N. 311 SENTENZA 15 - 22 ottobre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Minori  -  Incompatibilita'  con  la  funzione  di
 giudice dell'udienza preliminare del g.i.p. che si sia pronunciato in
 ordine  alla misura cautelare personale nei confronti dell'imputato -
 Omessa previsione - Riferimento alla sentenza della Corte n. 155/1996
 -  Pregiudizio  dell'imparzialita'  del  giudice   -   Illegittimita'
 costituzionale - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 25 e 101).
 
(GU n.44 del 29-10-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof. Carlo MEZZANOTTE,      avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse:
    1) il 16  settembre  1996  dal  giudice  dell'udienza  preliminare
 presso  il  tribunale  per  i  minorenni di Catania, nel procedimento
 penale a carico di G.G., iscritta al n. 1310 del  registro  ordinanze
 1996  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50,
 prima serie speciale, dell'anno 1996;
    2) il 10 dicembre 1996 dal giudice dell'udienza preliminare presso
 il tribunale per i minorenni di Trieste, nel  procedimento  penale  a
 carico di S.G. ed altri, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 1997
 e  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio  del  18  giugno  1997  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale per i
 minorenni di Catania ha sollevato, con  ordinanza  del  16  settembre
 1996  (r.o.  1310 del 1996), questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., in riferimento agli artt.  3,
 primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 27, secondo comma  e
 101, secondo comma, della Costituzione.
   Nell'ordinanza di rinvio si premette che il presidente del collegio
 chiamato a trattare l'udienza preliminare e' lo stesso magistrato che
 in   precedenza,  quale  giudice  per  le  indagini  preliminari,  ha
 disposto, contestualmente alla convalida dell'arresto  in  flagranza,
 la  misura  della custodia cautelare in istituto penale per minorenni
 nei confronti dell'indagato.
    Il   rimettente   richiama   i  numerosi  interventi  della  Corte
 costituzionale sull'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., che  ne  hanno
 ampliato l'ambito di applicazione in vista del piu' rigoroso rispetto
 del principio del "giusto processo", nel suo aspetto della necessaria
 imparzialita'  del  giudice, riconoscendo l'incostituzionalita' della
 citata norma in tutte le mancate previsioni di incompatibilita'  alla
 funzione giudicante - quale si ravvisa in ogni decisione in ordine ai
 profili  della  responsabilita', della colpevolezza e del trattamento
 penale - a causa di una precedente pronuncia  su  temi,  come  quello
 della  liberta'  personale,  che  rappresentano  un'anticipazione del
 merito, effettuata secondo criteri omogenei di valutazione, come,  ad
 esempio, per il profilo del giudizio prognostico sulla concedibilita'
 del  beneficio  della  sospensione condizionale della pena (art. 275,
 comma 2-bis cod. proc.  pen.).  In  particolare,  il  giudice  a  quo
 riporta  alcuni  passaggi  della sentenza n. 155 del 1996 della Corte
 costituzionale.
   Relativamente allo svolgimento  dell'udienza  preliminare,  osserva
 poi il rimettente, proprio i princi'pi elaborati dalla giurisprudenza
 costituzionale  in  tema  di  incompatibilita' pongono in risalto una
 fondamentale distinzione tra processo ordinario e processo minorile.
   Nel processo penale ordinario, le ipotesi nelle  quali  il  giudice
 dell'udienza  preliminare e' chiamato a una funzione di giudizio sono
 identificabili solo nello svolgimento dei  riti  alternativi,  con  i
 quali  il  giudice  definisce  nel  merito il processo; fuori di tali
 casi,  il   giudice   dell'udienza   preliminare   non   svolge   una
 giurisdizione  piena  di merito, limitandosi a verificare se vi siano
 elementi sufficienti al passaggio alla fase dibattimentale,  con  una
 valutazione  che,  anche  dopo l'ampliamento della regola stabilita a
 tale riguardo (art. 425 cod. proc. pen., come modificato dalla  legge
 8  aprile  1993,  n.  105),  non  integra  il  "giudizio"  nel  senso
 anzidetto.
