N. 758 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 1996- 9 ottobre 1997

                                N. 758
  Ordinanza  emessa   l'11   aprile   1996   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  9  ottobre  1997)  alla  Corte  dei conti sezione
 giurisdizionale   per   la   regione   Puglia   nel    giudizio    di
 responsabilita',  promosso dal Procuratore regionale nei confronti di
 Leo Pasquale.
 Poste e telecomunicazioni - Ente Poste  italiane  -  Controversie  in
    materia  di  contabilita'  pubblica  - Devoluzione alla competenza
    dell'autorita' giudiziaria ordinaria - Violazione del principio di
    eguaglianza sostanziale - Incidenza sulle attribuzioni della Corte
    dei conti.
 (D.-L. 1 dicembre 1993, n. 487, art. 10).
 (Cost., artt. 103, comma secondo, e 3, comma secondo).
(GU n.45 del 5-11-1997 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio    di
 responsabilita',  iscritto  al  n.  351/R del registro di segreteria,
 promosso dal procuratore  regionale  nei  confronti  del  signor  Leo
 Pasquale,   rappresentato   e  difeso  in  giudizio  dall'avv.  Italo
 Foggetti;
   Uditi nella pubblica udienza  dell'11  aprile  1996,  il  relatore,
 nella  persona  del  primo  referendario dott. Vittorio Raeli; l'avv.
 Italo Foggetti, per il convenuto ed il procuratore  regionale,  nella
 persona del procuratore regionale, dott. Giuseppeantonio Stanco;
   Visto  l'atto  di  citazione,  iscritto al n. 303/r del registro di
 segreteria;
   Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
                           Ritenuto in fatto
   Il   procuratore  regionale,  con  atto  di  citazione  ritualmente
 notificato il 17 gennaio 1996, ha convenuto innanzi a questa  sezione
 giurisdizionale  il  signor  Leo Pasquale per sentirsi condannare, in
 favore dell'Ente "Poste italiane", al pagamento della somma  di  lire
 362.464.710,  oltre agli interessi legali ed alle spese di giustizia,
 per  essersi   reso   responsabile   di   comportamenti   fraudolenti
 consistenti  in  appropriazioni  di somme di denaro, relative a n. 48
 libretti di risparmio, consumate nel periodo dal 30 maggio 1988  fino
 al  31  dicembre  1993  ai  danni  dei  cittadini utenti dell'agenzia
 postale di Casamasella (Lecce), nella quale prestava  servizio  nella
 sua qualita' di dirigente d'esercizio.
   Espone   l'organo   requirente   che,   a   seguito   di  ispezione
 straordinaria espletata a partire  dal  26  aprile  1995,  presso  la
 suddetta agenzia P.T. era emerso che il convenuto, operando su n. 107
 libretti,   si  era  appropriato,  frau-dolentemente,  di  una  somma
 complessiva  superiore  al  miliardo,  e,   propriamente,   di   lire
 1.044.786.050, annotando sui libretti degli utenti le operazioni come
 realmente   effettuate   dagli   interessati,  mentre  sui  documenti
 conservati per l'ufficio e su quelli di partecipazione alla direzione
 provinciale riportava somme differenti:  ossia, importi inferiori per
 le operazioni di deposito ed importi superiori per i rimborsi.
   In  particolare  per  le  operazioni  di  deposito,  il   contabile
 utilizzava  le  ricevute  mod. D1 e verosimilmente usando la semplice
 tecnica dell'eliminazione  della  carta  carbone  tra  le  prime  due
 matrici,  consegnava ai depositanti la ricevuta attestante l'avvenuto
 deposito, le cui  scritture  concordavano  tra  libretto  e  mod.  D1
 consegnato;  mentre il mod. D1 conservato in ufficio e quello rimesso
 alla  direzione  provinciale  attestavano  l'avvenuto  deposito   sui
 libretti  di risparmio postale, contraddistinti dai numeri 898 e 1044
 - intestati al presidente del Circolo sport e tempo libero -  di  cui
 aveva  la  gestione,  per  un  importo quasi sempre minore rispetto a
 quanto depositato.
   Per i rimborsi, verosimilmente il  convenuto  faceva  sottoscrivere
 per  ricevuta,  dagli  utenti,  l'apposita cedola prima che la stessa
 fosse stata  compilta  nella  sua  interezza,  talche'  sulla  stessa
 veniva,  poi,  riportata,  per  l'uso dell'amministrazione, una somma
 superiore.
