N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 ottobre 1997

                                N.  107
  Ordinanza   emessa   il  7  ottobre  1997  dal  tribunale  di  Trani
 sull'istanza proposta dall'A.I.M.A. (procedimento penale a carico  di
 Ribatti Nicola ed altri)
 Processo  penale  -  Misure  cautelari reali - Sequestro conservativo
    richiesto dalla parte civile - Mancata previsione, a differenza di
    quanto stabilito nel rito civile (art. 669-sexies    c.p.c.),  del
    contraddittorio   innanzi   al   giudice  che  procede  -  Dedotta
    privazione per l'imputato di un grado di giudizio - Disparita'  di
    trattamento  tra  le  parti  -  Lesione  del  diritto  di difesa -
    Violazione  del  principio  di  buon  andamento   della   pubblica
    amministrazione).
 (C.P.P. 1988, art. 317, comma 1).
 (Cost., artt. 3, 24 e 97).
(GU n.9 del 4-3-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Esaminati  gli  atti del procedimento penale n. 353/1995 r.g. trib.
 nei confronti di Ribatti Nicola ed altri, imputati dei reati  di  cui
 agli artt. 416, 110 e 640-bis, c.p., e 8 legge n. 4/29 e 4 lett.  d),
 legge  n.  516/1982, per il quale e' fissata l'udienza dibattimentale
 per il giorno 6 febbraio 1998;
   Letta l'istanza, depositata in data 22 settembre 1997, con la quale
 l'A.I.M.A. in  persona  del  Ministro  pro-tempore,  rappresentata  e
 difesa  dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Bari, costituita
 parte civile, prospettando la mancanza di  garanzie  patrimoniali  in
 ordine all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato,
 ha  chiesto a questo tribunale di disporre con ordinanza il sequestro
 conservativo di  taluni  beni,  indicati  nell'istanza,  appartenenti
 all'imputato Ribatti Nicola;
   Osserva quanto segue:
                      Non manifesta infondatezza
   Ai  sensi  dell'art.  317, primo comma c.p.p., il provvedimento che
 dispone il sequestro conservativo, a richiesta della parte civile, e'
 emesso con ordinanza del giudice che procede. Avverso tale  ordinanza
 e'  ammessa  richiesta  di  riesame, anche nel merito, ai sensi degli
 artt. 318 e 324 c.p.p.
   La lettura testuale  e  sistematica  delle  disposizioni  normative
 sopra  citate  induce  a  ritenere,  in  via  interpretativa,  che il
 giudice, investito della richiesta avanzata dalla parte civile, debba
 provvedere senza la instaurazione di  alcun  contraddittorio  tra  le
 parti,   ne'   antecedente  ne'  conseguente  alla  emanazione  della
 ordinanza, di accoglimento o di rigetto che sia.  Il  contraddittorio
 delle  parti  risulterebbe  conseguentemente  rinviato ad un grado di
 giudizio successivo, innanzi ad altro giudice, a seguito di eventuale
 richiesta di riesame da parte dell'imputato.
   Tale sembra essere l'unica interpretazione possibile del richiamato
 art. 317 c.p.p.,  interpretazione  condivisa  dal  Supremo  Collegio,
 secondo  il  quale la previsione della forma di ordinanza, attribuita
 al provvedimento che dispone il sequestro conservativo,  non  implica
 la  necessita'  del  contraddittorio  e quindi la celebrazione di una
 udienza, dovendo viceversa il  giudice  provvedere  de  plano  (cosi'
 Cass. sez. VI n. 1044 del 7 luglio 1995 imp. D'Amato ed altri). Nella
 citata pronuncia, i giudici della legittimita' hanno ribadito che nel
 rito penale non esiste il principio secondo il quale alla forma della
 ordinanza e' connesso il divieto di provvedere inaudita altera parte,
 principio  per altro vigente in via solo tendenziale nel rito civile.
 Sicche' si e' ritenuta conforme allo spirito  e  al  testo  dell'art.
 317 c.p.p., la previsione di un contraddittorio del tutto eventuale e
 posticipato  al  momento  della  introduzione  della impugnazione per
 riesame.
   Tale impostazione interpretativa e' condivisibile, se si  considera
 che:
     1) il procedimento in camera di consiglio, disciplinato dall'art.