   Sono diverse la struttura e la  funzione  dell'udienza  preliminare
 nel  processo  minorile,  che  e'  caratterizzata  in  modo del tutto
 peculiare,  "tanto  da  potersi  considerare  in   se'   quale   rito
 alternativo".
   Nell'udienza    preliminare    minorile,   infatti,   l'alternativa
 proscioglimento-rinvio a giudizio non e' necessitata e  anzi  risulta
 in  concreto  la meno frequente. Al termine dell'udienza preliminare,
 il giudice ha diverse possibilita' di conclusione  del  procedimento,
 tutte  aventi  contenuto  decisorio:  puo'  sospendere  il processo e
 mettere  alla  prova  l'imputato,  con  successiva  declaratoria   di
 estinzione  del reato in caso di esito positivo della prova (artt. 28
 e 29 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448,  recante  le  disposizioni
 sul  processo penale a carico di imputati minorenni); puo' dichiarare
 non luogo a procedere per irrilevanza del fatto (artt. 27  e  32  del
 d.P.R.  citato), per concessione del perdono giudiziale o per difetto
 di imputabilita' o per incapacita' di intendere e di volere (artt. 26
 e 32 del d.P.R. citato); puo', ancora, disporre l'applicazione di una
 sola sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria (art. 32, comma 2,
 dello stesso d.P.R.).  Ed e' il contenuto decisorio di tali esiti che
 spiega  la   composizione   collegiale   del   giudice   dell'udienza
 preliminare in questione (art.  50-bis dell'ordinamento giudiziario).
   Queste  ipotesi  presuppongono  una  valutazione e un convincimento
 sulla colpevolezza,  in  base  allo  stato  degli  atti  disponibili,
 poiche' le formule elencate possono essere adottate se e in quanto un
 fatto-reato sussista e l'imputato lo abbia commesso (come, del resto,
 si  desume dalla sentenza n. 77 del 1993 della Corte costituzionale);
 ne e' riprova la facolta' di  opposizione  (artt.  32  e  32-bis  del
 d.P.R.   richiamato) dinanzi al Tribunale per i minorenni, attribuita
 all'imputato (sentenza n. 77 del  1993)  proprio  per  recuperare  il
 giudizio dibattimentale, altrimenti evitato.
   Tutte le ipotesi ricordate costituiscono un "giudizio", dagli esiti
 non   preventivabili   in   anticipo.   Il   rispetto  dei  princi'pi
 costituzionali  (uguaglianza  di  trattamento,  diritto  di   difesa,
 precostituzione    del   giudice   naturale,   presunzione   di   non
 colpevolezza, terzieta' del giudice) che delineano il giusto processo
 impone dunque che alle suddette ipotesi venga applicata  la  medesima
 previsione   di   incompatibilita',   in   ragione  della  precedente
 valutazione sulla liberta' personale, a  presidio  dell'imparzialita'
 del   giudice.  Ne'  una  diversa  soluzione  potrebbe  giustificarsi
 sostenendo  che  al  processo  penale  minorile  debbano   accordarsi
 garanzie inferiori a quelle del processo ordinario.
   Il   rimettente   conclude   esponendo  che  osservazioni  analoghe
 potrebbero essere formulate relativamente a ulteriori e diversi casi,
 esemplificativamente indicati ma dichiaratamente  non  rilevanti  nel
 giudizio a quo.
   2.  -  Con  ordinanza  del  10  dicembre  1996 (r.o. 5 del 1997) il
 giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale per i  minorenni
 di  Trieste  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, cod.  proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  non
 prevede   che  non  possa  partecipare  all'udienza  preliminare  del
 processo a carico di imputati minorenni il giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia,  in  precedenza,  rigettato la richiesta del
 pubblico ministero per la declaratoria di non luogo a  procedere  nei
 confronti  del minore per irrilevanza del fatto, a norma dell'art. 27
 del d.P.R. n. 448 del 1988.
