N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 1997
N. 145 Ordinanza emessa il 18 dicembre 1997 dal tribunale di Alba nel procedimento penale a carico di Derossi Armando ed altri Processo penale - Esame di coimputato nello stesso procedimento o di un imputato in procedimento connesso - Esercizio della facolta' di non rispondere - Lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari - Preclusione per il giudice salvo l'accordo delle parti - Disparita' di trattamento tra imputati con incidenza sul diritto di difesa - Lesione dei principi di indipendenza del giudice e di obbligatorieta' dell'azione penale. (C.P.P. 1988, art. 513, modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267; c.p.p. 1988, art. 514). (Cost., artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 112).(GU n.11 del 18-3-1998 )
IL TRIBUNALE Pronunciando in primo luogo sull'eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla difesa degli imputati Isordi e Gosso, ritenuto che l'eccezione e' tardiva in quanto formulata dopo il compimento delle formalita' di apertura del dibattimento; Rilevato: che il p.m. ha prodotto il verbale di interrogatorio in data 30 maggio 1995 dell'imputato Rafele Francesco, oggi contumace, e ne ha domandato la lettura e l'acquisizione agli atti; che ha conseguentemente sollevato eccezione di illegittimita' costituzionale degli artt. 513, comma 1, c.p.p. nel testo novellato dalla legge n. 267/1997, 514 e 6, legge n. 267/1997 per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 101, comma 2, 111, comma 1, e 112 della Costituzione; che la difesa dei coimputati ha espresso dissenso in ordine alla lettura del verbale prodotto; che la difesa dell'imputato Rafele ha depositato memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. affermando l'irrilevanza e la manifesta infondatezza della sollevata questione; che la difesa degli altri coimputati si e' associata a tali conclusioni; Ritenuto: che l'art. 513 c.p.p. nel testo novellato si applica, in base al principio tempus regit actum, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della novella, vale a dire alla data del 12 agosto 1997; che tale conclusione si ricava dalla disciplina transitoria dettata dall'art. 6, comma 2, legge n. 267/1997, che e' dichiarata applicabile ai giudizi di primo grado in corso quando e' stata disposta la lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso, dei verbali delle dichiarazioni, rese dalle persone indicate nell'art. 513 c.p.p., vale a dire nei soli casi in cui tale lettura sia stata disposta prima dell'entrata in vigore della legge n. 267/1997; che non avrebbe altrimenti spiegazione la previsione, contenuta nella norma, che debba essere disposta la citazione dei dichiaranti per un nuovo esame; Ritenuto che la richiesta del p.m. di dar lettura delle dichiarazioni rese dal Rafele durante le indagini preliminari deve trovare accoglimento ai sensi dell'art. 513, comma 1, c.p.p. con effetti peraltro, stante la nuova disciplina introdotta dal legislatore, nei soli confronti del Rafele, avendo la difesa dei coimputati rifiutato il consenso alla lettura; Ritenuto ancora: che poteva trovare applicazione nel presente giudizio la disciplina dettata dal primo comma dell'art. 6, legge n. 267/1997 secondo la quale nei procedimenti penali in corso il p.m. puo' chiedere l'incidente probatorio per l'esame dell'indagato su fatti concernenti la responsabilita' di altri e per l'esame dei soggetti indicati nell'art. 210 c.p.p. anche dopo l'esercizio dell'azione penale, purche' ne facesse richiesta al g.i.p. entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge; che a tale conclusione conduce il rilievo che l'art. 6, secondo comma, che regola la nuova citazione in dibattimento dei soggetti per cui sia stata disposta la lettura delle dichiarazioni rese ex art. 513 c.p.p., cui segue il regime transitorio di limitata utilizzabilita' della prova previsto dal quinto comma della norma, regime diverso e speciale rispetto alla possibilita' di avvalersi dell'incidente probatorio, presuppone l'avvenuta apertura del dibattimento, si' che a contrario puo' concludersi che la facolta' di chiedere l'incidente probatorio sussisteva in tutti i casi in cui ancora non si fosse proceduto al compimento delle formalita' di apertura del dibattimento; che nel caso di specie alla data di entrata in vigore della legge ancora non erano stata compiute le formalita' di apertura del dibattimento, si' che ben avrebbe potuto il p.m. avvalersi della facolta' di chiedere l'incidente probatorio, con conseguente utilizzabilita' della prova cosi' formata; Ritenuto: che la proposta questione di legittimita' costituzionale e' rilevante in quanto il tribunale ai fini dell'accertamento della penale responsabilita' dei coimputati del Rafele nel presente giudizio deve fare applicazione della disciplina dettata dall'art. 513 c.p.p. novellato e dovrebbe fatalmente