N. 331 SENTENZA 10 - 14 novembre 1997
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Incompatibilita' a svolgere le funzioni del giudice del dibattimento per il g.i.p. che abbia adottato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un correo dell'imputato sottoposto al suo giudizio per il medesimo reato - Omessa previsione - Riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia (vedi sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997) - Sussistenza di mezzi processuali ed organizzativi (astensione e ricusazione) atti ad assicurare lo svolgimento spontaneo del principio del giusto processo - Inammissibilita'. (C.P.P., art. 34, secondo comma). (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma).(GU n.47 del 19-11-1997 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23 maggio 1996 dal tribunale di Siracusa e il 17 gennaio 1997 dal pretore di Bassano del Grappa, iscritte ai nn. 976 del registro ordinanze 1996 e 186 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41, prima serie speciale, dell'anno 1996 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 23 maggio 1996 il tribunale di Siracusa ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice del dibattimento per il giudice per le indagini preliminari che abbia adottato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un correo dell'imputato sottoposto al suo giudizio per il medesimo reato. Ad avviso del remittente, l'accertamento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al medesimo reato, gia' compiuto, quale giudice per le indagini preliminari, dal presidente del collegio, pur se relativo a soggetto diverso dall'imputato sottoposto al giudizio del tribunale, postulerebbe "una preliminare valutazione degli elementi costitutivi della fattispecie concorsuale necessariamente riferiti a tutti i concorrenti" e tale valutazione non potrebbe non riflettersi sulla serenita' ed imparzialita' del giudice con violazione dei principii di eguaglianza, di inviolabilita' della difesa in ogni stato e grado del procedimento e di presunzione di non colpevolezza. 2. - Con ordinanza del 17 gennaio 1997 il pretore di Bassano del Grappa ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' ad esercitare le funzioni di giudice del dibattimento per il giudice che abbia respinto la richiesta di applicazione della pena avanzata ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. da un correo degli imputati sottoposti al suo giudizio per i medesimi reati. Ad avviso del giudice a quo nel respingere la richiesta di applicazione della pena avanzata dal correo, egli avrebbe gia' compiuto "una valutazione non formale delle risultanze del fascicolo del pubblico ministero", con particolare riferimento all'esistenza o meno di argomenti per l'eventuale suo proscioglimento, e questa valutazione non avrebbe potuto prescindere dall'esame incidentale anche delle posizioni dei coimputati attualmente sottoposti al suo giudizio. "La formazione inevitabile di un convincimento, sia pure sommario, anche nei confronti dei coimputati" violerebbe il principio del giusto processo "in parallelismo con la situazione esaminata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 371 del 1996". 2.1. - In quest'ultimo giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Secondo l'Avvocatura, nella sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte e' espressamente richiesto che la precedente valutazione di responsabilita', fonte della causa di incompatibilita', sia contenuta "in un provvedimento avente forma di sentenza", condizione che non si sarebbe verificata nel caso di specie, trattandosi di reiezione di richiesta di applicazione della pena. Inoltre, ad avviso dell'Avvocatura, il rigetto della richiesta di applicazione della pena sarebbe stato deciso dal giudice nella stessa data in cui ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale e prima dell'apertura del dibattimento: conseguentemente si verserebbe nella stessa fase processuale e, in base ai principii affermati da questa Corte nella sentenza n. 177 del 1996, non sussisterebbero ragioni di incompatibilita'. Considerato in diritto 1. - Il tribunale di Siracusa, nel corso di un procedimento penale, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice del dibattimento per il giudice per le indagini preliminari che abbia adottato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un correo dell'imputato sottoposto al suo giudizio per il medesimo reato. Il giudice remittente asserisce di avere gia' compiuto "una preliminare valutazione degli elementi costitutivi della fattispecie concorsuale necessariamente riferiti a tutti i concorrenti": di qui, a suo avviso, il pregiudizio che deriverebbe dalla precedente ordinanza di custodia cautelare in