N. 857 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 1997
N. 857 Ordinanza emessa l'11 giugno 1997 dal tribunale amministrativo regionale della Sicilia sul ricorso proposto dalla Federazione provinciale lavoratori funzione pubblica ed altra contro la regione siciliana ed altro Impiego pubblico - Regione siciliana - Personale dell'amministrazione regionale - Disciplina dell'orario di lavoro devoluta alla contrattazione collettiva - Lamentato contrasto con i principi di grande riforma economica e sociale (art. 2, comma 2, legge n. 421/1992) relativi all'attribuzione ai dirigenti dei poteri organizzativi e di gestione del personale ed al mutamento delle forme di partecipazione sindacale ai processi decisionali in materia di organizzazione del lavoro. (Legge regione Sicilia 19 giugno 1991, n. 38, art. 3, comma 1, lett. e)). (Statuto regione Sicilia, art. 14; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2).(GU n.52 del 24-12-1997 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1574/1997 proposto dalla Federazione prov.le lavoratori funzione pubblica (C.G.I.L.) e dalla Federazione reg.le lavoratori funzione pubblica (C.G.I.L.), in persona dei rispettivi segretari pro-tempore, elettivamente dom.ti in Palermo, via Notarbartolo n. 38, presso lo studio dell'avv.to Pompeo Mangano, che li rappresenta e difende per mandato a margine del ricorso; contro la regione siciliana e l'ass.to reg.le alla presidenza della regione siciliana, in persona del presidente della regione e dell'assessore pro-tempore, rapp.ti e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria; per l'annullamento, della nota 8 marzo 1997 n. 114 gr. dir., con la quale il direttore regionale ha disposto una nuova articolazione dell'orario di lavoro per il personale delle Direzioni reg.li per i rapporti extraregionali e per la programmazione; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo per le amm.ni reg.li intimate; Designato relatore alla camera di consiglio dell'11 giugno 1997 il consigliere avv.to Salvatore Veneziano; Uditi l'avv.vo A. Lombardo, in sostituzione dell.avv. P. Mangano per il ricorrente e l'avv.to dello Stato G. Dell'Aira per le intimate; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso depositato il 30 aprile 1997, e notificato il successivo 15 maggio, le Organizzazioni sindacali ricorrenti - gia' firmatarie degli accordi sindacali decentrati relativi alla disciplina della flessibilita' dell'orario del personale delle dir.ni reg.li per la programmazione e per gli affari extraregionali, recepiti con decreti dell'assessore alla presidenza n. 156 del 9 agosto 1996 e n. 458 del 29 agosto 1996 - hanno impugnato ex art. 28 legge 20 maggio 1970 n. 300 la nota con la quale il direttore regionale ha unilateralmente modificato l'articolazione dell'orario di lavoro del personale delle due direzioni regionali. Lamentando che la citata nota integra comportamento antisindacale, le organizzazioni sindacali hanno dedotto le seguenti censure: 1. - Violazione dell'art. 3 l.r. 19 giugno 1991 n. 38 e dei dd. pres. regione siciliana 30 gennaio 1993 e 20 gennaio 1995 n. 11. L'art. 3, comma 1, lett. e) della legge regionale n. 38/1991 devolve alla contrattazione collettiva la materia dell'orario di lavoro del personale regionale. Detta previsione ha trovato concreta attuazione, in esecuzione anche dei dd. pres. regione 30 gennaio 1993 e 25 gennaio 1995, negli accordi sindacali decentrati relativi alla disciplina della flessibilita' dell'orario del personale delle dir.ni reg.li per la programmazione e per gli affari extraregionali, recepiti con decreti dell'assessore alla presidenza n. 156 del 9 agosto 1996 e n. 458 del 29 agosto 1996, che la nota impugnata ha unilateralmente modificato. 2. - Violazione dei diritti sindacali per violazione dell'art. 7 l.r. 19 giugno 1991 n. 38. Gli accordi sindacali decentrati nn. 156 e 458 del 1996 dovevano continuare a spiegare efficacia sino alla conclusione di nuovi accordi e comunque, in quanto recepiti con decreto del Presidente della Regione, non potevano essere derogati dal direttore regionale. L'Amm.ne regionale si e' costituita in giudizio senza spiegare difese. Alla camera di consiglio dell'11 giugno 1997 i procuratori delle parti hanno chiesto porsi il ricorso in decisione. D i r i t t o Osserva preliminarmente il Collegio che la risoluzione della presente controversia presuppone l'applicazione dell'art. 3, comma 1, lett. e) della l.r. 19 giugno 1991 n. 38, norma che devolve ad accordi sindacali la regolamentazione dell'orario di lavoro del personale dell'amm.ne regionale. Il Collegio, pero', nutre dubbi sulla legittu'nita' costituzionale della citata norma per le considerazioni che seguono: 1. - Le materie dell'ordinamento degli uffici e del rapporto di impiego del personale dipendente dall'Amm.ne regionale e' devoluto, dall'art. 14 lett. p) e q) dello Statuto regionale alla competenza legislativa esclusiva dell'Assemblea regionale siciliana, da esercitarsi nei limiti dei principi di grande riforma economico-sociale, desumibili dalla legislazione statale. La stessa Corte costituzionale ha, per altro di recente, esercitato il potere di controllo sul rispetto di tale limite, dichiarando costituzionalmente illegittime norme adottate dall'Assemblea regionale siciliana che si ponessero in contrasto con principi scaturenti dalla legislazione statale (Corte costituzionale n. 385 del 1991 e n. 224 del 1994). Nell'esercizio di siffatte competenze legislative e' stata adottata ed emanata la l.r. 19 giugno 1991 n. 38 al dichiarato scopo di adeguare lo stato giuridico del personale regionale alla disciplina della legge 29 marzo 1983 n. 93 (art. 1) e prevedendo la devoluzione ad accordi sindacali di numerosi "aspetti dell'organizzazione del lavoro presso l'Amministrazione regionale e del rapporto d'impiego", tra i quali "e) l'orario di lavoro, la sua durata e distribuzione, i procedimenti di rispetto" (art. 3). 