuori dei casi in cui fosse disposta perizia da parte dell'autorita' giudiziaria, non era espressamente prevista dall'abrogato Codice di rito penale del 1930 - che prevedeva agli artt. 323 e 324 soltanto la nomina di consulenti tecnici in occasione di incarico peritale - anche se la prassi giudiziaria ben conosceva la figura del c.d. perito stragiudiziale, le cui indicazioni tecniche (prive di valore probatorio intrinseco) avevano al massimo la dignita' di semplici memorie difensive, da sottoporre eventualmente all'attenzione del giudice procedente. Con l'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale del 1988, interveniva l'art. 233, che espressamente formalizzava tale ricordata prassi, prevedendo che, fuori dai casi in cui sia stata disposta perizia (per i quali sovviene l'art. 230 c.p.p.), "ciascuna parte puo' nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti tecnici". Gia' all'indomani della riforma del processo penale non erano mancate opinioni dottrinarie, pur autorevoli, che ritenevano - sulla scorta anche dei ragguagli interpretativi espressi dalla Relazione al progetto preliminare del Codice di procedura penale (in Gazzetta Ufficiale, serie generale, 24 ottobre 1988, n. 250, pag. 66) - che la ratio dell'art. 233 c.p.p. fosse nel senso di riconoscere alla consulenza extraperitale una funzione, tuttalpiu', "sollecitatoria" della perizia giudiziale (l'unica che potesse rivestire la dignita' di prova in dibattimento), ovvero una funzione meramente "illustrativa" al giudice (o al pubblico ministero ex art. 360 c.p.p.) cfrca l'opportunita' del conferimento di un incarico peritale. Tuttavia, una siffatta interpretazione - che, di fatto, disconosceva alla consulenza extraperitale una dignita' superiore a quella della semplice memoria difensiva - mal si conciliava con lo spirito accusatorio del nuovo Codice, nonche' con il principio dispositivo della prova ex art. 190 c.p.p., e, soprattutto, dimostrava di trascurare la piena conformita' dell'art. 233 c.p.p. alla garanzia costituzionale del diritto di difesa. Non solo: essa pure contraddiceva il dato sistematico del nuovo rito penale, che, al contrario, attribuisce alla consulenza tecnica di parte autentico valore probatorio. Basti pensare al disposto dell'art. 422 c.p.p., laddove consente al g.u.p. di ammettere l'audizione di consulenti tecnici di parte quando tale prova appaia manifestamente decisiva per la decisione (ed e' chiaro che trattasi dei consulenti ex art. 233 c.p.p., in quanto gli eventuali consulenti "peritali" hanno gia' esercitato il proprio contributo nella fase delle indagini preliminari o nell'incidente probatorio). Si pensi altresi' all'art. 38, comma 1, disp. att. c.p.p., che prevede espressamente la facolta' per i difensori di avvalersi, al fine di esercitare il diritto alla prova, dell'opera di consulenti tecnici. Neppure sono mancati segnali della giurisprudenza di legittimita' questo processo di "valorizzazione" della funzione difensiva della consulenza tecnica extraperitale ex art. 233 c.p.p., in quanto alcune pronunce della suprema Corte di cassazione - interpretando cosi' l'art. 501 c.p.p. - hanno addirittura equiparato il consulente tecnico al testimone, affermando che "...la corte puo' legittimamente desumere elementi di prova dall'esame dei consulenti tecnici dei quali le parti abbiano chiesto l'ammissione, la cui posizione e' in tutto assimilata a quella dei testi, senza necessita' di dover disporre ulteriore perizia" (Cass. sez. I, 13 giugno 1994, n. 6792; conforme, Cass. sez. VI, 16 marzo 1995, n. 2793). 1.b. - Da tutto quanto finora sostenuto si rileva la centralita' della "difesa tecnica" (meritevole di garanzia non meno della tradizionale difesa esercitata dall'avvocato) nel vigente processo "di parti", centralita' che risulta perdipiu' confermata (oltreche' da inequivoche e legittime tendenze de iure condendo circa la piena realizzazione della parita' processuale tra accusa e difesa) anche da altri non meno significativi elementi normativi: in primo luogo l'art. 103, commi 2 e 5, c.p.p., che assicura ai consulenti tecnici le stesse garanzie previste per i difensori; in secondo luogo gli arrt. 380 e 381 c.p., che puniscono, assieme al patrocinio, anche la consulenza infedele; in terzo luogo l'art. 200, comma 1 lett. b), c.p.p., che assicura anche ai consulenti tecnici, oltreche' ai difensori, la tutela del segreto professionale. Anche codesto collegio costituzionale ha avuto modo di esprimersi in subiecta materia, stabilendo autorevolmente come il consulente tecnico debba essere "...pacificamente ritenuto parte integrante dell'ufficio di difesa dell'imputato, nel cui interesse presta la propria opera di apporto tecnico, mediante argomenti, rilievi ed osservazioni che hanno sostanzialmente natura di atti difensionali" (Corte cost., 27 giugno - 4 luglio 1974, n. 199). 