 127  c.p.p.,  che costituisce lo strumento processuale per consentire
 la  instaurazione  del  contraddittorio  delle   parti,   fuori   del
 dibattimento,  non  e' stato espressamente richiamato dal legislatore
 (come invece avviene in altri casi. cfr. ad esempio gli  artt.  41/3,
 130/2,  263/2,  309/8,  310/2  e 406/5), il che consente di ritenere,
 secondo il brocardo latino ubi lex  voluit,  dixit  ......;  che  nel
 particolare  procedimento  incidentale,  finalizzato  ad  ottenere il
 sequestro conservativo, il contraddittorio e' stato  intenzionalmente
 escluso  dal  legislatore,  il  quale,  come gia' detto, non richiama
 l'art. 127 c.p.p. ne'  prevede  espressamente  -  ne'  cio'  e'  dato
 desumere  implicitamente  -  alcuna  forma di "incontro delle parti",
 anteriore o successivo alla emanazione della ordinanza (come avveniva
 per  l'analogo  istituto  processuale  disciplinato  dal  codice   di
 procedura penale abrogato, all'art. 618);
     2)  il sequestro conservativo, eloquentemente inserito nel titolo
 Il  del  Libro  IV  relativo  alle   misure   cautelari   reali,   e'
 tendenzialmente   equiparato,   quanto  all'iter  procedimentale,  al
 sequestro preventivo, nonostante la abissale differenza di  finalita'
 tra  i  due istituti, sequestro preventivo dal quale quello cautelare
 mutua la disciplina processuale  con  riguardo  all'aspetto  che  qui
 interessa, e cioe' quello della assenza del contraddittorio, giacche'
 anche  nel  procedimento,  finalizzato  alla emanazione del sequestro
 preventivo, il contraddittorio e' rinviato ad una fase successiva  ed
 eventuale, rappresentata dal giudizio promosso a seguito di richiesta
 di riesame;
     3)  la  particolare  fase  processuale  nella  quale  il presente
 processo penale pende (predibattimentale, a seguito, tra l'altro,  di
 dichiarazione di incompatibilita' dei giudici componenti il collegio,
 innanzi  al quale si era svolta parte della fase dibattimentale), non
 implica di per se' la sussistenza del contraddittorio atteso  che  il
 dibattimento  non  e'  stato  ancora  aperto,  l'istanza di sequestro
 conservativo e' stata introdotta fuori udienza, e non e' imposta, ne'
 appare ragionevole pretenderla, la presenza quotidiana in cancelleria
 delle parti, ed in particolare dell'imputato, al fine  di  verificare
 l'eventuale  deposito di istanze pregiudizievoli dei propri interessi
 D'altronde, proprio nella fase  pre-dibattimentale  e'  disciplinata,
 all'art.  467  c.p.p.,  la  procedura  incidentale  finalizzata  alla
 assunzione  di  prove  non  rinviabili,  con  la  previsione  di   un
 contraddittorio  reso possibile dalla fissazione di apposita udienza,
 il che  conferma  la  possibilita',  rectius  la  necessita',  di  un
 contraddittorio  "incidentale"  anche  nella  fase predibattimentale,
 nonostante cioe' la instaurazione del rapporto processuale innanzi al
 giudice.
   Il quadro normativo cosi' delineato evidenzia in maniera palese una
 compressione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito,  ex
 art.  24  della  Costituzione,  a  danno dell'imputato, che non trova
 corrisponenza sia in relazione alla  posizione  della  parte  civile,
 nell'ambito del rito cautelare penale, sia in rapporto alla posizione
 del resistente, nell'analogo rito cautelare civile.
   Quanto  al  primo raffronto, e' evidente infatti che, la previsione
 di un contraddittorio, successivo alla emanazione  del  provvedimento
 cautelare,  soltanto innanzi al giudice della impugnazione (riesame),
 comporta, per  l'imputato,  la  netta  privazione  di  un  grado  del
 giudizio  (il  primo) invece garantito alla parte civile, richiedente
 la misura cautelare conservativa.  D'altronde,  la  compressione  del
 diritto  di  difesa  dell'imputato,  derivante dalla soppressione del
 contraddittorio,  stride   con   lo   spirito   sotteso   alla   fase
 predibattimentale  nella  quale il processo penale pende, fase in cui
 non v'e'  piu'  un  segreto  istruttorio  e  l'istanza  di  sequestro
 conservativo  della parte civile, cosi' come qualsiasi altra istanza,
 ben potrebbe  essere  conosciuta  dall'imputato,  che  ha  diritto  a
 visionare e ottenere copia degli atti.
