N. 811 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 marzo - 5 novembre 1997
N. 811 Ordinanza emessa il 7 marzo 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 5 novembre 1997) dal pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto nel procedimento penale a carico di Ailovic Acko ed altri Processo penale - Giudizio direttissimo - Fase di convalida dell'arresto - Relazione dell'ufficiale o agente di p.g. procedente e dichiarazione dell'arrestato - Assunzione con le forme dettate per la fase dibattimentale ed inserimento dei rispettivi atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per il dibattimento - Omessa previsione - Lesione del principio di parita' di trattamento con gli altri imputati - Compressione del diritto di difesa - Violazione del principio di indipendenza e imparzialita' del giudice. (C.P.P. 1988, artt. 34, 431 e 566; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 138). (Cost., artt. art. 3, comma primo, 24, comma secondo, 25, comma primo, e 27, comma secondo).(GU n.48 del 26-11-1997 )
IL PRETORE Ha pronunciato e dato lettura nel pubblico dibattimento la seguente ordinanza. Il 21 febbraio 1997 i Carabinieri della stazione di Capena traevano in arresto Ailovic Acko, Dragutinovski Goran, Ferdovic Sasa e Micovici Raul colti in concorso nella flagranza del reato di furto aggravato e nel termine di legge erano presentati, in tale stato, dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale giudizio a norma dell'art. 566 c.p.p. Il pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 22 febbraio 1997 e disponeva l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Instauratosi il giudizio, il pretore rileva che sussistono profili di incostituzionalita' come di seguito evidenziati: sul merito come e' noto la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi la n. 149 e la n. 432) ha rivisto i limiti dell'incompatibilita' pervenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da creare pre-giudizio) una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa. E, con specifico riguardo al giudizio direttissimo avanti al pretore, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione, radicandola sulla circostanza che in tale eventualita' la convalida dell'arresto implica una valutazione sulla riferibilita' del reato agli imputati condotti in giudizio, attribuita proprio alla cognizione del giudice competente per il merito direttamente investito, cui e' devoluta la convalida e il contestuale giudizio al quale eccede ogni altro provvedimento cautelare; aggiungendovi che "il giudice del dibattimento, al quale sono presentati gli imputati per il giudizio direttissimo, si pronuncia pregiudizialmente, con la convalida dell'arresto, sull'esistenza dei presupposti che gli consentono di procedere immediatamente al giudizio ed e' competente ad adottare incidentalmente misure cautelari, attratte nella competenza per la cognizione del merito. Non puo' dunque essere configurata una menomazione dell'imparzialita' del giudice, che adotta decisioni preordinate al proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso". Orbene al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione alle superiori argomentazioni adottate dalla Corte, si imponga la rivalutazione di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento di formazione della prova per la decisione di merito e al tema, dunque, della corretta utilizzazione degli elementi di prova (rectius: di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del libero convincimento del giudice. Invero, muovendo dalla indicata premessa che il giudice della convalida e' il giudice di merito solo incidentalmente chiamato a verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione del relativo processo e posto che, tale fase si snoda attraverso l'acquisizione di elementi di valutazione influenti sulla formazione del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie fatte proprie delle regole vigenti per la fase del giudizio in modo che ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in senso formale e conseguentemente non intaccato il profilo dell'imparzialita' (altrimenti riposante solo sulla generica affermazione che comunque si e' di fronte al giudice del merito) nonche' i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti nella acquisizione e formazione della prova. In particolare cio' concerne i qualificanti momenti della cosiddetta relazione orale dell'ufficiale o agenti di p.g. procedente e della dichiarazione degli arrestati che, a norma dell'art. 566 c.p.p. viene "sentito" ai fini della convalida. Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale fase incidentale e antecedente al giudizio, la prova testimoniale e l'esame degli imputati, a salvaguardare la loro compatibilita' con i parametri costituzionali rappresentati dall'art. 3 (sottospecie di parita' di trattamento con gli altri imputati), dall'art. 24 (sottospecie di garanzie difensive), dagli artt. 3, 24, secondo comma, 25 e 27, secondo comma, (sottospecie di interconnessione tra i richiamati profili con quello della indipendenza del giudice di merito e, dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della giurisdizione con riferimento al momento acquisitivo di dati contenutistici e di merito dell'imputazione, influenti come tali sulla formazione del libero convincimento del giudice) a salvaguardare, come detto, la loro compatibilita' con i suddetti parametri di costituzionalita' si impone il rispetto delle forme previste per gli atti a contenuto congenere nel dibattimento, in funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i casi di incidente probatorio) cosi' da risultare salvaguardato anche l'aspetto della loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio di merito. In conclusione si ritiene pertanto ravvisabile l'incostituzionalita' dell'art. 566 laddove non prescrive che la relazione dell'ufficiale o agente p.g. procedente nonche' le dichiarazioni degli imputati vengano assunte con rispetto e con le forme dettate nella fase dibattimentale per la testimonianza e per l'esame degli imputati con conseguente invalidita' della stessa norma e dell'art. 138 Disp. att. al c.p.p. in relazione all'art. 431 c.p.p. laddove non prescrive l'inserimento degli atti suddetti da acquisire nelle forme come dianzi individuate nel fascicolo per il dibattimento. E' indubbia la rilevanza della prospettata questione nel presente giudizio, che si trova proprio nella fase dibattimentale conseguente alla convalida con diretta influenza, dove trovano diretta applicazione le norme censurate. Visti gli artt. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 86.
P. Q. M. Solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del c.p.p.; 138 disp. att. c.p.p. per violazione degli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 27, secondo comma della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il procedimento in corso; Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. In Castelnuovo di Porto, cosi' pronunciata il 7 marzo 1997. Il pretore dirigente: Croce 97C1302