1.c. - Traendo quindi le conclusioni da questa premessa, appare ictu oculi lo stridente contrasto tra l'art. 4, comma 2, primo inciso, della legge 30 luglio 1990, n. 217, e l'art. 24, commi secondo e terzo, Cost., giacche' l'applicazione testuale di tale norma (che appare essere una secca replica dell'art. 3, comma 2, disp. att. c.p.p. 1930) importerebbe l'impossibilita' per l'imputato di godere dei benefici del gratuito patrocinio laddove - per esercitare il proprio diritto alla prova e alla difesa tecnica - avesse ritenuto necessario rivolgersi all'assistenza di un consulente tecnico ex art. 233 c.p.p. nei casi in cui non fosse stata disposta perizia. Cio' appare quanto piu' evidente in considerazione della finalita' di "difesa del cittadino non abbiente" perseguita dalla suddetta legge (art. 1), in precisa attuazione del precetto costituzionale di cui all'art. 24, comma terzo, della Costituzione, che assicura "ai non abbienti, con appositi istituti, mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione". Ma risulta comunque palese la violazione del diritto di difesa tout court - costituzionalmente garantito dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione - in quanto un cittadino non abbiente, che sia pur teoricamente in condizione di beneficiare del gratuito patrocinio, dovrebbe tuttavia rinunciare ad avvalersi di una consulenza di parte (a prescindere dal conferimento della perizia dibattimentale) per illustrare in chiave tecnica i propri argomenti difensivi all'autorita' giurisdizionale chiamata a giudicarlo. 2.a. - Il vizio di costituzionalita' della suddetta norma risulta parimenti evidente in riferimento al canone di eguaglianza, formale e sostanziale, espresso dall'art. 3 della Costituzione. La norma qui impugnata determina invero, sotto il profilo dell'eguaglianza formale, una ingiustificata e immotivata disparita' di trattamento tra l'imputato, ammesso il gratuito patrocinio, che si sia avvalso di un consulente tecnico in costanza di perizia (che puo' cosi' contare sull'accollo statale delle spese) e l'imputato, anch'egli ammesso al gratuito patrocinio, che invece non puo' ricorrere a tale ausilio difensivo (se non a proprie spese) quando non sia stata disposta perizia. 2.b. - Non meno manifesta la censurabilita' della norma de qua sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale; il fatto che venga disposta una perizia - decisione questa ovviamente rimessa alla discrezionalita' dell'autorita' giurisdizionale che puo' anche disporre perizia d'ufficio ex artt. 224 e 70 c.p.p., senza che le parti possano interferire in qualche modo in tale determinazione - assurge a irragionevole e arbitrario discrimen per il riconoscimento o meno all'imputato del beneficio in oggetto. 3. - Per cio' che riguarda, infine, il giudizio di rilevanza del motivo di incostituzionalita' qui rilevato, si fa presente che l'istanza di liquidazione proposta dal consulente tecnico di parte nel procedimento penale sopramenzionato, dovrebbe, allo stato, rigettarsi per inammissibilita', visto il divieto di legge; il che non consente dunque al tribunale di provvedere indipendentemente dalla risoluzione della presente questione di costituzionalita'. Ne', infine, puo' ritenersi superfluo il ricorso dell'imputato Borello Agostino all'ausilio di un consulente tecnico, data intrinseca complessita' delle imputazioni contestategli. Si ribadisce, infine, la piena convinzione maturata da questo tribunale in ordine alla necessita' della declaratoria di illegittita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, primo inciso, della legge 30 luglio 1990, n. 217, per contrasto con gli artt. 3 e 24, commi secondo e terzo, della Costituzione, nella parte in cui limita la facolta' per l'imputato di godere degli effetti del beneficio del gratuito patrocinio per i consulenti tecnici di parte ai soli casi in cui e' disposta perizia.
P. Q. M. Visto l'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il procedimento in corso; Ordina che a cura della cancelleria si notifichi il superiore provvedimento all'imputato, all'istante, al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri; Ordina che la presente ordinanza sia comunicata, a cura della cancelleria, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Data in Saluzzo, il 28 maggio 1997 Il presidente: Giordano 97C1181