N. 405 SENTENZA 10 - 17 dicembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro - Esercizio dell'attivita' di guardie particolari  giurate  -
 Revoca  automatica  delle  autorizzazioni  di  polizia  a  seguito di
 condanne  per  delitto  -  Privazione  del   titolo   abilitativo   -
 Riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia (vedi sentenza
 n.  326  del  1995) - Materia che si presta a soluzioni diversificate
 nessuna delle quali e' costituzionalmente obbligata - Non fondatezza.
 
 (R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 11, ultimo comma,  e  138,  primo
 comma, n. 4).
 
 (Cost., artt. 3, 4 e 35).
 
(GU n.52 del 24-12-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 11, ultimo comma, e 138, primo comma, n. 4  del  r.d.  18
 giugno  1931,  n.  773  (Approvazione  del testo unico delle leggi di
 pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 13 giugno  1996
 dal  tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Sicilia,  sezione
 distaccata di Catania, sul  ricorso  proposto  da  Recupero  Giovanni
 contro  il  prefetto della provincia di Catania ed altro, iscritta al
 n. 1314 del registro  ordinanze  1996  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 50 prima serie speciale dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  15  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Il tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
 distaccata di Catania, giudicando sul ricorso proposto da una guardia
 particolare giurata per l'annullamento del  decreto  prefettizio  che
 negava il rinnovo dell'approvazione della sua nomina, e della domanda
 volta  a  sospenderne l'esecuzione, ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 3,  4  e  35  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  11,  ultimo  comma, e 138, primo comma,
 numero 4, del r.d.  18 giugno 1931, n. 773  (Approvazione  del  testo
 unico delle leggi di pubblica sicurezza).
   Il Collegio rimettente ritiene irragionevole le disposizioni che in
 via  generale  prevedono  il  "riverbero  automatico"  della condanna
 penale sul rapporto di lavoro, e denuncia la mancanza  di  meccanismi
 che  commisurino  la reazione dell'ordinamento all'effettiva gravita'
 del reato commesso (nel caso in esame, il provvedimento  negativo  e'
 stato  adottato  in  seguito alla condanna per emissione di assegno a
 vuoto).
   Ad avviso del giudice a quo, i meccanismi di adeguamento potrebbero
 assumere tre conformazioni: l'esclusione di ipotesi  delittuose  meno
 gravi,  individuate  attraverso  la  fissazione di un limite di pena;
 l'esercizio di  un  potere  di  valutazione  discrezionale  da  parte
 dell'autorita'  di pubblica sicurezza; la determinazione di un limite
 (misura della pena o tipologia dei reati) al di sopra  del  quale  la
 misura amministrativa e' automatica, e al di sotto del quale, invece,
 e'  ammesso  un  margine  di  apprezzamento discrezionale. "Soluzione
 intermedia" - avverte il rimettente - fra le prime due.
   Queste prospettazioni tengono conto  dell'entita'  della  devianza,
 mentre  sarebbe  irrazionale  la  previsione di conseguenze identiche
 rispetto a fatti di portata diversa: a tal riguardo nell'ordinanza di
 rimessione  si  richiama  la  giurisprudenza  costituzionale  che  ha
 affermato   il   principio   di   proporzione   e   la   regola   del
 contraddittorio, a partire dalla sentenza n. 971 del 1988  fino  alla
 n. 220 del 1995.
   Il  giudice  a  quo  non  ignora  che  analoga  questione  e' stata
 dichiarata infondata da questa Corte con la sentenza n. 326 del 1995,
 ma contesta il passaggio della motivazione in  cui  si  nega  che  il
 provvedimento  prefettizio di revoca abbia "una ricaduta" diretta sul
 rapporto di lavoro. La  fattispecie  in  esame  sarebbe  affine  alla
 situazione dei lavoratori portuali, oggetto della sentenza n. 220 del
 1995,  perche' la revoca dell'approvazione prefettizia della nomina a
 guardia particolare giurata, o  il  diniego  di  rinnovo,  comportano
 necessariamente l'interruzione del rapporto di lavoro.
   La  normativa denunziata sarebbe fonte, altresi', di ingiustificata
 disparita' di trattamento: l'automaticita' della sanzione  discrimina
 infatti  le  guardie  giurate  rispetto ai dipendenti pubblici e agli
 altri lavoratori  privati,  per  i  quali  valgono  il  principio  di
 proporzione della sanzione disciplinare con il fatto addebitato, e la
 garanzia del contraddittorio.
   Sarebbero violati pure gli artt. 4, primo comma, e 35, primo comma,
 della  Costituzione, in quanto la perdita del posto di lavoro avviene
 anche  quando  il  comportamento  illecito  non  sia  espressione  di
 significativa potenzialita' criminosa: il sacrificio di beni e valori
 fondamentali  e'  ammissibile,  conclude  l'ordinanza,  soltanto  nei