   Alla luce dei principi  affermati  dalla  Corte  costituzionale  in
 ipotesi  analoghe,  anche nel caso in esame, nel quale il giudice per
 le indagini preliminari ha conosciuto del  fatto  e  ha  espresso  un
 giudizio,   di   contenuto   e  non  formale,  sulla  responsabilita'
 dell'indagato, si configura - ad avviso del giudice a  quo  -  quella
 prevenzione   che   giustifica   l'incompatibilita'  alla  successiva
 ulteriore valutazione del  medesimo  fatto  nell'ambito  dell'udienza
 preliminare;  udienza che, nel processo minorile, e' sede processuale
 con "prevalente carattere decisorio". In difetto,  si  verificherebbe
 la  lesione  dei  parametri costituzionali dedotti (artt. 3, 24, 25 e
 101 della Costituzione).
                         Considerato in diritto
   1. - Il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale per  i
 minorenni   di   Catania  dubita  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   34, comma 2, cod. proc. pen.,  nella  parte  in  cui  non
 prevede   che  non  possa  partecipare  all'udienza  preliminare  del
 processo penale minorile, concorrendo  a  comporne  il  collegio,  il
 giudice  che,  in  qualita'  di  giudice per le indagini preliminari,
 abbia  disposto  una  misura  cautelare   personale   nei   confronti
 dell'imputato.
   Il  giudice  dell'udienza  preliminare  presso  il  tribunale per i
 minorenni  di  Trieste,  a  sua  volta,  dubita  della   legittimita'
 costituzionale  del medesimo art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella
 parte in cui  non  prevede  che  non  possa  partecipare  all'udienza
 preliminare  del  processo  minorile  quello stesso giudice che, come
 giudice delle indagini  preliminari,  abbia  rigettato  la  richiesta
 formulata dal pubblico ministero di sentenza di non luogo a procedere
 per  irrilevanza  del  fatto,  a  norma  dell'art.  27  del d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 448 (Disposizioni sul processo penale a carico  di
 imputati minorenni).
   In  entrambi  i casi, i giudici rimettenti ritengono l'esistenza di
 un pregiudizio del giudice che ne  compromette  l'imparzialita',  con
 violazione  del principio costituzionale del "giusto processo", quale
 risulterebbe dagli artt. 3, primo comma; 24, secondo comma; 25, primo
 comma; 27, secondo comma (parametro questo indicato  solo  dal  primo
 giudice) e 101, secondo comma, della Costituzione.
   2.-   Le   due   questioni,   riguardando   entrambe   problemi  di
 compatibilita'   del   giudice   alla   partecipazione    all'udienza
 preliminare  del  giudizio  penale  minorile  sotto  il  profilo  del
 rispetto dell'esigenza costituzionale di imparzialita'  del  giudice,
 possono essere riunite per essere decise in un'unica sentenza.
   3.-  La  questione  sollevata  dal giudice dell'udienza preliminare
 presso il tribunale per i minorenni di Catania e' fondata.
   Fuori discussione, dopo la sentenza  n.  432  del  1995  di  questa
 Corte,  confermata  in  varie  successive  occasioni,  e' l'esigenza,
 imposta dalla Costituzione,  di  escludere  la  possibilita'  che  il
 medesimo  giudice,  quale  persona  fisica,  possa  pronunciarsi  nei
 confronti del medesimo imputato, sia in sede cautelare personale, sia
 in sede di giudizio sul merito  dell'accusa.  Il  caso  proposto  dal
 giudice rimettente e' costituito, per l'appunto, da un giudice che si
 e' pronunciato in sede cautelare personale. L'esistenza dell'elemento
 pregiudicante  non puo' dunque essere negata. E' invece da verificare
 l'altro  termine  della  relazione   d'incompatibilita',   l'elemento
 pregiudicato.  A  tal  fine occorre chiarire la natura delle pronunce
 che possono essere  adottate  in  sede  di  udienza  preliminare  nel
 giudizio penale minorile.
