N. 886 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 1997

                                N. 886
  Ordinanza  emessa  il  17  ottobre  1997 dal tribunale di Torino nel
 procedimento civile vertente tra l'azienda  agricola  "La  Meridiana"
 dei F.lli Villosio S.d.f.  e il centro latte Centalla S.r.l. ed altra
 Processo  civile  -  Astensione  del  giudice  -  Giudice  che  abbia
    conosciuto della causa in sede di procedimento cautelare - Obbligo
    di astensione nel  giudizio  di  merito  -  Mancata  previsione  -
    Lesione  del  diritto  di difesa - Riferimento alla sentenza della
    Corte costituzionale n. 131/1996, in tema di incompatibilita'  nel
    processo penale.
 Processo   civile  -  Procedimenti  cautelari  -  Giudice  che  abbia
    conosciuto  della  causa  in  sede  di  procedimento  cautelare  -
    Incompatibilita'  alla  trattazione della causa di merito - Omessa
    previsione - Lesione del diritto di difesa.
 (C.P.C., artt. 51, comma 1, n. 4, e 669-octies).
 (Cost., art. 24).
(GU n.2 del 14-1-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Il giudice esaminati gli  atti,  sciogliendo  la  riserva,  osserva
 quanto segue.
   Con  ricorso  ex  art. 669-bis e segg. c.p.c. depositato in data 23
 ottobre 1996 l'azienda agricola "La Meridiana" adiva il tribunale  di
 Torino  al  fine  di ottenere un provvedimento cautelare ex art.  700
 c.p.c. nei confronti del  caseificio  centro  latte  Centallo  S.r.l.
 concernente  un  ordine  di  inibizione, nei confronti del caseificio
 stesso, dall'effettuare  il  versamento  del  prelievo  supplementare
 previsto   dalla  legge  26  novembre  l992,  n.  468,  e  successive
 modificazioni, fino all'esaurimento del giudizio di merito.
   Dopo la rituale costituzione del contradditorio anche nei confronti
 dell'Azienda di Stato per gli  interventi  nel  mercato  agricolo  il
 sottoscritto  Alessandro  Prunas-Tola,  designato  dal presidente del
 tribunale di Torino per la trattazione del  procedimento,  accoglieva
 il ricorso e disponeva la richiesta misura cautelare.
   Con  atto  di  citazione  notificato  in  data  6-7  dicembre  1996
 l'azienda agricola La Meridiana evocava in giudizio il  centro  latte
 Centallo  e  l'Aima  dinanzi  al  tribunale  di Torino instaurando il
 giudizio di merito  ex  art.  669-octies  c.p.c.,  nel  rispetto  del
 termine  di  trenta  giorni  assegnato,  chiedendo fosse dichiarato -
 previo accertamento dell'illegittimita' e conseguente disapplicazione
 dei  bollettini  predisposti  dall'Aima   -   che   nessun   prelievo
 supplementare  era  dovuto  sui  conferimenti di latte eseguiti dalla
 ricorrente azienda La Meridiana e che il centro  latte  Centallo  era
 tenuto  a  restituire  alla ricorrente l'intero ammontare delle somme
 trattenute.
   La causa veniva iscritta  a  ruolo  ed  assegnata  al  sottoscritto
 Alessandro Prunas-Tola.
   Ritiene  questo  giudice  che  debba  essere sollevata d'ufficio la
 questione di costituzionalita' dell'art. 51,  secondo  comma,  c.p.c.
 con riferimento all'art. 24 della Costituzione nella parte in cui non
 prevede  che  il giudice abbia l'obbligo di astenersi allorche' abbia
 conosciuto della causa in sede  di  procedimento  cautelare  proposto
 anteriormente   al   giudizio  di  merito  ovvero,  alternativamente,
 dell'art.  669-octies c.p.c. sempre in relazione  all'art.  24  della
 Costituzione,  nella  parte  in  cui  non  prevede  (con disposizione
 analoga a quella contenuta nell'art.  669-terdecies,  secondo  comma)
 una  specifica causa di incompatibilita' alla trattazione e decisione
 del  giudizio  di  merito  costituita  dall'avere  conosciuto   della
 controversia  nella  fase del procedimento cautelare introdotto prima
 dell'inizio della causa di merito.