 limiti  indispensabili  alla  tutela  di  altri  interessi  di  rango
 costituzionale (sentenza n. 141 del 1996).
                         Considerato in diritto
   1.  - Il tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
 distaccata di Catania, dubita della legittimita' costituzionale degli
 artt. 11, terzo comma, e 138, primo comma, numero 4, del testo  unico
 di  pubblica  sicurezza,  approvato  con r.d. 18 giugno 1931, n. 773,
 perche' la  revoca  automatica  delle  autorizzazioni  di  polizia  a
 seguito  di  condanne  per  delitto  (nella specie per l'emissione di
 assegni  a  vuoto)  priva  del  titolo  necessario  per   l'esercizio
 dell'attivita'  lavorativa  le guardie particolari giurate; questione
 sollevata in riferimento agli artt. 3, 4  e  35  della  Costituzione,
 alla  luce  della  giurisprudenza  di  questa Corte che ha dichiarato
 illegittimi i meccanismi automatici di  decadenza,  per  lesione  del
 principio   di   gradualita'  e  di  articolazione  del  procedimento
 disciplinare.
   2. - La questione non e' fondata.
   La normativa introdotta dal testo unico  delle  leggi  di  pubblica
 sicurezza  si  basa  sul  principio  secondo cui le autorizzazioni di
 polizia per la nomina a  un  impiego  (nella  specie,  l'approvazione
 della  nomina  a  guardia  particolare  giurata)  devono considerarsi
 subordinate al permanere dei requisiti richiesti dall'ordinamento: e'
 evidente che l'abbandono di tale  principio  e  la  sua  sostituzione
 rientrano    nelle   valutazioni   discrezionali   del   legislatore,
 sussistendo molteplici ipotesi di cambiamento,  nessuna  delle  quali
 costituzionalmente  obbligata  (sentenza n. 776 del 1988, Considerato
 in diritto n. 3).
   Il giudice a quo ne e' consapevole, e cerca nella giurisprudenza di
 questa Corte sulla "destituzione di diritto" elementi che  consentano
 di temperare il sistema attuale, che e' fonte, a suo avviso, di gravi
 disparita',  introducendo  margini  di  valutazione discrezionale, in
 modo tale da  non  danneggiare  l'attivita'  lavorativa  di  chi  sia
 incorso  in  condanne  per  reati di lieve entita' e limitato allarme
 sociale.  Tuttavia, non puo' evocarsi il principio di  gradualita'  e
 articolazione  del  procedimento con riguardo all'accertamento che la
 pubblica amministrazione e' tenuta a compiere sulla  sussistenza  dei
 requisiti soggettivi richiesti per l'accesso all'impiego.
   Mentre  i  provvedimenti  che  portano  alla  destituzione  (o alla
 decadenza ex  legge  18  gennaio  1992,  n.  16)  non  possono  avere
 carattere  automatico,  perche'  e' necessario ponderare ogni singolo
 caso attraverso il procedimento disciplinare,  secondo  il  principio
 affermato nella sentenza n. 197 del 1993 (v. anche le sentenze nn. 16
 del  1991, 158 e 40 del 1990), nell'"accesso all'impiego" occorre che
 i  requisiti  soggettivi  siano  definiti  in  termini  univoci   dal
 legislatore.  Cio'  vale  per  l'impiego  pubblico,  e  per il lavoro
 privato che sia soggetto ad autorizzazione amministrativa, perche'  i
 tratti  pubblicistici che segnano la categoria delle guardie giurate,
 differenziandole da altri prestatori d'opera  (sentenza  n.  326  del
 1995  e  ordinanza  n.  272  del  1992), giustificano tale meccanismo
 autorizzatorio, ancorato alla sussistenza, e al permanere nel  tempo,
 dei   requisiti  soggettivi  richiesti  dall'ordinamento.  Va  dunque
 esclusa  l'irragionevolezza  della  norma  denunciata;  ne'   possono
 utilmente  invocarsi  -  in  una situazione del tutto peculiare - gli
 artt. 4 e 35 della Costituzione, che l'ordinanza richiama  d'altronde
 in modo generico.
   3.  -  Il  tribunale  rimettente  ammette che vi sono altre opzioni
 normative da valutare, oltre quella che mira a introdurre uno  spazio
 di  apprezzamento  discrezionale  delle singole posizioni soggettive;
 riconosce, dunque, che  la  materia  si  presta  a  varie  soluzioni,
 nessuna  delle  quali  e'  costituzionalmente  obbligata.  E  se  gli
 argomenti addotti ripropongono il  tema  della  revisione  del  testo
 unico  delle  leggi  di pubblica sicurezza, con riguardo al riverbero
 automatico della condanna penale sul rapporto  di  lavoro,  essi  non
 consentono  a  questa  Corte di modificare l'indirizzo assunto con la
 sentenza n. 326 del 1995:  la  questione  va  quindi  dichiarata  non
 fondata.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 11, ultimo comma, e 138, primo comma, numero 4, del  r.d.
 18  giugno  1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di
 pubblica sicurezza), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4  e  35
 della  Costituzione,  dal  tribunale  amministrativo regionale per la
 Sicilia, sezione distaccata di Catania, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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