affermare l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal Rafele in sede di indagini preliminari nei confronti soltanto di quest'ultimo, senza poterle prendere in esame con riferimento ai coimputati, nei confronti dei quali il Rafele ha effettuato chiamate in correita', stante l'espresso divieto sancito dalla norma in difetto di consenso della difesa dei coimputati stessi (consenso che e' stato espressamente negato); che in senso contrario non rileva la circostanza che il p.m. non abbia inteso avvalersi della facolta' di chiedere l'incidente probatorio prevista dall'art. 6, comma 1, legge n. 267/1997, atteso che il tribunale non deve pronunciare in ordine ad un'intervenuta decadenza processuale, ma valutare l'utilizzabilita' del materiale probatorio versato in atti; Ritenuto: che la sollevata questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata per i profili in seguito prospettati; che invero sembra sussistere violazione del principio di cui all'art. 101, comma 2, della Costituzione atteso che l'art. 513 novellato consente la lettura delle dichiarazioni rese dal coimputato contumace con efficacia nei confronti degli altri imputati ove sussista il loro consenso; che in tal modo l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal coimputato puo' essere paralizzata per il solo fatto che vi sia opposizione di una delle parti, anche quando l'opposizione non sia stata in alcun modo motivata; che invero si attribuisce alle parti un potere di veto aprioristico all'acquisizione come prova di un atto che, senza tale opposizione, avrebbe pieno ingresso nel processo; che risulta violato il principio per cui il giudice e' soggetto soltanto alla legge e non puo' essere di conseguenza condizionato dalla volonta' di una delle parti del processo, in ragione di un'immotivata ed insindacabile opposizione all'acquisizione di un atto; Ritenuto ancora: che l'opposizione di un imputato ed il consenso alla lettura di un altro puo' portare a pronunce differenti nei confronti di soggetti coimputati di concorso nel mesesimo reato, con posizioni sostanzialmente equivalenti, con risultati manifestamente aberranti; che in tal modo l'utilizzo variabile della prova viene a confliggere con il principio, piu' volte riconosciuto dalla Corte costituzionale, della necessita' di non dispersione della prova (cfr. ex multis Corte cost., 26 marzo 1993, n. 111); che l'art. 513 c.p.p. si pone in conflitto con gli artt. 3 della Costituzione in quanto tratta in modo difforme situazioni uguali in violazione di ogni principio di ragionevolezza, e 112 della Costituzione in quanto viene ad incidere sull'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale (a nulla vale infatti sancire tale obbligatorieta', se poi il concreto risultato e' condizionato all'immotivato consenso o dissenso di un coimputato); Ritenuto: che il differenziato regime probatorio previsto dall'art. 513 c.p.p. novellato e dall'art. 6, commi 2 e 5, legge n. 267/1997 per le dichiarazioni rese dal coimputato o dall'imputato di reato connesso, in ipotesi di dissenso in ordine alla loro lettura espresso dalla difesa dei coimputati (secondo l'art. 513 c.p.p. tali dichiarazioni sono inutilizzabili, secondo l'art. 6 tali dichiarazioni hanno efficacia probatoria limitata, condizionata alla sussistenza di elementi di prova ricavabili aliunde) comporta un trattamento diverso della disciplina della prova in ordine a fatti di reato anteriori tutti alla novella legislativa, in ragione del mero accidente che alla data di entrata in vigore della legge n. 267/1997 fosse stato aperto o meno il dibattimento; che tale differenziata disciplina, che puo' portare a pronunce diverse nei confronti di imputati di reati connessi in base al mero accidente che una posizione sia stata stralciata ed un giudizio sia stato celebrato con maggior celerita', appare del tutto irragionevole, si' che anche sotto questo profilo sembra sussistere violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione; che tale differenziato regime determina anche violazione del diritto di difesa; che infatti le dichiarazioni del coimputato o dell'imputato di reato connesso possono avere rilevanza anche a favore dell'imputato ed il regime dell'inutilizzabilita' e' invece generalizzato sia a favore che contro l'imputato; che pertanto sembra sussistere anche conflitto con l'art. 24 della Costituzione;
P. Q. M. Respinge l'eccezione d'incompetenza per territorio sollevata dalle difese Gosso ed Isoardi; Visti gli artt. 1, legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 513, 514 c.p.p. come novellato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, nei sensi di cui in motivazione per contrasto con gli artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione; Sospende il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti delle Camere. Alba, addi' 18 dicembre 1997 Il presidente: (firma illeggibile) 98C0233