   In sede penale, il Leo, che in relazione ai fatti di causa e' stato
 denunciato all'autorita' giudiziaria e sottoposto a misure  cautelari
 privative della liberta' personale - custodia cautelare in carcere e,
 poi,  arresti  domiciliari  -,  ha  parzialmente ammesso gli addebiti
 contestatigli, adducendo di essere  stato  indotto  a  commettere  le
 operazioni  fraudolente  per  fronteggiare le spese conseguite ad una
 grave malattia della moglie.
   Il predetto, in un primo tempo sospeso cautelarmente dal  servizio,
 successivamente  con  provvedimento,  in  data  28  giugno  1995, del
 direttore della sede Puglia dell'"Ente Poste",  e'  stato  licenziato
 senza preavviso con effetto dal 4 luglio 1995.
   Il p.m., ritenuta la giurisdizione di questa Corte per gli illeciti
 consumati  entro  il  31  dicembre  1993 pur dopo l'entrata in vigore
 dell'articolo  1,  comma  1,  del  d.-l.  1  dicembre  1993,  n.  487
 (convertito  con legge 29 gennaio 1994, n. 71), che ha trasformato, a
 decorrere  dal  1  gennaio  1994,  l'amministrazione  delle  Poste  e
 telecomunicazioni  in  Ente  pubblico  economico "Poste Italiane", ha
 contestato, dunque, al Leo di  essersi  appropriato  fraudolentemente
 delle   somme   di   denaro   gia'   pervenute  nella  disponibilita'
 dell'amministrazione PP.TT., cagionando alla  stessa  un  danno  pari
 all'importo  di  L.  362.464.710,  essendo  tenuta  nei confronti dei
 depositanti  all'adempimento  delle  obbligazioni  risultanti   dalla
 documentazione  agli  stessi  regolarmente  rilasciata ed attestativa
 delle operazioni dai medesimi effettuate.
   Gli artifizi posti in essere dal  convenuto  per  la  perpetrazione
 delle  frodi,  nonche'  la  ripetitivita' degli episodi appropriativi
 sarebbero di ostacolo, ad avviso del p.m., all'esercizio  del  potere
 riduttivo.
   Con   decreto   presidenziale   del  10  ottobre  1995,  confermato
 nell'udienza del 22 novembre 1995 con  provvedimento  del  magistrato
 designato  (depositato  in  segreteria il 29 novembre 1995), e' stato
 accordato  il  sequestro  conservativo,  a  cautela   delle   ragioni
 dell'Ente  danneggiato,  di  tutte le somme dovute al Leo a titolo di
 indennita' di fine rapporto e di eventuali arretrati, nonche'  di  un
 quinto del trattamento pensionistico al medesimo spettante, fino alla
 concorrenza di lire 362.464.710.
   Si   e'  costituito  in  giudizio  il  convenuto  mediante  memoria
 dell'avv.  Italo Foggetti, depositata in segreteria il 25 marzo 1996.
   Il  difensore  ha  eccepito,   preliminarmente,   il   difetto   di
 giurisdizione di questa Corte, trovando la stessa il limite temporale
 del 31 dicembre 1993.
   Nel merito, ha eccepito:
     il  difetto  di prova del denaro e del suo ammontare, non essendo
 sufficiente da solo il richiamo alle comunicazioni dell'ente P.T.  ad
 assolvere l'onere della  prova  dell'attore,  senza  altri  riscontri
 oggettivi;
     il  rilascio  da parte del convenuto di dichiarazioni confessorie
 sulla commissione dei fatti limitatamente al biennio 1993-1995;
     la necessita' di far fronte sul piano economico, improvvisamente,
 a gravi situazioni determinatesi nella sua famiglia (il tumore  della
 moglie  e la patologia all'apparato visivo del figlio, che si risolse
 in breve nella cecita').
   Ha invocato,  pertanto,  l'assoluzione  del  Leo,  con  conseguente
 revoca  del  provvedimento  di  sequestro  e,  in via subordinata, la
 riduzione (ex art. 52 del t.u. n. 1214 del 1934) del danno fino  alla
 concorrenza   della   somma   per  la  quale  e'  stato  adottato  il
 provvedimento di sequestro.
   Infine, in via istruttoria, nel caso  di  ritenuta  responsabilita'
 del  convenuto,  il difensore ha chiesto l'acquisizione di consulenza
 tecnica volta ad accertare e quantificare  il  pregiudizio  economico
 arrecato   all'ente  P.T.  nel  periodo  1988-1993  e  dell'attestato
 dell'ente  sulle  ispezioni  effettuate  durante  il  detto   periodo
 nell'agenzia di Casamassella e loro esito.