2. - Il legislatore nazionale, con l'art. 2 della legge 23 ottobre 1992 n. 421, ha successivamente autorizzato il Governo ad emanare norme delegate finalizzate "al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficienza e della produttivita', nonche' alla sua riorganizzazione"; il secondo comma dello stesso articolo prevede, altresi, che "i principi desumibili dalle disposizioni del presente articolo costituiscono altresi per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica" Detta qualificazione e' stata, per altro, confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 383 del 7 novembre 1994. 3. - Tra i punti piu' qualificanti della c.d. riforma del pubblico impiego, che ha trovato concreta realizzazione in campo nazionale con il d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, e' possibile individuare - anche alla luce delle norme del citato decreto delegato - la valorizzazione delle funzioni dirigenziali, da una parte, ed il ridimensionamento della partecipazione sindacale alla funzione organizzativa dell'attivita' lavorativa, come emerge in modo evidente dalle previsioni delle lett. g), punto 1), (prevedere: 1) la separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa; l'affidamento ai dirigenti - nell'ambito delle scelte di programma degli obiettivi e delle direttive fissate dal titolare dell'organo - di autonomi poteri di direzione, di vigilanza e di controllo, in particolare la gestione di risorse finanziarie attraverso l'adozione di idonee tecniche di bilancio, la gestione delle risorse umane e la gestione di risorse strumentali; cio' al fine di assicurare economicita', speditezza e rispondenza al pubblico interesse dell'attivita' degli uffici dipendenti;) e lett. a) (...prevedere nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni;) dell'art. 2 legge n. 421/1992. 4. - Ritiene, quindi, il Collegio che le previsioni della legge regionale n. 38/1991 si pongano in contrasto con i principi di cui all'art. 2 della legge n. 421 del 1992, in quanto finalizzate ad introdurre nell'ordinamento legislativo regionale una disciplina legislativa - quella di cui alla legge n. 93 del 1983 - rispetto alla quale l'art. 2 legge n. 421/1992 intendeva innovare profondamente, e conseguentemente in contrasto con principi di grande riforma economico-sociale (art. 2, comma 2, legge n. 421/1992). In particolare, per quanto attiene alla presente controversia, la previsione dell'attribuzione agli accordi sindacali della materia dell'orario di lavoro dei dipendenti regionali (art. 3, comma 1 lett. e) n. 38/1991) si pone in contrasto con i principi relativi all'attribuzione ai dirigenti dei poteri organizzativi e di gestione del personale ed al mutamento delle forme di partecipazione sindacale ai processi decisionali in materia di organizzazione del lavoro. 5. - Ne' appare ostativa la circostanza che la legge regionale n. 38/1991 sia antecedente alla legge n. 421/1992, recante i nuovi "principi di grande riforma economico-sociale" giacche' la Corte costituzionale, proprio in riferimento da una legge della regione siciliana, ne ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per contrasto con una sopravvenuta norma fondamentale di riforma economico-sociale (sentenza n. 153 dell'8 maggio 1995). In particolare, il Collegio ritiene che per esigenze di certezza del diritto - oltre che per ragioni di rispetto dell'ambito di autonomia spettante alle regioni a statuto speciale - non sia possibile ricorrere ad un meccanismo analogo a quello che consente al giudice investito della controversia di applicare direttamente la normativa comunitaria anche contrastante con norme legislative nazionali. Ed invero, per un verso, solo una pronunzia della Corte costituzionale appare idonea all'eventuale eliminazione erga omnes della norma regionale, mentre, per altro verso, appare corretto che l'esame di compatibilita' tra la norma regionale ed i principi di grande riforma sia svolto - con le prescritte garanzie di contraddittorio - dal medesimo organo competente a pronunziarsi sui ricorsi del Commissario dello Stato.
P. Q. M. Dichiara rilevante per la definizione del presente giudizio e non manifestamente infondata, nei termini di cui in motivazione, la questione di costituzionalita' dell'art. 3, comma 1, lett. e), legge regionale n. 38 del 19 giugno 1991 conseguentemente solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della norma citata per violazione dell'art. 14 Statuto regionale e contrasto con i principi di grande riforma economico-sociale desumibili dall'art. 2 legge 23 ottobre 1992, n. 241; Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina alla segreteria di provvedere alla notificazione della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alla comunicazioine della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e al presidente dell'Assemblea regionale. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio dell'11 giugno 1997. Il presidente: Castiglione Il consigliere-estensore: Veneziano 97C1416