   La  giurisprudenza  di  questa  Corte,  considerando che puo' farsi
 questione d'incompatibilita' del giudice in conseguenza di precedenti
 decisioni prese nel corso del procedimento solo in  quanto  egli  sia
 chiamato  a  rendere  un  giudizio  sul  merito  dell'accusa,  mentre
 all'attivita' cui il giudice  e'  chiamato  nell'udienza  preliminare
 deve  riconoscersi,  anche  dopo la modifica dell'art. 425 cod. proc.
 pen. operata dalla legge 8 aprile 1993, n. 105 (v. sentenza n. 71 del
 1996), una funzione essenzialmente processuale, in  quanto  controllo
 sulla  legittimita'  della  domanda di giudizio avanzata dal pubblico
 ministero  e  non  quale  giudizio  anticipato  rispetto   a   quello
 dibattimentale  (sentenza  n.   82 del 1993), e' ferma nell'escludere
 l'estensibilita'  della  regola  dell'incompatibilita'  prevista  nel
 comma  2  dell'art.  34  cod.  proc.    pen.  al giudice dell'udienza
 preliminare (sentenza n. 64 del 1991; ordinanze nn. 24, 232, 279, 333
 e 410 del 1996, e n. 97 del 1997).
   Tuttavia, nel processo penale  minorile  l'udienza  preliminare  si
 presenta  con  caratteristiche  tali da escludere la riferibilita' ad
 essa delle anzidette considerazioni, valide per  il  processo  penale
 comune.
   Deve  considerarsi  che nel processo penale a carico dei minori, il
 giudice dell'udienza preliminare - costituito da un collegio composto
 da un magistrato e da due giudici onorari, a norma dell'art.  50-bis,
 comma 2, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (inserito dall'art. 14 delle
 "Norme   per  l'adeguamento  dell'ordinamento  giudiziario  al  nuovo
 processo penale ed a quello a carico degli  imputati  minorenni",  in
 allegato  al  d.P.R.  22  settembre  1988,  n.  449)  - e' chiamato a
 prendere decisioni che non trovano riscontro nell'udienza preliminare
 del giudizio penale comune.
    In particolare, oltre a poter pronunciare  d'ufficio  sentenza  di
 non  luogo  a  procedere per irrilevanza del fatto (artt. 27 e 32 del
 d.P.R. n. 448 del 1988), puo' sospendere il processo e  mettere  alla
 prova  l'imputato  e, dopo non oltre tre anni o un anno a seconda dei
 casi, dichiarare  l'estinzione  del  reato,  prendendo  provvedimenti
 conseguenti  circa  l'affidamento  del  minorenne ai servizi minorili
 dell'amministrazione  della  giustizia  e   impartendo   prescrizioni
 dirette   alla   riparazione  delle  conseguenze  del  reato  e  alla
 conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato (artt. 28
 e 29); puo'  pronunciare  sentenza  di  non  luogo  a  procedere  per
 concessione   del  perdono  giudiziale  (art.  32,  comma  1)  o  (in
 conseguenza del rinvio operato dall'art. 32, comma  1,  all'art.  425
 cod.  proc. pen.) per difetto di imputabilita' (v. sentenza n. 41 del
 1993), nonche' sentenza di  condanna  a  sola  pena  pecuniaria  o  a
 sanzione sostitutiva (art.  32, comma 2).
   Questa  piu'  ampia  gamma  di  esiti  dell'udienza preliminare nel
 processo penale minorile, che e'  giustificata  dalla  necessita'  di
 evitare   fin   dove   e'  possibile  la  celebrazione  del  giudizio
 dibattimentale,  in  considerazione  delle   speciali   esigenze   di
 protezione  della  personalita'  dei  minori coinvolti, fa si' che la
 funzione di tale udienza non possa  ritenersi  di  natura  analoga  a
 quella  dell'udienza  preliminare  nel  giudizio penale comune, cioe'
 esclusivamente processuale. Non potrebbe  ritenersi  che  il  giudice
 dell'udienza   preliminare   minorile   sia   chiamato   a   svolgere
 essenzialmente un'attivita' di  controllo  sull'azione  del  pubblico
 ministero  al  fine  di  aprire  o  chiudere  la  possibilita'  dello
 svolgimento del processo nella sede propria del dibattimento: la  sua
 e'  infatti  una  funzione di giudizio che include la possibilita' di
 adottare pronunce altrimenti riservate all'organo del dibattimento  e
 che  puo'  perfino  sfociare  in  una  sentenza  di condanna o in una
 sentenza che presuppone comunque l'accertamento della responsabilita'
 (v. sentenza n. 77 del 1993).