   Alla   pubblica   udienza  dell'11  aprile  1996,  le  parti  hanno
 confermato le rispettive richieste.
                        Considerato in diritto
   1. - Ritiene questa Sezione, d'ufficio, di sollevare  questione  la
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 10 del d.-l. 1 dicembre 1993,
 n. 487, convertito (con modificazioni) nella legge 29  gennaio  1994,
 n.  71,  nella  parte  in  cui  devolve  alla  autorita'  giudiziaria
 ordinaria  ogni  controversia  concernente le materie di contabilita'
 pubblica di pertinenza dell'"Ente Poste",  in  quanto  ente  pubblico
 economico.
   Ed  invero,  la  predetta  disposizione  va  interpretata alla luce
 dell'indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente della Corte
 di cassazione che ammette la giurisdizione della Corte dei  conti  in
 materia  di responsabilita' amministrativa e contabile dei dipendenti
 e  degli  amministratori  degli  enti  pubblici  economici  solo   in
 relazione a quegli atti che si configurino come espressione di poteri
 di  autorganizzazione  e, viceversa, la esclude per quegli atti posti
 in essere, come nella fattispecie, nell'a'mbito  della  gestione  con
 strumenti  privatistici  dell'attivita' imprenditoriale di detti enti
 (Cass. s.u. 1282/1982; Cass. s.u. 6178/1983;  Cass.  s.u.  6179/1983;
 Cass. s.u. 6444/1985; Cass. s.u. 2489/1988).
   2.  - Cosi' interpretata nel "diritto vivente", la norma si pone in
 contrasto con gli artt. 103, secondo comma, e 3, primo  comma,  della
 Costituzione.
   2.1.  -  Sotto  il  primo  profilo,  rileva  il  Collegio che ad un
 iniziale   orientamento   espansivo   della   Corte   costituzionale,
 favorevole  ad  affermare  il  carattere assolutamente generale della
 giurisdizione della Corte dei conti (sent. n. 110 del 1979  e  n.  68
 del  1971),  e'  subentrato  nella  giurisprudenza  costituzionale (a
 partire  dalla  sentenza  n.  641  del  1981)   un   indirizzo   piu'
 restrittivo,  volto  a  riaffermare  il  carattere  tendenziale della
 giurisdizione della Corte dei conti e, pertanto, la necessita'  della
 interpositio legislatoris, "al quale sono rimesse valutazioni che non
 toccano  solo  gli aspetti procedimentali del giudizio, investendo la
 stessa disciplina sostanziale della responsabilita'" (sentenza n.  24
 del  1993). E nella disciplina sostanziale della responsabilita' sono
 state fatte rientrare le "Apposite qualificazioni legislativi e  (le)
 puntuali  specificazioni  non  solo  rispetto  all'oggetto  ma  anche
 rispetto ai soggetti" (sentenza n. 641 del 1987 cit.).
   Tale orientamento e' stato ribadito, di recente, nella sentenza  n.
 385  del  1996,  con l'aggiunta significativa che la discrezionalita'
 del   legislatore   "deve   essere   circoscritta   all'apprezzamento
 ragionevole dei motivi di carattere ordinamentale e, particolarmente,
 di   quelli   riconducibili   agli  equilibri  costituzionali"  nella
 "definizione concreta della materia di contabilita' pubblica".
   Venendo  al  caso  di   specie,   nel   quale   si   tratta   della
 responsabilita'  per  danno  erariale dei dipendenti dell'ente "Poste
 Italiane", non sembra a questa sezione che risponda a razionalita' la
 scelta  legislativa  di  attribuire  la  giurisdizione   al   giudice
 ordinario, in quanto la Corte dei conti, non il giudice civile, forma
 garanzia   per   l'ordinamento,   perche'   il  riconoscimento  della
 giurisdizione contabile comporta la sostituzione della legittimazione
 attiva  dell'ente  nei  riguardi  dei  propri   dipendenti   con   la
 legittimazione  attiva  del pubblico ministero ai sensi dell'art. 195
 del regolamento di contabilita' 23 maggio 1924, n.  827  e  dell'art.
 43, comma 1, del regolamento di procedura 13 agosto 1933, n. 1038. Il
 giudizio  di responsabilita' innanzi alla Corte dei conti e, infatti,
 caratterizzato dalla costante presenza e dalla attiva  partecipazione
 del  pubblico  ministereo,  sempre  e  soltanto  nell'interesse della
 legge.