   La questione proposta da questo giudice e'  sicuramente  rilevante,
 attenendo  alla figura stessa del magistrato investito con il rituale
 decreto  presidenziale  del  compito  di  trattare  e   decidere   la
 controversia.
   Alla  luce  dei  recenti orientamenti della Corte costituzionale in
 tema di imparzialita' del giudice e di "giusto processo" la questione
 non e' manifestamente infondata.
   La Corte costituzionale con alcune importanti pronunce del 1996  e'
 intervenuta  in modo innovativo sul tema della disciplina legislativa
 dell'incompatibilita'  del  giudice  determinata  da  atti   compiuti
 nell'ambito  del  procedimento,  con riferimento alla norma dell'art.
 34, secondo comma, del c.p.p.
   In particolare la Corte:
     ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della  norma  nella
 parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'  alla  funzione  del
 giudizio del giudice che:
      a)  come componente del tribunale del riesame si sia pronunciato
 sull'ordinanza  che  dispone  una  misura  cautelare  personale   nei
 confronti dell'indagato, ovvero;
      b)   come   componente   del   tribunale   dell'appello  avverso
 l'ordinanza che provvede in ordine a una misura  cautelare  personale
 nei  confronti  dell'indagato  si  sia  pronunziato  su  aspetti  non
 esclusivamente formali dell'ordinanza suddetta (Corte cost. 24 aprile
 1996, n. 131);
     ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della  norma  nella
 parte in cui non prevede:
      a)  che  non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre
 in ordine alla applicazione della pena su richiesta  delle  parti  il
 giudice  delle  indagini  preliminari  che  abbia disposto una misura
 cautelare personale, o abbia disposto  la  modifica,  sostituzione  o
 revoca di una misura cautelare personale;
      b)  che  non  possa  partecipare  al  giudizio dibattimentale il
 giudice delle indagini  preliminari che abbia disposto  la  modifica,
 sostituzione o revoca di una misura cautelare personale;
      c) che non possa disporre l'applicazione della pena su richiesta
 delle   parti   il   giudice   che,  come  componente  del  tribunale
 dell'appello avverso l'ordinanza che provvede a una misura  cautelare
 personale  nei confronti dell'indagato, si sia pronunciato su aspetti
 non esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta.
   La sintesi della richiamata giurisprudenza della Corte consente  di
 cogliere  i  seguenti  principi-guida: la formula del giusto processo
 esige l'imparzialita' del giudice quale  aspetto  caratterizzante  il
 connotato essenziale della terzieta'; le norme sulla incompatibilita'
 sono funzionali alla garanzia di tale aspetto, il che ne convalida la
 rilevanza  costituzionale;  le incompatibilita' dei giudice derivanti
 da ragioni interne allo svolgimento del processo sono finalizzate  ad
 evitare   che   condizionamenti,   o  apparenze  di  condizionamenti,
 derivanti da  precedenti  valutazioni  pur  operate  per  ragioni  di
 ufficio  nell'ambito  dello  stesso  procedimento,  per effetto della
 naturale inclinazione umana  a  persistere  nella  propria  opinione,
 possono  pregiudicare  -  o  anche  solo fare apparire pregiudicata -
 l'attivita' di giudizio;  il  presupposto  di  ogni  incompatibilita'
 endoprocessuale  e' la preesistenza di valutazioni sulla medesima res
 iudicanda; non e'  sufficiente  la  mera  conoscenza  dei  fatti,  ma
 occorre  quantomeno  una  valutazione  degli  stessi;  non  tutte  le
 valutazioni compromettono l'imparzialita'  come  sopra  definita,  ma
 solo  quelle  non  esclusivamente  formali  che  attengono ad aspetti
 sostanziali; nell'ambito di ciascuna  fase  processuale  deve  venire
 preservata l'esigenza di continuita' e globalita', sicche' il giudice
 investito   di   una   fase  procedimentale  non  incorre  in  alcuna
 incompatibilita'  tutte  le   volte   in   cui   compie   valutazioni
 preliminari,   anche  di  merito,  destinate  a  sfociare  in  quella
 conclusiva, perche' in caso contrario si determinerebbe  una  assurda
 frammentazione del procedimento inteso come ordinata sequenza di atti
 e con l'aberrante conseguenza di divere disporre per la medesima fase
 del  giudizio  di  tanti  giudici  diversi  quanti  sono  gli atti da
 compiere.