carcere contenente l'accertamento dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al medesimo reato e la conseguente violazione del principio del giusto processo nei riguardi dell'imputato. Il pretore di Bassano del Grappa, nel corso di un procedimento penale, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice del dibattimento per il giudice che abbia respinto la richiesta di applicazione della pena avanzata ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. da un correo degli imputati sottoposti al suo giudizio per i medesimi reati. Il giudice a quo sostiene di avere gia' effettuato, nel respingere la richiesta di applicazione della pena avanzata dal correo, "una valutazione non formale delle risultanze del fascicolo del pubblico ministero", con particolare riferimento alla esistenza o meno di argomenti per il suo eventuale proscioglimento: tale valutazione, a suo avviso, non aveva potuto prescindere dall'esame incidentale delle posizioni dei coimputati sottoposti al suo giudizio. "La formazione inevitabile di un convincimento, sia pure sommario, anche nei confronti dei coimputati" determinerebbe, secondo il giudice a quo la vulnerazione del principio del giusto processo "in parallelismo con la situazione esaminata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 371 del 1996". Poiche' le ordinanze di rimessione hanno ad oggetto la medesima disposizione e pongono questioni analoghe, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza. 2. - Le questioni sono inammissibili. Quale che sia l'esatto contenuto delle valutazioni che il tribunale di Siracusa e il pretore di Bassano del Grappa dichiarano di aver effettuato rispettivamente nell'ordinanza di custodia cautelare e nell'ordinanza di reiezione della richiesta di applicazione della pena, e pur nell'ipotesi in cui tali valutazioni si siano risolte nella manifestazione del convincimento della responsabilita' anche nei confronti dei soggetti imputati nei giudizi a quibus si deve rilevare che questa Corte ha gia' individuato nelle sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997 i limiti entro i quali il principio del giusto processo postula la previsione di una ipotesi di incompatibilita'. Quando il pregiudizio alla terzieta' del giudice provenga da funzioni esercitate all'interno di un medesimo procedimento penale, il pregiudizio stesso e' prevenibile: accanto alla tutela ripristinatoria rimessa all'iniziativa del giudice e delle parti con gli appositi strumenti dell'astensione e della ricusazione e' pertanto esigibile anche una tutela preventiva da attuarsi attraverso mezzi organizzativi in grado di assicurare uno svolgimento spontaneo del principio del giusto processo (a questo tendono le incompatibilita' ex art. 34 cod. proc. pen.). Tale onere di organizzazione preventiva grava altresi' sull'amministrazione della giustizia penale nelle ipotesi in cui, in una vicenda processuale sostanzialmente unitaria pur trattandosi di procedimenti diversi, il pregiudizio derivi da una sentenza penale dalla quale emerga un gia' maturato convincimento del giudice in ordine alla responsabilita' penale di una persona formalmente non imputata in quel processo (sentenza n. 371 del 1996). E' questo l'estremo limite di esigibilita' di una tutela organizzativa e preventiva. Varcato tale limite, "nella varieta' delle relazioni che possono instaurarsi tra procedimenti distinti, e nella molteplicita' dei contenuti che i relativi atti sono suscettibili di assumere, si avrebbe una dilatazione enorme dei casi nei quali un pregiudizio potrebbe essere ravvisato e l'intera materia delle incompatibilita', dispersa in una casistica senza fine, diverrebbe refrattaria a qualsiasi tentativo di amministrazione mediante atti di organizzazione preventiva" (sentenza n. 307 del 1997). E' questa la ragione per la quale se la forza pregiudicante si sprigioni non da una sentenza ma, come si assume essere avvenuto nei casi di specie, da un'ordinanza adottata in un procedimento diverso (di custodia cautelare nei confronti di un correo ovvero di reiezione della richiesta di applicazione della pena), lo strumento di tutela non puo' essere ravvisato in ulteriori sentenze additive sull'art. 34, ma deve essere ricercato nell'area degli istituti dell'astensione e della ricusazione, anch'essi preordinati alla salvaguardia della terzieta' del giudice.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di Siracusa e, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal pretore di Bassano del Grappa, con le ordinanze indicate in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1997. Il Presidente: Granata Il redattore: Mezzanotte Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 14 novembre 1997. Il direttore della cancelleria: Di Paola 97C1276