N. 342 ORDINANZA 10 - 14 novembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Incompatibilita' del giudice, pronunciatosi con
 sentenza  nei  confronti  di  alcuni   imputati,   a   celebrare   il
 dibattimento  nei confronti di altri concorrenti nei medesimi reati -
 Omessa previsione - Riferimento alla giurisprudenza  della  Corte  in
 materia   (vedi   sentenze  nn.  371/1996,  186/1992  e  439/1993)  -
 Insussistenza, nel caso di specie, di una benche' minima  valutazione
 anche  sommaria  circa la responsabilita' dei concorrenti estranei al
 processo le cui posizioni sono  rimaste  impregiudicate  -  Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34).
 
 (Cost., artt. 24).
 
(GU n.47 del 19-11-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,   prof. Carlo MEZZANOTTE,  prof.
 Guido NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34  del  codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1996
 dal pretore di Padova, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 1997
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio  del  18  giugno  1997  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Ritenuto che il pretore di Padova con ordinanza in data 11 dicembre
 1996  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del  codice  di
 procedura  penale,  nella parte in cui non prevede l'incompatibilita'
 del giudice, pronunciatosi  con  sentenza  nei  confronti  di  alcuni
 imputati,   a  celebrare  il  dibattimento  nei  confronti  di  altri
 concorrenti nei medesimi reati;
     che dall'ordinanza di rimessione emerge che il pretore  aveva  in
 precedenza   giudicato,   previa   separazione  dei  processi,  altri
 imputati,  accusati  degli  stessi  reati  (invasione  di  terreni  o
 edifici,  ecc.)   oggi ascritti ai concorrenti sottoposti al distinto
 giudizio;
     che il giudice a quo precisa che nella  sua  precedente  sentenza
 "in  nessun  momento  vi  e'  accenno  alcuno agli odierni imputati",
 sicche', in applicazione dei principii affermati  nella  sentenza  n.
 371  del  1996  di  questa  Corte,  a  suo  avviso,  non ricorrono le
 condizioni per dichiarare la propria astensione nel  procedimento  in
 corso;
     che,  tuttavia,  ad  avviso del remittente, i residui concorrenti
 negli stessi reati attualmente sottoposti al suo giudizio  potrebbero
 ragionevolmente  dolersi  di  vedere ristretto l'ambito della propria
 difesa ai soli aspetti afferenti la propria condotta di concorso  nel
 fatto  e  non sarebbero posti in grado di adeguatamente difendersi in
 riferimento  alla  insussistenza  o  irrilevanza  penale  del   fatto
 medesimo,  questioni  gia' valutate nella sentenza resa nei confronti
 dei coimputati, con conseguente vulnerazione del principio del giusto
 processo;
   Considerato che,  secondo  l'ordinanza  di  rimessione,  la  logica
 sottesa  alla  sentenza  n. 371 del 1996 comporterebbe che il giudice
 che  si   sia   pronunciato   in   un   precedente   giudizio   sulla
 responsabilita'  di  alcuni  concorrenti sia per cio' solo colpito da
 incompatibilita' in relazione al processo che  venga  successivamente
 celebrato nei confronti di altro o di altri concorrenti;
     che  invece  quella  sentenza  mantiene  espressamente  ferma  la
 precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale  alle  sentenze
 n.  186  del  1992  e  n.  439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di
 persone  nel  reato,  la  autonomia  delle   posizioni   di   ciascun
 concorrente  consente,  pur  nella  naturalistica  unitarieta'  della
 fattispecie, una segmentazione di processi  e  la  scomposizione  del
 fatto  in  una  pluralita'  di  condotte  autonomamente valutabili in
 processi distinti, senza che la decisione dell'uno debba  influenzare
 quella dell'altro;
     che  con la sentenza n. 371 del 1996 si e' pero' affermato che il
 principio costituzionale del giusto processo, anche indipendentemente
 dalle ipotesi di concorso di persone nel  reato,  impedisce  che  uno
 stesso giudice valuti piu' volte, in sentenza, in successivi processi
 la  responsabilita'  penale  di  una persona in relazione al medesimo
 reato;
     che pertanto  l'incompatibilita'  del  giudice  non  puo'  essere
 estesa  a  tutte  le  ipotesi  in  cui  si  proceda separatamente nei
 confronti di diversi soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma  deve
 essere  ragionevolmente  circoscritta ai casi in cui, con la sentenza
 che definisce il processo a carico di un imputato, vengano  compiute,
 sia  pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilita'
 penale di una persona formalmente estranea al processo;
     che   di   conseguenza   solo   attraverso  la  puntuale  analisi
 dell'effettivo contenuto della sentenza che si  assuma  pregiudicante
 puo'  essere  accertato  l'eventuale compimento di una valutazione in
 ordine alla responsabilita' del terzo,  suscettibile  di  determinare
 l'incompatibilita' del giudice al successivo giudizio;
     che,  nel  caso  di  specie,  il  giudice a quo nell'ordinanza di
 rimessione chiarisce di non avere affatto preso in esame le posizioni
 dei concorrenti estranei al processo, che  sono  quindi  rimaste  non
 pregiudicate;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   34   del  codice  di  procedura  penale,
 sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal pretore
 di Padova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 novembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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