N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 novembre 1997
N. 15 Ordinanza emessa il 29 novembre 1997 della pretura di Belluno, sezione distaccata di Feltre nel procedimento penale a carico di Piol Gianluigi ed altra Processo penale - Dibattimento - Giudice che, quale g.i.p., si sia pronunciato in materia di misure cautelari reali (nella specie: sequestro preventivo) - Incompatibilita' ad esercitare le funzioni di giudice del dibattimento - Omessa previsione - Lesione del principio di uguaglianza - Compressione del diritto di difesa - Richiamo ai principi espressi dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 432/1995 e 131/1996. (C.P.P. 1988, art. 34). (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).(GU n.5 del 4-2-1998 )
IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 1699/B/95 r.n.r.p.m. - 2309/97 r.g.p. a carido di Piol Gianluigi e Gorda Maria, imputati dei reati di cui agli artt. 20, lett. c), legge n. 47/1985, 1, 1-sexies legge n. 431/1985, 221 t.u.ll.ss. All'udienza del 6 novembre 1997, prima dell'apertura del dibattimento, il difensore degli imputati, premesso che questo giudice aveva emesso, quale giudice per le indagini preliminari, nella relativa fase, decreto di sequestro preventivo dell'immobile di proprieta' dei convenuti, in quanto abusivamente costruito e abitato, sollevava eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia in precedenza, quale g.i.p., emesso una misura cuatelare reale. Il p.m. non aderiva all'eccezione, asserendo che la questione non presentava il requisito della non manifesta infondatezza. Questo giudice riteneva invece la non manifesta infondatezza della questione e la sua rilevanza nel presente processo, disponendo la sospensione del medesimo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, come da separata ordinanza. Nella presente sede, a motivazione di quanto disposto in udienza, osserva questo giudice quanto segue. Il contenuto attuale dell'art. 34 c.p.p., concernente l'incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, va considerato alla luce dalle numerose pronunce di illegittimita' della Corte costituzionale susseguitesi in questi pochi anni di vigenza del codice di rito. In particolare, tra le piu' vicine alla questione sollevata nel presente processo, meritano di essere richiamate le sentenze 6-15 settembre 1995, n. 432 (in tema di incompatibilita' derivante dall'azione di misure cuatelari personali) e 17-24 aprile 1996, n. 131. In quest'ultima la Corte, richiamando varie pronunce antecedenti (tra le quali appunto la n. 432/1995), ribadiva che la incompatibilita' del giudice determinate da ragioni interne allo svolgimento del processo sono finalizzate a evitare che condizionamenti, effettivi o apparenti, derivanti da precedenti valutazioni compiute nel medesimo procedimento, possano pregiudicare o far apparire pregiudicata l'attivita' di giudizio. Il principio veniva meglio illustrato dalla Corte con le seguenti precisazioni. In primo luogo, il presupposto di ogni incompatibilita' endoprocessuale e la preesistenza di valutazioni che riguardino la medisima res judicanda. In secondo luogo, rilevante ai fini dell'incompatibilita' non e' la mera conoscenza di precedenti atti riguardanti il processo, ma il fatto che il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione degli stessi, al fine di una decisione. In terzo luogo, non tutte le valutazioni danno luogo a un pregiudizio rilevante, ma solo quelle non formali, di contenuto, vale a dire concernenti il merito dell'accusa. Infine, le valutazioni che danno luogo ad incompatibilita' devono appartenere a fasi diverse del processo, ragionevole essendo che, all'interno di ciascuna di esse, sia preservata l'esigenza di continuita' e globalita'. Orbene, nel caso di specie sembrano sussistente tutti questi presupposti. E' ben vero che l'emissione di un decreto di sequesto preventivo non comporta la previa valutazione dell'esistenza di "gravi indizi di colpevolezza", richiesti invece per l'adozione di misure cautelari personali dall'art. 273 c.p.p., norma non richiamata dall'art. 321 c.p.p.: tuttavia, non vi e' dubbio che la misura cautelare reale di specie implichi, da parte del giudice, la convinzione in ordine all'esistenza, quanto meno, di indizi di reato; tanto si puo' ricavare dal testo della norma, laddove essa pone a presupposto della misura "il pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati...". Ad avviso di questo giudice, tali indicazioni normative significano che per l'emissione del provvedimento non e' sufficiente una mera ipotesi astratta di reato, ovvero la semplice pendenza del procedimento e l'esistenza di un'imputazione, ma e' necessario che il giudice compia un apprezzamento anche in fatto, sia pure non cosi' approfondito come quello richiamato dall'art. 273 c.p.p. Per il resto, in ipotesi come quella di specie paiono ricorrere tutti i presupposti della incompatibilita' indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 131/1996. Pertanto, non si ritiene azzardato ravvisare una lacuna nelle ipotesi previste dall'art. 34 c.p.p., anche alla luce delle pronunce della Corte in subiecta materia, lacuna tale da far apparire non manifestamente infondata la questione di legittimita' della norma, in relazione agli artt. 3 e 24, comma secondo, della Costituzione. Quanto alla rilevanza della questione nel presente processo, essa e' palese, posto che questo giudice, come accennato, ha emesso decreto di sequestro preventivo, quale g.i.p., dell'immobile cui si riferiscono i capi d'imputazione, con la seguente motivazione "... l'immobile di cui sopra, edificato senza concessione edilizia e senza autorizzazione, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, risulta abilitato, nonostante l'assenza di certificato di abitabilita' (v. verbale di sopralluogo 16 agosto 1995 del comune di Arsie'). Sussiste quindi il reato di cui all'art. 221 t.u.ll.ss. Tale reato e' permanente e quindi suscettibile di protrarsi nel tempo".
P. Q. M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 codice procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia in precedenza, quale giudice per le indagini preliminari, emesso decreto di sequestro preventivo, in riferimento agli artt. 3 e 24, comma secondo, della Costituzione; Sospende il processo in corso; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Feltre, addi' 29 novembre 1997 Il pretore: Giancotti 98C0054