   Deve, inoltre,  essere  rilevato  come  pur  essendosi  formata  la
 giurisprudenza  costituzionale  analizzata  sulle norme del codice di
 procedura penale (art. 34 c.p.p.) la  Corte  si  sia  pronunciata  in
 termini  estremamente  ampi  e  generalizzati,  riferiti  al concetto
 stesso di giurisdizione, sicche' nulla  consente  di  opinare  che  i
 principi  cosi' espressi e sopra riepilogati siano destinati a valere
 solo  nell'ambito  del  giudizio  penale,  in  quanto  potenzialmente
 incisivo sul diritto alla liberta' personale dell'imputato.
   L'assoluta'  generalita'  delle  enunciazioni  di principio operate
 dalla Corte porta a ritenere che la trasposizione del  principio  del
 giusto    processo    cosi'    delineato    intorno    al   caposaldo
 dell'imparzialita'-terzieta' del  giudice  nel  giudizio  civile  non
 possa  essere  seriamente  contestata,  come  del  resto  prontamente
 segnalato dalla dottrina occupatasi del problema.
   In  ogni  caso  appare  evidente  che  anche  nell'esercizio  della
 giurisdizione  civile  vengono  a dibattersi questioni di particolare
 importanza per la tutela dei diritti del cittadino, di rilievo  anche
 costituzionale,   sicche'   nessuna  differenziazione  appare  lecito
 introdurre in punto esigenza di imparzialita' fra i diversi ambiti di
 esercizio della giurisdizione.
   Il compito del giudice a quo e' quindi quello di valutare alla luce
 delle indicazioni della Consulta se lo svolgimento della funzione  di
 giudice  istruttore,  prima, e di giudice in fase decisoria poi (vuoi
 in qualita' di giudice unico - come nella presente fattispecie - vuoi
 come componente il collegio) nel giudizio di merito di  cui  all'art.
 669-octies  c.p.c.  possa  risultare  incompatibile con il precedente
 svolgimento della funzione di giudice designato  alla  trattazione  e
 decisione del procedimento cautelare ante causam.
   Il   codice  di  procedura  civile  vigente  non  contempla  alcuna
 preclusione in tal senso poiche' l'art. 51, n. 4 c.p.c. si  riferisce
 solo  all'ipotesi in cui il giudice "ne ha conosciuto come magistrato
 in altro grado del processo" tant'e' che in dottrina si  e'  ritenuta
 configurabile  la  causa  di  astensione/ricusazione  solo in caso di
 provvedimento cautelare abnorme che  contenga  affermazioni  di  tipo
 decisorio  e  non  meramente  prognostiche  in  ordine  alla causa di
 merito.
   Inoltre, mentre l'art. 669-terdecies  esclude  il  giudice  che  ha
 emesso  il  provvedimento  dalla composizione del collegio in caso di
 reclamo,   l'art.   669-octies   nulla   prevede   in   ordine   alla
 incompatibilita'  fra  giudice  del  procedimento cautelare e giudice
 istruttore della causa di merito.
   Procedendo ora alla verifica dei singoli elementi considerati dalla
 Corte costituzionale:
     a) e' chiara la preesistenza di valutazioni  sulla  medesima  res
 iudicanda.  Il  giudice della cautela infatti considera la situazione
 prospettata dall'attore come oggetto della futura causa di  merito  e
 valuta  se  il  diritto  prospettato dal ricorrente sia probabilmente
 sussistente ed esposto ad un periculum in mora (da intempestivita'  o
 infruttuosita')  nei  tempi occorrenti alla pronuncia della decisione
 definitiva, che potrebbe altrimenti rilevarsi inutiliter data.
   L'oggetto della cognizione e' lo stesso, tanto piu' che la  riforma
 processuale  attuata  nel  1990-1993 (ai fini della verifica da parte
 del  giudice  della  competenza  e  del   necessario   carattere   di
 strumentalita'  della  misura  richiesta)  impone  al  ricorrente  di
 indicare  il   contenuto   della   causa   di   merito   che   dovra'
 successivamente instaurare in caso di accoglimento del ricorso a pena
 di  inefficacia  del  provvedimento,  salvi  i limitati aggiustamenti
 consentiti dal codice di rito in tema di precisazioni e modificazioni
 della domanda giudiziale.