   Quanto   al   secondo   raffronto,   la  diversita'  di  disciplina
 processuale, nella concessione del sequestro  conservativo,  in  sede
 penale  ed  in  sede civile, sotto il profilo della instaurazione del
 contraddittorio delle parti, si desume chiaramente dall'esame, e  dal
 conseguente raffronto con il disposto dell'art. 317 c.p.p., dell'art.
 669-sexies  c.p.p., che impone al giudice civile di sentire le parti,
 di regola, prima di provvedere con  ordinanza,  e,  solo  laddove  la
 convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del
 provvedimento,  di  provvedere con decreto, fissando tuttavia a breve
 (entro gg. 15) la comparizione delle parti, a seguito della quale  il
 medesimo   giudice   puo'   confermare,   modificare  o  revocare  il
 provvedimento emanato con decreto. Solo avverso l'ordinanza emessa  a
 seguito  del  contraddittorio  delle  parti  e'  previsto,  ai  sensi
 dell'art. 669-terdecies c.p.c.,  il  reclamo  ad  altro  giudice.  In
 estrema  sintesi,  nel  rito  civile, e' pur sempre assicurato, nello
 stesso grado del giudizio cautelare, il contraddittorio,  quand'anche
 in  via eccezionale successivo alla concessione, in forma di decreto,
 del sequestro conservativo.
   Rispetto al rito cautelare  civile,  quindi,  emergono  due  palesi
 differenze.
   In primo luogo, la parte, potenzialmente destinataria del sequestro
 conservativo  penale,  e  cioe'  nel  caso  di  specie l'imputato, e'
 privata,  in  via  generale  ed  assoluta,  della   possibilita'   di
 interloquire  preventivamente, sulla sussistenza delle condizioni per
 la concessione della cautela; anche quando non  ricorre  in  concreto
 alcun   pericolo   per  la  attuazione  del  provvedimento  cautelare
 derivabile  dalla  convocazione  preventiva  della  controparte;   in
 secondo  luogo, e' negato il contraddittorio delle parti, quand'anche
 successivo, innanzi allo stesso giudice che  ha  emesso  l'ordinanza,
 che,  tra l'altro, e' ritenuta irrevocabile (cfr. tra le altre, Cass.
 Sez. VI, 25 settembre 1995 imp. Nanocchio, Cass. sez.  V,  6  ottobre
 1995, imp. Giannecchini) per difetto di espressa previsione normativa
 in senso contrario.
   La   assoluta   e   generale   privazione   della  possibilita'  di
 interloquire preventivamente, sulla sussistenza delle condizioni  per
 la  concessione  della  misura  cautelare de qua, pur ragionevolmente
 prevista nel rito civile, costituisce  una  palese  compressione  del
 diritto  di  difesa dell'imputato, tenuto conto del peso notevole che
 puo' assumere la imposizione di un sequestro,  idoneo  a  privare  il
 destinatario della misura della disponibilita' dei suoi beni. D'altra
 parte,  lo  stesso  art.  319  c.p.p.,  prevede  la  possibilita' per
 l'imputato (e per  il  responsabile  civile)  di  evitare  la  misura
 cautelare,  rectius  di  impedirne  la  sua attuazione, attraverso la
 prestazione di idonea cauzione.   Non  v'e'  chi  non  veda  come  la
 privazione    tout   court   della   possibilita'   di   interloquire
 preventivamente sulla emanazione  del  provvedimento  impositivo  del
 sequestro  impedisca  all'interessato, che sia disponibile a prestare
 cauzione, di evitare la misura reale di cui trattasi, quand'anche  ne
 sussistano i presupposti.
   La compressione del diritto di difesa, per l'imputato, si manifesta
 anche   in   relazione   alla   mancata   previsione   normativa  del
 contraddittorio successivo alla emanazione della  ordinanza,  innanzi
 al  medesimo  giudice  che ha pronunciato sulla cautela conservativa.
