N. 740 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 giugno 1997

                                N. 740
  Ordinanza  emessa  il  20  giugno  1997  dal pretore di Roma sezione
 distaccata di Tivoli nel procedimento  penale  a  carico  di  Ruggeri
 Giuliano
 Processo   penale   -  Giudizio  direttissimo  -  Fase  di  convalida
    dell'arresto  -  Relazione  dell'ufficiale  o   agente   di   p.g.
    procedente  e  dichiarazione  dell'arrestato  -  Assunzione con le
    forme dettate  per  la  fase  dibattimentale  ed  inserimento  dei
    rispettivi  atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per il
    dibattimento -  Omessa  previsione  -  Lesione  del  principio  di
    parita'  di  trattamento con gli altri imputati - Compressione del
    diritto di difesa - Violazione del  principio  di  indipendenza  e
    imparzialita' del giudice.
 (C.P.P.  1988,  artt.  34,  431 e 566; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271,
    art. 138).
 (Cost., artt. 3, 24, 25 e 27).
(GU n.44 del 29-10-1997 )
                              IL PRETORE
   Ha emesso la seuente ordinanza.
   Il 20 giugno 1997 i Carabinieri della stazione di Bagni  di  Tivoli
 traevano  in arresto Ruggeri Giuliano colto nella flagranza del reato
 di cui all'art. 385 c.p., nel termine di legge era presentato in tale
 stato, dinanzi a questo pretore per la convalida  ed  il  contestuale
 giudizio a norma dell'art. 566 c.p.p.
   Il  pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 20 giugno 1997
 e  disponeva  procedersi  immediatamente   al   giudizio   con   rito
 direttissimo.
   In  punto rileva che sussistono profili di incostituzionalita' come
 di  seguito  evidenziati:   sul   merito   com'e'   noto   la   Corte
 costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi la n. 149 e la
 432)   ha   rivisto   i   limiti   dell'incompatibilita'   prevenendo
 all'affermazione secondo cui anticipa il  giudizio  (tale  da  creare
 pre-giudizio) una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza
 dell'accusa.
   E,  con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti al
 pretore, ha dichiarato la  manifesta  infondatezza  della  questione,
 radicandola  sulla  circostanza che in tale eventualita' la convalida
 dell'arresto implica una valutazione sulla  riferibilita'  del  reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del  giudice  competente per il merito direttamente investito, cui e'
 devoluta la convalida e il contestuale giudizio al  quale  si  accede
 ogni  altro  provvedimento cautelare; aggiungendovi che,  "il giudice
 del dibattimento, al quale e' presentato l'imputato per  il  giudizio
 direttissimo,   si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la  convalida
 dell'arresto, sulla esistenza dei presupposti che gli  consentono  di
 procedere  immediatamente  al  giudizio  ed e' competente ad adottare
 incidentalmente misure cautelari, attratte nella  competenza  per  la
 cognizione del merito.
   Non    puo'    dunque    essere    configurata    una   menomazione
 dell'imparzialita' del giudice, che adotta decisioni  preordinate  al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle  superiori  argomentazioni  adottate  dalla Corte, si imponga la
 rivalutazione di aspetti di incostituzionalita' afferenti al  momento
 di  formazione  della  prova  per  la decisione di merito ed al tema,
 dunque,  della  corretta  utilizzazione  degli  elementi   di   prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero,  muovendo  dalla  indicata  premessa  che  il giudice della
 convalida e' il giudice di merito  solo  incidentalmente  chiamato  a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del  relativo  processo  e  posto  che, tale fase si snoda attraverso
 l'acquisizione di elementi di valutazione influenti sulla  formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte  proprie  dalle  regole vigenti per la fase di giudizio in modo
 che ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in  senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'  (altrimenti   riposante   solo   sulla   generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella  acquisizione  e  formazione  della  prova. In particolare cio'
 concerne i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione  orale
 dell'ufficiale  o  agente  di  p.g.  procedente e della dichiarazione
 dell'arrestato che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito"  ai
 fini di convalida.
   Poiche'  tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale fase
 incidentale e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale  e
 l'esame  dell'imputato,  a salvaguardare la loro compatibilita' con i
 parametri costituzionali rappresentati dall'art.  3  (sottospecie  di
 parita'   di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.  24
 (sottospecie di garanzie  difensive),  dagli  artt.  3,  24,  secondo
 comma,  25  e 27 secondo comma (sottospecie di interconnessione tra i
 richiamati profili con  quello  della  indipendenza  del  giudice  di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   dati
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla  formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)   a
 salvaguardare  come  detto,  la  loro  compatibilita'  con i suddetti
 parametri di costituzionalita' si  impone  il  rispetto  delle  forme
 previste  per  gli  atti  a  contenuto congenere nel dibattimento, in
 funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i  casi  di  incidente
 probatorio)  cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della
 loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In     conclusione     si     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art.  566  laddove  non  prescrive che la
 relazione  dell'ufficiale  o  agente  p.g.  procedente   nonche'   le
 dichiarazioni  dell'imputato  vengano  assunte  con rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138; disp. att. al c.p.p.    in  relazione  all'art.  431
 c.p.p.  laddove  non  prescrive  l'inserimento degli atti suddetti da
 acquisire nelle forme come dianzi individuate nel  fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E'  indubbia  la rilevanza della prospettata questione nel presente
 giudizio, che si trova proprio nella fase dibattimentale  conseguente
 alla   convalida   con   diretta   influenza,  dove  trovano  diretta
 applicazione le norme censurate.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1  e  23
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Solleva  di  ufficio  la  questione  di legittimita' costituzionale
 degli artt. 34, 431, 566 c.p.p.; 138 disp.att. c.p.p. per  violazione
 degli  artt.  3, primo comma; 24, secondo comma; 25, primo comma; 27,
 secondo comma della Costituzione;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale e sospende il processo in corso;
   Ordina  che  a  cura  della cancelleria l'ordinanza di trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del Parlamento.
   In Tivoli, cosi' pronunciata il 20 giugno 1997.
                           Il pretore: Croce
 97C1184