   La  questione  in  parola  si  differenzia,  percio', da ogni altra
 questione di giurisdizione, perche' qui si tratta non di  determinare
 soltanto il giudice su un ambito di controversie dato ed indipendente
 della  soluzione della questione medesima, bensi' di rendere, o meno,
 praticamente promovibili, nell'interesse pubblico, azioni  che  senza
 una   legittimazione   officiosa  potrebbero  anche  non  essere  mai
 esercitate: ed infatti nel  regime  della  giurisdizione  contenziosa
 civile l'amministrazione interessata resta libera di agire o meno per
 il risarcimento del danno.
   Le  controversie  nelle  materie  di  contabilita' pubblica, che si
 togliessero  alla  Corte  dei  conti,   non   passerebbero,   dunque,
 necessariamente  al  giudice  civile,  ma in pratica potrebbero anche
 essere cancellate e soppresse.
   La norma impugnata, pertanto, e' sotto tale  profilo  in  contrasto
 con l'art. 103, secondo comma, della Costituzione.
   2.2.  -  Essa  e', inoltre, in contrasto con l'art. 3, primo comma,
 della   Costituzione,   inteso    come    principio    di    coerenza
 dell'ordinamento giuridico.
   Dalle vigenti disposizioni (art. 58, comma primo, legge n. 142/1990
 e  1,  legge  n.  20/1994), le quali prevedono la giurisdizione della
 Corte dei conti in materia di  responsabilita'  riguardo  a  tutti  i
 soggetti  appartenenti  agli  enti  pubblici  puo'  trarsi,  infatti,
 agevolmente il principio generale secondo cui la Corte dei  conti  ha
 giurisdizione,  nell'ordinamento giuridico, riguardo a tutti gli enti
 pubblici,  anche  economici,  sia  in  materia   di   responsabilita'
 amministrativa    che    di    responsabilita'   contabile;   essendo
 riconducibili a questi  due  a'mbiti  tutta  l'attivita'  degli  enti
 stessi,  attesa  l'assoluta  prevalenza  dell'elemento  pubblicistico
 nella loro struttura soggettiva, nel loro  patrimonio  e  nelle  loro
 finalita'  istituzionali.  Del  che  nella fattispecie si ha la prova
 evidente, dal momento che l'ente "Poste Italiane" svolge  esattamente
 le  stesse  attivita',  con    gli  stessi mezzi ed agli stessi fini,
 dell'amministrazione-azienda cui e' subentrata, alla quale  di  certo
 non  mancava, almeno in potenza, la propensione a conseguire profitti
 aziendali.
   3. - Oltre  che  non  manifestamente  infondata,  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  sollevata  d'ufficio  si  presenta come
 rilevante. Cio' in quanto, la natura  sindacatoria  del  giudizio  di
 responsabilita'   amministrativo-contabile  giustifica  l'ampliamento
 dell'oggetto del presente giudizio al maggior danno in  relazione  ai
 fatti  successivi  al  1  gennaio  1994  (non contestati dal Pubblico
 ministero  per  effetto  della  preclusione   normativa   della   cui
 costituzionalita'  si  dubita),  essendo  l'allargamento  del petitum
 ritenuto da questa Sezione necessario ai  fini  decisori,  attesa  la
 continuita'  e  la  conseguenzialita'  tra  i fatti predetti e quelli
 contestati;  e,  dunque,  la  conseguente  necessita'  di  una   loro
 cognizione complessiva per una pronuncia secondo giustizia.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134  della Costituzione e 23, commi 2 e 3, della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 10 del d.-l. 1 dicembre 1993,
 n. 487 (convertito, con modificazioni, nella legge 29  gennaio  1994,
 n.  71),  nella  parte  in  cui  devolve  alla  autorita' giudiziaria
 ordinaria  le  controversie  nelle  materie  di contabilita' pubblica
 riguardanti l'ente "Poste Italiane", per contrasto, nei sensi di  cui
 in motivazione, con gli artt. 103, secondo comma, e 3, secondo comma,
 della Costituzione.
   Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti,  a  cura  della
 segreteria, alla Corte costituzionale,  sospendendo  conseguentemente
 il    processo   sino   all'esito   del   giudizio   incidentale   di
 costituzionalita';
   Dispone che, a cura della segreteria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alle parti, e
 sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e  del  Senato
 della Repubblica.
   Cosi'  provveduto in Bari, nella camera di consiglio dell'11 aprile
 1996.
                        Il presidente: De Rose
                                                    L'estensore: Reali
 97C1204