 Invero, a parte la gia' evidenziata privazione, per il solo  imputato
 (analogo  discorso  andrebbe fatto per il responsabile civile), di un
 grado del  giudizio  cautelare,  la  previsione  del  contraddittorio
 successivo,  innanzi  al  solo  giudice  del riesame, non consente al
 destinatario della misura cautelare di  adire  in  via  breve  e  con
 maggiore  immediatezza, lo stesso giudice autore dell'ordinanza, che,
 in quanto gia' a conoscenza della questione, con maggiore  speditezza
 puo'  rendere giustizia (fatta salva ovviamente, come in sede civile,
 la possibilita' del reclamo ad altro giudice).  Inoltre,  a  parte  i
 profili  di  disuguaglianza  di trattamento fin qui sottolineati, non
 appare certo secondario evidenziare che  la  mancata  previsione  del
 contraddittorio  delle  parti  innanzi  al  giudice  investito  della
 richiesta  della  parte   civile,   riflette   le   sue   conseguenze
 pregiudizievoli  anche  con  riguardo alla esigenza di buon andamento
 della  pubblica  amministrazione,  bene  costituzionalmente  protetto
 dall'art. 97 della Costituzione. Va da se' infatti che, laddove fosse
 resa  possibile al giudice di primo grado la conoscenza completa, che
 puo'  derivare  soltanto  dal  confronto  delle parti interessate, si
 potrebbe evitare la impugnazione del  provvedimento  di  primo  grado
 eventualmente  emesso  in  assenza  delle condizioni di legge, in tal
 modo alleggerendo il carico degli  uffici  giudiziari  investiti  per
 legge  della  impugnazione. D'altronde, se fosse inutile il "riesame"
 del provvedimento, nel contraddittorio delle parti,  ad  opera  dello
 stesso  giudice  che  lo  emano',  non avrebbe ragionevole senso tale
 disciplina prevista invece nel rito civilistico.
   Orbene, le disparita' di trattamento, in  relazione  alle  garanzie
 difensive  riconosciute  alle  parti private nell'ambito dello stesso
 rito penale, e in relazione a quelle tutelate in  capo  all'imputato,
 nel  rito penale, e al resistente, nel rito civilistico, non sembrano
 trovare una adeguata  e  ragionevole  giustificazione,  in  relazione
 all'art. 3 della Costituzione.
   Invero,   le   diversita'  di  disciplina,  come  sopra  enucleate,
 contrariamente ad altre, pur rinvenibili nell'ambito del rito  penale
 (si  pensi ad esempio alla diversa posizione, assunta dall'attore, in
 sede civile, e dalla parte civile, in sede penale,  la  quale  ultima
 puo' - com'e' noto - anche rivestire la funzione di testimone, ovvero
 all'iter  procedimentale  finalizzato  alla  adozione  del  sequestro
 preventivo, ex art.  321  e  seg.  c.p.p.,  promosso  ovviamente  dal
 pubblico   ministero,   casi   per   i  quali  il  bene  primario  e'
 rappresentato dall'istanza punitiva dello Stato) non sembrano trovare
 una giustificazione ragionevole  ed  un  fondamento  giuridico  nella
 peculiarita'   delle   situazioni   diversamente   disciplinate,  con
 riferimento al diverso "peso costituzionale" degli  interessi  e  dei
 beni giuridici posti in gioco.
   Invero,  il  sequestro conservativo chiesto dalla parte civile, nel
 corso del processo penale, mira in ogni caso a tutelare un  interesse
 meramente  privatistico, perfettamente sovrapponibile a quello che si
 fa valere nella separata sede  civile,  non  certo  confondibile  con
 l'interesse  pubblico all'accertamento della verita' e alla punizione
 del reo.
   L'interesse di cui e' portatrice la parte  civile,  in  definitiva,
 con particolare riferimento alla richiesta di sequestro conservativo,
 e'  semplicemente  quella di assicurarsi la realizzazione in concreto
 della pretesa risarcitoria, nel  caso  di  accertata  responsabilita'
 dell'imputato,  interesse che ben potrebbe essere autonomamente fatto
 valere in sede civile, con gli  strumenti  processuali  che  le  sono
 propri.