   Per le considerazioni che precedono circa la natura di alcune delle
 decisioni che il  giudice  dell'udienza  preliminare  e'  chiamato  a
 prendere,   il  riferimento  piu'  pertinente  che  puo'  farsi  alla
 giurisprudenza di questa Corte e' alla sentenza n. 155 del 1996,  con
 la  quale venne affermato che la precedente pronuncia in ordine a una
 misura cautelare personale nei confronti dell'imputato  determina  un
 pregiudizio  dell'imparzialita'  del giudice, qualora lo stesso venga
 chiamato nell'udienza  preliminare,  su  iniziativa  delle  parti,  a
 pronunciarsi  in  sede  di  giudizio abbreviato (artt. 438 e seguenti
 cod. proc. pen.), ovvero a  disporre  l'applicazione  della  pena  su
 richiesta   (artt.  444  e  seguenti  cod.  proc.  pen.).  Pur  nella
 diversita' delle situazioni, il  punto  comune  e'  rappresentato  da
 pronunce  terminative  del  giudizio  che  contengono o presuppongono
 l'affermazione di responsabilita' dell'imputato. La  possibilita'  di
 tali   pronunce   dimostra   l'esistenza   di  un  giudizio,  con  la
 partecipazione   al   quale,   in   conseguenza   dell'esigenza    di
 imparzialita'  che  questa  Corte  in  numerose  pronunce ha ritenuto
 essere  aspetto  determinante  del  "giusto  processo"  voluto  dalla
 Costituzione,   deve   ritenersi  incompatibile  il  giudice  che  in
 precedenza si sia  pronunciato  in  ordine  a  una  misura  cautelare
 personale nei confronti del medesimo imputato.
   4.  -  La  questione sollevata dal giudice dell'udienza preliminare
 presso il tribunale per i minorenni di Trieste  e'  invece  infondata
 per  l'assenza di forza pregiudicante nella pronuncia del giudice per
 le indagini preliminari  che  respinge  la  richiesta  formulata  dal
 pubblico   ministero  di  sentenza  di  non  luogo  a  procedere  per
 irrilevanza del fatto.
   Contrariamente  a  quanto  asserito  dal  giudice  rimettente,   la
 valutazione  che il giudice per le indagini preliminari e' chiamato a
 svolgere a norma  dell'art.  27,  comma  1,  delle  disposizioni  sul
 processo  penale  a  carico  di  imputati minorenni, non puo' affatto
 ritenersi quale "giudizio  contenutistico  e  non  meramente  formale
 sulla   responsabilita'"   dell'imputato,   giudizio   che,   per  la
 giurisprudenza di questa Corte, e' idoneo a  determinare  pregiudizio
 per  l'imparzialita' del giudice.  Tale valutazione concerne infatti,
 oltre l'apprezzamento del pregiudizio che il procedimento  penale  in
 se'   considerato   reca  alle  esigenze  educative  del  minore,  la
 fondatezza  delle  ragioni  che  inducono  il  pubblico  ministero  a
 richiedere  la peculiare declaratoria, ragioni che il citato art. 27,
 comma 1, indica nella tenuita' del fatto  e  nell'occasionalita'  del
 comportamento.  Ma  e'  evidente  che  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari e' chiamato a pronunciarsi sulla richiesta  del  pubblico
 ministero   in   astratto  e  assumendo  l'ipotesi  accusatoria,  per
 l'appunto, come mera ipotesi, e non dopo aver accertato  in  concreto
 che  il  fatto  e'  stato effettivamente commesso e che l'imputato ne
 porta la responsabilita'. Una tale valutazione non sarebbe del  resto
 nemmeno  possibile,  data  la  fase  processuale  in  cui  si  versa,
 anteriore tanto al dibattimento quanto all'udienza preliminare.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma  2,
 del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in cui non prevede
 l'incompatibilita' alla funzione di giudice dell'udienza  preliminare
 nel processo penale a carico di imputati minorenni del giudice per le
 indagini  preliminari  che  si sia pronunciato in ordine a una misura
 cautelare personale nei confronti dell'imputato;
    dichiara non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in
 riferimento agli artt. 3,  24,  25  e  101  della  Costituzione,  dal
 giudice  dell'udienza preliminare presso il tribunale per i minorenni
 di Trieste, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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