   Muta solo la regola del giudizio che  risulta  improntata  in  sede
 cautelare   al   criterio  della  sommarieta',  diretta  com'e'  alla
 verificazione in termini  prognostici  della  presumibile  fondatezza
 della  domanda, mentre per il giudizio di merito valgono gli ordinari
 parametri   della   piena    cognizione    da    parte    dell'organo
 giurisdizionale;
     b)  e'  del tutto chiaro che il giudice designato ex art. 669-ter
 c.p.c. non si limita ad assumere una mera  conoscenza  dei  fatti  ma
 procede ad una vera e propria valutazione degli stessi;
     c)  sembra  evidente  che  la valutazione operata dal giudice del
 procedimento cautelare ante causam attiene (o comunque puo' ottenere,
 come si e' verificato nel caso concreto) ad aspetti sostanziali della
 situazione  giuridica  controversa   e   non   si   limita   ad   una
 considerazione meramente formale o processuale della fattispecie;
     d)  ne'  puo'  affermarsi  che  il  giudizio  di  merito e quello
 cautelare  siano  inestricabilmente  connessi  in   un   unica   fase
 processuale  al  fine  di richiamare quelle esigenze di organicita' e
 continuita' unitaria nella trattazione del  procedimento  miranti  ad
 evitare delle infinite frammentazioni.
   Il nostro ordinamento configura, infatti, il procedimento cautelare
 ante  causam  come  una  autonoma  fase processuale caratterizzata da
 proprie regole per l'individuazione della competenza,  l'introduzione
 del   giudizio,   la   gestione   e  l'istruzione  del  procedimento,
 l'emanazione della decisione.
   L'art.  669-octies  ed  il  successivo art. 669-novies codificano e
 ribadiscono con chiarezza inoltre il principio  che  il  giudizio  di
 merito inizia solo con la notificazione dell'atto di citazione.
   Se  e'  vero  poi  che  nessuna  norma esclude la coincidenza della
 persona fisica tra il giudice del  procedimento  ante  causam  ed  il
 giudice  istruttore  della  causa  di merito, e' altrettanto vero che
 nessuna norma la impone espressamente, sicche' non  sembra  possibile
 invocare   il   principio   della   unitarieta'   procedimentale  per
 giustificare  la  progressiva  compromissione  dell'imparzialita'  in
 ragione  della  natura  interna alla fase procedurale della pronuncia
 interlocutoria cautelare.
   Per quanto finora esposto il presente giudizio deve essere sospeso.
   La cancelleria dovra' a sua volta curare gli adempimenti prescritti
 dalla legge in relazione alla presente ordinanza, e cioe':
     notificazione alle parti in causa;
     notificazione al Presidente del Consiglio dei Ministri;
     comunicazione ai Presidenti  della  Camera  dei  deputati  e  del
 Senato della Repubblica;
     successiva trasmissione alla Corte costituzionale unitamente agli
 atti   di  causa  e  alla  prova  delle  prescritte  notificazioni  e
 comunicazioni.
                               P. Q. M.
   Dispone   l'immediata   trasmissione   dgli   atti    alla    Corte
 costituzionale  per  la  decisione  della  questione  di legittimita'
 costituzionale dell'art.  51, primo comma, n. 4, c.p.c., nella  parte
 in  cui  non  prevede  che  il  giudice  abbia l'obbligo di astenersi
 allorche' abbia  conosciuto  della  causa  in  sede  di  procedimento
 cautelare   proposto  anteriormente  al  giudizio  di  merito  ovvero
 dell'art. 669-octies c.p.c.  nella  parte  in  cui  non  prevede  una
 specifica  causa di incompatibilita' alla trattazione e decisione del
 giudizio di merito costituita dall'aver conosciuto della controversia
 nella fase del procedimento cautelare  introdotto  prima  dell'inizio
 della causa di merito;
   Dispone la sospensione del presente procedimento;
   Manda  alla  cancelleria  di  provvedere  agli  adempimenti  di cui
 all'art.   23 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  e  all'art.  1
 registrato  alla  Corte  costituzionale  il  16 marzo 1956 e cioe' di
 notificare la presente ordinanza a tutte  le  parti  in  causa  e  al
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'  comunicarla  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica  e
 quindi trasmetterla alla Corte costituzionale unitamente agli atti di
 causa ed alla prova delle prescritte notificazioni e comunicazioni.
     Torino, addi' 17 ottobre 1997
                        Il giudice: Prunas-Tola
 97C1487