   D'altra  parte,  non  puo'  ritenersi decisiva la presenza a monte,
 nell'ambito del processo penale, della attivita' di  indagine  svolta
 da  un organo pubblico qual'e' il p.m., che ha chiesto ed ottenuto il
 rinvio a giudizio dell'imputato. Infatti, tale circostanza, che  puo'
 spiegare  i suoi effetti sotto il profilo della sussistenza del fumus
 boni iuris (limitatamente alla configurabilita' dell'illecito  penale
 per  il  quale si procede) - in relazione alla quale, per altro, solo
 dopo  contrasti  giurisprudenziali  si  e'  giunti  ad  affermare  la
 necessita',  in  capo al giudice, di valutarne la configurabilita' in
 concreto (cfr. Cass. sez. IV 17 maggio 1994, imp. Corti; contra Cass.
 sez.  III,  7  novembre  1990,  imp.  Lobianco)    -,  e'  del  tutto
 indifferente  con  riguardo sia alla configurabilita' in concreto del
 diritto al risarcimento del danno, a garanzia del quale la cautela e'
 chiesta (che costituisce l'altro aspetto del fumus  boni  iuris)  sia
 alla  sussitenza  del  periculum  in  mora  rispetto  ai  quali resta
 "sovrana" la iniziativa probatoria della parte civile, iniziativa che
 richiede, in capo  al  giudice,  una  verifica  rigorosa  cosi'  come
 ribadito  dal  Supremo  Collegio  (Cass. Sez. I n. 2128 del 24 aprile
 1996).
   In definitiva, appare non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 317 c.p.p., in relazione agli
 artt. 3, 24,  secondo  comma,  e  97  della  Costituzione,  sotto  un
 triplice  profilo:  1)  nella  parte in cui prevede che la emanazione
 della ordinanza, applicativa del sequestro conservativo chiesto dalla
 parte civile, avvenga in assenza di ogni forma di contraddittorio tra
 le parti, ne' anteriore ne' successivo, innanzi al giudice autore del
 provvedimento cautelare, contrariamente a quanto stabilito, nel  rito
 civile, dall'art. 669-sexies c.p.c.; 2) nella parte in cui, comunque,
 non  limita  la  ipotesi di emanazione di ordinanza de plano, al solo
 caso in cui, analogamente a quanto  stabilito  dall'art.  669-sexies,
 secondo   comma,   c.p.c.,  la  convocazione  dell'imputato  potrebbe
 pregiudicare l'attuazione del provvedimento cautelare; 3) nella parte
 in cui priva l'imputato (e il responsabile civile) di  un  grado  del
 giudizio a tutto vantaggio della parte civile che, per di piu', ha la
 ovvia  possibilita'  di  scegliere  lo strumento processuale (in sede
 penale o in sede civile) ritenuto piu' efficace e spedito.
                       Rilevanza della questione
   Qualunque  determinazione  questo  tribunale  intenda  adottare  in
 ordine  all'esito  della  istanza  di sequestro conservativo avanzato
 dalla parte civile, non e' possibile prescindere  dalla  applicazione
 della norma di rito, di cui all'art. 317 c.p.p., dovendo l'ordinanza,
 stando  alla  interpretazione,  letterale  e  sistematica, come sopra
 evidenziata, essere emanata de plano, nonostante la  sussistenza  dei
 dubbi di legittimita' costituzionale, ampiamente sopra sviluppati.
                                P. Q. M.
   Visto  l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 d'ufficio dichiara
 la  rilevanza  nel  presente  procedimento   e   la   non   manifesta
 infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 317,  primo  comma,  in  relazione  agli  artt.  3,  24  e  97  della
 Costituzione, nei limiti e nei termini di cui in motivazione;
   Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti    alla    Corte
 costituzionale;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia notificata, a cura della
 cancelleria, alle parti (p.m. imputati e parte civile), al Presidente
 del Consiglio dei Ministri e comunicata ai  Presidenti  della  Camera
 dei deputati e del Senato della Repubblica;
   Sospende  la  decisione  sulla istanza di sequestro conservativo di
 cui trattasi.
     Trani, addi' 7 ottobre 1997
                      Il presidente: Delcuratolo
                                             I giudici: Gentili-Grillo
 98C0180