N. 24 ORDINANZA 12 - 18 febbraio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Mancato  appello  della  parte non ricorrente -
 Rinvio al giudice di primo grado nel caso che  lo  stesso  sia  stato
 condizionato   dal  vizio  della  sentenza  impugnata  -  Difetto  di
 rilevanza - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 569, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.9 del 4-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo CHIEPPA,     prof. Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI,  prof.  Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 569,  comma  4,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16
 dicembre 1996 dalla Corte di cassazione, nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Franceschi  Giovanni,  iscritta  al  n.  432 del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella Camera di consiglio del  14  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto   che  la  Corte  di  cassazione  ha  sollevato  d'ufficio
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 569, comma 4,  del
 codice  di  procedura  penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, nella parte in cui non  prevede  che  sia  disposto  il
 rinvio  al  giudice  di  primo  grado quando il mancato appello della
 parte non ricorrente sia stato condizionato dal vizio della  sentenza
 impugnata;
     che  nel  caso  di  specie  l'imputato  era  stato condannato dal
 tribunale a seguito di giudizio abbreviato per il delitto di illecita
 detenzione  a  fine  di  spaccio  di  sostanze  stupefacenti   e   il
 procuratore  della  Repubblica  aveva proposto ricorso per cassazione
 per violazione di legge, lamentando che era stata irrogata  una  pena
 illegale, perche' al di sotto dei minimi previsti dalla legge;
     che,  in particolare, dall'ordinanza di rimessione risulta che il
 tribunale, nonostante avesse escluso  l'attenuante  di  cui  all'art.
 73,  comma  5,  del  d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
 leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
 psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
 tossicodipendenza), aveva applicato sulla pena base riduzioni di pena
 superiori  a  quelle  consentite  dalla  legge  in  riferimento  alle
 attenuanti   concesse  e  alla  diminuente  conseguente  al  giudizio
 abbreviato;
     che il giudice rimettente - qualificato il ricorso  del  pubblico
 ministero, relativo alla misura della pena, come ricorso immediato (o
 per  saltum),  e preso atto del mancato appello dell'imputato a causa
 dell'errore e della mancanza di interesse determinati dal vizio della
 sentenza - rileva che, a causa dell'espresso divieto posto  dall'art.
 569,  comma 4, cod. proc. pen. di disporre, a seguito di pronuncia di
 annullamento con rinvio, la trasmissione degli  atti  al  giudice  di
 primo  grado,  "la parte non appellante si vede privata d'un grado di
 giurisdizione e resa inerte, di  fronte  ad  un  giudizio  di  rinvio
 fatalmente  rivolto  all'approdo  di  una  reformatio  in  pejus  dal
 giudicato   parziale   maturatosi  nei  suoi  confronti"  sull'omessa
 concessione dell'attenuante speciale;
     che  tale  conseguenza  determinerebbe  appunto   la   denunciata
 violazione  del diritto di difesa della parte non appellante, privata
 di un grado di giurisdizione, nonche' del principio  di  eguaglianza,
 in   quanto,   a   differenza   del   pubblico  ministero,  portatore
 dell'astratta  esigenza  della  corretta  applicazione  della  legge,
 l'imputato  nel  caso  di specie risulterebbe privo dell'interesse ad
 impugnare, non potendo "erigersi a paladino dell'ortodossia giuridica
 contra se ipsum";
   Considerato che nel  caso  di  specie,  come  emerge  dalla  stessa
 ordinanza  di rimessione, il ricorso del pubblico ministero aveva per
 oggetto la sola entita' della pena inflitta  a  seguito  di  giudizio
 abbreviato;
     che  si  trattava  di  una  sentenza avverso la quale il pubblico
 ministero, a norma dell'art. 443,  comma  3,  cod.  proc.  pen.,  non
 poteva  proporre appello, ma esperire solo il rimedio del ricorso per
 cassazione ex articoli 606, comma 2, e 608, comma 2, cod. proc. pen.,
 relativo al  ricorso  del  procuratore  della  Repubblica  presso  il
 tribunale nei confronti di ogni sentenza inappellabile;
     che  nel caso in esame il ricorso proposto dal pubblico ministero
 non e' dunque qualificabile come ricorso immediato ai sensi dell'art.
 569 cod. proc. pen., istituto che attribuisce la facolta' di proporre
 direttamente ricorso per cassazione solo alla parte che ha il diritto
 di appellare la sentenza di primo grado;
     che nel giudizio a quo non e' pertanto applicabile  la  norma  di
 cui  viene  denunciata  l'illegittimita'  costituzionale,  bensi'  la
 disciplina prevista in via  generale  in  caso  di  annullamento  con
 rinvio e, in particolare, l'art. 623, comma 1, lettera c), cod. proc.
 pen.,  che  in  caso  di  annullamento  di una sentenza del tribunale
 dispone il rinvio del  giudizio  ad  un'altra  sezione  dello  stesso
 tribunale o, in mancanza, al tribunale piu' vicino;
     che  la  questione  sollevata  dal  giudice  rimettente va quindi
 dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87,  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  569,  comma 4, del codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione, dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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